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La Redazione

 

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Lavori in corso per un’altra dittatura

L'ultima esplosione di arbitrio del Supremo Tribunal Federal – Tribunal Supremo Eletoral è stata quella di stracciare la Costituzione nel modo più primitivo che si possa immaginare: hanno censurato, senza il minimo supporto di alcun tipo di legge, il quotidiano Gazeta do Povo
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A cura di CptHook
Il 11 Ottobre 2022
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Anche il quotidiano Gazeta do Povo è stato vittima della censura del TSE.

In questi ultimi giorni sto raccogliendo, sempre più alto, il “grido di dolore” che si leva dal Brasile, sempre più voci lamentano l’impossibilità di controllare la coerenza del voto elettorale tramite il sistema informatizzato ed il non infondato timore (come potrete dedurre dall’articolo) che questo venga “scippato” dal delinquente sfuggito alla galera (Lula, come vi avevamo detto qui). Il presidente in carica, Jair Bolsonaro (già capitano dell’esercito in un corpo speciale denominato “AGULHA NEGRA”), che raccoglie la stragrande maggioranza del consenso popolare, aveva proposto una procedura che consentisse la verifica, a campione, da parte dell’Esercito, del voto espresso con quel sistema, richiesta respinta dal Tribunal Supremo Eletoral (TSE). Tale preoccupazione, da parte del popolo brasiliano, è ben comprensibile se si considera l’importanza che, attualmente, il Brasile riveste nel gruppo dei paesi BRICS e nelle politiche anti Nuovo Ordine Mondiale che, sotto Bolsonaro, sono state portate avanti. Proprio queste ultime sono state, e ancor più sono oggi, causa di profonda preoccupazione nei poteri occulti che stanno cercando, in uno sforzo disperato, di distruggere il nostro mondo, le nostre vite, la nostra civiltà (pur con tutti i grandi difetti e problemi che presenta, difetti e problemi che, peraltro, hanno arricchito chi li ha creati). La posizione di Bolsonaro, i suoi atteggiamenti “disincantati” ed i suoi discorsi molto poco “protocollari”, la sua vicinanza alla Russia e gli accordi commerciali raggiunti (vedi video alla fine dell’articolo, cortesia di Mystes, purtroppo non sottotitolato in italiano) lo rendono un “pericolo evidente e presente” ed è per questo che, a tutti i costi, bisogna impedirne la rielezione.

L’articolo che segue mi è stato inviato dal solito “agente a Brasilia”, Marco, mentre altri aggiornamenti mi giungono costantemente al nostro lettore Mystes (grazie anche a lui). 

 

J.R. Guzzo – Revista Oeste – 7 ottobre 2022

 

Il Brasile si avvia verso il secondo turno elettorale, quello che deciderà chi sarà il presidente del Paese per i prossimi quattro anni, sotto il controllo di una dittatura. È qualcosa di inedito nella storia nazionale: una dittatura esercitata non da un dittatore con l’appoggio dell’Esercito, ma dalla Corte Suprema (STF), dal TSE, il suo strumento principale in queste elezioni, e dai parassiti che si diffondono intorno ad esso nei palazzi dei “pascià” dove sono ospitate le “corti superiori” di Brasilia. Il fatto che una cosa del genere non sia esistita finora, ovviamente, non cambia in alcun modo la sua essenza di tumore maligno; è una nuova dittatura, ma distrugge la democrazia come qualsiasi altra vecchia dittatura. Lo STF e il TSE oggi fanno quello che vogliono dei cittadini brasiliani, senza il controllo di nessuno – e questo include soprattutto, in questo momento, il ritorno di Lula alla presidenza della Repubblica. Tutto è possibile. Gli attuali proprietari della cupola del Potere Giudiziario hanno deciso che Lula deve essere dichiarato vincitore delle elezioni il 30 ottobre, con ogni mezzo necessario. È l’unica conclusione che accettano per le attività di militanza politica che hanno esercitato negli ultimi anni. I giudici e le forze che ruotano intorno a loro, infatti, stanno portando avanti il loro colpo di Stato dal 2018 – quando hanno deciso di non accettare la vittoria di Jair Bolsonaro alle elezioni presidenziali de hanno iniziato a distruggere le leggi per espellere il loro nemico dalla politica brasiliana. Hanno raggiunto il momento decisivo del loro progetto.

