DI PETER POPHAM
The Independent
Le rivolte greche sono un segno della situazione economica. Altri paesi dovrebbero preoccuparsi, afferma Peter Popham da Atene
Dopo aver lanciato la scorsa settimana 4600 candelotti di gas lacrimogeni, la polizia greca ha quasi esaurito le proprie scorte. Mentre si cercano forniture d’emergenza in Israele e Germania, le bombe Molotov e le pietre dei manifestanti continuano a piovere, con scontri che si sono ripetuti ieri fuori dal Parlamento.
Riunendo giovani da poco ventenni che lottano per sopravvivere in una situazione di disoccupazione giovanile di massa e studenti che sgobanno in vista di esami universitari altamente competitivi che alla fine potrebbero non aiutarli in un mercato del lavoro insidioso, gli avvenimenti della scorsa settimana potrebbero essere definiti come le prime rivolte della crisi finanziaria. Vi sono stati attacchi di solidarietà di dimensioni inferiori da Mosca a Copenaghen, e gli economisti sostengono che paesi con problemi simili di disoccupazione giovanile come la Spagna e l’Italia dovrebbero prepararsi agli scontri.
A seguire: “Alexis Lycoudis, un altro Alexis” (Le Monde).
Apparentemente, il detonatore delle violenze greche è stato lo sparo da parte della polizia ad un ragazzo di quindici anni, Alexis Grigoropoulos. Un rapporto legale trapelato ad un quotidiano greco indicava che egli era stato ucciso da uno sparo diretto, non da un rimbalzo, come sostenuto dall’avvocato del poliziotto. I primi manifestanti sono scesi per le strade di Atene entro 90 minuti dalla morte di Alexis, l’inizio della settimana più traumatica che la Grecia abbia mai sofferto da decenni. La forza distruttrice delle proteste quotidiane, che hanno ridotto in rovine molti negozi della zona commerciale più elegante di Atene e che hanno causato un danno stimato in 2 miliardi di euro (1,79 miliardi di sterline), ha fatto sbalordire la Grecia e lasciato sconcertato il mondo. E non vi è stata una diminuzione ieri [12 dicembre N.d.r], quando giovani arrabbiati hanno ignorato le piogge torrenziali per attaccare la polizia con bombe Molotov e pietre, bloccare le vie principali e occupare la sede di una radio privata.
I loro genitori cercano spiegazioni. Tonia Katerini, il cui figlio diciassettenne Michalis è sceso in strada il giorno dell’assassinio, mette l’accento sulla normalità dei manifestanti. “Non si tratta solo di 20 o 30 persone, stiamo parlando di circa 1000 giovani. Queste non sono persone che vivono nell’oscurità, sono il genere di persone che incontri nei bar. I criminali e i tossicodipendenti sono arrivati dopo, per saccheggiare i negozi. I ragazzi erano così arrabbiati che uno di loro è stato ucciso; e volevano che la società non dormisse sonni tranquilli riguardo a questo fatto; volevano che tutti provassero le stesse paure che aveano loro. Ed esprimevano anche rabbia nei confronti della società, della religione del consumismo, della polarizzazione della società tra pochi ricchi e tanti poveri”.
La protesta è stata a lungo un rito di passaggio per la gioventù urbana greca. La caduta della dittatura militare nel 1974 è popolarmente attribuita ad una sollevazione studentesca; la verità era molto più complicata, ma questa è la versiona che è entrata nella mitologia degli studenti, dando loro un senso permanente del proprio potenziale. Perciò nessuno è rimasto sorpreso dal fatto che la morte di Alexis abbia portato altri adolescenti come lui a scendere nelle strade. Ma perché le proteste sono state così accese e di così lunga durata? “La morte di questo giovane ragazzo è stato un catalizzatore che ha fatto emergere tutti i problemi della società e dei giovani che si sono accumulati in tutti questi anni e che sono stati messi da parte senza soluzioni”, ha sostenuto Nikos Mouzelis, professore emerito di sociologia alla London School of Economics. “Ogni giorno, la gioventù di questo paese viene sempre più emarginata”.
Benché il tasso di disoccupazione totale della Grecia, pari al 7,4 per cento, si collochi appena al di sotto della media dell’eurozona, l’OCSE stima che la disoccupazione tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni sia pari al 22 per cento, nonostante alcuni economisti ritengano che il dato reale si avvicini al 30 per cento.
“A causa della disoccupazione, un quarto di questi under 25 vivono al di sotto della linea di povertà”, afferma Petros Linardos, un economista dell’Istituto del Lavoro dei sindacati greci. “Quella percentuale è cresciuta negli ultimi 10 anni. Vi è una sensazione assai diffusa che non vi siano prospettive. Questo è un periodo in cui tutti hanno paura del futuro a causa della crisi economica. Vi è un sentimento generale secondo cui le cose stanno andando peggio. E non vi è nessuna iniziativa concreta da parte del governo”.
