F. William Engdahl
journal-neo.org
Il prezzo dell’energia da fonti convenzionali sta esplodendo a livello globale. Lungi dall’essere accidentale, è un piano ben orchestrato per far crollare l’economia industriale, già indebolita da quasi due anni di ridicoli lockdown e misure correlate alla Covid-19. Quello a cui stiamo assistendo è un’esplosione dei prezzi del petrolio, del carbone e ora soprattutto del gas naturale. Ciò che lo rende diverso dagli shock energetici degli anni ’70 è che, questa volta, il mondo degli investimenti aziendali, utilizzando il fraudolento modello di politica verde ESG (Environmental, Social and Governance), sta dis-investendo nella ricerca di nuove fonti di petrolio, gas e carbone, mentre i governi dell’OCSE abbracciano una politica energetica basata su un solare e un eolico talmente inefficienti e inaffidabili che porteranno al collasso della società industriale, forse già nei prossimi mesi. A meno di un drammatico ripensamento, l’UE e le altre economie industriali stanno volontariamente commettendo un suicidio economico.
Solo pochi anni fa era assolutamente ovvio che il vero concetto di economia era assicurare un rifornimento di energia abbondante, affidabile, efficiente e accessibile. Senza un’energia di questo tipo non è possibile estrarre materie prime, produrre acciaio, cemento o qualsiasi altra cosa che sostenga un’economia moderna. Negli ultimi mesi, il prezzo mondiale del carbone per la produzione di energia è raddoppiato. Il prezzo del gas naturale è aumentato di quasi il 500%. Il petrolio va verso i 90 dollari al barile, il prezzo più alto degli ultimi sette anni. Questa è una conseguenza pianificata di quello che, a volte, viene chiamato il Grande Reset di Davos o anche la follia dell’Agenda Verde Zero Carbonio.
Circa vent’anni fa l’Europa aveva iniziato un grande spostamento verso le cosiddette energie rinnovabili o energie verdi, principalmente solare ed eolica. La Germania, il cuore industriale dell’UE, aveva guidato questa trasformazione con la mal concepita Energiewende dell’ex cancelliera Merkel e qui le ultime centrali nucleari chiuderanno nel 2022, mentre quelle a carbone vengono rapidamente decommissionate. Tutto questo ora si scontra con il fatto che l’energia verde non è affatto in grado di sopperire ad importanti carenze di approvvigionamento. La crisi era assolutamente prevedibile.
I nodi verdi vengono al pettine
Nel 2020, con i lockdown dell’industria e la drammatica riduzione degli spostamenti, il consumo di gas naturale dell’UE era sceso drasticamente. Il maggiore fornitore di gas dell’UE, la Gazprom russa, interessata ad un mercato ordinato e a lungo termine, aveva parallelamente ridotto le proprie consegne al mercato UE, anche a costo di andare in perdita. Un inverno 2019-2020 insolitamente mite aveva permesso ai siti UE di stoccaggio di raggiungere il massimo della capienza. Nel 2021, un inverno lungo e rigido aveva riazzerato il tutto.
Contrariamente alle affermazioni dei politici dell’UE, Gazprom non ha fatto pressioni sull’UE per forzare l’approvazione del suo nuovo gasdotto, il NordStream 2, verso la Germania. Quando, nei primi sei mesi del 2021, la domanda dell’UE è ripresa, Gazprom si è affrettata a soddisfarla e persino a superare i livelli record del 2019, riducendo anche lo stoccaggio del gas destinato alla Russia per il prossimo inverno.
Con l’UE attivamente impegnata in un’agenda per l’energia verde (Fit for 55), con il suo esplicito rifiuto del gas naturale come opzione a lungo termine e con la contemporanea soppressione del carbone e del nucleare, è venuta alla luce tutta l’assurdità dei modelli climatici dei think-tank per una società al 100% elettrica ma senza CO2 entro il 2050.
Dal momento che gli investitori finanziari di Wall Street e di Londra hanno intravisto la possibilità di poter trarre enormi profitti dall’agenda dell’energia verde (lavorando con il Forum economico mondiale di Davos per promuovere il ridicolo modello di investimento ESG), le tradizionali aziende del settore petrolio, gas e carbone non stanno investendo i profitti nell’espansione della produzione. Nel 2020, la spesa mondiale per il petrolio, il gas e il carbone è scesa di circa 1000 miliardi di dollari. Senza possibilità di ritorno.
Mentre BlackRock e gli altri investitori stanno boicottando ExxonMobil e le altre compagnie energetiche a favore dell’energia “sostenibile,” in Europa un inverno eccezionalmente freddo e lungo ed una grave carenza di vento nel nord della Germania, hanno provocato all’inizio di settembre acquisti di gas da panico sui mercati mondiali del GNL.
