A CURA DI: PERDANA GLOBAL PEACE ORGANIZATION
Nota del curatore (Michel Chossudovsky – Global Research):
Il seguente testo è la testimonianza fornita dal professor Ali Shalal, che è stato torturato nella prigione di Abu Ghraib. Questa dichiarazione è stata presentata come prova nel procedimento iniziato a Kuala Lumpur contro il presidente Usa George W. Bush, il primo ministro britannico Tony Blair e il primo ministro dell’Australia John Howard, alla Commissione per i Crimini di Guerra stabilita sotto la guida dell’ex primo ministro Tun Dr. Mahathir Mohamad.
Ali Shalal, noto al mondo come “l’uomo incappucciato”, è dotato di grande coraggio e determinazione. Ho ascoltato la sua testimonianza, ho avuto l’opportunità di parlare con lui in diverse occasioni durante la Conferenza sui Crimini di Guerra. Abbiamo stabilito un legame di amicizia e solidarietà. Abbiamo condiviso la nostra determinazione a portare davanti alla giustizia i criminali di guerra che ricoprono alte cariche. Ali Shalal è un professore di teologia. E’ una grande fonte di ispirazione. E’ importante capire che ciò che Ali Shalal ha subito è parte di un regolare processo di tortura, applicato sistematicamente a coloro che vengono arrestati. Molti dei suoi compagni ad Abu Ghraib sono morti come risultato della tortura o sono stati uccisi al momento del rilascio in modo che non rivelassero i terribili orrori e le atrocità commessi per ordine dell’amministrazione Bush. E’ significativo anche, come confermato dalla sua testimonianza, il fatto che “civili” israeliani assistessero agli interrogatori nelle prigioni USA.
Ali Shalal è sopravvissuto e ha fornito una testimonianza a nome di tutti coloro che sono stati torturati sino alla morte. Le parole di Ali Shalal entreranno nella storia. Quei criminali di guerra che occupano alte cariche verranno portati dinanzi alla giustizia. È anche nostra determinazione che venga fornito ad essi un giusto processo.
— Michel Chossudovsky, Global Research, 19 Febbraio 2007
DICHIARAZIONE LEGALE
Io, Ali Sh. Abbas (alias Ali Shalal), di maggiore età e cittadino iracheno, qui dichiaro solennemente e sinceramente quanto segue:
1) Ho 45 anni di età.
2) Vivo ora ad Amman, Giordania.
3) Ero un insegnante di educazione islamica nella città di Al-Alamiya, Iraq.
4) Lo scopo nel fare questa dichiarazione legale è di mettere agli atti la mia esperienza di torture nella prigione di Abu Ghraib.
5) Il 13 ottobre del 2003, mentre andavo a pregare nella moschea di Al-Amraya, le truppe americane mi hanno arrestato. Legarono le mie mani dietro la schiena e misero un sacco sulla mia testa. Mi portarono in una piccola prigione nel campo militare Usa di Al-Amraya.
6) Il comandante di questo campo militare, un certo capitano Philips, mi disse che egli aveva ricevuto un ordine dai suoi superiori di arrestarmi e che non conosceva le ragioni del mio arresto. Fui lasciato solo nella prigione.
7) Dopo due giorni mi trasferirono nella prigione di Abu Ghraib. La prima cosa che fecero fu un esame fisico del mio corpo e abusarono di me. Insieme ad altri detenuti fui fatto sedere sul pavimento e trascinato nella stanza dell’interrogatorio. Questa cosiddetta stanza è di fatto un gabinetto (di circa 2 m x 2 m), fui sommerso di acqua e di rifiuti umani sino al livello delle mie caviglie. Mi fu chiesto di sedere nell’acqua putrida mentre l’americano che mi interrogava stava fuori dalla porta insieme al traduttore.
8) Dopo l’interrogatorio, venni portato via dal gabinetto, e prima che il successivo detenuto fosse portato dentro di esso le guardie urinarono nell’acqua putrida davanti agli altri detenuti.
