Alastair Crooke
strategic-culture.org
Larry Johnson, ex analista della CIA, scrive: “Non sono più in possesso di autorizzazioni e non ho accesso alle valutazioni classificate dell’intelligence. Tuttavia, ho sentito che l’intelligence finale fornita ai politici statunitensi continua a dichiarare che la Russia è alle corde – e che la sua economia sta crollando. Inoltre, gli analisti insistono sul fatto che gli Ucraini stanno battendo i Russi.”
Johnson risponde che, in mancanza di fonti umane valide, “le agenzie occidentali dipendono oggi quasi esclusivamente dai “rapporti di collegamento”” (cioè dai servizi di intelligence stranieri “amici”), senza operare con la “dovuta diligenza,” cioè con un controllo incrociato delle discrepanze rispetto ad altri rapporti.
In pratica, questo significa che i rapporti dell’intelligence occidentale replicano semplicemente la linea di Kiev. Ma c’è un problema enorme quando si integrano i risultati di Kiev (come dice Johnson) con i rapporti del Regno Unito – per “corroborazione.”
La realtà è che anche i resoconti del Regno Unito si basano su ciò che dice l’Ucraina. Questo è noto come falso collaterale, quando ciò che viene usato per corroborare e convalidare deriva in realtà dalla stessa singola fonte. Diventa, deliberatamente, un moltiplicatore di propaganda.
In parole povere, si tratta di veri e propri “depistaggi.” Senza mezzi termini, la cosiddetta “intelligence” occidentale non è più il tentativo sincero di comprendere una realtà complessa, è diventata invece lo strumento per falsificare una realtà ricca di sfumature al fine di tentare di manipolare la psiche russa verso un disfattismo collettivo (rispetto non solo all’Ucraina, ma anche all’idea che la Russia debba rimanere un insieme sovrano).
E, nella misura in cui le “bugie” vengono fabbricate per abituare il pubblico russo ad una sconfitta inevitabile, il rovescio della medaglia è chiaramente destinato ad allineare il pubblico occidentale al “pensiero di gruppo” di una inevitabile vittoria [dell’Ucraina]. E al fatto che la Russia è un “Impero del male irriformato” che minaccia tutta l’Europa.
Questo non è un caso. È assolutamente intenzionale. È psicologia comportamentale all’opera. Il disorientamento “da capogiro” creato durante la pandemia Covid, l’alluvione di analisi di modelli “basati sui dati,” l’etichettatura di qualsiasi critica alla “messaggistica uniforme” come disinformazione antisociale avevano permesso ai governi occidentali di persuadere i loro cittadini che i “lockdown” erano l’unica risposta razionale al virus. Non era vero (come ora sappiamo), ma quello studio “pilota” di psicologia comportamentale aveva funzionato benissimo, persino meglio di quanto i suoi stessi architetti avessero immaginato.
Il professore di psicologia clinica Mattias Desmet ha spiegato che il disorientamento di massa non si forma nel vuoto. Nasce, nel corso della storia, da una psicosi collettiva che ha seguito un copione prevedibile:
Come nel caso dei lockdown, i governi avevano usato la psicologia comportamentale per instillare paura e senso di isolamento e ammassare le persone in greggi, dove il sogghigno rabbioso nei confronti di ogni contrarietà ha sempre la meglio su qualsiasi analisi o pensiero critico. È più comodo essere all’interno del branco che fuori.
Qui la caratteristica dominante è rimanere fedeli al gruppo, anche quando la politica funziona male e le sue conseguenze turbano la coscienza dei membri. La lealtà al gruppo diventa la forma più alta di moralità. Questa lealtà richiede che ogni membro eviti di sollevare questioni controverse, mettere in discussione le argomentazioni deboli o dare credito a pensieri velleitari.
Il “pensiero di gruppo” permette ad una realtà auto-immaginata di staccarsi, di allontanarsi sempre di più da qualsiasi legame con la realtà e quindi di scivolare nell’illusione – facendo sempre riferimento a sostenitori di pari livello per una convalida e una conseguente completa radicalizzazione.
È in pratica un “addio” all’intelligence tradizionale! Benvenuti quindi nella nuova Intelligence occidentale: la geopolitica non ruota più intorno alla comprensione della realtà. Si tratta solo di fabbricare uno pseudo-realismo ideologico – la formazione a livello globale di un unico pensiero di gruppo, a cui tutti dovranno adeguarsi passivamente, finché non sarà troppo tardi per cambiare rotta.
Superficialmente, questo potrebbe sembrare una nuova psyop intelligente, magari persino “interessante.” Non lo è. È una cosa pericolosa. Lavorare deliberatamente su paure e traumi profondamente radicati (ad esempio, per i Russi la Grande Guerra Patriottica, la Seconda Guerra Mondiale), risveglia nell’inconscio collettivo un tipo di patema esistenziale multigenerazionale, quello dell’annientamento totale, un pericolo che l’America non ha mai affrontato e verso il quale la comprensione empatica degli Americani è pari a zero.
