DI MIKE WHITNEY
Information Clearing House
“Le nuove divinità capitalistiche debbono amare i poveri, visto che ne stanno creando in così gran numero” Bill Bonner, “The Daily Reckoning”
“La speranza di ogni banca centrale è di riuscire a nascondere al pubblico il vero problema, e la verità è che il pubblico, anche i professionisti di Wall Street, non hanno la minima idea di quale sia. Capiscono che ha qualcosa a che fare con gli strumenti derivati, ma nessuno si rende conto che si è appena scoperto una montagna di oltre 20 trilioni[1] di dollari di titoli di credito non finanziati e non regolati privi di mercato, e quindi senza alcun valore reale… Quando il dollaro capirà la gravità della situazione, che sia subito o tra qualche mese, avremo raggiunto il fondo” Jim Sinclair, analista finanziario
Circa un mese fa avevo scritto un articolo, “Stock Market Brushfire: Will there be a run on the banks?“, in cui dimostravo come il collasso del mercato immobiliare e il deterioramento delle obbligazioni fondiarie sul mercato secondario stessero creando difficoltà al sistema bancario. Ora i problemi sono venuti alla luce del sole.Dal Wall Street Journal:
“I crescenti tassi d’interesse interbancari sono una delega in bianco per l’accresciuto rischio che alcune banche, da qualche parte, possano andare a carte quarantotto” (Editoriale, WSJ, 2007.06.09)
Per ironia della sorte, lo staff editoriale del WSJ, che di solito difende la liberalizzazione e il laissez-faire economico, sta adesso chiedendo agli enti di controllo di “stare addosso alle banche che si suppone dovrebbero controllare, in modo da evitare ogni imprevisto fallimento bancario che potrebbe agitare i mercati e confermare i peggiori timori di cui si mormora”.
“Fallimenti bancari imprevisti?”
Gli standard creditizi sono divenuti più rigidi e le banche sono sempre più restie a prestarsi denaro l’un l’altra, non sapendo chi potrebbe ritrovarsi in portafoglio miliardi di dollari in pericolose obbligazioni ipotecarie (CDO, obbligazioni ipotecarie garantite). Non ha alcuna importanza che “la base economica sia solida”, come ama ripetere Bernanke. Che le banche esitino a prestarsi denaro l’un l’altra è un chiaro segno di una reale incertezza sulla solvibilità delle altre banche. Il commercio rallenta e gl’ingranaggi della macchina economica cominciano ad arrugginirsi.
Le disgrazie delle banche sono state aggravate dalla fuga degl’investitori dai fondi comuni d’investimento in titoli del mercato monetario[2], molti dei quali coperti con titoli garantiti da ipoteca (MBS). Gl’investitori guardinghi scelgono la sicurezza dei titoli di stato USA, anche se gl’interessi sono scesi a una velocità da record, e ciò sta creando problemi al mercato dei titoli di credito negoziabili e a quelli meno noti dei SIV (Structured Investment Vehicle) e dei “conduits”. Questi veicoli d’investimento dal suono bizzarro formano l’indispensabile circuito che assicura la normalità dei mercati. Quello dei titoli di credito negoziabili è un mercato da 2,2 trilioni di dollari; quando perde oltre 200 miliardi di dollari, com’è successo nelle ultime tre settimane, gli effetti si ripercuotono sull’intero sistema.
Lo sfaldamento del credito si è diffuso a tutta la gamma dei titoli di credito negoziabili e dei debiti di secondo livello. Le banche stanno accaparrandosi i contanti e rifiutando i prestiti, anche a coloro che avrebbero i titoli per ottenerlo. Il collasso dei prestiti subprime è solo una faccia della verità. Per oltre il 50%, i prestiti ipotecari concessi in questi ultimi due anni sono stati di tipo non convenzionale: niente pagamento anticipato, nessuna verifica delle entrate “non documentate”, soli interessi, ammortamento negativo[3], finanziamento congiunto, mutuo 2-28[4], tassi civetta, ipoteca a tasso variabile (ARM). Tutti esempi degli scadenti standard creditizi degli ultimi anni, e tutti concausa di un tasso di sofferenze senza precedenti. Ora le banche hanno in mano 300 miliardi di dollari di queste obbligazioni ipotecarie “senza mercato” e altri 200 miliardi di dollari in prestiti ipotecari garantiti, altrettanto pericolosi.
