DI ALFREDO JALIFE RAHME
La Jornada
La tipologia più selvaggia di
capitalismo, il neoliberismo finanziario globale, subisce numerose ondate
centrifughe nei suoi due poli principali: Stati Uniti, immersi in una
crisi tecnica che non ci si deve azzardare a nominare, e l’Unione
Europea, ingabbiata dai debiti straordinari di quella zona che gli oligopoli
mediatici anglosassoni (e i loro ripetitori locali) qualificano con
disprezzo come PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna),
come se le sfondate finanze britanniche (molti simili a quelle dei loro
soci e sosia degli USA) si trovassero in migliori condizioni.
Si tratta del crollo verticale del
modello finanziario anglosassone e della sua fantasia globalizzatrice
sregolata, che tanti danni ha causato nelle periferie sottomesse dalla
forza militare. Si tratta anche, però, dell’implacabile riequilibro
naturale dell’ormai distrutto ordine finanziario unipolare in concomitanza
con il violento ingresso all’imminente nuovo ordine multipolare, che
si era annunciato molto tempo prima, nell’economia mondiale, con l’irruzione
dei BRICS (Brasile, Russia, India, China e Sudafrica) e di altri mercati
emergenti di successo.
Sta collassando lo sregolato neoliberalismo
finanziario controllato dal sionismo «cazaro» (la parola cazaro, dal
bulgaro antico, significa errante. Si riferisce ad un popolo giudaico,
in auge nel VII sec. in Asia centrale, ndt.) e dal suo pernicioso
trittico Hollywood/ oligopoli multimediali (vedi Rotschild-Murdoch e
i suoi mendaci circuiti Sky) /banche centrali del G-7 (in particolare
Federal Reserve, fatta a pezzi dalla coppia Greenspan-Bernanke)- FMI-Banca
Mondiale e la banca transnazionale di Wall Street e New York, che si
trovano totalmente al ribasso a causa della realtà costituita dalla
nuova correlazione multipolare delle forze in gioco.
Il problema maggiore è radicato
nella mentalità sui generis
dei costruttori della politica che si trovano a Wall Street e Washington
(in questo ordine), i quali soffrono di quella «sindrome della negazione»,
componente caratteristica della prima fase della «sindrome da stress
post-traumatico», sommata alla sindrome di Sansone («Non cado da solo,
trascino tutti gli altri con me»), che rispecchia il perverso egoismo
dell’individualismo israelita-anglosassone, fondamentalmente depredatore.
Gli Stati Uniti, che contano quasi
il 3,3 % della popolazione mondiale – trionfatori di due guerre mondiali
e di una guerra fredda, anche se non ha vinto nessuna delle nuove guerre
di inizio secolo XXI, dall’Afghanistan all’Iraq – non sono mai stati
sottomessi, eppure non sanno coesistere con il resto nel genere umano,
neppure in termini di primum inter pares.
Nonostante la loro notevole e vertiginosamente
accelerata decadenza, gli Stati Uniti insistono nell’imporre il loro
caduco unilateralismo, soprattutto in materia finanziaria, senza che
gli importi nulla dei danni collaterali inflitti ai suoi vicini (per
esempio al Messico neoliberista, che lo accetta in forma masochista)
e ai suoi “amici” (l’Unione Europea), senza parlare del resto
dell’umanità.
Due giorni prima dell’abbassamento
di un solo livello (da AAA a AA+, con tendenza a una situazione futura
ancora più negativa) del debito sovrano degli USA a opera della discussa
agenzia di rating Standard & Poor’s (SP), la sua equivalente
cinese, la Dagong Global Credit Rating (molto più seria dell’oligopolio
trittico anglosassone, che si nasconde a se stesso. SP, Moody’s e
Fitch: curiosamente queste ultime due hanno conservato, incredibilmente
e antigravitazionalmente, il loro rating «tripla A+») aveva già abbassato
la valutazione di un terzo livello e l’aveva ulteriormente portata
da A+ a semplice A con tendenza negativa (Xinhua, 3/8/11), immediatamente
dopo l’aumento del tetto di debito degli Stati Uniti, che dilapidano
più di quando riescano a incassare dal fisco. Questo fatto riduce drasticamente
la capacità di ripagare il suo debito enorme (a mio modesto parere,
impossibile da saldare), del quale la maggiore creditrice è la Cina,
con 1,15 trilioni di dollari sui dati del mese di aprile.