L’ultima esplosione di arbitrio della dittatura STF-TSE è stata quella di stracciare la Costituzione federale del Brasile nel modo più primitivo che si possa immaginare: hanno censurato, senza il minimo tentativo di mascherare ciò che stavano facendo e senza il minimo sostegno in alcun tipo di legge, il quotidiano Gazeta do Povo, che è in circolazione da più di 100 anni e commette il crimine, oggi, di essere un veicolo indipendente, lontano dalla sinistra, dal “consorzio nazionale dei veicoli” (per traslato, media mainstream, N.d.T.) e dai loro sogni di imporre al Brasile la stampa di un solo giornale. Gazeta ha pubblicato su Twitter, come altri post avevano fatto, la notizia dell’espulsione della rete CNN dal Nicaragua e ha registrato le massicce azioni di repressione messe in atto dalla dittatura locale contro la religione e i religiosi. Lula non ha gradito: per anni ha avuto una torrida passione con il dittatore Daniel Ortega, e temeva che la tirannia del suo compagno potesse sottrargli alcuni voti al secondo turno, quello che lui dice di aver già vinto. Questo non gli è piaciuto e si è precipitato al TSE per chiedere la censura contro Gazeta do Povo – qualcuno potrebbe pensare che lui, essendo un ammiratore dichiarato del dittatore, sia anche un ammiratore degli atti della sua dittatura. Naturalmente è stato servito immediatamente, come in ogni cosa che esige dai ministri dell’alta magistratura. È così dal primo giorno di campagna elettorale: Lula comanda, il TSE obbedisce. Sarà così fino all’ultimo. È democrazia o dittatura?

Una cosa è certa: una volta iniziato il processo di distruzione delle libertà, le tirannie non restituiscono mai ciò che hanno preso.

È l’essenza delle dittature fare esattamente così; nello stesso momento in cui attaccano grossolanamente le leggi, mettono in piedi, pezzo per pezzo, un’assurdità allo stato puro: hanno proibito alla Gazeta do Povo (Gazzetta del Popolo) di divulgare fatti che sono assolutamente pubblici, mondiali, e già presentati da tutti i media mondiali. Come si può trasformare in segreto qualcosa che milioni di persone già conoscono? È come Dilma (Rousseff, ex-presidente del Brasile, N.d.T.) con il suo dentifricio: una volta uscito dal tubetto, non c’è modo di rimetterlo dentro. Niente di più naturale, in questa stessa disperata falsificazione delle realtà da parte del delirio giudiziario, di negare il fascino reciproco Lula-Ortega. Il giudice che ha obbedito all’ordine di Lula, in questo caso a proposito del Nicaragua, ha sostenuto che la pubblicazione delle informazioni e delle opinioni censurate potrebbe dare l’impressione – immaginate, “dare l’impressione” – che Lula sosterrebbe il dittatore; ciò sarebbe “falso”. Cosa vuol dire “non vero”? Ci sono video registrati con le lodi di Lula a Ortega. Il PT (Partito dei Lavoratori, ultimo con 9 seggi, cioè il partito di Lula, N.d.T.) ha persino diffuso una nota ufficiale a sostegno del tiranno e della sua tirannia. Cosa vogliono di più il TSE e i suoi ministri? Il fatto è che Lula dà gli ordini, con un’arroganza che il regime militare non ha mai avuto, e il TSE obbedisce – il resto è pura invenzione.

Ci vuole uno sforzo soprannaturale per avere fiducia nella pulizia di un’elezione fatta in questo modo – e, in ogni caso, come ci si può aspettare elezioni democratiche in una dittatura? Lo STF, la sinistra e il vasto consorzio che va dai media agli imprenditori edili e ai banchieri socialisti hanno messo in piedi una truffa per riconquistare il potere che avevano perso. Hanno iniziato, fin dalle elezioni del 2018, a dire che Bolsonaro avrebbe “distrutto la democrazia”; per salvare il Brasile da questo orrore, quindi, i giudici dello STF hanno iniziato a violare sistematicamente le leggi, a perseguitare il governo e i suoi sostenitori e ad attribuirsi sempre più poteri. Da qui è nata la dittatura che abbiamo oggi. Non ha ancora tutto ciò che serve a una dittatura, come nel Nicaragua e a Cuba, che i tribunali supremi hanno preso sotto la loro protezione per decisione di Lula. Ma una cosa è certa: dopo l’inizio di un processo di distruzione delle libertà, le tirannie non restituiscono mai ciò che hanno tolto – al contrario, prendono sempre di più. Lula, anche senza avere il suo prezioso “controllo sociale sui media”, pratica già ora la censura; proibisce le notizie sul Nicaragua e viene obbedito immediatamente. E dopo che sarà diventato presidente, smetterà di censurare? Ascolterà democraticamente le critiche e le informazioni che lo scontentano? E i suoi partner nei tribunali superiori? Ora violano la legge e la Costituzione. Smetteranno di farlo dopo il 30 ottobre? Tutti lì – Lula, STF e chiunque altro sia dalla loro parte – si sono convinti, nel modo più conveniente per tutti loro, che per salvare la democrazia bisogna distruggerla ogni giorno. È una frode, ma funziona – e allora perché fermarsi?

La dittatura non sarà ancora completa, ma ha già il suo curriculum di azioni. Censurano, come nel caso della Gazeta do Povo. Hanno fatto pressione, per gli stessi motivi, sul programma Os Pingos nos Is, di Rádio Jovem Pan. Mandano la polizia alle 6 del mattino per fare irruzione nelle residenze e negli uffici di cittadini il cui reato è stato quello di parlare tra loro in un gruppo privato di WhatsApp. “Demonetizzano” chi sostiene il governo sui social network o parla male del complesso Lula-PT. Imprigionano persone che non hanno nessuno a cui rivolgersi – solo lo stesso STF, che trasforma i loro diritti in una barzelletta. Bloccano i conti bancari per punire le persone “di destra”. Essere “di destra” è diventato, nella pratica dello STF, un reato penale. Ha imprigionato per nove mesi un deputato federale nel pieno esercizio del suo mandato – per un reato di opinione – cosa assolutamente vietata dalla legge, senza che avesse commesso un reato perseguibile e senza che fosse stato colto in flagrante mentre commetteva questo reato. È stato un triplo zero in termini di legalità. La dittatura della magistratura, tra l’altro, ignora ancora oggi la grazia legale che il deputato ha ricevuto dal Presidente della Repubblica – ha vietato la sua candidatura a queste elezioni, ovviamente, e gli impedisce di esercitare i suoi diritti di cittadino. Perché non potrebbe accadere di nuovo, nel momento in cui Alexandre Moraes (presidente dello STF, N.d.T.) o un altro lo decide? Ha la polizia ai suoi ordini diretti; in un Paese in cui le forze armate hanno armi ma nessuna autorità per fare qualcosa, è più che sufficiente per qualsiasi violenza.

In Brasile, si imprigiona chiunque i ministri dello STF vogliano e per tutto il tempo che vogliono.

Dal giorno delle elezioni si è parlato molto della crescita del numero di sostenitori del presidente Bolsonaro al Senato e della “nuova situazione” che potrebbe portare allo STF. Ma quanto vale nella vita reale il mandato di un senatore, o di qualsiasi parlamentare eletto dalla popolazione brasiliana? Non vale nulla. Alexandre Moraes, o qualche Barroso, Fachin, ecc. che sia là fuori, può ordinare alla Polizia Federale di arrestare qualsiasi senatore, e in qualsiasi momento ne abbia voglia. La Polizia Federale obbedirà – oggi non obbedisce più alle leggi del Paese, ma solo agli ordini di Moraes, come in un quartiere di schiavi. Il Presidente del Senato chiederà se la Corte Suprema vuole altro; se lo vuole, basta che lo chieda, Eccellenza. Lo sfortunato senatore può essere rinchiuso in galera per tutto il tempo che lo STF vuole – anche per tutto il resto della sua vita, in teoria, perché la vittima non potrà appellarsi ai tribunali per far valere i suoi diritti. Può solo appellarsi a chi ha ordinato il suo arresto. Che ne dite? È vero che l’arresto di un senatore è una cosa mai successa fino ad oggi. Non è successo perché non era necessario. Il Senato, l’unico potere della Repubblica che può prendere provvedimenti per fermare lo STF, vive a quattro zampe di fronte ai giudici, che giudicano i casi degli studi legali collegati ai senatori, per non parlare dei impicci che molti di loro hanno con il Codice Penale. Cosa possiamo aspettarci da questo? Nemmeno una petizione con 3 milioni di firme che chiedeva di processare i giudici dello STF per violazione delle leggi è stata accettata dal Presidente del Senato: cosa ci vuole ancora per dimostrare la volontà del popolo in questo caso? È il presidente del Senato che decide se le richieste vengono esaminate o meno, e il cittadino che attualmente occupa quella poltrona è forse il senatore più obbediente del mondo; tratta i membri dello STF non come pari di un altro potere, ma come padroni a cui deve vassallaggio. È un beneficiario diretto della dittatura della magistratura. Perché dovrebbe cambiare?

Il centro dell’infezione è intatto e, come di solito accade in questi casi, l’infezione si diffonde in tutto l’organismo; è difficile avere la dittatura da una parte e la democrazia dall’altra. L’ex presidente di un partito politico di destra, per aggiungere un ultimo esempio, è agli arresti domiciliari. Non c’è la più remota indicazione che uscirà mai da lì, perché Moraes non vuole che esca, gli altri giudici lo seguono e la discussione finisce lì. In una vera democrazia, il carcere è riservato a coloro che sono legalmente condannati o in attesa di giudizio, che deve avvenire entro i termini stabiliti dalla legge. Dicono che “non è così”. È una bugia, è esattamente così. Dicono anche che stanno salvando la democrazia con la censura della stampa, la polizia nelle case dei cittadini alle 6 del mattino e l’autorità elettorale messa al servizio di uno dei candidati. È un colpo di Stato, proprio questo: un colpo di Stato che si avvia alla conclusione.

 

j_r_guzzo J.R. Guzzo è un giornalista. Membro del comitato editoriale di Oeste, è stato uno dei creatori di Veja, rivista che ha diretto per quindici anni a partire dal 1976, periodo in cui la sua tiratura è passata da 175.000 a un milione di copie a settimana. Corrispondente a Parigi e a New York, ha coperto la guerra del Vietnam ed è stato presente alla visita del presidente Richard Nixon in Cina nel 1972. Responsabile della creazione della rivista Exame, attualmente scrive per Estado de S. Paulo e Gazeta do Povo.

Link: https://revistaoeste.com/revista/edicao-133/ditadura-em-construcao/

 

Traduzione (IMC) di CptHook

 

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