Ancora più angosciante, le grandi banche d’investimento possiedono miriadi di operazioni “fuori bilancio” in sofferenza; sono state quindi obbligate a stringere la cinghia e ridurre la concessione di prestiti, il che sta accelerando la flessione del settore immobiliare. Di solito le bolle speculative immobiliari si sgonfiano lentamente su periodi di 5 o 10 anni, ma questa volta la situazione è diversa. La tempesta delle riserve, le difficoltà finanziarie di molti proprietari di case e la sensibile contrazione delle emissioni di prestiti (a causa del crescente sfaldamento del credito) rendono inevitabile un crollo del mercato immobiliare a fine 2008 o agl’inizi del 2009. Si prevede che alla fine del terzo trimestre le banche storneranno una quota considerevole dei loro debiti in obbligazioni ipotecarie, per non doverle contabilizzare come perdite, e ciò accelererà ulteriormente il declino dei prezzi delle case.
Le banche stanno anche risentendo dell’improvvisa lentezza delle rilevazioni con capitale di prestito[5] (LBO). I problemi legati al credito hanno ridotto a poca cosa le contrattazioni private di azioni. In luglio sono stati trattati 579 miliardi di dollari di LBO, ma in agosto la quantità è scesa a un miserabile 222 miliardi, e possiamo aspettarci che a settembre il totale sia a due cifre. Non si fanno grandi contrattazioni e il debito non migliora. Nelle prossime cinque settimane bisognerà rifinanziare oltre 1 trilione di debiti. Nel clima attuale non sarà un’impresa facile. Qualcosa deve succedere. Il mercato si è congelato e l’accordo di riacquisto[6] di 60 miliardi di dollari del FED non è stato certo di aiuto.
Nei primi sette mesi del 2007 gli LBO hanno rappresentato il 37% delle transazioni negli USA.
37%! Come faranno i giganti della finanza a truccare i sensazionali profitti così ottenuti?
Risposta: non potranno farlo. Proprio come non potranno truccare le enormi commissioni d’istruttoria ottenute “convertendo” le ipoteche e vendendole a fondi di pensione, compagnie d’assicurazione e banche straniere.
Come ha detto Steven Rattner, della DLJ Merchant Banking, “è diventato praticamente impossibile finanziare una contrattazione privata di azioni superiore al miliardo di dollari”. L’epoca d’oro delle acquisizioni e megafusioni sta arrivando alla fine. Ci possiamo attendere che i giganti della finanza seguano la stessa traiettoria delle dot.com dopo le vicende NASDAQ nel 2001.
Anche le banche d’investimento si trovano a dover fronteggiare enormi perdite potenziali per gl’impegni “fuori bilancio”. Nel suo articolo “Conduit Risks are hovering over Citigroup” (WSJ 9-5-07) David Reilly sottolinea che “banche come la Citigroup Inc. potrebbero essere sommerse da strumenti d’investimento affiliati, i titoli di credito negoziabili, che emettono decine di miliardi di dollari in debito a breve”… Citigroup, ad esempio, possiede all’incirca il 25% del mercato dei SIV, una gestione patrimoniale totale di circa 100 miliardi di dollari”. Il più grande SIV di Citigroup è Centauri Corp., la cui esposizione debitoria, secondo un rapporto Citigroup, ammontava a 21 miliardi di dollari nel febbraio 2007. CENTUARI NON VIENE MENZIONATA NEL RAPPORTO ANNUALE 2006 trasmesso alla Securities and Exchange Commission.
Qualche investitore teme che se veicoli come Centauri s’incagliano, non riuscendo a vendere i titoli negoziabili o subendo dure perdite nella componente patrimoniale che gestiscono, la Citibank potrebbe entrare in una tormenta, perché sarebbe obbligata a dare una mano e prestare fondi per mantenere lo strumento operativo oppure addirittura a farsi carico di una parte delle perdite”.
