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La Redazione

 

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LE DONNE SOLDATO ROMPONO IL SILENZIO

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A cura di Das schloss
Il 10 Febbraio 2010
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DI AMIR SHILO
Ynet

Sei anni dopo la prima raccolta di testimonianze da parte di Breaking the Silence, l’organizzazione diffonde testimonianze di donne soldato che hanno prestato servizio nei territori. Le storie includono l’umiliazione sistematica dei palestinesi, la violenza sconsiderata e crudele, il furto, l’uccisione di persone innocenti e gli insabbiamenti. Ecco qui solo alcune delle testimonianze.

Una donna soldato che combatte deve dimostrare di più … un donna soldato che picchia gli altri è un combattente serio … quando sono arrivata c’era un’altra donna lì con me, lei era lì prima di me … tutti parlavano di come fosse impressionante perché umilia gli arabi senza alcun problema. Questo era l’indicatore. Dovreste vederla, dovreste vedere il modo in cui umilia, il modo in cui schiaffeggia, wow, ha davvero schiaffeggiato quel ragazzo“.

L’ organizzazione Breaking the Silence venerdì ha pubblicato un opuscolo di testimonianze da parte di soldatesse le quali raccontano diversi casi di abuso che coinvolgono i palestinesi in Cisgiordania.Negli ultimi anni, le donne sono state sempre più coinvolte in operazioni di combattimento e di campo delle IDF [Israel Defense Forces-ndt] o delle Guardie di Confine. Tra le altre cose, questi soldati di sesso femminile sono impegnate quotidianamente con la popolazione palestinese – nei posti di blocco e nelle comunità palestinesi.

Secondo le testimonianze più recenti, molte di queste giovani donne hanno difficoltà a far fronte con la realtà di violenza a cui sono esposte e si trovano ad affrontare situazioni che contraddicono i loro valori. Alcune di loro finiscono per impegnarsi in azioni, o chiudere un occhio a certi atti, che diventeranno per loro un peso negli anni. Come le loro controparti maschili, alcune di queste donne hanno bisogno di parlare di ciò che hanno visto.

“Le ragazze hanno maggiori difficoltà a raccontare la storia, perché, innanzitutto, sono la minoranza”, dice il direttore dell’organizzazione Dana Golan.

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Ogni soldato dava loro una ‘coccola’

Nel quadro del progetto più recente, Breaking the Silence ha raccolto le testimonianze di più di 50 donne soldato che hanno servito in vari posti nei territori. Ynet presenta alcuni dei punti salienti di questa relazione.

Golan ha notato che i soldati di sesso femminile non sono stati più sensibili dei loro compagni maschi nei confronti dei palestinesi.

“Abbiamo scoperto che le ragazze cercano di essere ancora più violente e brutali dei ragazzi, solo per diventare uno di loro”, ha detto.

Una donna della Guardia di Confine Seam ha parlato dell’inseguimento ai clandestini: “In mezz’ora si possono prendere 30 persone, senza alcuno sforzo”. Poi sorge il problema di che cosa ci si dovrebbe fare con coloro che sono stati catturati – tra cui donne, bambini e anziani. “li lasciano aspettare in piedi e cantano la ben nota canzone Border Guard (in arabo): ‘Un hummus, un fagiolo, amo la Guardia di Confine’ – e gli fanno cantare questa. Cantare e saltare. Proprio come fanno con le reclute … La stessa cosa, solo molto peggio. E se uno di loro si mette a ridere, o se decidono che qualcuno rideva, sono cazzotti.
Perché hai riso? Smack … Si può andare avanti per ore, a seconda di come si annoiano. Un turno è di otto ore, in qualche modo bisogna passare tempo”.

La maggior parte delle donne soldato dicono che hanno intuito che c’era qualcosa che non andava durante il loro servizio, ma non hanno fatto nulla.

Un’altra testimonianza di una soldatessa che ha servito al posto di blocco di Erez, mostra come la violenza sia profondamente radicata nella vita quotidiana: “C’era una procedura secondo cui prima di rimandare un palestinese nella Striscia – lo portavi dentro la tenda e lo picchiavi”.

Era una procedura?

