Ai popoli dell’Africa e del mondo che si preoccupano degli Africani
FONTE: Pambazuka News
Noi, sottoscrittori, siamo cittadini comuni dell’Africa che sono immensamente addolorati e arrabbiati
che i compagni Africani sono e sono stati sottoposti alla furia della
guerra dalle potenze straniere che hanno chiaramente ripudiato la nobile
e davvero rilevante visione conservato nello Statuto delle Nazioni Unite.
L’iniziativa di pubblicare questa
lettera è ispirata dal nostro desiderio, non di appoggiare, ma di proteggere
la sovranità della Libia e il diritto del popolo libico di scegliere
i propri dirigenti e di determinare il proprio destino.
La Libia è un paese Africano.Il 10 marzo il Peace and Security
Council dell’Unione Africana ha adottato un’importante Risoluzione
(3) che descrive il processo di pace per risolvere il conflitto libico,
che consiste negli obblighi dell’UA che vanno sotto il Capitolo VIII
dello Statuto dell’ONU.
Quando il Consiglio di Sicurezza dell’ONU
ha adottato la sua Risoluzione 1973, era cosciente della decisione dell’UA,
che era stata annunciata sette giorni prima.
Decidendo di ignorare questo fatto,
il Consiglio di Sicurezza ha contribuito coscientemente alla sovversione
della legge internazionale e a minare la legittimazione dell’ONU agli
occhi dei popoli Africani.
Da allora, ha contribuito a promuovere
e a radicare il processo immensamente pernicioso di marginalizzazione
dell’Africa anche riguardo alla soluzione dei problemi di questo Continente.
Contrariamente alle disposizioni dello
Statuto delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha
dichiarato il 17 marzo del 2011 la sua guerra personale alla Libia.
Il Consiglio di Sicurezza si è
permesso di prendere indicazioni da quello che l’International
Crisis Group (ICG), nel suo Report on Libia del 6 giugno 2011 indica
come “l’informativa più sensazionale secondo cui il regime sta
usando la sua forza aerea per massacrare i dimostranti”.
Su queste basi ha adottato la Risoluzione
1973 che ha autorizzato l’imposizione di una “no-fly zone”
su tutta la Libia, e ha deciso di “prendere tutte le misure necessarie
[…] per proteggere i civili e le zone abitate dai civili che sono
sotto la minaccia di attacco della Jamahiriya Araba Libica.”
Di conseguenza, il Consiglio di Sicurezza
ha usato l’argomento ancora controverso per la legge internazionale
del “diritto di proteggere”, il cosiddetto R2P, per poter
giustificare l’intervento militare in Libia alla base del Capitolo
VII.
In questo contesto il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU ha perpetrato una litania di offese che sono state
ben sottolineate, e l’ulteriore trasformazione del Consiglio in un
potente strumento a disposizione dei poteri più forti esercitati dai
suoi Stati Membri.
Intanto, il Consiglio di Sicurezza
non ha prodotto alcuna prova che la sua autorizzazione per l’uso della
forza sotto il Capitolo VII dello Statuto delle NU fosse una risposta
proporzionata e appropriata a quella che in Libia, in realtà, stava
diventando una guerra civile.
Ha poi proceduto a “esternalizzare”
o “subappaltare” l’implementazione delle sue Risoluzioni alla
NATO, obbligando quest’alleanza militare ad agire come “coalizione
dei volenterosi”.
Non ha posto in essere alcun meccanismo
o processo per supervisionare il “subappalto”, per assicurare che
onorasse fedelmente le disposizione delle sue Risoluzioni.
Non ha fatto alcuno sforzo per monitorare
e analizzare le azione della NATO in questo ambito.
Ha consentito la formazione di un “Gruppo
di Contatto” senza un’autorizzazione legale, quindi un’altra “coalizione
di volenterosi”, che ha messo in campo dandogli l’autorità
e l’effettiva responsabilità di poter determinare il futuro della
Libia.