Allora, molti investitori non sanno se Citigroup potrebbe metter mano al portafogli per i “21 miliardi di dollari di esposizione debitoria”. O forse tutti i 100 miliardi sono in sofferenza; chi può saperlo? (le azioni della Citigroup sono scese di oltre il 2% dopo la pubblicazione del rapporto nel WSJ).
Un altro rapporto reso noto da CNN Money alimenta con nuovi argomenti i dubbi sul fatto che le “affiliate d’intermediazione” delle banche potrebbero essere nei guai:
“Le comunicazioni della Fed del 20 agosto a Citigroup e Bank of America mostrano che la Fed, che controlla buona parte del sistema finanziario statunitense, ha accettato di esentare le due banche dalle norme che limitano operativamente l’ammontare dei prestiti che le banche assicurate a livello federale possono fare con le affiliate d’intermediazione. L’esenzione, temporanea, significa ad esempio che la banca Citibank della Citigroup può sensibilmente aumentare il finanziamento a Citigroup Global Markets, la sua sussidiaria d’intermediazione. Secondo le comunicazioni, Citigroup e Bank of America avevano sollecitato l’esenzione in modo da poter fornire liquidità per i prestiti ipotecari, i titoli garantiti da ipoteca, e gli altri titoli in portafoglio… L’insolita iniziativa della Fed mostra che le più importanti società di Wall Street continuano ad avere problemi per finanziare le loro operazioni a causa delle attuali difficoltà del mercato”. (CNN Money)
Bisogna credere che altre grandi banche siano coinvolte nello stesso genere di strategie “nascondi e cerca”? Tutto questo non vi fa pensare al “fuori bilancio” della Enron?
Wall Street Journal:
“Tradizionalmente SI PARLA MOLTO POCO dei problemi di contabilità fuori bilancio; in una certa misura dipendiamo quindi dalle informazioni che i responsabili sono disposti a fornirvi e che, per dirla tutta, sono molto limitate”, afferma Mark Fitzgibbon, direttore della ricerca alla Sandler O’Neill & Partners.”… Le norme contabili NON OBBLIGANO LE BANCHE A REGISTRARE SEPARATAMENTE LE INFORMAZIONI SUL RISCHIO che si assumono quando prestano soldi alle entità per consentire loro di continuare a funzionare durante le crisi di mercato” … “I veicoli (SIV e conduit) HANNO SPESSO SEDE IN UN PARADISO FISCALE ED ESISTONO SOLO A FINI D’INVESTIMENTO, IN OPPOSIZIONE ALLE TRADIZIONALI ATTIVITÀ SOCIETARIE”.
Pensate ancora che le banche si muovano su un terreno solido?
“In base al valore di mercato e al valore patrimoniale, Citigroup è la più grande banca del paese. I suoi ultimi risultati finanziari mostrano che amministra fuori bilancio veicoli conduit usati per emettere titoli di credito negoziabili per un valore di circa 77 MILIARDI di dollari.
Citigroup è inoltre affiliata a veicoli d’investimento strutturato, i SIV, con un valore di ‘circa 100 miliardi di dollari’, secondo una lettera che il mese scorso Citigroup ha inviato ad alcuni investitori SIV” (IBID)
Certo, e quante di queste “componenti patrimoniali” sono in effetti obbligazioni industriali, finanziamenti per auto, crediti su carte di credito, prestiti a studenti, convertiti in titoli e adesso sottoposti a forte pressione in un mercato depresso?
In un “mercato in ascesa” i prestiti possono rappresentare un proficuo flusso di entrate che trasforma i debiti di qualcun altro in un appetitoso cespite patrimoniale. In un mercato in discesa, invece, le sofferenze possono far sparire trilioni in una sola notte.
Come siamo finiti in questo pasticcio?
Oltre 20 anni di tenace lobbying dell’industria finanziaria hanno conseguito che venisse annullato il Glass-Steagall Act, approvato dal Congresso dopo il crollo del 1929. La legge era stata scritta per limitare i conflitti d’interesse nei casi in cui alle banche viene permesso di sottoscrivere azioni o obbligazioni.
