LA TRAGEDIA DEL CAPITALE DELL'OCCIDENTE

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DI PEPE ESCOBAR
Aljazeera.net

Quando Roma brucia, i cittadini

non devono gingillarsi, ma credere che un altro mondo

è possibile e lavorare insieme per arrivarci

Un piccolo corso di finanza globale

2.0: il debito si trova nel Nord atlantista, ricco. Le risorse stanno

nel Sud globale. E il banchiere supremo, riluttante, di ultima istanza

è il Regno di Mezzo, personificato dall’Onnipotente Hu (Jintao).
Il nome del gioco – Marx rivisitato

da Occupy the World – è lotta di classe. È il casinò capitalismo,

noto anche come turbo-neoliberismo finanziario, che viene praticato

dall’élite di modernità liquida dell’uno per cento contro quelli

che possiedono qualcosa, quelli che hanno poco e che hanno niente, noti

anche come il 99 per cento.

Non ci potrebbe avere una dimostrazione

più sintetica della

tesi pronunciata

da Slavoj Zizek al festival

del debito a Cannes

secondo cui il matrimonio tra capitalismo e democrazia è terminato.

Se c’è qualcosa capace di provocare

un terrore mortale nell’oligarchia dell’Unione Europea, è l’ipotesi

di un referendum popolare.

Come osate consultare la “marmaglia”

sulla nostra politica di Austerità Infinita, l’unica capace di

soddisfare i mercati finanziari?

Ciò è sufficiente per far

sì che zombi non eletti come il presidente della Banca Centrale

Europea Mario Draghi (ex vicepresidente di Goldman Sachs International),

il presidente del Consiglio Europeo Herman van Rompuy (membro della

Commissione Trilaterale e del Club Bilderberg) e il capo della Commissione

Europea Joao Manuel Barroso sognino con una zona di esclusione aerea

della NATO, strapiena di droni e di Forze Speciali per imporre la propria

volontà.

Arrendetevi, o non

è finita qui

La sceneggiatura scritta nella

BCE di Francoforte vi viene presentata dalla scuola TINA (“there

is no alternative“). L’iniziativa grigia e

monocromatica, mescola in modo prevedibile

privatizzazioni selvagge e devastazione sociale.

L’Europa “democratica” funziona

come ai bei tempi di Brezhnev; una troika (FMI, BCE, UE) che esercita

un regime totalitario, anche se in modo caotico

“Merkozy” – quell’impollinazione

incrociata ibrido-robotica del Primo Ministro tedesco Angela Merkel

e del neo-napoleonico Presidente francese Nicolas Sarkozy – riesce

a emettere solo un urlo nefasto: “Coon… traaatto“.

Coon… traaatto“, mentre si è in un’infinita

contrazione fiscale e monetaria prescritta dall’UE.

Non importa che l’Italia abbia un surplus

primario. Non importa che il debito combinato pubblico e privato dell’Italia

sia il 250 percento del suo PIL, molto più basso di quella di

Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone.

L’Italia si trova attualmente abbasso

il vulcano perché il colossale mostro del “coon…. traaatto”

dell’UE l’ha schiacciata nella recessione.

E il cambio di regime non muterà

le cose.

Non c’è da sorprendersi che il candidato

preferito per succedere al Primo Ministro Silvio “bunga bunga”

Berlusconi sia Mario Monti: è un alto dirigente della Comunità Europea,

presidente europeo della Commissione Trilaterale e membro del Gruppo

Bilderberg. Un altro luminare della quintessenza dell’un per cento.

L’”Europa” – ossia

la dissociata oligarchia franco-tedesca – ha pensato che l’eurozona

potesse essere salvata dal Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (EFEF).

Ma ora perfino questo blob sta

per essere divorato dallo Zombie Supremo, il Dio del Mercato.

Quindi un fondo mostruoso per il salvataggio

costruito sullo stile di un imbroglio di Goldman Sachs può essere costretto

a trovare un modo per salvare sé stesso. Non ci può riuscire a creare

qualcosa del genere, neppure a Hollywood.

Nel frattempo, l’accattona del FMI,

l’elegante e irreprensibile Christine Lagarde, sta chiedendo ai membri

del BRICS, Russia e Cina, di frugarsi le tasche per avere qualche spicciolo.

Ma Madame Lagarde, parlando in soliloquio

coi propri bottoni Dior, sa perfettamente che non funzionerà e che

non sarà sufficiente per “salvare” il modello che FMI, BCE

e “Merkozy” vogliono applicare.

Guarda a Sud, ragazzo

Gli indignati del globo –dalla Grecia

alla Spagna e oltre – per lo meno sono molto coscienti delle macchinazioni

dell’un per cento.

Come quando si informano del sorprendente

rendimento dell’Indice delle commodities di Goldman Sachs, il

più negoziato in tutto il mondo. L’emblema della quintessenza dell’un

per cento raddoppia e addirittura triplica il costo di grano, riso e

mais, costringendo centinaia di milioni del 99 per cento globale alla

fame terminale.

Come non pensare che un altro mondo

deve essere possibile?

Il 99 per cento dei partecipanti a

Occupy the World è sognatore in modo molto simile al maggio 1968,

Siate realisti, chiedete l’impossibile.” Sognatore

in direzione piacevolmente orizzontale, non verticale o piramidale.

Vogliono riscattare la politica come

dibattito di idee, non di ego o ideologia. La patetica farsa del G20

della settimana scorsa ha dimostrato un’altra volta che hanno ragione.

Vogliono una Repubblica del buonsenso.

Vogliono un’assemblea popolare in ogni vicinato e in ogni villaggio.

Contro il denaro come valore morale e la finanza di casinò come

un Dio iracondo, vogliono riscattare il potere dell’intelligenza collettiva.

Quello di cui hanno ora bisogno è

di raggiungere la massa critica in tutto il mondo

In un certo senso, è come se

ci fosse stata una lettura pubblica del “Ribelle” di Albert Camus,

pubblicato sei decenni fa. L’un per cento dell’epoca disprezzava

davvero quello che vedevano come un piccolo algerino, figlio di una

domestica e senza un diploma, che si atteggiava a filosofo.

Ma molto prima della generazioni di

Google e Twitter, Camus ci mostrò che la ribellione migra inevitabilmente

dalla reazione individuale a quella collettiva, incarnata nella sua

bella formulazione “Mi ribello, quindi sono”.

Ma non bisogna sbagliarsi. La contro-rivoluzione

dell’un per cento del turbo-capitalismo è già iniziata, e sarà

più che implacabile. La storia ci indica che ogni crisi del capitalismo

si è “risolta” con una repressione assoluta.

La cosa urgente è cercare strategie

efficaci. Includono tutto, dagli scioperi generali al dibattito che

precede la creazione di nuovi gruppi politici.

Tutti siamo responsabili

Il Sud America, che è sopravvissuto

a ondate di terribili “aggiustamenti strutturali” del FMI e ora

sta forgiando lentamente la sua integrazione e la sua indipendenza –

sempre negata dall’un per cento neocoloniale e dai suoi satrapi locali

– può essere di aiuto.

In una discussione molto esauriente

che ho avuto con i dirigenti del MST brasiliano – il Movimento dei

Lavoratori Agricoli senza Terra, uno dei movimenti sociali più importanti

del mondo -, mi hanno spiegato come sono passati dalla lotta per la

riforma agraria a una battaglia molto più soffusa contro le potenze

multinazionali dell’agroindustria che ha formato un’intricata alleanza

con il governo di Lula.

Questo dimostra come anche un

movimento sociale ampio con un’enorme base popolare debba calibrare

costantemente la lotta strategica.

In un fronte parallelo, è urgente

che ci sia una traduzione all’inglese de “La Potenza Plebea”, una

collezione di saggi del vicepresidente boliviano Álvaro García Linera,

uno degli intellettuali più importanti dell’America latina.

Linera segnala essenzialmente che l’uno

percento e i suoi tirapiedi hanno fatto passare un’idea dell’interesse

come sfera separata della società civile. E che la società civile

può esistere in politica solo se si sottomette ai mediatori o ai sacerdoti politici.

Si tratta, argomenta Linera, di un

arcaismo che risale a Hobbes e Montesquieu. E il 99 per cento deve essere

cosciente di questo fatto, e combatterlo.

Linera ha coniato il termine “cittadinanza

irresponsabile” per descrivere la massa scombussolata di elettori

sotto l’incantesimo della farsa neoliberista.

Per la “cittadinanza irresponsabile”,

l’“esercizio dei diritti politici è solamente una cerimonia di rinuncia alla volontà

politica e a quella di governare, per affidarle nelle mani di nuova

casta di proprietari privati della politica, che si attribuiscono la

conoscenza di tecniche sofisticate e impenetrabili di dominio e di governo”.

Quindi, la lotta fondamentale è

contro questi “proprietari privati della politica” e i suoi

padroni dell’un per cento, che siano al Cairo, a Manhattan, a Madrid

o a Lahore. Il G-20? Lasciate perdere: casomai G-7 miliardi. Se siamo

veri indignati contro un sistema da abbattere, siamo tutti responsabili.

**********************************************

Fonte: The West’s tragedy of capital

11.11.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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