Ancora peggio: del totale di 3,2 trilioni
di dollari di riserve di valuta cinese, due terzi sono strumenti finanziari
denominati in dollari.
L’agenzia di rating Dagong
si preoccupa di fronte alla «prospettiva di una larga (sic) recessione
dell’economia USA», così come per l’assenza di protezione per
i creditori di questo paese.
Non mancano veri e propri cleptomani
nel Partito Repubblicano, che propugnano pubblicamente lo stop del pagamento
dei debiti ai propri creditori esterni.
Ci sarà una situazione simile
al corralito argentino negli Stati Unti? Non bisogna accantonare
questa possibilità.
Gli USA devono ridurre il proprio
deficit fiscale per un minimo di 4 trilioni di dollari nei prossimi
cinque anni per poter «sostenere il proprio livello di debito», mentre
l’«aggiustamento» di Obama e del Congresso si è limitato a 2,4
trilioni. Questo «riflette la mancanza di volontà (sic) di ridurre
il deficit e il debito», dice la Dagong.
Zhou Xiaochuan, governatore della Banca
Popolare Cinese (la banca centrale della Repubblica Popolare) – molto
più solvente e serio della coppia razziatrice Greenspan-Bernanke, componenti
del mondo finanziario sionista cazaro– ha sollecitato gli USA ad «agire
con maggiore responsabilità nei confronti del proprio debito» (Money
News, 3/8/11), il che significa esigere parecchio.
Se si giudicano le iniziative degli
USA, lasciando da parte la vacua loquacità, come può Zhou ignorare
che il debito USA è impagabile, e che dopo tutto il governo statunitense
non vuole saldare il conto?
La stampa ufficiale cinese si è
scagliata contro la «pazzesca farsa (supersic!)» messa in atto
a Washington nel teatro del litigio creato ad arte tra potere esecutivo
e legislativo, e ha descritto il grave problema del debito degli USA
come una «bomba a orologeria» che rende la Cina «particolarmente
vulnerabile (sic)».
Saranno capaci gli Stati Uniti, uno
di questi giorni, a dire alla Cina che non le pagheranno il debito?
Senza parlare del resto dei miserabili creditori, come il Messico neoliberista.
Vladimir Putin, premier russo
e zar neoenergetico globale, ha ragione quando qualifica gli «Stati
Uniti come parassiti (supersic!) dell’economia globale» (Reuters,
1/8/11), che vivono al di sopra delle proprie possibilità, quando «il
dominio del dollaro è una minaccia (sic) per i mercati finanziari».
Putin ha fatto notare come gli USA scaricano i propri problemi sul resto
del monto e ha aggiunto che la Russia possiede una quantità non indifferente
di Buoni del Tesoro degli USA, e per questo ha suggerito che «debbano
esistere altre divise di riserva».
Non è così semplice e valutare
una simile questione richiede abbastanza tempo, situazione della quale
approfittano i parassiti razziatori, ossia i gestori della moneta, i
componenti delle banche centrali neoliberisti del G-7 e la plutocrazia
oligarchico-oligopolistica di Wall Street e New York.
Víctor Garashchenko, ex governatore
della banca centrale russa – che conosce tutti i magheggi dei suoi
colleghi parassiti del G-7 per averne sofferto le conseguenze -, ritiene
correttamente che il problema è dato dal «monopolio del dollaro»,
dal quale non è facile «divorziare», che «mantiene a galla la globalizzazione
(finanziaria ndr)», che continua a pregiudicare il resto del mondo
e che annuncia un «collasso (sic) inevitabile» (IHC, 5/8/11).
Come ho anticipato nel mio recente
libro El híbrido mundo multipolar (L’ibrido mondo multipolare
ndt; Orfila editores, 2011), la disfatta del «dollarocentrismo»
– che costituisce l’obbligatoria e discrezionale riserva mondiale
di valuta (ad oggi, per il 60 per cento degli scambi mondiali), ossia
la maggior dittatura finanziaria globale di tutti i tempi e, in
secondo luogo, la «balcanizzazione dell’euro» – quasi il 25 per
cento – causeranno danni severi per due motivi: 1) non esiste ancora
un sostituto credibile e 2) si prosegue nella «guerra delle valute»,
al posto di un accordo razionale tra l’insolvente G-7 e gli splendenti
BRICS, che riordinerebbe la finanza mondiale. Questa è la vera tragedia
globale.
Fonte: Bajo
la Lupa
07.08 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RACHMANINOV 85