Le placche aterosclerotiche e il cervello dialogano e si influenzano reciprocamente. Lo ha dimostrato per la prima volta un’interessante ricerca che vede tra i principali protagonisti il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina traslazionale dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is).
La placca aterosclerotica si forma nelle arterie periferiche ed è data da un accumulo di grassi, colesterolo, tessuto fibroso e cellule del sistema immunitario. Nel momento in cui si crea stabilisce subito un circuito nervoso con cui segnala al cervello che c’è un danno che si sta instaurando e il cervello, a sua volta, attiva una protezione, ovvero una risposta riflessa con cui controlla il sistema immunitario.
Ad un certo punto, però, il controllo del cervello per cercare di limitare questo danno non riesce più. Questa recente ricerca ha evidenziato che è possibile interferire con questo circuito al fine di proteggere l’organismo dalle principali conseguenze dell’aterosclerosi che costituiscono di fatto la principale causa di morte in età avanzata (sono danni di tipo ischemico, infarto e ictus o problemi vascolari periferici).
Pubblicato sulla rivista Nature, la più autorevole tra quelle multidisciplinari oggi esistenti, lo studio è stato condotto sia su modelli sperimentali che in reperti umani, in collaborazione con la Ludwig-Maximilians-University di Monaco e con altre istituzioni scientifiche internazionali. I ricercatori italiani e tedeschi hanno ricostruito l’intero percorso delle fibre nervose fino al sistema nervoso centrale e hanno visto che questi segnali provenienti dalla placca, una volta raggiunto il cervello, influenzano il sistema nervoso autonomo attraverso il nervo vago (il nervo che controlla la maggior parte dei nostri organi e funzioni viscerali) fino a raggiungere la milza.
Qui avviene una attivazione di specifiche cellule del sistema immunitario che entrano in circolazione e portano alla progressione delle placche stesse, ma il pregio dello studio è aver scoperto che si può intervenire su questo circuito nervoso finora sconosciuto. Il risultato è che le placche presenti nelle arterie non solo rallentano la crescita, ma si stabilizzano anche.
Ha commentato Giuseppe Lembo, responsabile del dipartimento di Angiocardioneurologia e medicina traslazionale Neuromed e Ordinario alla Sapienza di Roma: “Si prospetta un potenziale traslazionale molto rilevante. “Si tratta – – di una visione assolutamente nuova, che apre la strada a strategie terapeutiche fino ad oggi sconosciute. L’ipotesi su cui lavorare ora è la possibilità di agire, con specifici dispositivi bioelettronici, sulle terminazioni nervose che raggiungono la milza, in particolare sul ramo del nervo vago che è connesso al ganglio celiaco. In altri termini, un intervento terapeutico non farmacologico per contrastare il problema dell’aterosclerosi.”
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VB