Il problema è che è comunque troppo tardi per la ricostituzione delle scorte, poiché la maggior parte del GNL reperibile negli USA, nel Qatar e nelle altre fonti dove normalmente sarebbe stato disponibile è già stata venduta alla Cina, dove una politica energetica altrettanto confusa, compreso un divieto politico sull’acquisto di carbone australiano, aveva portato prima alla chiusura di alcuni impianti e poi ad un recente ordine del governo di procurare gas e carbone “a qualsiasi costo.” Il Qatar e gli esportatori statunitensi di LNG si sono gettati sul mercato asiatico lasciando l’UE al freddo, letteralmente.
La deregulation energetica
Quello che pochi capiscono è che i mercati odierni dell’energia verde sono truccati per beneficiare gli speculatori, come gli hedge fund, o alcuni investitori, come BlackRock o Deutsche Bank, e penalizzare i consumatori di energia. Il prezzo finale del gas naturale venduto in Europa, il contratto futures TTF olandese, è stabilito dall’ICE Exchange di Londra, che specula su quali saranno i prezzi futuri all’ingrosso del gas naturale nell’UE tra uno, due o tre mesi. L’ICE è sostenuto da Goldman Sachs, Morgan Stanley, Deutsche Bank e dalla Société Générale, tra gli altri. Il mercato consiste in quelli che vengono chiamati contratti futures sul gas o derivati.
Le banche possono speculare su pochi centesimi di dollaro e, quando si era diffusa la notizia di quanto fossero bassi i depositi di gas dell’UE per il prossimo inverno, gli squali della finanza avevano fatto i salti di gioia. All’inizio di ottobre i prezzi dei futures per il gas olandese TTF erano esplosi del 300% in pochi giorni, una cosa senza precedenti. Analizzando i prezzi da febbraio è molto peggio, dato che un carico standard di GNL di 3,4 trilioni di BTU (British Thermal Units) costa ora 100-120 milioni di dollari, mentre, alla fine di febbraio, il suo costo era meno di 20 milioni di dollari. È un aumento del 500-600% in sette mesi.
Il problema di fondo è che, a differenza di quanto era avvenuto per la maggior parte del periodo postbellico, da quando è iniziata la promozione politica delle costose e inaffidabili energie “rinnovabili” solari ed eoliche nell’UE e altrove (ad esempio in Texas, febbraio 2021) i mercati delle utenze elettriche e i loro prezzi sono stati deliberatamente deregolamentati per promuovere le alternative verdi ed estromettere il gas e il carbone, con la ridicola accusa che le emissioni di CO2 metterebbero in pericolo il futuro dell’umanità, se non saranno ridotte a zero entro il 2050.
I prezzi a carico del consumatore finale sono fissati dai fornitori di energia che integrano i diversi costi in condizioni di concorrenza. Il modo in cui vengono calcolati i costi dell’elettricità nell’UE, presumibilmente per incoraggiare l’inefficiente eolico e solare e scoraggiare le fonti convenzionali, è veramente diabolico, come dice Antonio Haya, analista francese dell’energia: “l’impianto più costoso di tutti quelli necessari per coprire la domanda (impianto marginale) stabilisce il prezzo per ogni ora di produzione per tutta la produzione abbinata all’asta.” Così il prezzo odierno del gas naturale fissa il prezzo dell’elettricità idroelettrica a costo molto vicino allo zero. Data l’impennata del prezzo del gas naturale, questo sta definendo i costi dell’elettricità dell’UE. È un’architettura diabolica dei prezzi che avvantaggia gli speculatori e distrugge i consumatori, comprese le famiglie e l’industria.
Una causa aggravante fondamentale per le recenti carenze di carbone, gas e petrolio è la decisione di BlackRock e di altri fondi monetari globali di dirottare gli investimenti da petrolio, gas e carbone – tutte fonti di energia perfettamente sicure e indispensabili – verso una maggior produzione di energia solare ed eolica, grossolanamente inefficiente e inaffidabile. Lo chiamano investimento ESG. È l’ordine di marcia di Wall Street e degli altri mercati finanziari mondiali da quando, nel 2019, il CEO di BlackRock, Larry Fink, era entrato nel consiglio di amministrazione del Klaus Schwab World Economic Forum. Avevano istituito società di facciata per la certificazione ESG, che assegnano valutazioni ESG “politicamente corrette” alle società di capitali e puniscono quelle che non si conformano. La corsa agli investimenti ESG ha fatto guadagnare miliardi a Wall Street e soci. Ha anche frenato lo sviluppo futuro del settore del petrolio, del carbone e del gas naturale nella maggior parte del mondo.
La “malattia tedesca”
Ora, dopo 20 anni di investimenti folli nel solare e nell’eolico, la Germania, un tempo fiore all’occhiello dell’industria europea, è vittima di quella che possiamo chiamare la malattia tedesca. Come la malattia economica olandese, l’investimento forzato nell’energia verde ha portato alla mancanza di energia affidabile e a prezzi accessibili. Tutto per un indimostrato 1,5°C, che, secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dovrebbe porre fine alla nostra civiltà entro il 2050, se non riusciremo a raggiungere le zero emissioni di carbonio.
Per portare avanti l’agenda dell’energia verde dell’UE, i vari Paesi, con poche eccezioni, hanno iniziato a smantellare le centrali a petrolio, gas, carbone e persino quelle nucleari. Gli ultimi impianti nucleari rimasti in Germania chiuderanno definitivamente l’anno prossimo. Le nuove centrali a carbone, pur dotate di depuratori ad umido all’avanguardia, vengono demolite ancora prima di essere avviate.
Il caso tedesco è ancora più assurdo.
Nel 2011 il governo Merkel aveva adottato un modello energetico sviluppato da Martin Faulstich e dal Consiglio consultivo statale per l’ambiente (SRU) che sosteneva che la Germania avrebbe potuto raggiungere il 100% di produzione di elettricità rinnovabile entro il 2050. Sostenevano che l’uso del nucleare non sarebbe stato più necessario, né la costruzione di impianti a carbone con cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). Era così nata la catastrofica Energiewende della Merkel. Lo studio sosteneva che [questa politica] avrebbe funzionato perché la Germania avrebbe potuto comprare energia idroelettrica in eccesso, prodotta senza CO2, dalla Norvegia e dalla Svezia.
Ora, dopo un’estrema siccità e un’estate torrida, in Svezia e in Norvegia gli invasi per la produzione di energia idroelettrica si sono pericolosamente svuotati e arriveranno all’inverno con solo il 52% della capacità. Questo significa che il trasferimento di energia elettrica verso la Danimarca, la Germania e ora anche verso il Regno Unito è in pericolo. E, come se non bastasse, la Svezia sta dibattendo sulla chiusura delle proprie centrali nucleari che forniscono il 40% dell’elettricità. E la Francia sta pensando di tagliare fino ad un terzo dei suoi impianti nucleari, il che significa che anche questa fonte di energia non è sicura per la Germania.
Dal 1° gennaio 2021, a causa di un phase-out del carbone imposto dal governo tedesco, erano state chiuse 11 centrali a carbone con una capacità totale di 4,7 GW. La chiusura era durata solo 8 giorni, dopodichè molte delle centrali a carbone avevano dovuto essere ricollegate alla rete a causa di un prolungato periodo di mancanza di vento. Nel 2022 verrà chiusa l’ultima centrale nucleare tedesca e altre centrali a carbone chiuderanno definitivamente, tutto per il nirvana verde. Nel 2002 l’energia nucleare tedesca produceva il 31% dell’energia elettrica a zero emissioni di carbonio.
Per quanto riguarda l’energia eolica che dovrebbe colmare il deficit energetico tedesco, nel 2022 verranno smantellate circa 6000 turbine eoliche, con una capacità installata di 16 GW, a causa della scadenza dei sussidi di alimentazione per le vecchie turbine. Il ritmo di approvazioni dei nuovi parchi eolici è bloccato dalla crescente ribellione dei cittadini e dai problemi giuridici legati all’inquinamento acustico e ad altri fattori. Una catastrofe evitabile è in pieno svolgimento.
Come tutta risposta, la Commissione UE a Bruxelles, invece di ammettere i palesi difetti della propria agenda sull’energia verde, ha raddoppiato la posta, come se il problema fossero il gas naturale e il carbone. Lo zar del clima dell’UE, Frans Timmermans, ha assurdamente dichiarato: “Se avessimo avuto l’accordo verde cinque anni prima, non saremmo in questa posizione perché avremmo avuto meno dipendenza dai combustibili fossili e dal gas naturale.”
Se l’UE continua con questa agenda suicida, in pochi anni si ritroverà in una landa desolata e deindustrializzata. Il problema non sono il gas, il carbone o il nucleare. È l’inefficiente energia verde solare ed eolica che non sarà mai in grado di offrire un’energia stabile e affidabile.
L’agenda dell’energia verde dell’UE, degli Stati Uniti e di altri governi, insieme agli investimenti ESG promossi a Davos, farà in modo che, andando avanti, ci sarà sempre meno gas o carbone o nucleare a cui ricorrere quando mancherà il vento, gli invasi delle centrali idroelettriche si prosciugheranno per la siccità o il sole sarà coperto dalle nubi. Non ci vuole uno scienziato per capire che questa è una strada verso la distruzione economica. Ma, in effetti, questo è proprio l’obiettivo dell’energia “sostenibile” dell’ONU 2030 o del Grande Reset di Davos: la riduzione della popolazione su vasta scala. Noi umani siamo le rane che vengono bollite a fuoco lento. E ora quelli che comandano stanno davvero alzando la temperatura.
F. William Engdahl
Fonte: journal-neo.org
Link: https://journal-neo.org/2021/10/11/the-green-agenda-or-how-this-energy-crisis-is-different-from-all-others/
11.10.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org