“Sì, insieme con i comandanti”.

Quanto durava?

“Non molto tempo; nel giro di 20 minuti tornavano alla base, ma i soldati si fermavano a bere caffè e fumare sigarette, mentre i ragazzi del posto di comando li picchiavano”.

Questo accadeva con tutti i clandestini?

“Non ce n’erano tanti… non è qualcosa che si fa tutti i giorni, ma una sorta di procedura. Non so se veniva applicata rigorosamente ogni volta … mi ci è voluto un po’ a capire che se io da parte mia rilasciavo un clandestino, nel momento in cui tornava a Gaza avrebbe passato l’inferno…due o tre ore possono passare prima che egli entri nella Striscia. Nel caso di un bambino, passa una notte intera. Questo è pazzesco, dal momento che è a soli dieci minuti a piedi. Li fermavano durante il loro cammino e ogni soldato dava loro una ‘coccola’, compresi i comandanti”.

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La mano del bambino rotta sulla sedia

Una soldatessa dell’Unità di Polizia Militare Sachlav di stanza a Hebron, ha ricordato un bambino palestinese che sistematicamente provocava i soldati, lanciando pietre contro di loro e altre azioni del genere. Una volta è persino riuscito a spaventare un soldato il quale è caduto dal suo posto e si è rotto una gamba.

La ritorsione è venuta subito dopo: “Io non so chi o come, ma so che due dei nostri soldati lo misero in una jeep e che due settimane dopo il ragazzo era in giro con calchi su entrambe le braccia e le gambe … si è parlato di questo nell’Unità per un bel po’- a proposito di come lo abbiano fatto sedere, messo la sua mano su una sedia e semplicemente avergliela rotta proprio lì, sulla sedia”.

Anche i bambini piccoli non sono sfuggiti agli atti arbitrari di violenza, ha detto un ufficiale delle Guardie di Confine di sesso femminile che è in servizio nei pressi della barriera di separazione: “Prendemmo un bambino di cinque anni … non ricordo quello che aveva fatto … lo stavamo riportando nei territori o qualcosa di simile, e gli ufficiali lo presero, lo schiaffeggiarono e lo misero nella jeep. Il bambino piangeva e l’ufficiale accanto a me disse ‘Non piangere’ e si mise a ridere di lui. Finalmente il bambino abbozzò un sorriso – e d’un tratto l’ufficiale gli diede un pugno nello stomaco. Perché? ‘Non ridermi in faccia’, disse”.

C’era anche un abuso sulle donne?

“Sì”, ha risposto la stessa soldatessa. “Schiaffi e quel genere di cose. Principalmente schiaffi”.

Dagli uomini?

“Anche. Da chiunque. Erano soprattutto i soldati di sesso femminile che picchiavano le persone. Ce n’erano due a cui piaceva particolarmente picchiare la gente. Ma anche gli uomini non avevano alcun problema a schiaffeggiare una donna. Se lei urlava, dicevano ‘zitta’ con un altro schiaffo. Una routine di violenza. Ci sono stati anche coloro che non hanno preso parte, ma tutti sapevano che accadeva”.

A volte era necessaria un’ intera “produzione” per soddisfare i desideri dei violenti . “C’è un senso di violenza”, ha detto una poliziotta di confine nella zona di Jenin. “E sì, è noioso, quindi si crea un po’ di azione. Ci mettiamo alla radio e diciamo che hanno lanciato pietre contro di noi, quindi qualcuno viene arrestato e si avviano indagini su di lui … C’era una poliziotta che si annoiava, così lei ha detto che lanciavano pietre contro di lei. Le hanno chiesto chi le lanciava, ‘non so, due in camicia grigia, non sono riuscita a vederli.’ Allora prendono due ragazzi con le camicie grigie … e li picchiano. ‘Sono loro? No, non credo’. Okay, per un incidente, la gente viene picchiata. Quel giorno non successe nulla.”

Un’istruttrice della Guardia di Confine ha portato fuori i suoi ufficiali per una domenica di cultura – una rappresentazione a Tel Aviv. Quando sono tornati alla loro base nella Striscia di Gaza, sono rimasti sconvolti dalla dissonanza – poco prima stavano battendo le mani in un teatro, subito dopo si comportavano come bestie.

