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La Redazione

 

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LEZIONI DI UMANIT DI UNA FAMIGLIA LIBICA

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A cura di supervice
Il 24 Ottobre 2011
42 Views

UN RACCONTO DI DICKENS DAL CAIRO E LO SQUALO SBAGLIATO

DI ROBERT FISK
The Independent

Tira una brutta aria, eccetera. Oggi

i miei pensieri non sono con la famiglia Gheddafi, ma con Bassam e Saniya

al-Ghossain, la cui figlia Raafat è stata uccisa in Libia il 15 aprile

1986.

Rimase vittima dei folli bombardamenti

aerei del presidente Reagan su Tripoli, la vendetta per l’uccisione

di un militare americano a Berlino a causa di una bomba piazzata da

uno dei pazzi di Gheddafi. Ero presente al suo funerale in Libia e da

allora, col passare degli anni, ho avuto modo di conoscere molto bene

i suoi genitori. Sono tra i miei migliori amici a Beirut. Ho pranzato

con loro ieri. Sapete cosa mi ha detto Saniya della violenta morte di

Gheddafi? “Sono contro certe cose. Sono contro ogni forma di assassinio

ed uccisione.”
È un peccato che Hillary Clinton non

sia riuscita a dire niente di tanto umano. Ma potrebbe – se le interessa

(cosa che dubito) – chiedere cosa ne è stato dei 300 milioni di dollari

(188 milioni di sterline) che gli americani hanno allungato a Gheddafi

come “saldo finale” del debito quando gli Usa avevano deciso di

riaprire le relazioni con il vecchio manigoldo nel 2008. I libici

hanno sborsato 1,5 miliardi di dollari per regolare i conti (Lockerbie,

eccetera); i soldi degli americani erano per i morti e feriti del loro

raid aereo del 1986. La famiglia al-Ghossain non ha avuto un centesimo

da Gheddafi. Hanno cresciuto l’altra figlia, Kinda, che si è sposata

e ha avuto il suo primo figlio, facendo nonni Bassam e Saniya. Sarebbe

bello pensare che la Clinton potesse concedergli pochi istanti del suo

prezioso tempo, magari ricordando ai ragazzi del governo “transitorio”

libanese che hanno un debito da pagare.

L’altro giorno al Cairo, sono tornato

alla Casa all’Angolo. È così che nella mia storia chiamo la decadente

villa di fine secolo durante la rivoluzione egiziana, di fatto abbiamo

usato l’espressione “la Casa all’Angolo” nel titolo. Era, ed è,

una vera rovina: scale di marmo distrutte, seta sui muri, un tetto cigolante

e tremolante, un posto dove guardare i carri armati e le anatre dai

mirini, un vero fronte, le finestre tutte stuccate, la puzza di storia

e neanche un cane che ti dica chi vi abbia vissuto cento anni fa. Quindi

ecco che Fisk fa ritorno alla Casa all’Angolo. Una sacco di giovani

con valigetta indaffarati passavano là davanti. No. Nessun indizio

su chi fosse il proprietario dell’edificio. Poi in strada incontro un

vecchio “bawab”, un portiere, con un solo dente in bocca

– credetemi, uno solo – e gli chiedo a chi appartenesse la Casa

all’Angolo. Con il dito fa il segno di una croce sulla sua mano, simbolo

usato dagli arabi per indicare i cristiani. E questo è quello che mi

ha detto in arabo: “L’uomo che viveva qui era Youssef Koudiam,

un cristiano che è morto ed è andato in paradiso, dove ora sta dormendo.”

Direttamente da Dickens, ho pensato.

Letteratura. Ovviamente, cerco di trovare la famiglia Koudiam tra i

copti egiziani.

Un altro pezzo della vecchia Beirut

si frantuma al suolo; la Beirut ottomana dai tetti rossi, quella che

Lawrence d’Arabia amava. Stavolta tocca al palazzo Azar, distrutto e

fatto a pezzi di recente (all’interno) da mani sconosciute, una bellissima

“Casa all’Angolo” del Libano, che oggi, temo, è in rovina. Il ministro

del turismo è profondamente preoccupato (ovvio) e ora la polizia (ugualmente

preoccupata) pattuglia la zona per prevenire ulteriori danni. Ma sono

iniziate le piogge invernali e quindi un altro po’ del patrimonio libanese

sta per morire. Questo è ciò che accade quando la terra vale più

della proprietà.

C’era un redattore al Times

(quello pre-Murdoch) di nome Ivan Barnes, al quale imponevo infiniti

reportage sugli animali per quella che io chiamavo la colonna del

riassunto animale”. Era basata sulla mia convinzione che

la media dei lettori del Times verserebbero fiumi di lacrime

per un labrador con le zampe rotte piuttosto che per un senzatetto palestinese.

Quindi, in una breve visita in Russia (devo ringraziare il nostro uomo

a Mosca, Shaun Walker – un impressionante e fluente madre lingua russo

con il mio stesso oscuro senso dell’umorismo – per essersi preso cura

di me), mi sono imbattuto in tre meravigliose storie per Ivan. La prima

era quella di un ufficiale militare russo, il sergente maggiore Vyacheslav

Gerzog, che dava cibo per cani ai suoi soldati invece di manzo in scatola

e al quale era stato ordinato di pagare 202.000 rubli (circa 4.000 sterline)

come multa. Aveva attaccato l’etichetta “manzo di qualità” sulle

scatolette. Beh, perché no? Non serve dirlo: chi fu messo in prigione

per quattro anni fu il maggiore Igor Matveyev, che aveva pubblicato

lo scandalo su YouTube.

Poi c’era quella dei cacciatori di

squali della Baia di Telyakovsky (vicino Vladivostok), che avevano catturato

uno squalo che si presumeva avesse morso le mani di Denis Udovenko.

Ci sono volute 19 barche e 60 pescatori per portare a riva l’animale.

Peccato fosse quello sbagliato.

Ma aspettate, ecco la migliore. L’agenzia

di stampa Vecherniye Vesti ha riportato – cito il Moscow Times

– questa notizia: “Catturato struzzo albino evaso.” Era

scappato da un circo ambulante in Russia e aveva minacciato di prendere

a calci i residenti locali della città di Petropavlosk-Kamchatsky dopo

che la sua gabbia era rimasta aperta. Uno dei circensi, secondo il quotidiano,

ha messo in guarda i cittadini dall’avvicinarsi (allo struzzo),

dicendo che era stupido, aggressivo e capace di menomare un umano”.

Devo dire che se fossi uno struzzo, non vorrei appartenere a certi tipi

di circensi. Tuttavia, un uomo che portava il cane a passeggio ha visto

lo struzzo albino – una vista alquanto insolita a Petropavlosk-Kamchatsky

– e ha chiamato il circo. Quindi è arrivato l’addestratore dell’animale.

Ma ecco il finale che uccide la storia: “L’addestratore ha detto

che lo struzzo era zuppo di pioggia, ma tuttavia in salute, e i due

hanno preso un taxi per tornare al circo.” Non vedo l’ora di vedere

il film.

**********************************************

Fonte: Robert Fisk: Lessons in humanity from a Libyan family, a tale of Dickens from Cairo – and the wrong shark

22.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

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