L’industria finanziaria ha eroso per anni la Glass-Steagall, prima di riuscire a eliminarne le restrizioni normative nell’agosto 1987, quando Alan Greenspan, ex direttore della J.P. Morgan e uno di quelli che avevano proposto la liberalizzazione bancaria, divenne presidente del Federal Reserve Board.
“Nel 1990, la J.P. Morgan fu la prima banca ad essere autorizzata dalla Federal Reserve a sottoscrivere titoli, nei limiti del 10%. Nel dicembre 1996, con il sostegno di Alan Greenspan, il Federal Reserve Board adottò la storica decisione di permettere alle holding bancarie di possedere affiliate d’investimento nei limiti del 25% delle loro attività nella sottoscrizione di obbligazioni (rispetto al precedente 10%).
Questa ulteriore ingannevolmente allargata reinterpretazione da parte della Fed della sezione 20 del Glass-Steagall Act, nel 1987, rese praticamente obsoleta la legge”. (The Long Demise of Glass Steagall, Frontline, PBS)
Nel 1999, dopo 25 anni e 300 milioni di dollari di lobbying, il Congresso, con l’aiuto del presidente Bill Clinton, si decise infine ad annullare il Glass-Steagall Act, spianando così la strada ai problemi che adesso dobbiamo affrontare.
Le norme di Basilea sono un altro fattore che ha contribuito alle attuali difficoltà bancarie. Secondo il sito web della BRI (Banca dei regolamenti internazionali):
“Il Committee on Banking Supervision di Basilea è un forum per la collaborazione regolare sui problemi di vigilanza nel settore bancario. L’obiettivo è migliorare la comprensione dei principali temi di supervisione e migliorare la qualità della vigilanza bancaria in tutto il mondo. Per farlo, il forum favorisce lo scambio d’informazioni su temi, approcci e tecniche di vigilanza nazionale, al fine di favorire un approccio comune. Il Comitato usa l’approccio comune per sviluppare periodicamente linee orientative e norme di vigilanza nelle aree in cui vengono considerate necessarie. Da questo punto di vista, il Comitato è conosciuto per le sue norme internazionali sull’adeguatezza patrimoniale, i principi centrali per una vigilanza bancaria efficace, e l’accordo sulla vigilanza bancaria transfrontaliera”.
Basel 2 (il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria) esige che “le banche aumentino il loro capitale di riserva in proporzione ai prestiti in bilancio”.
Suona bene, vero? Così vengono protetti sia il sistema bancario nel suo insieme che i singoli risparmiatori. Sfortunatamente le banche hanno trovato il modo di aggirare le norme sulle riserve minime “cartolarizzando” l’assieme dei titoli garantiti da ipoteca invece di conservare le singole ipoteche (cosa che avrebbe richiesto maggiori riserve). In questo modo le banche si sono assunte forti spese di emissione e distribuzione, ma hanno trasferito buona parte dei rischi d’insolvibilità sugl’investitori di Wall Street. Ora le banche sono sommerse da qualcosa come 300 miliardi di dollari di obbligazioni ipotecarie (CDO) che nessuno vuole e non è certo che dispongano di riserve sufficienti per coprire le perdite.
Entro ottobre dovremmo sapere come andrà a finire. Come David Wessel spiega in “New Bank Capital requirements helped to Spread Credit Woes”:
“Le banche si comportano adesso piuttosto come società di titoli occupate a svalutare il patrimonio quando i prezzi di mercato scendono, anche a livelli angoscianti, più che a conservare i crediti in sofferenza, anche per un decennio, e pretendere che siano rimborsati”.
Il lato negativo della faccenda è che quando le banche avranno cancellato tutti i loro MBC e CDO infetti, i fondi di copertura, le società di assicurazione e i fondi pensionistici saranno costretti a fare lo stesso: scaricare una massa di obbligazioni sul mercato, deprimendo i prezzi e innescando una ondata di vendite. È questo che la Fed sta cercando d’impedire con il suo accordo di riacquisto da 60 miliardi di dollari.