“Attraversare il posto di blocco, è come ritrovarsi in un altro mondo … i palestinesi camminano con carrelli sul lato della strada, con carri, asini … così le Guardie di Confine prendono un camion con resti di cibo e iniziano a lanciarli contro di loro … ricotta, verdure marce … è stata la cosa più spaventosa che ho sperimentato nei territori “.

La soldatessa ha detto che ha cercato di protestare, ma è stata messa a tacere dai comandanti. Quando lei ha cercato di aggirarli andando dai superiori, ha trovato una soluzione. “Quasi subito sono entrata in un corso per ufficiali”.

‘Non sai da che parte stai’

Alcune testimonianze documentano episodi di vandalismo verso proprietà palestinesi e anche furti. La stessa soldatessa che ha raccontato il suo periodo al posto di blocco di Erez ha detto: “Molte volte i soldati aprivano il cibo destinato ai palestinesi”.

E lo prendevano pure?

“Sì. Tutte le volte prendono cose ai posti di blocco dei territori. Non vedrete mai un soldato senza musabaha (passato di ceci simile all’hummus). E questo è qualcosa che danno molte volte … Sono così disperati di passare che cercano anche di corrompere un po ‘ i soldati… “.

Un ufficiale donna della Guardia di Confine ha parlato di come i bambini palestinesi arrivavano ai posti di blocco con le borse di giocattoli da vendere – e di come la Guardia di Confine li trattava: “‘Va bene, getta via il sacchetto. Oh, ho bisogno di alcune batterie,’ e prendevano, prendevano tutto ciò che volevano “.

Cosa prendevano?

“Giocattoli, pile, qualsiasi cosa… sigarette. Sono sicura che prendevano anche denaro, ma questo in particolare non lo ricordo”. Ha anche parlato di un incidente in cui il saccheggio è stato ripreso da una telecamera e l’affare è saltato in aria. “Poi, il comandante della compagnia ci ha riuniti e ci ha rimproverati: ‘Come avete fatto a non pensare che possano vedervi?'” Nessuno fu punito: “Davvero, era un clima in cui ci era permesso picchiare e umiliare”.

Alcune delle storie più gravi vengono da Hebron. Una soldatessa Sachlav ha parlato di uno dei passatempi della compagnia: le pistole giocattolo. “Quelle pallottole di plastica fanno davvero male … abbiamo avuto un sacco di quelle … sei seduto di guardia e ‘tak’ colpisci un bambino, ‘tak’ – e colpisci un altro bambino”.

Ha raccontato un episodio in cui una giornalista palestinese ha fotografato uno dei soldati mentre puntava la pistola alla testa di un ragazzo. Ha detto che, poi, una “pattuglia speciale” è andata a Hebron ed è ritornata con le foto. La soldatessa ha asserito che la giornalista è stata pagata o minacciata.

E le foto circolavano nella compagnia?

“No, furono distrutte il giorno stesso.”

Che cosa ha detto il comandante della compagnia in proposito?

“Ha detto che è stato un bene che non abbiano raggiunto il Portavoce dell’IDF”.

Alcune delle testimonianze di Hebron hanno a che fare con la difficile posizione in cui i soldati si trovano, tra i palestinesi e i coloni – che, dicono, sono ancora più difficili da gestire. Alcune delle soldatesse sono rimaste scioccate dal livello di violenza che i bambini dei coloni usavano contro i palestinesi. “lanciavano pietre contro di loro, i bambini ebrei,” ha dichiarato una soldatessa Nahal “e i genitori non dicevano niente … questo genere di cose le vedi tutti i giorni a Tel Rumeida”.

Non le sembra strano che un bambino lanci una pietra contro un altro bambino?

“Perché un bambino è ebreo e l’altro è palestinese, in qualche modo è accettabile… ed era ovvio che ci sarebbe stato un disastro dopo. E anche tu non sai davvero da che parte stare … devo avere un interruttore nella mia testa e continuare ad odiare gli arabi e giustificare gli ebrei “.

