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La Redazione

 

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LA VERIT SULLE RIVOLTE IN SIRIA

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A cura di supervice
Il 3 Agosto 2011
35 Views

PER LA GRAN PARTE DISARMATI SIGNIFICA BEN ARMATI

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DI TONY CARTALUCCI
Land Destroyer

Quando i media di regime proclamano

che i manifestanti siriani sono “per la gran parte disarmati”,

stanno dicendo in modo orwelliano che sono davvero ben armati.

Los Angeles Times, La repressione in Siria

soffia sulle fiamme settarie:

“Nell’aver scatenato il potere militare contro i contestatori

arabi sunniti e curdi per la gran parte disarmati, il regime

di Assad, dominato dalla minoranza degli alawiti – un ramo degli sciiti

-, ha acuito le divisioni etniche e settarie della regione.”

The Australian, Assalto siriano dopo che

sono stati ‘massacrati’ dei soldati:

“Gli attivisti siriani dicono che più di 1.300 persone, per

la gran parte civili disarmati, sono morti nelle manifestazioni

ispirate dalle rivolte popolari in tutto il Medio Oriente e nel Nord

Africa.”

BBC, La crisi in Siria: un report

delle NU la repressione delle proteste:

“L’uso dei proiettili contro i civili per la gran parte disarmati

ha ucciso circa 1.100 persone, come riporta il resoconto.”
MSNBC, Assad in Siria toglie l’incarico

al governatore di Hama nel tentativo di calmare i dimostranti: “I gruppi a tutela dei diritti civili

in Siria hanno detto che sono state uccise più di 1.400 persone, manifestanti

per la gran parte disarmati, dalla metà di marzo.”

The Washington Post, La battaglia sul confine

libanese illustra ulteriori implicazioni della rivolta siriana: “I profughi hanno offerto dettagli nella

complessità della battaglia in corso per il controllo della Siria tra

il regime di Assad e il movimento di protesta popolare largamente senza

leader e per la gran parte disarmato.”

Queste ammissioni, per quanto riportate

in modo ambiguo, indicano che i protestanti siriani sono tanto armati

quanto sostenuti, finanziati e addestrati dal governo degli Stati Uniti.

Più di recente, un

report di Sky News ha chiaramente affermato

che un assalto dell’esercito siriano a Hamah “ha prontamente

avuto la risposta di uomini dell’opposizione armati con le mitragliatrici

che hanno fatto fuoco sulle stazioni di polizia.” Con questo approccio,

i difensori delle rivolte in corso diranno, come hanno già fatto per

la Libia, che questi contestatori si stanno semplicemente difendendo

da un governo genocida. Tuttavia, la storia di violenza nell’opposizione

siriana è un fatto ben documentato, così come le aspirazioni degli

Stati Uniti sono quelle di seminare una simile rivolta in nome di un

egoistico “cambio di regime”.

L’opposizione siriana: la Fratellanza

Musulmana e i gruppi etnici

La Fratellanza Musulmana alla fine

degli anni ’70 e nei primi ’80 ha tentato di avviare insurrezione

armate su larga scala contro il governo siriano. Il punto più alto delle loro

distruzioni e dei loro assassini (pagina 3)

fu raggiunto in un attacco a una classe di cadetti dell’artiglieria,

in cui ne uccisero trentadue. Nel 1982, la Fratellanza fu messa nell’angolo

nella loro roccaforte di Hamah e annientata mentre la propria dirigenza

fuggiva dal pese. La leadership della Fratellanza è di stanza,

e non è una sorpresa, a Londra da dove è ancora una volta occupata

nel coordinare le rivolte in Siria con il pieno sostegno dei media

occidentali.

Da notare anche la menzione dei rivoltosi

curdi, da tempo usati dagli

Stati Uniti e dai suoi alleati per molestare le varie nazioni in cui

vive questo popolo senza stato vive. Le popolazioni curde si trovano

al convergere dei confini tra Turchia, Siria, Iran e Iraq. Citando la Brookings Institution

(pag. 19 of PDF) nel loro

documento “Quale

Strada per la Persia?

ci viene offerta un’idea su come i curdi, insieme a altri gruppi etnici,

vengono usati per seminare il caos in Siria con l’obbiettivo dichiarato

di destabilizzare e rovesciare il governo, non per la democrazie, ma

per gli interessi regionale degli Stati Uniti. Anche se questo report

tratta i modo specifico l’Iran, le attuali rivolte in Siria sono come

fotocopiate.