Disgraziatamente la Fed non può illudersi di eliminare mezzo trilione di debiti inesigibili dal bilancio delle banche o di prevenire il collasso dei relativi fondi e organismi finanziari, sommersi da queste bombe a tempo senza mercato. Inoltre, la maggior parte degli strumenti ipotecari derivati (CDO) sono stati massicciamente potenziati con il leverage a basso interesse del riporto. Quando il valore dei CDO verrà finalmente determinato, cosa che prevediamo accadrà prima della fine del terzo trimestre, possiamo attenderci che il mercato azionario precipiti e la recessione immobiliare si trasformi in una vera esplosione della crisi economica.
ALAN GREENSPAN: IL QUINTO CAVALIERE?
E allora di chi è la colpa? Si è già cominciato a puntare il dito e sempre più gente si rende conto che questa enorme bolla è partita dalla Federal Reserve, come logico corollario delle politiche di “denaro facile” dell’ex responsabile Alan Greenspan.
L’economista e scrittore Henry C. K. Liu riassume la gestione di Greenspan alla Fed nel suo articolo “Why the Subprime Bust will Spread”:
“Greenspan ha diretto la più grande espansione della finanza speculativa nella storia, che include tra l’altro un’industria dei fondi di copertura da un trilione di dollari, bilanci gonfiati delle società di Wall Street per quasi 2 trilioni, un mercato di accordi di riacquisto pari a 3,3 trilioni, e un mercato degli strumenti derivati con valore fittizio superiore a 220 trilioni.
Nei 18 anni di guida di Greenspan, la componente patrimoniale delle società sponsorizzate dallo stato si è gonfiata dell’830%, da 346 a 2.872 miliardi di dollari. Le GSE sono entità finanziarie create dal Congresso statunitense per finanziare prestiti sussidiati a certi gruppi di mutuatari, ad esempio proprietari di case con reddito basso o medio, agricoltori e studenti. I crediti ipotecari (MBS) hanno raggiunto i 6,55 trilioni, con un aumento del 670%. L’esposizione dei titoli garantiti da attività (ABS) è passata da 75 miliardi a oltre 2,7 trilioni di dollari” ( Henry Liu, “Why the Subprime Bust will Spread”, Asia Times).
Ma nessuno giustifica le accuse a Greenspan meglio di Greenspan stesso. Ecco alcuni dei suoi interventi nel corso della Federal Reserve System’s Fourth Annual Community Affairs Research Conference (Washington D.C. 8 aprile 2005), chiara dimostrazione di come abbia personalmente approvato ogni politica che ha incancrenito e si è diffusa nell’intera economia statunitense.
Greenspan, campione dei prestiti subprime:
“Il progresso ci ha offerto una miriade di nuovi prodotti, come i prestiti subprime e i programmi di credito di nicchia per gl’immigrati. Si tratta di sviluppi rappresentativi delle risposte di mercato che hanno pilotato l’industria dei servizi finanziari nel corso della storia del nostro paese. Con i progressi tecnologici, i mutuanti hanno potuto profittare di modelli di valutazione del credito e di altre tecniche per estendere efficacemente il credito a una più larga fascia di consumatori”.
Greenspan, principale fautore dei CDO:
“Anche lo svilupparsi di un mercato secondario di ampia base per i prestiti ipotecari ha notevolmente aumentato le possibilità dei consumatori di accedere al credito. Riducendo il rischio di prestiti a lungo termine e a tasso fisso, e garantendo la liquidità per i mutuanti ipotecari, il mercato secondario ha contribuito a stimolare una larga concorrenza nel campo ipotecario. I titoli garantiti da ipoteca hanno aiutato a far nascere un mercato nazionale, e addirittura internazionale, delle ipoteche, e il supporto del mercato per una più ampia scelta di prodotti di prestito ipotecario per il settore immobiliare è diventato un fatto corrente. Siamo così arrivati alla cartolarizzazione di una gamma di altri prodotti di prestiti al consumo, ad esempio i prestiti automobilistici e per l’uso delle carte di credito”.