A conferma di questa inaccettabile
realtà, la riunione del 15 luglio del 2011 del “Gruppo di Contatto”
tenutasi a Istanbul “ha riaffermato che il Gruppo di Contatto rimane,
per la comunità internazionale, la struttura appropriata per costituire
un punto di contatto determinante con il popolo libico, per coordinare
le politiche internazionali e per essere un forum di discussione del
sostegno umanitario e di quello successivo al conflitto.”
Puntualmente consentito dal Consiglio
di Sicurezza, le due “coalizioni dei volenterosi” la NATO e il “Gruppo
di Contatto” hanno praticamente riscritto la Risoluzione 1973.
Grazie a questo, si sono date apertamente
il potere di perseguire l’obiettivo del “cambio di regime” e perciò
dell’uso della forza e di tutti gli altri mezzi per rovesciare li
governo della Libia, obbiettivi che sono completamente altri rispetto
alle decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
E così, senza alcun riguardo verso
le Risoluzioni 1970 and 1973 dell’ONU, si sono sentiti autorizzati
a dichiarare illegittimo il governo della Libia e di proclamare il “Consiglio
Nazionale di Transizione” di stanza a Bengasi come “l’autorità
legittima di governo in Libia”.
Il Consiglio di Sicurezza ha mancato
di rispondere al perché le decisioni prese dalla NATO e dal “Gruppo
di Contatto” si siano indirizzate sull’aspetto vitale del “facilitare
il dialogo per portare alle riforme politiche necessarie per trovare
una soluzione pacifica e sostenibile”.
Le iniziative dei “sub-appaltatori”,
della NATO e del “Gruppo di Contatto” hanno collocato le Nazioni
Unite in una posizione partigiana nel conflitto libico, invece di un
portatore di pace impegnato, ma neutrale, che fosse equidistante dalle
fazioni armate libiche.
Il Consiglio di Sicurezza ha ulteriormente
deciso di ripudiare il ruolo della legge internazionale ignorando coscientemente
le disposizioni del Capitolo VIII dello Statuto delle Nazioni Unite
sul ruolo delle legittime istituzione regionali.
La guerra di George W. Bush contro
l’Iraq iniziò il 20 marzo del 2003.
Il giorno seguente, il 21 marzo, un
giornale britannico, The Guardian, pubblicò un breve articolo
del famoso neo-con statunitense Richard Perle, intitolato “Ringraziamo
Dio per la morte delle Nazioni Unite”.
Ma l’architettura globale post-Seconda
Guerra Mondiale per il mantenimento della pace e della sicurezza si
poggia sul rispetto dello Statuto dell’ONU.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU
deve quindi essere a conoscenza che, almeno nel caso libico, ha agito
in modo tale da causare una perdita di autorità morale per poter fissare
con efficacia i processi necessari al raggiungimento della pace globale
e alla realizzazione della coesistenza pacifica tra i diversi popoli
del mondo.
Contrariamente alle disposizioni dello
Statuto delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza ha autorizzato
e consentito la distruzione e l’anarchia che si sono abbattute sul
popolo libico.
Per riassumere:
- molti libici sono deceduti
o hanno subito mutilazioni;
- molte infrastrutture
sono state distrutte, impoverendo ancor di più il popolo libico;
- i contrasti e la mutua
diffidenza presenti tra il popolo libico sono stati ancor di più aggravati;
- la possibilità di arrivare
a un accordo negoziato, inclusivo e stabile diventerà sempre più difficoltosa;
- l’instabilità è stata
rafforzata nei paesi che circondano la Libia, specialmente nelle nazioni
del Sahel Africano, come il Sudan, il Ciad, il Niger, il Mali e la Mauritania;
- l’Africa erediterà
per questo ancora maggiore difficoltà per poter giungere con successo
alla pace a alla stabilità, e di conseguenza al compito di promuovere
uno sviluppo sostenibile;
- quelli che sono intervenuti
per perpetrare la violenza e la guerra in Libia avranno la possibilità
di stabilire i parametri entro cui i libici avranno la possibilità
di determinare il proprio destino, e quindi per limitare sempre di più
lo spazio che gli Africani hanno per esercitare il diritto all’autodeterminazione.