9) La prima domanda che mi fecero fu: “sei sunnita o sciita?”, io risposi che quella era la prima volta che mi era stata fatta a tale domanda in tutta la mia vita. Ero sorpreso da questa domanda dato che in Iraq non c’è una tale distinzione o differenza. L’interrogatore americano rispose che dovevo rispondere in modo diretto alle domande e non replicare al di fuori della domanda. Disse poi che in Iraq vi erano sunniti, sciiti e curdi.
10) L’interrogatore indossava abiti civili e il traduttore, un afroamericano, indossava un uniforme dell’esercito americano.
11) Quando risposi che sono un musulmano iracheno l’interrogatore rifiutò di accettare la mia risposta e mi accusò delle seguenti colpe:
a. Che eroantisionista e antisemita.
b. Che appoggiavo la resistenza.
c. Che istigavo la gente ad opporsi all’occupazione.
d. Che conoscevo il luogo dove si trovava Osama bin Ladin.
Protestai e dissi che musulmani ed ebrei discendevano dalla stessa stirpe storica. Dissi che non potevo far parte della resistenza perché sono un disabile e ho una mano infortunata.
12) L’interrogatore mi accusò che di essermi ferito alla mano attaccando i soldati americani.
13) L’interrogatore mi informò che essi sapevano che ero una persona importante nella comunità e che perciò potevo aiutarli. Come incentivo per la mia cooperazione l’interrogatore mi offrì l’aiuto medico per la mia mano ferita.
14) Quando non collaborai, l’interrogatore mi chiese se consideravo l’esercito americano come “liberatore” o “occupante”. Quando risposi che essi erano degli occupanti, perse la calma e mi minacciò. Disse che mi avrebbe mandato a Guantanamo dove persino gli animali sono incapaci di sopravvivere.
15) Mi portarono in un’altra stanza e presero le mie impronte digitali, una foto del mio occhio ed un campione della mia saliva per l’analisi del DNA. Dopo questa procedura mi registrarono mettendomi una fascia attorno al polso con i seguenti dettagli: il mio nome, un numero, il mio status religioso e se ero stato precedentemente arrestato.
16) Dopo mi picchiarono ripetutamente e mi misero in un camion per trasferirmi in un’altra parte della prigione di Abu Ghraib.
17) Questa parte della prigione era all’aperto e consisteva di cinque settori, circondati da mura e filo spinato ed era chiamata “Fiji Land”. Ogni settore aveva cinque tende ed era circondato da filo spinato. Quando fui tolto dal camion i soldati segnarono la mia fronte con le parole “Big Fish” in rosso. Tutti i detenuti in questo campo sono considerati “Big Fish”. Ero situato nel campo “B”.
18) Le condizioni di vita nel campo erano pessime. Ogni tenda conteneva 45 o 50 detenuti e lo spazio per ogni detenuto misurava solo 30 cm x 30 cm. Dovevamo aspettare per due o tre ore solo per andare al bagno. C’era pochissima acqua. Ogni tenda era fornita di soli 60 litri d’acqua al giorno che dovevano essere divisi tra i detenuti. Quest’acqua era usata per bere e lavarsi e pulirsi le ferite dopo le sessioni di tortura. Ci facevano anche stare in piedi per molte ore.
19) A volte, come punizione non ci veniva fornito cibo. Quando veniva dato del cibo, la colazione era alle cinque del mattino, il pranzo alle otto del mattino e la cena all’una del pomeriggio. Durante il Ramadhan ci portavano del cibo due volte al giorno, la prima a mezzanotte e la seconda volta durante le ore di astinenza in modo da farci rompere il dovere religioso.
20) Durante la mia prigionia nel campo, fui interrogato e torturato due volte. Ogni volta fui minacciato che sarei stato mandato alla prigione di Guantanamo Bay. Durante questo periodo sentii dagli altri detenuti che erano stati torturati con bruciature di sigaretta, che gli erano stati iniettati degli allucinogeni e che gli erano stati inseriti nel retto vari tipi di strumenti, come bastoni di legno e tubi. Tornavano al campo sanguinando fortemente. Alcuni avevano le ossa rotte.
21) Nel mio campo vidi detenuti trasportati lì da una prigione segreta che poi venni a sapere essere collocata nell’edificio dello “Arabian Oil Institute”, situato a nord di Bagdad. Questi detenuti erano gravemente feriti.