“Anche se lo scopo ultimo

è quello di rimuovere il regime, lavorare con l’opposizione

interna potrebbe anche costituire una forma di pressione coercitiva

sul regime iraniano, dando così agli Stati Uniti maggiore potere di

influenza. L’Iran sotto lo Shah, ad esempio, appoggiò

un’insurrezione curda in Iraq e contribuì

a rendere i ribelli più potenti. Lo Shah poi improvvisamente vendette

i curdi in cambio delle concessioni irachene riguardo il confine tra

Iran e Iraq. In teoria, gli Stati Uniti potrebbero una forza di pressione

minacciando il regime con l’instabilità

o persino con il suo rovesciamento e, dopo aver fatto questo, usare

quest’influenza per obbligarlo a concessioni su altri aspetti, come

il programma nucleare iraniano o per il supporto dei militanti in Iraq.”

In un altro punto del report

viene ammesso che l’assistenza dello Shah ai curdi include

anche il sostegno degli USA (Pagina

121, Pagina 134 del PDF).

Inoltre, questo documento menziona come i curdi, insieme ad altri gruppi

etnici, possono essere influenzati per creare ribellioni violente. Il

suggerimento contenuto nel seguente passaggio ricalca la crisi presente

in Siria alla lettera.

“Ad esempio, gli Stati Uniti

potrebbero optare per lavorare principalmente con i vari gruppi etnici

insoddisfatte in Iran (curdi, beluci, arabi, e così

via) che hanno combattuto il regime in varie occasioni dall’avvento

della rivoluzione. Una coalizione di movimenti etnici di opposizione,

meglio ancora se uniti ai dissidenti persiani, potrebbero creare una

seria minaccia alla stabilità del regime. Inoltre, le rivolte che i

gruppi possono fomentare potrebbero indebolire il regime all’interno.

Come minimo, il regime dovrebbe destinare risorse per reprimere le ribellioni.

Come massimo risultato, la rivolta potrebbe screditare il regime

col passare del tempo, indebolendo la sua posizione di fronte ai propri

rivali.”

Grazie alla Fratellanza Musulmana siriana

di stanza a Londra e a

una miriade di altri “gruppi per i diritti umani” pilotati

come l’”Osservatorio

Siriano per i Diritti Umani

– che forniscono una copertura retorica per il caos violento e

diviso per etnie presente nelle strade della Siria con l’entusiastico

supporto degli stessi autori di “Quale Strada per la Persia?”-

, non c’è alcun dubbio che i piani del Brookings sono diventati operativi

in Siria.

Il Financial

Times ha citato Martin

Indyk, uno dei co-autori di “Quale Strada per la Persia?”:

“È sempre stato così, ma ora è palese che Assad è in combutta

con gli iraniani e che sta schiacciando il suo stesso popolo. Ora gli

Stati Uniti non hanno niente da perdere e tutto da guadagnare affermando

chiaramente che siamo dalla parte del popolo siriano.” Indyk non sta

solamente piegando la Siria ai frutti del suo nefasto lavoro, ma sta

anche cercando di tirare dentro l’Iran – l’oggetto della sua principale

ossessione – in questa conflagrazione progettata dagli Stati Uniti.

L’altro degenerato autore di “Quale

Strada per la Persia?”, Bruce Riedel, ha scritto una sua analisi nel giugno

del 2011 dei vari possibili

aspetti siriani, sia sul piano militare che etnico, che avrebbero provocare

la fine del regime di Assad, un’analisi che potrebbe essere facilmente

usata come aggiunta al suo lavoro precedente sulla sovversione provocata

dagli Stati Uniti dell’Iran. Qui afferma che “se l’esercito

si fraziona tra alawiti e sunniti, la rivoluzione trionferà. Potrebbe

verificarsi un bagno di sangue, visto che decenni di dio portano a rappresaglie

settarie.”

Considerando l’analisi di Riedel,

diventa allora chiaro perché i media di regime riportano con

tanto entusiasmo racconti come quello che riguarda un presento disertore

dell’esercito siriano Darwish

Mohammed Fidou la cui storia

giustifica opportunamente ogni aspetto delle fiammate di violenza così

come incoraggia altri soldati a disertare. La storia di Fidou vuole

asserire che gli agenti uccisi della sicurezza siriana siano dovuti

a alcune unità dell’esercito che avevano disertato e che i contestatori

avessero con loro solo rami di ulivo. Racconti simili, sullo stesso

livello delle bugie già verificate su Gheddafi che stava scappando

dalla Libia, vengono pubblicate nel tentativo di fomentare il caos e

di incoraggiare sia l’opposizione che possibili disertori.

E anche se questo è già

abbastanza convincente, con un documento nel 2009 di un think tank

che descrive esplicitamente lo stesso tipo di destabilizzazione che

vediamo scatenarsi in Siria, c’è un’ulteriore fatto che prova oltre

ogni dubbio che l’odierna rivolta in Siria sia in effetti il prodotto

dell’intromissione degli USA e non certo della sollevazione spontanea

e indigena, come dai media viene riportata in modo tutt’altro

che ingenuo.

La rivolta siriana

è finanziata dagli Stati Uniti

La Siria è in lista per il cambio

di regime sin

dal prima del 1991. nel

2002, l’allora Segretario di Stato John Bolton aggiunse la Siria al sempre

più numeroso “Asse del Male.”

Sarebbe stato rivelato in un secondo momento che le minacce di Bolton

contro la Siria non erano altro che un sostegno e un finanziamento segreto

per i gruppi di opposizione in Siria che hanno riguardato sia l’amministrazione

Bush che quella di Obama.

In un

articolo della CNN dell’aprile del 2011,

in cui il portavoce del Dipartimento di Stato, Mark Toner, affermò:

“Non stiamo lavorando per mettere in difficoltà il governo [siriano].

Quello che cerchiamo di fare in Siria, attraverso il nostro sostegno

alla società civile, è costruire quel tipo di istituzioni democratiche

che cerchiamo di promuovere in tutto il mondo. Quello che è differente,

io credo, in questa situazione è che l’opposizione siriana percepisce

questo tipo di assistenza come una minaccia per il controllo sul popolo

siriano.”

Le affermazioni di Toner giunsero dopo

che il

Washington Post pubblicò i cablogrammi che

indicavano come gli USA avessero finanziato i gruppi di opposizione

in Siria da almeno ili 2005 e la cosa continua anche in questo momento.

In un

report di aprile dell’AFP,

Michael Posner, l’assistente per i Diritti Umani e il Lavoro del Segretario

di Stato, ha affermato che il “governo degli Stati Uniti ha stanziato

50 milioni di dollari negli ultimi due anni per sviluppare nuove tecnologie

per aiutare gli attivisti a proteggersi dall’arresto e dai processi

dei governi autoritari.” L’articolo ha poi spiegato che “sessioni

di addestramento organizzate dagli USA per 5.000 attivisti in varie

parti del mondo. Una sessione tenuto nel Medio Oriente di circa sei

settimane ha riunito attivisti dalla Tunisia, dall’Egitto, dalla Siria

e dal Libano che sono tornati nei rispettivi paesi con lo scopo di addestrare

i propri colleghi.” Posner ha anche aggiunto che “sono tornati

e c’è stato un effetto onda.” L’effetto onda naturalmente

è la “Primavera Araba” e, nel caso siriano, l’impeto per

le odierne rivolte che minacciano di scardinare la nazione e di invitare l’intervento

straniero.

Conclusione

Anche se questo non assolve Assad dalla

corruzione e dagli abusi che ci potrebbero essere nel suo governo, evidenzia

il fatto che il caos che sta lentamente consumando questa nazione strategica

del Medio Oriente non è il risultato di un risveglio politico spontaneo

e indigeno ma piuttosto il risultato di un complotto attentamente studiato,

ben finanziato e meticolosamente organizzato dall’estero, preso alla

lettera dalle pagine di “Quale Strada per la Persia?” della

Brookings Institution che perseguono l’egemonia globale e non

la democrazia. Come ben suggerisce il documento del Brookings in tutte

le sue pagine, per i vari gruppi etnici che, raggirati, prendono armi,

finanziamenti e incoraggiamento dagli Stati Uniti per sollevarsi contro

i nemici occidentali del passato, sarà il tradimento e il totale annientamento,

e non certo la democrazia o la libertà, che rimarranno in agguato.

Quindi, l’obbiettivo finale della

rivolta siriana non è la democrazia o la libertà in modo assoluto.

È solo una componente di un’iniziativa più larga, incredibilmente

ambiziosa e forse persino disperata per poter soggiogare l’Africa

del Nord e il Medio Oriente sotto un’oligarchia globale centrata su

Wall Street e su Londra. Col controllo di queste regioni ci si posiziona a fianco

della Cina che emerge e della Russia che sta tentando di farlo ancora. La pilotata

“Primavera Araba

è accompagnata da sforzi concertati per promuovere rivolte simili anche nel

sud-est asiatico sulla

porta di casa della Cina così come nella periferia russa, particolarmente in Bielorussia.

La Siria, come qualsiasi altra nazione

sulla Terra che vuole davvero progredire verso un futuro, soluzioni,

programmi e movimenti più brillanti, deve

concentrarsi sulle cose concrete,

e non sulle soluzione politiche. Incendiare le centrali della polizia,

sventolare cartelli, cantare e rovesciare i governi non mette un tetto

sulla testa delle persone o cibo nello stomaco. Coltivare i campi, cercare

il progresso delle tecniche, imparare a commerciare, migliorare l’educazione

pratica, aumentare l’autosufficienza e contemporaneamente diminuire la dipendenza

dalle corrotte multinazionali monopoliste

e dai governi ci può riuscire.

***********************************************

Fonte: http://landdestroyer.blogspot.com/2011/08/truth-behind-syrias-unrest.html

02.08.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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