- da Africani abbiamo asserito
di voler essere nel futuro attori di rilievo in un sistema bilanciato
di relazioni internazionali, confidando nel fatto che le Nazioni Unite
siano davvero “le fondamenta di un nuovo ordine mondiale”.
Il report dell’ICG
al quale ci siano riferite dice: “Le prospettive per la Libia, ma
anche per tutto il Nord Africa, sono sempre più funeste, senza che
venga trovato un modo per indurre le due parti presenti nel conflitto
armato a negoziare un compromesso che consenta un’ordinata transizione
a uno stato post-Gheddafi e post-Jamahiriya che sia legittimato agli
occhi della popolazione libica. Una sovversione politica è di gran
lunga la migliore via d’uscita alla pesante situazione create dall’impasse
militare. […] Quando Richard Perle ha scritto nel 2003 del “fallimento
totale delle Nazioni Unite”, si era lamentato del rifiuto delle Nazioni
Unite di sottostare ai dettami dell’unica superpotenza mondiale, gli
Stati Uniti.
Le Nazioni Unite presero questa
posizione perché erano coscienti di questo ed erano ispirate dall’obbligo
di agire con vero rappresentate di tutti i popoli del mondo, così come
indicano dalle parole iniziale dello Statuto delle Nazioni Unite, “Noi,
i popoli delle Nazioni Unite …”
Comunque, e in modo tragico, otto
anni dopo, nel 2011, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha abbandonato
il suo impegno nella difesa di questa visione.
Messo all’indice per l’umiliante
esperienza del 2003, quando gli Stati Uniti palesarono la ragione del
più forte, fu deciso che fosse più opportuno accettare le richieste
dei potenti invece che onorare i suoi obblighi per rispettare l’imperativo
di sostenere le volontà dei popoli, incluse le nazioni Africane.
Da quel momento ha palesato un
suo nuovo ruolo, ossia quello di mero strumento nelle mani e al servizio
dei potenti, all’interno di quel sistema di relazioni internazionali
che sarebbe invece così necessario per supportare i processi di composizione
pacifica dei contrasti.
Da Africani non abbiamo altra scelta
che opporre resistenza e riaffermare il nostro diritto e il nostro dovere
per determinare il nostro destino in Libia e in qualsiasi altro luogo
del nostro Continente.
Chiediamo che tutti i governi,
in tutto il mondo e quindi anche in Africa, che si aspettano un sano
rispetto dai governati, ossia da noi, prendano immediatamente iniziative
per affermare “quella legge con cui tutte le nazioni possano vivere
degnamente.”
Chiediamo che:
- la guerra di aggressione
della NATO in Libia termini immediatamente;
- l’Unione Africana venga
supportata per implementare il suo Piano per aiutare il popolo libico
nel conseguimento della pace, della democrazia, di una prosperità diffusa
e di una riconciliazione nazionale in una Libia unita;
- il Consiglio di Sicurezza
dell’ONU agisca immediatamente per scaricare le proprie responsabilità
come stabilito nello Statuto dell’ONU.
Quelli che hanno oggi scaricato
una pioggia ferale di bombe sulla Libia non si devono ingannare, convincendosi
che l’apparente silenzio dei milioni di Africani significhi un’approvazione
di questa campagna di morte, di distruzione e di dominio.
Siamo sicuri che domani saremo
vittoriosi, indipendentemente dalla forza assetata di morte degli eserciti
più forti del mondo.
La risposta che dobbiamo praticamente
fornire, come Africani, è quando, e in che modo, riusciremo ad agire
in modo risoluto e sensato per difendere il diritto degli Africani libici
di decidere del loro futuro, e quindi il diritto e il dovere per tutti
gli Africani di determinare il proprio destino!
La road map dell’Unione
Africana rimane l’unica strada da percorrere per la pace del popolo
libico.
Fonte: http://pambazuka.org/en/category/features/75542
09.08.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE