LE LOCUSTE

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Global Research

Lo sterminio della civiltà in Mesopotamia

“Dal nostro sonno vecchio di migliaia di anni, Dalla nostra intricata storia, Giunge un sole senza rituale, Sulla nazione scolpita nelle nostre vite come la tomba, Sulla nazione narcotizzata e assassinata, E uccide lo sceicco della sabbia e le locuste”
Adonis (Ali Ahmed Said), “Victims of a Map” (Vittime di una mappa), Saqi Books.

Gli sciami di locuste sono il terrore dei Paesi caldi, oltre che, naturalmente, la piaga biblica.
Divorano ogni cosa, distruggendo la sopravvivenza.

Le locuste in uniforme, che hanno distrutto l’Iraq, l’umanità, la sopravvivenza, la sua storia che risale a prima dell’epoca di Cristo e del profeta Maometto, non sono mai, a quanto sembra, sazie e soddisfatte.
Dall’ inizio delle usurpazioni (ancora in corso) delle moschee, dei cimiteri (musulmani, cristiani, Yazidi) si è giunti addirittura alla dissacrazione e alla distruzione dei sacri tributi alla memoria dei martiri.

Dopo l’invasione illegittima, l’esercito americano ha fatto l’impensabile. Si è accampato all’interno del grande mausoleo turchese dedicato a mezzo milione di caduti nella guerra Iran – Iraq. I militari si accamparono all’interno del mausoleo di marmo, dove i nomi dei morti sono conservati sulle splendenti pareti marmoree, dove sono esposti i loro effetti personali e i doni in loro onore, e imbrattarono i loro nomi con graffiti e simboli autoritari, arrivando a disonorare la memoria dei morti.Il monumento è diviso in due parti in modo tale che le anime dei morti possano volare verso il paradiso; la fontana rappresentava invece le lacrime per la loro perdita o l’eternità dell’Eufrate, e quindi la vita stessa, a seconda di chi venisse interpellato. Era l’equivalente iracheno del Vietnam Veterans Memorial [monumento commemorativo ai soldati degli Stati Uniti caduti durante la guerra del Vietnam, ndt] in America, del cimitero di Arlington, o al Britain’s Cenotaph [monumento alla memoria britannico, ndt], simbolo della carneficina nelle due guerre mondiali. Immaginate l’offesa con la quale sono stati disonorati. Immaginate di dormire con loro, di pisciare sopra di loro, di imbrattare con graffiti i loro nomi. Tutto questo è impensabile. Tuttavia gli ufficiali americani fecero proprio questo, in un monumento in memoria di un massacro paragonabile a quello della prima guerra mondiale. Ironia della sorte era stato costruito dalla Mitsubishi, da un Paese soggetto all’“olocausto” americano di Hiroshima e Nagasaki. È in dubbio che i deviati senza fede che occuparono senza diritto questo posto di lacrime fossero a conoscenza di questo, dal momento che essi stessi sparsero le loro scorie radioattive (residui di armi all’uranio) per tutto l’Iraq. La storia ha davvero uno strano modo di ritornare su se stessa.

Ora sembra che quello che è stato descritto da Karen Dabrowska come l’ “Arco di Trionfo Iracheno”(Iraq: Bradt Travel Guides) stia per essere demolito. Il grande arco trionfale, che commemora la vittoria irachena nel sacrificio degli otto anni di guerra (gestita dall’occidente) fra Iran e Iraq, è situato vicino alle illegali recinzioni americane ed inglesi nel Palazzo Presidenziale. Il grande spazio adiacente adibito per parate con il suo monumento in memoria degli orrori della guerra, che si lascia dietro il sacrificio dei morti e dei vivi, deve essere cancellato.

Il dolore di entrambe le parti della guerra Iran – Iraq è inimmaginabile. Gli elmetti dei soldati iraniani, martiri dell’Iran, giacciono alla base del grande monumento. L’ampio arco con le spade incrociate sostenute da grosse braccia e mani -– queste ultime ritenute calchi ingranditi delle mani di Saddam Hussein -– si interseca sopra il centro, ed è forgiato con le armi fuse dei martiri iraniani. In Iraq non c’era una fonderia abbastanza grande per forgiare le braccia, tuttavia l’Iraq ha forgiato le spade. Le braccia furono invece prodotte dalla fonderia più grande del mondo, la Morris Singer, a Basingstoke, in Inghilterra.

Gli archi trionfali, antichi e moderni, esistono sin dai tempi dell’antica Roma. Plinio il Vecchio scrisse, nel primo secolo a.C., di monumenti onorari di insolita importanza, eretti per commemorare i trionfi. Dal Menin Gate di Ypres all’Arco di Wellington di Londra; dalla Libia al Laos; dalla Spagna alla Siria, da Mosca al monumentale Arco a Galveston, in Texas, fino al “Soldiers and Sailors Arch” [Arco ai Sodati e Marinai, ndt] nella Grand Army Plaza di Brooklin a New York.

Rob Seaman è presidente della Morris Singer. La sua posizione, così ha dichiarato, è assolutamente apolitica. Il loro lavoro sui mausolei e quello degli artigiani e architetti comporta dolore, emozioni e una forte empatia per la sofferenza rappresentata. “Rimuovere un’opera conosciuta in tutto il mondo… per anni e anni (probabilmente compresi quelli che l’ hanno costruita) provoca amarezza. Nella storia, dagli antichi egizi alla distruzione nazista, anche gli archeologi affermano ‘se solo’ la storia non fosse anch’essa stata distrutta”.

La fonderia ha recentemente creato il Battle of Britain Memorial [monumento alla Battaglia Britannica, ndt] e quello alle Donne della Seconda Guerra Mondiale nella Whitehall di Londra. Riflettendo sulla vicinanza del coinvolgimento umano dei loro esperti nel loro progetto, Seaman parlava delle “Signore della Seconda Guerra Mondiale…” che visitò, durante la costruzione del monumento. “Molte erano in lacrime”. Ognuno di questi progetti, dall’Iraq alla Whitehall, rappresenta soprattutto l’apice della sofferenza e del sacrificio; gli uomini della Morris Singer imparano molte storie, camminano su orme lontane, e ascoltano l’eco di voci della tragedia provenienti da altri tempi ed altre terre.

Dagli ultimi anni Novanta fino all’invasione del 2003, prigionieri e reliquie furono finalmente scambiati fra Iran ed Iraq. Non importa quanto furono impoveriti dal rigore delle restrizioni dell’ONU, quelli che non avevano saputo nulla durante tutti quegli anni, quelli che avevano sentito qualcosa (i prigionieri rilasciati potevano portare con se i nomi di coloro che erano ancora vivi ed in qualche modo comunicarlo alle famiglie) avrebbero raggiunto i punti di confine per lo scambio. Aspettando, pregando, trattenendo il respiro, e chiedendosi se avessero riconosciuto chi stavano cercando.

Le persone deluse continuavano a ritornarci, per sicurezza.….Ora, perfino i monumenti ai loro cari, persi o ritrovati, sono cambiati per sempre, ma non conta nulla. E una delle prime azioni dei “liberatori” fu quella di fermare gli scambi. “Killing Hope” [letteralmente ‘uccidere la speranza’ tradotto in Italia col titolo“Il libro nero degli Stati Uniti”n.d.t.] è il titolo del devastante libro di William Blum sugli interventi degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Appunto.

L’architetto dell’ “Iraq’s Arc de Triomphe” (Arco di Trionfo dell’Iraq), chiese di essere seppellito lì, proprio dove aveva riversato il suo cuore e la sua anima. Così fu.

Come antica e moderna eredità, dai sessant’anni di decimazioni della storia stessa in Terra Santa al pericolo attuale degli scavi israeliani all’ Al Aqsa Mosque , alle rovine dell’anno zero della Mesopotamia, è impossibile non riflettere sulla mano del Sionismo. “Dal Nilo all’Eufrate…”?

L’UNESCO (Organizzazione Culturale e Scientifica delle Nazioni Unite), incaricata di proteggere il patrimonio mondiale e nazionale, resta in silenzio a guardare come la storia, da Babilonia in avanti, venga cancellata dalla mappa.
I contribuenti parigini, che di cultura ne sanno, dovrebbero forse fare in modo che la costruzione venga liberata di questo inutile ente e trasformata in accessibili case per i senza tetto.

Ai responsabili di questi crimini di enorme immoralità andrebbe ricordato nuovamente, che il Tribunale di Norimberga ritiene gli individui colpevoli anche per crimini culturali di guerra.

Molti ufficiali nazisti furono condannati a morte per la distruzione di patrimoni culturali. Il precedente fatto portò a imputazioni simili dopo la guerra nei Balcani del 1993.

Ed i Trespassers-in-Chief [invasori in carica, ndt] nei vari palazzi farebbero meglio (di nuovo) a fare mente locale sull’illegalità di usare proprietà culturali come supporto alle azioni militari o come centri di comando. (Convenzione di Ginevra, Articolo 53)

Una metafora: le locuste del deserto divorano tutto ciò che è sul loro cammino (quelle in età matura sono di un colore giallastro). Nonostante il loro insaziabile appetito, la durata della vita del loro regno è breve. Ed è inoltre fortemente influenzata dalle condizioni ambientali.
Dopo che le locuste hanno distrutto tutto, le comunità rimaste senza nulla, le friggono.

Felicity Arbuthnot è una giornalista e attivista che ha visitato il mondo arabo e musulmano in diverse occasioni. Ha scritto e fatto circolare articoli sull’Iraq e il suo reportage a riguardo ha ottenuto vari premi. È stata inoltre ricercatrice per il premiato documentario di John Pilger : “Paying the price. Killing the Children of Iraq”. E autrice con Nikki van der Gaag, di “Baghdad” per la serie “Great Cities” della World Almanac Books (2006.)

Fonti:

Victims of a Map

Killing Hope: US Military and CIA Interventions Since World War II by William Blum

Iraq’s “Year Zero” (photo source) Felicity Arbuthnot

The International Council on Monuments and Sites

UN group concerned about involvement of private security companies in conflicts

US Fuels Sunni-Shiite Fire, to Hit Iran

Western civilisation? Hussein Al-alak, The Iraq Solidarity Campaign

Three Years after Looting of Iraqi National Museum: an Official Whitewash of US Crime, notes Sandy English

Racism at Core of Iraq Invasion, by Firas Al-Atraqchi

Warning of Uranium Contamination Risks to NGO Staff, Coalition Forces, Foreign Contract Personnel and Civilians in Iraq

Felicity Arbuthnot
Fonte: http://www.globalresearch.ca/
Link

26.02.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SILVIA AGOGERI

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