Forse, resuscitando le antiche memorie collettive della peste nei Paesi europei (come l’Italia), i governi occidentali avevano scoperto di essere in grado di mobilitare i propri cittadini intorno ad una politica coercitiva, che altrimenti sarebbe andata completamente contro i loro interessi. Ma le nazioni hanno i loro miti e i loro costumi civili.
Se questo era lo scopo (acclimatare i Russi alla sconfitta e alla definitiva balcanizzazione), la propaganda occidentale non solo ha fallito, ma ha ottenuto il risultato opposto. I Russi si sono coalizzati contro una minaccia occidentale esistenziale e sono pronti ad “andare fino in fondo,” se necessario, per sconfiggerla. (Pensate bene a queste implicazioni).
D’altra parte, promuovere falsamente l’immagine di un inevitabile successo occidentale ha inevitabilmente aumentato le aspettative di un risultato politico che non solo non è fattibile, ma che si allontana sempre più all’orizzonte, e questo perché tutte le fantasiose affermazioni sulle battute d’arresto dei Russi hanno convinto i leader europei che la Russia può accettare un risultato in linea con la loro falsa realtà auto-costruita.
Un altro “autogol”: l’Occidente ha ora il compito di disinnescare la mina da lui stesso innescata, quella di aver convinto i propri elettori di una “vittoria” dell’Ucraina e dell’umiliazione e frammentazione della Russia. A ciò seguiranno rabbia e ulteriore sfiducia nelle élite occidentali. Il rischio esistenziale si presenta quando la gente non crede a nulla di ciò che dicono le élite.
In parole povere, questo ricorso a ingegnose “teorie della spinta gentile” è riuscito solo ad intossicare la prospettiva del discorso politico. Né gli Stati Uniti né la Russia possono ora passare direttamente al discorso politico puro:
In primo luogo, le parti devono inevitabilmente giungere ad una tacita assimilazione psicologica di due realtà del tutto scollegate, ora esasperate e trasformate in esseri vitali e palpabili attraverso queste tecniche di “intelligence” psicologica. Non ci sarà alcuna accettazione da entrambe le parti della validità o della giustezza morale dell’altra realtà, ma i suoi contenuti emotivi dovranno essere riconosciuti psichicamente – insieme ai traumi che li sottendono – se si vuole sbloccare la politica.
In breve, questa mostruosa psyop dell’Occidente rischia di allungare la guerra fino a quando i fatti sul campo non faranno finalmente convergere le aspettative contrastanti verso quello che potrebbe essere il “nuovo possibile.” In definitiva, sarà la guerra, e solo lei, a decidere quando queste realtà percepite non potranno più essere “abbinate” e sfumate.
La degenerazione dell’intelligence occidentale non è iniziata con il recente “entusiasmo” collettivo per le possibilità della “psicologia della spinta gentile.” I primi passi in questa direzione erano nati con un cambiamento di etica risalente all’era Clinton/Thatcher, quando i servizi di intelligence erano stati “neoliberalizzati.”
Si era smesso di apprezzare il ruolo dell'”avvocato del diavolo,” del portatore di “cattive notizie” (cioè del duro realismo) alla leadership politica di riferimento; al contrario, c’era stato un radicale cambiamento verso la pratica della “Business School” e i servizi erano stati incaricati di “aggiungere valore” alle politiche governative esistenti e (persino) di creare un sistema di “mercato” nell’intelligence!
I politici-manager chiedevano “buone notizie.” E per far sì che queste “arrivassero,” i finanziamenti erano stati legati al “valore aggiunto,” con amministratori esperti nella gestione della burocrazia trasferiti in posti di comando. Questo aveva segnato la fine dell’intelligence classica, che è sempre stata un’arte, piuttosto che una scienza.
In breve, era stato l’inizio della fissazione dell’intelligence alla politica (come valore aggiunto), piuttosto che alla funzione tradizionale di plasmare la politica in base a solide analisi.
Negli Stati Uniti, la politicizzazione dell’intelligence aveva raggiunto l’apice con l’avvio da parte di Dick Cheney di un’unità di intelligence, il Team “B,” che riferiva personalmente a lui. Il suo scopo era quello di fornire anti-intelligence per combattere i risultati dei veri servizi di intelligence. Naturalmente, l’iniziativa del Team “B” aveva scosso la fiducia degli analisti e aveva scavalcato il lavoro dei quadri tradizionali, proprio quello Cheney intendeva ottenere. (Aveva una guerra (la guerra in Iraq) da giustificare).