Per i giovani greci come Michalis Katerini, le prospettive occupazionali non sono rosee, ma senza una laurea sarebbero molto peggiori, perciò lui e sua madre stanno facendo grossi sacrifici per ottenere un livello di istruzione più elevato. L’insegnamento nelle scuole superiori pubbliche è così inadeguato che lui, come decine di altri in tutto il Paese, deve frequentare tre ore per sera, cinque sere a settimana, corsi intensivi dopo il normale orario scolastico, per avere la speranza di ottenere i voti alti necessari per essere ammesso al corso di laurea di sua scelta. Sua madre, il cui carico di lavoro come architetto si è ridotto del 20%, deve pagare 800 euro al mese per l’ultimo, cruciale, anno di scuola superiore.
Lei crede che il governo del Primo Ministro Costas Karamanlis rischi di dover affrontare ulteriori turbolenze se fallisce nel comprendere la realtà della scorsa settimana e la liquidasse come una reazione eccessiva e spontanea. “Il governo ha provato con difficoltà a non mettere in relazione quello che sta accadendo con i problemi dei giovani. Il governo dice che un ragazzo è morto, i suoi amici sono arrabbiati, hanno avuto una reazione eccessiva quindi gli anarchici si sono uniti al loro gioco. Ma questa non è la realtà”
Vicky Stamatiadou, insegnante di una scuola materna nei ricchi sobborghi occidentali con due figli adolescenti, è d’accordo. “Fino ad ora, la nostra società era piena di sporcizia ma l’acqua era calma; nulla si muoveva, nulla migliorava, tutti i problemi della nostra società sono rimasti irrisolti per anni. La gente fingeva che tutto stesse andando bene. Ma ora questo quadro irreale è stato mandato in frantumi e ci stiamo confrontando con la realtà”.
Le statistiche riguardanti la disoccupazione giovanile greca non si discostano molto dai tassi di altri paesi europei con un passato di protesta di massa, come la Francia, l’Italia e la Spagna. Con la scritta “L’insurrezione in arrivo” comparsa questa settimana su un muro vicino al consolato greco di Bordeaux, i segni di avvertimento per il resto dei leader del continente sono chiari.
Ha collaborato Nikolas Zirganos
Titolo originale: “Are the Greek riots a taste of things to come?”
Fonte: http://www.independent.co.uk
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13.12.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANDREA B.
ALEXIS LYCOUDIS: UN ALTRO ALEXIS
DI ELIS VINCENT
Le Monde
Si è messo ad occupare quando l’altro è morto. Un Alexis, come lui. Là, in un ampio cantiere di volantini calpestati e lattine di birra schiacciate. Là, nella sua facoltà di scienze ambientali – ospitata in quella di giurisprudenza -, chiusa, con per tetto i muri graffitati delle aule, l’odore di sudore e di urina nei corridoi. Ad oggi sono passati più di dieci giorni.
L’altro Alexis è stato ucciso tra le 21.01 e le 21.06, il 6 dicembre. È quello che indicano i primi risultati dell’inchiesta che sono giunti alla stampa in seguito ad una fuga di notizie. Cinque minuti confusi, ad Exarchia, un quartiere ateniese appiccicoso e popolato dalla borghesia intellettuale. La colpa attribuita al rimbalzo di un proiettile sparato a terra da un poliziotto che si sentiva minacciato da lanci di pietre. Quando era arrivato, Alexis, quello vivo, non aveva tutti questi dettagli.
Ma quando ha saputo, a fine serata, che un giovane era stato “ucciso da un poliziotto”, non ha tergiversato. Ha preso il suo sacco a pelo. Ha chiamato i suoi amici. Ed è corso ad “occupare” il luogo dove trascorreva, ad ogni modo, i suoi momenti più belli: l’università. Per manifestare. Per richiedere subito le “dimissioni del governo”. Come decine di migliaia di studenti e liceali greci l’hanno fatto da allora.
È pieno di Alexis nelle strade di Atene. L’altro era Alexis Grigoropoulos, 15 anni. Lui è Alexis Lycoudis, sette anni più vecchio. L’altro aveva capelli semilunghi e un viso carino e abbronzato. Lui, invece, sfoggia un pizzetto rossiccio su una pelle d’angelo ed una zazzera di capelli rasta.
[Alexis Grigoropoulos (sinistra) e Alexis Lycoudis (destra)]
Alexis Grigoropoulos era decisamente un ragazzo di buona famiglia. I suoi genitori avevano una gioielleria in centro. Alexis Lycoudis è, invece, figlio di ragionieri, che vivono in un appartamento, senza storia, nel quartiere Pangrati, a venti minuti a piedi dall’università. Figlio della classe media, è l’immagine di tutti quei giovani greci che compongono i cortei che sfilano, ogni giorno, dal 6 dicembre, lungo le vie principali di Atene.
Non c’era nessun legame tra lui e l’altro Alexis, non si conoscevano. A dirla tutta, il fatto che abbiano lo stesso nome non lo emoziona minimamente. È solo la sua morte, per lui, che è stata “la scintilla”. Una di quelle “gocce d’acqua che fanno traboccare il vaso” di una vita “né ricca né povera”, con anche dei viaggi all’estero: Italia, Turchia… Anche in Francia, “ma non mi ricordo nulla, ero troppo piccolo”.
Teme di aver conosciuto una vita ordinaria con un futuro inesistente. Una particolarità greca. Ed è questo, “in fin dei conti”, come ripete spesso, che lo conduce, oggi, ad organizzare l’occupazione della sua facoltà. A svolgere i turni di guardia vicino ai frigoriferi vuoti del bar. A gestire la farmacia, al primo piano, per i feriti. A fare un po’ di pulizie, ogni tanto, in questa babele, con una ventina di altri studenti.
Come tutti quelli della sua generazione, ha ricevuto un’istruzione in un sistema educativo decadente, in particolare a partire dal liceo. I locali vecchi, i professori assenti e spesso inferiori alla norma hanno convinto i suoi genitori ad iscriverlo a dei corsi privati. Durante tutti questi anni, c’era il liceo alla mattina, dalle 8 alle 13.30, e la scuola privata al pomeriggio, dalle 16 alle 19.30. Con corsi di sostegno in quasi tutte le materie, come anche Alexis Grigoropoulos aveva l’età per seguirli.
Come i suoi compagni, era sovraccarico. E, come loro, conserva un ricordo amaro di quella adolescenza. Anche perché questo sistema aveva un costo: diverse centinaia di euro al mese. I suoi genitori si sono dissanguati per pargarli, a lui e a suo fratello, oggi diciannovenne. Tutto questo per superare le panellenies, i difficilissimi esami di ammissione alle università greche.
Lo ammette, uno dei giorni più importanti della sua vita è stato quando ha saputo di essere stato ammesso. Oggi disprezza questo sistema: “Non è fatto per sapere chi è il più intelligente, ma chi ha più soldi”. Perché la scelta del corso di studio e della sua sede dipendono dalla posizione raggiunta in graduatoria. Perché anche anche se sei stato ammesso, “in fin dei conti, sai che avrai problemi a trovare lavoro”.
Quando vengono assunti, lo sono al ribasso, talvolta in nero, e questo complica l’inserimento di studenti come Alexis. Come sarebbe potuto succedere un giorno all’altro Alexis. Viene presa ugualmente in causa l’economia greca, dove i salari dei principianti superano raramente i 750 euro, quando l’affitto di un moderno monolocale ad Atene viene a costare 400 euro. Vengono chiamati la “generazione 700 euro”.
Allora, come molti dei suoi compagni, che sfilano, gridano “Sbirri porci, assassini!” nelle manifestazioni, lanciano pietre, bruciano vetrine e talvolta automobili, l’università è divenuta la sua seconda casa. Nessun limite di età, per convalidare i quattro anni di studi. A 22 anni, non è ancora laureato, e pensa che gli ci vorranno ancora due anni: “Quando sai che non c’è niente alla fine, non sei sotto pressione”. Forse un giorno sarà professore, quello che vorrebbe fare.
Alexis Lycoudis non è un cattivo studente, ma milita. Questo gli sottrae del tempo, naturalmente. “Quello che conta, è il fatto che tutti possano guadagnarci”. Ed è quasi una tradizione, la militanza, nell’università greca. A partire dall’iscrizione, si sceglie il proprio schieramento. È in parte per questo che la mobilitazione è stata così massiccia, dopo la morte dell’altro Alexis.
Lui ha scelto l’EAAK, il Movimento della sinistra indipendente unita. “Una sorte di Lotta Comunista Rivoluzionaria“, racconta. Niente capi, ufficialmente, ma è lui a tenere le chiavi del locale ed è a lui che tutti si rivolgono. Lui che lavora insieme ad un manipolo di altri, all’allestimento di una piccola radio. “Noi vogliamo avere il nostro mezzo di comunicazione”.
La sua prima manifestazione è stata nel 2003, quando era ancora un liceale, per “denunciare la guerra in Iraq”. Poi, è venuto il 2006, e la sua prima occupazione dell’università. Sei settimane a dormire sui tavoli delle lezioni e sulle sedie della mensa. Un vasto movimento che aveva associato liceali e studenti contro una riforma dell’università. E che, a sorpresa, ha raggiunto il proprio obiettivo.
Insomma, stavolta è galvanizzato. Il governo non li sente, e chi se ne importa. Ma guai a evocare una disgregazione del movimento. Egli si vede a metà strada tra le manifestazioni francesi contro il CPE del 2006 e le sommosse delle banlieue del 2005. “La rivoltà della gioventù greca deve andare avanti fino alle dimissioni del governo”. Non soltanto per loro, i giovani, ma anche per Alexis, quell’altro.
Titolo originale: “Alexis Lycoudis : un autre Alexis”
Fonte: http://www.lemonde.fr
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17.12.2008
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ANDREA B.