22) Dopo un mese e appena prima del tramonto venne chiamato il mio numero, mi misero un sacco sulla testa e le mie mani furono legate dietro la schiena. Anche le mie gambe vennero legate. Poi mi trasferirono in una cella.
23) Quando venni portato nella cella mi chiesero in arabo di spogliarmi ma quando mi rifiutai strapparono i mei vestiti e mi legarono nuovamente. Poi mi trascinarono su per una rampa di scale e quando non potevo muovermi mi colpivano ripetutamente. Quando raggiunsi la cima delle scale mi legarono ad alcune sbarre di ferro. Poi gettarono contro di me dei rifiuti umani e urinarono su di me.
24) Dopo mi puntarono una pistola alla testa e dissero che mi avrebbero ucciso lì. Un altro soldato usava un megafono per urlare contro di me con insulti e umiliarmi. Durante questo periodo potevo udire le grida di altri detenuti che venivano torturati. Ciò andò avanti sino al mattino successivo.
25) Al mattino un israeliano si mise di fronte a me, mi tolse il sacco dalla testa e mi disse in arabo che egli era un israeliano che aveva interrogato e torturato detenuti in Palestina. Mi disse che quando i detenuti non collaboravano venivano uccisi. Mi chiese ripetutamente i nomi dei combattenti della resistenza. Gli dissi che non conoscevo alcun combattente della resistenza ma egli non mi credette e continuò a colpirmi.
26) Questo israeliano che vestiva abiti civili mi torturò inserendomi nel retto prima un bastone di legno seghettato e poi la canna di un fucile. Ero ferito all’interno e sanguinavo copiosamente. Durante questo periodo qualunque guardia verso di me mi colpiva. Non ricevetti cibo per 36 ore.
27) La mattina successiva l’interrogatore israeliano venne nella mia cella e mi legò alle sbarre della cella, dopo di che fece suonare la canzone “By the Rivers of Babylon” del gruppo pop Boney M, continuamente sino al mattino successivo. L’effetto su di me fu che persi l’udito e la ragione. Era molto doloroso e persi conoscenza. Mi risvegliai solo quando la guardia israeliana gettò dell’acqua sulla mia testa e la mia faccia. Quando riebbi conoscenza egli iniziò a colpirmi di nuovo e mi chiese di dirgli i nomi dei combattenti della resistenza e quali attività avevo compiuto contro i soldati americani. Quando gli dissi che non conoscevo alcun combattente della resistenza mi prese a calci molte volte.
28) Fui tenuto nella cella senza vestiti per due settimane. Durante questo periodo una guardia americana dal nome di “Grainer” accompagnata da un ebreo marocchino chiamato Idel Palm (noto anche come Abu Hamid) veniva nella mia cella e mi chiedeva della mia mano bendata che era stata ferita prima che venissi arrestato. Gli dissi che avevo subito un’operazione. Allora strappò dalla mia mano le bende che erano macchiate di sangue e facendo ciò strappò la pelle e la carne dalle mie mani. Provavo un forte dolore e quando gli chiesi un analgesico salì sulle mie mani e disse, ridendo, “questo è un analgesico americano”.
29) Al quindicesimo giorno di detenzione mi venne data una coperta. Ero sollevato dal fatto che mi venissero date delle comodità . Dal momento che non avevo vestiti feci un buco al centro della coperta sfregandola contro il muro e così fui capace di coprire il mio corpo. Questo era il modo in cui tutti prigionieri coprivano i loro corpi quando gli veniva data una coperta.
30) Un giorno un prigioniero venne verso la mia cella e mi disse che gli interrogatori volevano velocizzare la loro indagine e avrebbero usato dei più brutali metodi di tortura per ottenere le risposte che volevano dai prigionieri. Fui portato nella stanza degli interrogatori, dopo che mi venne posta una sacca sulla mia testa. Quando entrai nella stanza degli interrogatori mi tolsero la sacca dalla testa per farmi vedere i fili elettrici che erano attaccati ad una presa elettrica nel muro.
