SULL’ORLO DI UNA DEPRESSIONE
DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
Il rapporto del FMI “Will It Hurt? Macroeconomic Effects of Fiscal Consolidation” (“Farà male? Effetti macroeconomici del consolidamento fiscale” ndt.) sostiene implicitamente che l’austerity farà più danni di quanti non siano stati riconosciuti finora.
Normalmente, un restringimento dell’1% del PIL in un paese porta a una perdita di crescita dello 0,5% dopo due anni. E’ tutta un’altra storia se il restringimento si ha quando mezzo pianeta è in difficoltà. La mancata crescita sarebbe doppia se i tassi di interesse fossero già azzerati, e se tutti riducessero le spese contemporaneamente.
“Non tutti i paesi possono ridurre il valore della loro valuta e aumentare le esportazioni nette contemporaneamente”, si dice nel rapporto. Joe Stiglitz, l’economista insignito del Nobel, va oltre avvertendo che potrebbe succedere un pandemonio in tutta l’Europa contemporaneamente, e ciò darebbe il via a una “spirale di morte”.
Nella foto: lo sciopero generale spagnolo della settimana scorsaIl Fondo Monetario dice anche che il danno raddoppia per quegli stati che non possono tagliare i tassi o svalutare – pensate alla Spagna, al Portogallo, all’Irlanda, alla Grecia e all’Italia, intrappolate nell’unione economico-monetaria con tassi di cambio sopravvalutati.
“La caduta di valore di una valuta gioca un ruolo fondamentale nell’attutire l’impatto. Il risultato rispecchia quanto previsto dalla teoria di Mundell-Fleming, ovvero che i moltiplicatori fiscali sono maggiori nelle economie con regimi di tasso di cambio fisso.” Proprio così.
E va da sé che i tagli di spesa in una crisi sono perfidi o controproducenti. La Gran Bretagna seguì questa strada dopo l’abbandono del gold standard nel 1931, e degli ERM (accordi europei di cambio ndt.) nel 1992, in entrambi i casi con successo. La Banca di Inghilterra, indipendente, riuscì a tagliare i tassi di interesse. La sterlina crollò. Il punto cardine è la possibilità di controbilanciare i tagli al bilancio.
Ma allo stesso modo è erroneo citare la scelta dell’austerity come rimedio alla crisi nel caso del Canada, e della Scandinavia degli anni Novanta – come fa la Banca Centrale Europea – per fornire una prova del fatto che i tagli al bilancio aprono la via della ripresa. Questi paesi poterono esportare in un mondo in crescita. Poterono abbassare i tassi di interesse ed erano nazioni abbastanza poco importanti da riuscire a fare svalutazioni egoistiche senza attrarre l’attenzione. Allora non eravamo nella “guerra delle valute” del Nuovo Ordine Mondiale.
Comunque sia, è chiaro che l’Europa meridionale non si riprenderà per molto tempo. Il premier portoghese Jose Socrates ha appena svelato il suo ultimo pacchetto austerity. Si è arreso ai tagli di stipendi. Ci sarà un aumento dell’IVA dal 21% al 23%, e un congelamento delle pensioni e dei progetti. I sindacati hanno indetto uno sciopero generale per il mese prossimo.
Socrates ha già perso la sua maggioranza socialista, perdendo parte della sua base per l’estrema sinistra del Bloco. Deve fare affidamento sulla futura acquiescenza dei conservatori. Citigroup ha asserito che la stretta fiscale sarà del 3% del PIL l’anno prossimo. Quindi, secondo lo schema del FMI, ciò implica una perdita di crescita del 3%. Dato che non c’è stata alcuna crescita, significa che ci sarà una contrazione.
In Spagna c’è stato uno sciopero generale la settimana scorsa. Il coraggioso ministro delle Finanze Elena Salgado, non ha battuto ciglio. “Manterremo la nostra politica economica” ha affermato. Ci sarà un altro doloroso budget nel 2011, con un taglio alle spese ministeriali del 16%.
La Salgado ha escluso qualsiasi rischio di ricaduta nella recessione. Ma la Banca di Spagna teme una contrazione dell’economia nel terzo trimestre.
La lezione degli anni Trenta ci insegna che la politica può diventare terribile se la crisi giunge al terzo anno, e gli elettori perdono la fiducia nella ripresa promessa. La disoccupazione ha già raggiunto il 20% in Spagna. Se la Salgado ha torto, la società spagnola si troverà di fronte a uno stress test.
Gli eventi sembrano seguire uno schema – prima in Irlanda, poi in Grecia e in Portogallo – dove i tagli non riescono a chiudere i deficit velocemente come previsto. L’austerity stessa erode le entrate fiscali. I paesi sono in un circolo vizioso.
Il resto dell’Unione monetaria non aiuta. La Francia e l’Italia taglieranno dell’1,6% del PIL l’anno prossimo. La stretta in Germania inizierà davvero nel 2011.
Dati i rischi, ci si aspetterebbe che la BCE fosse pronta a intervenire con sostegni economici. Ma invece no, mentre le banche centrali degli Stati Uniti, del Regno Unito, del Giappone sono abbastanza spaventate da riflettere sulla necessità di una iniezione di moneta fresca, Francoforte si gloria della sua strategia di uscita. Rischia di ripetere l’errore del luglio 2008, quando la BCE alzò i tassi nonostante la crisi.
La BCE sta ritirando le sue strutture di prestito per le banche dell’eurozona, incurante dei pericoli per le banche spagnole, portoghesi, irlandesi e greche, che hanno preso in prestito 362 miliardi, e i pericoli per i loro governi. Queste banche hanno utilizzato il denaro per comprare titoli di stato, sfruttando il carry trade interno per ottenere maggiori guadagni. In altre parole, la BCE sta erodendo ciò che tiene in piedi l’Europa meridionale.
Si deve concludere che la BCE se ne lava le mani, scaricando il problema sulle autorità fiscali attraverso il fondo di sostegno da 440 miliardi dell’UE. Significa andare incontro al proprio destino.
Chi crede che gli alpinisti dell’unione economica, legati insieme alla parete nord dell’Eiger, siano abbastanza forti da tenersi alla fune nel caso in cui uno dopo l’altro perdessero la presa sul ghiaccio?
Titolo originale: “IMF admits that the West is stuck in near depression
“
Fonte: http://www.telegraph.co.uk
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03.10.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIADA GHIRINGHELLI