Nella sua frustrazione, la stessa soldatessa ha raccontato di come lei, una volta, abbia sputato su un palestinese per strada: “Io non credo che avesse fatto qualcosa. Ma ancora una volta, era emozionante ed era l’unica cosa che potevo fare…sapete, non potevo vantarmi di aver preso un terrorista… Ma potevo sputargli addosso, umiliarli e ridere di loro”.

Un’altra soldatessa Sachlav ha raccontato la storia di quando, a Hebron, una bambina di otto anni figlia di coloni decise di colpire con una pietra la testa di un adulto palestinese che attraversava la strada davanti a lei. “Boom! Saltò su di lui e lo colpì proprio qui, in testa … poi cominciò a urlare ‘che schifo, che schifo, il suo sangue è su di me'”.

La soldatessa ha detto che il palestinese poi si voltò in direzione della ragazza – una mossa che fu interpretata come una minaccia da uno dei soldati nella zona il quale, da parte sua, aggiunse un pugno: “E io lì inorridita … una ragazza innocente nel suo abito festivo… l’arabo si coprì la ferita con la mano e scappò”. La donna ha ricordato un altro incidente con la stessa bambina: “Mi ricordo che aveva il fratello nel passeggino, un bambino. Gli dava le pietre e gli diceva: ‘tirale agli arabi'”.

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Colpito a morte a nove anni

Altre testimonianze sollevano preoccupazioni sulle procedure nell’aprire il fuoco nei territori, in particolare sulle armi di controllo della folla. Una donna delle Guardie di Confine ha descritto dettagliatamente un protocollo che chiamava “lo smantellamento della gomma” – lo smantellamento di proiettili di gomma da gruppi di tre a proiettili unici, e il privarli del rivestimento di gomma. Ha anche detto che, nonostante gli ordini chiari di sparare in aria o ai piedi dei manifestanti, era normale procedura sparare all’addome.

Un ufficiale donna delle Guardie di Confine di Jenin ha parlato di un incidente in cui un palestinese di nove anni, che cercava di scavalcare la palizzata senza riuscirci e che scappò – fu colpito a morte: “Spararono… quando era già nei territori, e non costituiva alcuna minaccia. Il colpo era nella zona addominale; hanno dichiarato che stava su una bicicletta e così non erano in grado di colpirlo alle gambe “.

Ma la soldatessa fu più sconcertata da ciò che accadde dopo, tra i quattro soldati presenti: “Coordinarono subito le loro storie… L’inchiesta fu effettuata; in un primo momento dissero che era stata un’uccisione ingiustificata… Alla fine sostennero che [il bambino] stava controllando vie di fuga per i terroristi o qualcosa del genere … e il caso fu chiuso”.

Una soldatessa dell’intelligence che ha prestato servizio nei pressi di Etzion ha raccontato un episodio in cui i cecchini uccisero un ragazzo sospettato di lanciare una bottiglia molotov. I soldati coordinarono le loro storie e la soldatessa rimase scioccata, soprattutto dalla festosa atmosfera che circondava l’incidente: “E’ stato scritto nella valutazione della situazione dopo l’incidente, che da allora in poi ci sarebbe stata tranquillità … Questo è il miglior tipo di persuasione “.

‘Non sanno accettare le donne’

I soldati di sesso femminile più volte parlano delle particolari difficoltà che esse avevano in quanto donne, le quali dovevano dimostrare di essere “combattenti” in mezzo ai soldati di sesso maschile che incitavano da un lato, e ai palestinesi, che hanno difficoltà a gestire le donne in uniforme dall’altro lato. La seguente storia raccontata da un ufficiale donna della Guardia di Confine riassume la faccenda.

Quando l’intervistatore le chiese se i palestinesi “soffrono ancora di più a causa delle donne della Guardia di Confine”, ha detto: “Si. Sì. Perché non sanno accettare le donne. Nel momento in cui una ragazza schiaffeggia un uomo, egli è così umiliato, ma così umiliato che non sa cosa fare di se stesso…io sono una ragazza forte e ben piantata e questo è ancora più difficile per loro da gestire. Così uno dei loro modi di affrontare la cosa è quello di ridere. Veramente, hanno appena iniziato a ridere di me. Il comandante mi guarda e mi dice: ‘Che cosa? Hai intenzione di lasciare scivolare la cosa? Guarda come sta ridendo di te ‘.