Greenspan, sostenitore del finanziamento a persone con scarso credito
“Mentre una volta i richiedenti meno favoriti si sarebbero semplicemente visti rifiutare il credito, adesso i finanziatori sono in grado di soppesare in modo efficiente il rischio dei singoli richiedenti e di valutarlo appropriatamente.
Le migliorie hanno portato alla rapida crescita dei prestiti ipotecari subprime… incoraggiando un’innovazione costruttiva che risponde alla domanda del mercato e va a tutto beneficio dei consumatori”.
“Il miglior accesso al credito al consumo, e in particolari i più recenti sviluppi, hanno portato significativi vantaggi.
Senza alcun dubbio, innovazione e liberalizzazione hanno esteso la disponibilità del credito a praticamente tutte le classi di reddito. L’accesso al credito ha permesso alle famiglie di acquistare la casa, far fronte alle emergenze, ottenere beni e servizi. La proprietà immobiliare è a un massimo storico, e il numero di finanziamenti ipotecari immobiliari a famiglie a reddito basso o moderato e alle famiglie delle minoranze è rapidamente cresciuto negli ultimi cinque anni. Anche le carte di credito e i prestiti personali rimborsabili sono ora alla portata della grande maggioranza delle famiglie”.
Greenspan, fautore dei “cambi strutturali” che aumentano il credito ai consumatori
Se pensiamo all’evoluzione del credito al consumo negli Stati Uniti, dobbiamo concluderne che l’innovazione e il cambiamento strutturale dell’industria dei servizi finanziari ha svolto un ruolo critico nel fornire un più facile accesso al credito per un’ampia maggioranza dei consumatori, inclusi quelli con mezzi limitati. Senza queste forze sarebbe stato impossibile per i consumatori a basso reddito ottenere la capacità di accesso ai mercati creditizi che adesso posseggono.
Viene così sottolineata l’importanza del nostro ruolo come decisori politici, ricercatori, banchieri e sostenitori dei consumatori nel portare avanti un’innovazione costruttiva che risponde alla domanda del mercato e va a tutto beneficio dei consumatori”. (Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, Federal Reserve System’s Fourth Annual Community Affairs Research Conference, Washington D.C., 8 aprile 2005)
Le stesse affermazioni di Greenspan sono il più potente atto di accusa a suo carico. Dimostrano che ha svolto un ruolo fondamentale nel preparare il disastro che ora incombe su di noi. Gli sforzi dei media saccenti, dei portavoce, e dei cosiddetti esperti per scaricare la colpa sulle agenzie di rating, sugli usurai predatori o sulla credulità di chi sollecitava prestiti (che potrebbero aver mentito sui debiti esistenti) mancano completamente il punto centrale. I problemi sono cominciati alla Federal Reserve ed è qui che bisogna cercare i responsabili.
NOTE (A CURA DEL TRADUTTORE)
[1] Negli Usa, 1 trilione equivale a mille miliardi
[2] Negli Usa, fondo comune d’investimento a capitale variabile che converte le disponibilità monetarie raccolte tra i sottoscrittori in titoli di credito ad alto rendimento trattati dal mercato monetario. Le quote emesse non sono garantite dal governo federale
[3] Negli Usa, l’aumento della somma principale di un mutuo quando le rate di rimborso non sono sufficienti a soddisfare gl’interessi maturati, che vengono quindi aggiunti alla somma capitale
[4] Negli Usa, mutuo subprime con un tasso di interesse nullo o minimo nei primi 2 anni, e più elevato (agganciato al LIBOR) nei successivi 28. Vantaggioso se è possibile rifinanziarsi nei primi due anni
[5] Negli Usa, l’acquisto di azioni in circolazione da parte del gruppo dirigente di un’impresa, con un esborso minimo di contanti e facendo ricorso a prestiti di notevole entità, a garanzia dei quali vengono date le attività dell’impresa stessa
[6] Negli Usa, accordo di prestito usato dagli operatori del mercato monetario di NY per finanziare la loro posizione e dalla Riserva federale per aumentare o diminuire le riserve bancarie
Titolo originale: “Are The Banks In Trouble?”
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
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07.09.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO PAPPALARDO