L’IRAN APRE LA BORSA DEL PETROLIO

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DI JOHN DALY
Oilprice.com

Gli ultimi tre anni di recessione globale

hanno dato un bel colpo alle idee sul capitalismo degli statunitensi,

strombazzate in tutto il modo sotto l’egida del “libero mercato”.

Wall Street si è rivelata una forma di economia del rischio, con gli

insider nelle banche che scommettono con altri colleghi, e dove

alla fine i governi devono intervenire con la pratica dei bailout.

Mentre i Repubblicani al Congresso – che subodorano una vittoria nelle

elezioni presidenziali del 2012 – tengono la pistola puntata sulla testa

dell’amministrazione Obama e le agenzie di rating credono possibile

un downgrading delle obbligazioni del governo USA alla luce del

possibile default di Washington, molte delle idee che prima sembravano

implausibili a causa della predominanza dell’economia statunitense

stanno raccogliendo un rinnovato interesse.
Da non sorprendersi che molti di questi
concetti hanno avuto origine in paesi non entusiasti dell’influenza di Washington, forse più di tutti il membro fondante dell’”Asse del Male”, l’Iran, che ha visto la sua economia colpita da più di tre decenni di sanzioni pilotate dagli USA. Ora l’Iran sta lavorando su un programma, che, se fosse coronato dal successo, potrebbe minare la preminenza del dollaro come moneta di riserva mondiale in modo più efficace di un filibustiere Repubblicano.

Qual è l’arma nascosta dell’Iran
contro la divisa del Grande Satana?
Una

borsa del petrolio sull’Isola Kish nel Golfo Persico, che ha iniziato

a vendere petrolio iraniano di alta qualità.

Mohsen Qamsari, direttore aggiunto

agli affari internazionali della Compagnia Petrolifera Nazionale Iraniana

si è detto cauto riguardo le possibilità iniziali del volume di scambio:

“La borsa per le commodity sta implementando un meccanismo

per offrire il petrolio sul mercato per un lungo periodo di tempo, e

ha fatto solo i primi passi per quanto era possibile. Considerando i

problemi bancari esistenti, non ci aspettiamo che i clienti stranieri

prendano parte alla prima fase dell’offerta di petrolio in borsa,

e questo verrà fatto in un periodo di prova. Oggi il Bahregan heavy,

un petrolio di alta qualità con un basso grado di zolfo e minore acidità,

verrà offerto per la prima volta sul mercato. Nella prima fase, verrà

offerta una spedizione di 600.000 barili.”

Visto che il mondo consuma al momento

circa 83 milioni di barili di petrolio al giorno, l’offerta iniziale

di petrolio alla borsa iraniana difficilmente riuscirà a fare mercato,

ma rappresenta un tentativo da parte di un forte produttore di petrolio

di deviare i flussi delle rendite dal New York Mercantile

Exchange, il maggior luogo di scambio al mondo dei future

sulle commodity che gestisce i future West Texas Intermediate,

e dall’Intercontinental Exchange di Londra, che tratta il Brent

del Mare del Nord. Tutte le trattative sono in dollari, dando così

alla divisa statunitense un monopolio.

La borsa di Kish data al febbraio del

2008, quando fu scelta al posto di Teheran perché era stata designata

zona di libero scambio. La borsa venne realizzata per stipulare contratti

in euro, rial iraniani e in un paniere di altre monete, escluso

il dollaro. L’anno precedente l’Iran ha richiesto ai suoi clienti

il pagamento in divise diverse dal dollaro. Ma la borsa inizialmente

ha scambiato contratti solo per prodotti derivati dal petrolio, come

quelli usati come materie prime per la plastica e per i farmaceutici.

Adesso quest’organizzazione ha fatto il passo successivo.

Anche se il Congresso sembra non avere

un buon orecchio per gli effetti della recessione sui posti di lavoro

e l’economia statunitense, altri hanno preso nota con attenzione.

Il 17 giugno del 2008, parlando alla 29esima riunione del Consiglio

dei Ministri del Fondo OPEC per lo Sviluppo Internazionale, tenuta nella

città iraniana di Isfahan, il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad,

disse all’auditorio: “La caduta del valore del dollaro è uno

dei problemi più grandi che oggi il mondo deve affrontare. I danni

già provocati hanno colpito l’economia globale, in modo particolare

i paesi esportatori di energia. […] Quindi, ripeto il mio suggerimento

iniziale, ossia che una combinazione delle più forti monete diventi

la base per le transazioni del petrolio, o che i paesi membri (dell’OPEC)

determinino una nuova moneta per le transazioni petrolifere.”

Quello che potrebbe far sopravvivere

e fiorire la nuova borsa iraniana sono alcuni clienti robusti con cui

Washington non vorrebbe avere a che fare, e Teheran ne ha già uno,

la Cina.

Cina, il più grande acquirente

di petrolio iraniano, ha rinnovato i suoi accordi per le importazioni

per il 2011. Nel 2010 l’Iran ha fornito circa il 12 per cento del

totale delle importazioni cinesi. Secondo le ultime informazioni dell’Organizzazione

delle Dogane cinese, le esportazioni totali di petrolio dell’Iran

in Cina sono arrivate a 8,549 miliardi di tonnellate tra gennaio e aprile

2011, salendo del 32 per cento in rapporto allo stesso periodo dell’anno

precedente. L’Iran è al momento il terzo fornitore di petrolio alla

Cina, venendo alla Cina circa un milione di barili al giorno.

La Cina semplicemente ignora gli stridori

di Washington per le sanzioni, ma è comunque interessata alla questione

e se l’Iran renderà i suoi prezzi più appetibili rispetto alle forniture

concorrenti dal resto del Medio Oriente o dal Sud America, sarà duro

per i membri dell’OPEC per mantenere le loro quote del mercato cinese

in rapida espansione.

Entreranno anche loro nella Borsa di

Kish.

L’ambasciatore della Cina a Teheran,

Yu Hung Yang, rivolgendosi alla conferenza sul commercio Iran-Cina tenuta

lunedì a Teheran, ha detto che il valore degli scambi tra i due paesi

è salito del 55 per cento nei primi quattro mesi del 2011 sullo stesso

periodo dell’anno precedente raggiungendo 13,28 miliardi di dollari

e ha poi previsto che il dato sorpasserà i 40 miliardi di dollari alla

fine dell’anno.

Abbastanza per le sanzioni, eh?

Così, mentre Washington si prepara

a commettere un hara-kiri politico, l’Iran sta mettendo da

parte un po’ del fulgore capitalistico di New York e Londra. Se i

cinesi decidessero di iniziare a pagare i loro acquisti iraniani solo

con gli yuan, aspettiamoci che l’uscita lenta dal dollaro per

i prezzi dell’energia diventi una fuga disordinata. Una cosa che darebbe

ai politici di Washington qualcos’altro da pensare oltre ai matrimoni

tra gay.

****************************************

Fonte: http://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/Iran-Opens-Oil-Bourse-Harbinger-of-Trouble-for-New-York-and-London.html

18.07.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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