E tu sei come qualcuno che deve recuperare il proprio rispetto … ho detto loro di sedersi e gli ho detto di venire avanti… gli ho detto di avvicinarsi, mi sono davvero avvicinata ad uno, come se stessi per baciarlo. Gli ho detto: ‘Vieni, vieni, di cosa hai paura? Vieni da me!’ E l’ho colpito nelle palle. Ho detto: ‘Perché non ridi?’ Era in stato di shock, e poi si rese conto che… non c’era da ridere. Non si dovrebbe arrivare a una situazione del genere”.

L’ha colpito con il ginocchio?

“L’ho colpito nelle palle. Ho preso il mio piede, con fare marziale, e l’ho colpito nelle palle. Non so se sei mai stato colpito nelle palle, ma sembra che faccia male. La finì di ridermi in faccia perché gli faceva male. Poi lo abbiamo portato ad una stazione di polizia e mi sono detta, ‘Wow, sono davvero nei guai adesso.’ Avrebbe potuto lamentarsi di me e io avrei potuto ricevere una denuncia presso la divisione investigativa criminale della polizia militare.

“Non ha detto una parola. Ho avuto paura e l’ho detto. Avevo paura di me stessa, non di lui. Ma lui non ha detto una parola. ‘Che cosa devo dire, che una ragazza mi ha colpito?’ avrebbe potuto dire, ma grazie a Dio, dopo tre anni non ho avuto problemi e nessuno lo sa. “

Che cosa si sente in quel momento?

“Il potere, la forza che non avrei dovuto raggiungere in questo modo. Ma non mi vanto di questo. Ecco perché l’ho fatto in quel modo, faccia a faccia. Ho detto loro di sedersi sul lato, ho visto che non stava guardando. Ho detto a me stessa che non ha senso che, come ragazza che dà tutto e di più e vale più di alcuni ragazzi – si dovesse ridere di me così, solo perché sono una ragazza. Perché si pensa che io non possa farlo… “

Oggi, quando guarda indietro tre anni dopo, avrebbe fatto le cose in modo diverso?

“Vorrei cambiare il sistema. E’ seriamente difettoso”.

Che cosa significa?

“Il sistema è profondamente sbagliato. L’intera amministrazione, come vengono gestite le cose, non è giusto. Non so come lo vorrei… non penso che ho fatto la cosa giusta in quell’incidente, ma era quello che dovevo fare. E’ inevitabile, in queste circostanze “.

Sta dicendo che i semplici soldati sul campo non sono il problema, ma tutta la situazione che li circonda?

“Sì, tutta questa situazione è problematica”.

L’Ufficio del Portavoce delle Forze Israeliane della Difesa, in risposta alla pubblicazione, ha detto: “Si tratta di testimonianze anonime, senza alcuna menzione di un periodo o un luogo, e la loro affidabilità non può essere esaminata in alcun modo. L’IDF è un’organizzazione statale controllata, che impara e trae le lezioni, e collabora con qualsiasi organismo serio con l’obiettivo comune di esaurire qualsiasi indagine sia in corso.

“Le forze del Comando Centrale sono impegnate in una battaglia quotidiana contro le organizzazioni terroristiche. I soldati vengono sottoposti a una formazione professionale che comprende una particolare attenzione al contatto con la popolazione palestinese, una preparazione mentale condotta da professionisti del settore, un addestramento di routine condotto dai loro comandanti e sottoposto a continuo controllo.

“Un altro aspetto della vigilanza sulle attività l’IDF è l’aspetto investigativo-legale. L’IDF include una serie di organismi il cui compito è quello di esaminare gli incidenti dove si sospetta qualsiasi attività contro gli ordini. Fare appello a tali organismi è il diritto, ma anche il dovere di ogni soldato o del comandante che ritiene che si stia facendo una qualsiasi attività contro gli ordini. Soldatesse e comandanti ricevono la stessa formazione data ai combattenti”.

Titolo originale: “Female soldiers break their silence”

Fonte: http://www.ynet.co.il/
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29.01.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONCETTA DI LORENZO

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