Ma c’erano anche stati altri cambiamenti strutturali. In primo luogo, nel 2000, il narcisismo Woke aveva iniziato ad eclissare il pensiero strategico, creando il suo proprio pensiero di gruppo. L’Occidente non riusciva a scrollarsi di dosso la convinzione di essere al centro dell’universo (anche se non più in senso razziale, ma tramite il risveglio alla “politica delle vittime,” che richiedeva risarcimenti e riparazioni infinite, e tali valori woke sembravano, guarda caso, consacrare l’Occidente con un rinnovato “primato morale” globale).
Allo stesso tempo, i neoconservatori statunitensi si erano appoggiati a questo nuovo universalismo di woke per consolidare il meme “l’Impero conta in modo primordiale.” Il corollario implicito in tutto ciò è che i valori originali della Repubblica Americana o della stessa Europa non potranno essere riconcepiti e portati avanti nel presente, almeno finché il pensiero di gruppo “liberale” dell’Impero li considererà una minaccia alla sicurezza occidentale. Questo enigma e questa lotta sono al centro della politica statunitense odierna.
Tuttavia, resta da chiedersi come possano le informazioni fornite ai politici statunitensi insistere sul fatto che la Russia stia implodendo economicamente e che l’Ucraina stia vincendo, contro tutti i fatti facilmente osservabili sul campo.
Beh, non è un problema: i think tank di Washington hanno grandi, grandi finanziamenti dal mondo dell’industria militare (e la maggior parte di questi fondi va ai neoconservatori), per cui continuano ad insistere sul fatto che la Russia è una piccola “stazione di servizio” che si spaccia nazione, e non una potenza da prendere sul serio.
Gli artigli dei neoconservatori fanno a brandelli chiunque si opponga alla loro “linea” e i think tank impiegano un esercito di “analisti” per produrre rapporti “accademici” che suggeriscono che l’industria russa – nella misura in cui esiste – sta implodendo. È dallo scorso marzo che gli esperti militari ed economici occidentali continuano a ripetere che la Russia ha esaurito i missili, i droni, i carri armati e i proiettili d’artiglieria e che sta consumando l’esercito lanciando ondate umane di truppe non addestrate contro le trincee ucraine.
La logica è chiara, ma ancora una volta fallace. Se tutta la NATO fatica a fornire proiettili d’artiglieria, la Russia, con un’economia grande quanto un piccolo Stato dell’UE, deve (logicamente) stare peggio. E, se noi (Stati Uniti) minacciamo abbastanza duramente la Cina e le ordiniamo di non rifornire la Russia, quest’ultima dovrà necessariamente esaurire le munizioni e l’Ucraina sostenuta dalla NATO “vincerà.”
La logica è quindi che una guerra prolungata (fino all’esaurimento dei soldi) deve far arrendere una Russia priva di munizioni, e “vincere” l’Ucraina sostenuta dalla NATO.
Questo inquadramento è completamente sbagliato a causa delle differenze concettuali: la visione russa è quella di una guerra totale, combattuta con un lungo impegno “a tutto campo,” senza compromessi, contro una forza schiacciante di pari livello. Ma l’idea è legata alla convinzione che queste guerre si combattono nell’arco di anni e che i loro esiti sono condizionati dalla capacità di aumentare la produzione militare.
Concettualmente, negli anni ’80 gli Stati Uniti avevano abbandonato il paradigma militare-industriale del dopoguerra per passare alla delocalizzazione della produzione in Asia e alle linee di fornitura “just-in-time.” In effetti, gli Stati Uniti (e l’Occidente) si sono spostati nella direzione opposta a quella di una rapida capacità di mobilitazione, mentre la Russia non l’ha fatto: ha mantenuto in vita il concetto di auto-sostentamento che l’aveva salvata durante la Grande Guerra Patriottica.
Quindi, i servizi segreti occidentali si sono nuovamente sbagliati, hanno interpretato male la realtà? No, non hanno “sbagliato.” Il loro scopo è diverso.
I pochi che ci hanno azzeccato sono stati spietatamente caricaturizzati come marionette per togliere loro ogni credibilità. E la nuova intelligence è stata riconcepita come negazionismo intenzionale di tutti i pensieri non allineati, mentre la maggioranza dei cittadini occidentali dovrebbe vivere passivamente nell’abbraccio del pensiero di gruppo – fino a quando non sarà troppo tardi per svegliarsi e cambiare il pericoloso corso su cui le loro società si sono imbarcate.
I rapporti ucraini non verificati (rapporti di collegamento) serviti ai leader occidentali non sono quindi un “inconveniente,” ma una “caratteristica” paradigmatica della nuova intelligence, destinata a confondere e a rincretinire l’elettorato.
Alastair Crooke
Fonte: strategic-culture.org
Link: https://strategic-culture.org/news/2023/03/06/how-could-western-intelligence-have-got-it-wrong-again-they-didnt-they-had-other-purposes/
06.03.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.