[Vari momenti della testimonianza di Ali Shalal a Kuala Lumpur]
31) Era presente nella stanza l’ebreo marocchino, Idel Palm, l’interrogatore israeliano, due americani, uno noto come “Davies” e l’altro come “Federick”, e due altre persone. Vestivano tutti abiti civili tranne gli americani che vestivano uniformi dell’esercito. Idel Palm mi disse in arabo che se non collaboravo questa era la mia ultima possibilità di rimanere vivo. Gli dissi che non sapevo nulla della resistenza. Allora la sacca fu di nuovo posta sulla mia testa e venni lasciato da solo per un lungo periodo. Durante questo tempo udii diverse grida e urla dai detenuti che venivano torturati.
32) Gli interrogatori tornarono e mi misero a forza sopra una scatola di cartone che conteneva cibo in scatola. Poi collegarono i fili elettrici alle mie dita e mi ordinarono di allungare orizzontalmente le mie mani, allora collegarono l’elettricità. Mentre la corrente entrava in tutto il mio corpo, mi sentii come se gli occhi mi venissero strappati e volassero scintille. I miei denti sbattevano violentemente e anche le mie gambe venivano scosse altrettanto violentemente. Tutto il mio corpo veniva scosso.
33) Mi vennero date scariche elettriche in tre sessioni separate. Nelle prime due venni sottoposto all’elettricità due volte, ogni volta per la durata di alcuni minuti. Nell’ultima sessione, mentre mi venivano date scosse elettriche, morsi accidentalmente la mia lingua e sanguinavo dalla bocca. Fermarono le scosse elettriche e venne chiamato un dottore per aiutarmi. Giacevo sul pavimento. Il dottore mise dell’acqua nella mia bocca e usò i suoi piedi per tenere aperta a forza la mia bocca. Poi osservò, “non c’è nulla di serio, continuate!”. Poi lasciò la stanza. Eppure le guardie finirono le scariche elettriche mentre sanguinavo copiosamente dalla mia bocca e c’era sangue su tutta la mia coperta e il mio corpo. Ma continuarono a colpirmi. Dopo un po’ di tempo finirono di colpirmi e mi riportarono nella mia cella.
34) Per tutto il tempo della mia tortura gli interrogatori facevano fotografie.
35) Fui poi lasciato solo nella mia cella per 49 giorni. Durante questo periodo di detenzione smisero di torturarmi. Alla fine del quarantanovesimo giorno fui trasferito di nuovo al campo nella tenda e rimasi lì per altri 45 giorni. Fui informato da un prigioniero che aveva sentito delle guardie dire che ero stato arrestato per sbaglio e mi avrebbero rilasciato.
36) Fui rilasciato all’inizio di marzo del 2004. Fui messo in un camion e portato su di un’autostrada e gettato fuori. Una macchina che passava si fermò e mi riportò a casa.
37) Come risultato di questa esperienza, con l’aiuto di 12 altre vittime torturate, decisi di fondare un’associazione per assistere tutte le vittime della tortura.
38) Mi sento molto triste a dover ricordare e rivivere questa esperienza orribile più e più volte, e spero che il popolo della Malaysia risponda alla nostra richiesta di aiuto. Se Dio vuole.
E faccio questa solenne dichiarazione in piena coscienza e con la convinzione di aver detto la verità, in virtù di quanto stabilito dallo Statutory Declarations Act del 1960.
Sottoscritto e dichiarato solennemente dal succitato Ali Sh. Abbas alias Ali Shalal nel Febbraio 2007 a Kuala Lumpur con la traduzione di Abbas Z. Abid (Passaporto Iracheno No. S379532) e dopo che il detto Abbas Z. Abid ebbe dichiarato che aveva sinceramente, distintamente, e correttamente tradotto i contenuti della Dichiarazione Legale al deponente Ali Sh. Abbas alias Ali Shalal e che avrebbe sinceramente e fedelmente interpretato le affermazioni che sarebbero state fatte a lui dal detto Ali Sh. Abbas alias Ali Shalal.
Titolo originale:”Torture at Abu Ghraib: The full sworn testimony of Ali Shalal”
Perdana Global Peace Organization (Kuala Lumpur, Malaysia)
Fonte: http://www.perdana4peace.org/
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19.02.2007
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO