I BANDITI MISTERIOSI DELLE RIVOLUZIONI
COLORATE
Cui Bono?
DI TONY CARTALUCCI
Land Destroyer
Immagina di essere un regime assediato
che combatte contro una marea montante di rivoltosi finanziata dall’estero.
Il mondo vi sta guardando, un’altra nazione è già sottoposta a una strisciante invasione straniera per “aver dichiarato guerra alla sua gente”, la tua nazione è
stata avvertita che sarà la prossima,
visto che sono 20 anni che è sulla lista d’attesa per il cambio di regime e la tua opposizione si sta radunando per bruciare i manifestanti morti dopo un recente scontro con le forze di sicurezza. Che cosa faresti?
E i misteriosi banditi, nascosti alla vista sui casermoni, che sparano a caso sui partecipanti ai funerali assicurandosi un bagno di sangue plateale e sensazionale, facendo così salire inequivocabilmente il tono delle proteste e della pressione internazionale? Il regime di Bashar al-Assad non ha governato la Siria così a lungo perché era disattento o stupido.
E mentre in passato c’erano regimi che potevano rimanere al potere per decenni anche grazie a un’inflessibile brutalità, spesso approvati dai partner dell’Occidente tacitamente complici, i regimi oggi hanno compreso a pieno il valore della leggerezza e della responsabilità nella nuova era dell’imperialismo giustificato dai diritti umani.
L’articolo di Al Jazeera, ‘Nove persone uccise’ in Siria alle processioni per i funerali, “ancora una volta si affida solamente ai racconti dei testimoni oculari, molti dei quali desiderano rimanere anonimi” per raccontare la storia delle brutali azioni repressive del governo siriano.
Dopo le bugie plateali e le esagerazioni nel descrivere le proteste egiziane di Al Jazeera, rivaleggiate solo dalla disonestà intellettuale della BBC, queste notizie vanno analizzate con discrezione. Così come nei recenti massacri in Yemen e i
precedenti funerali in Siria,
i manifestanti hanno parlato di misteriosi banditi, assoldati dalle forze di governo, disposti sui tetti per sparare ai partecipanti che venivano da tutta la nazione. Il
governo ha confermato che “uno sconosciuto ‘gruppo armato’ ha sparato dai tetti ai dimostranti e alle forze di sicurezza.”
Al Jazeera ha incluso nell’articolo un resoconto da uno dei loro corrispondenti sul campo che ha affermato, “[La gente che stava marciando su un cavalcavia] è stata accolta da una grandinata di proiettili, molte persone sono rimaste sicuramente ferite proprio davanti a noi, le auto hanno fatto marcia indietro e ti posso dire che è stata una scena incredibilmente caotica, e mi sembrava che quasi tutti nella parte meridionale del paese adesso stiano imbracciando le armi. Non è chiaro a chi si spara e questo contribuisce al caos… ma un incidente davvero serio si sta verificando nel sud della nazione.”
Anche se in modo criptico, questo sembra corroborare le affermazioni del governo secondo cui non sono i soli ad avere le armi.
Un bollettino della Reuters di recente ha parlato
di “attivisti dei diritti” siriani che descrivono la violenza: “Oggi ci saranno i funerali e siamo preoccupati che, durante la cerimonia, ci sia ancora spargimento di sangue, che poi provocherà ancora proteste e morte. Tutto questo si sta trasformando in una valanga che diventa sempre più grande ogni giorno che passa. La rabbia sta crescendo, le strade ribollono.”
Durante le prossime manifestazioni ci potranno essere ancora delle vittime, ci saranno nuovi funerali, i cecchini di nascosto spareranno ai manifestanti e il cerchio si completerà – alcuni sperano – fino a che la rabbia e le circostanze creino le condizioni all’interno del regime di Assad per la sua deposizione o per fomentare un’insurrezione armata e l’intervento straniero, come già accaduto in Libia e in Costa d’Avorio.
Forse questa è un’analisi fin troppo cinica, mentre potrebbe essere una coincidenza il fatto che i due regimi, Siria e Yemen, furono forzati a tenere una posizione morbida, così da sottovalutare gli eventi e poi schierare i cecchini per sparare a caso sui manifestanti, agitandoli sempre di più e provocando uno sdegno e una pressione ancora maggiori dei globalisti, desiderosi delle loro dimissioni. Anche le storie diffuse dal ‘mainstream’ sembrano essere critiche sul fatto che questi ‘massacri’ stiano facendo più male che bene e non siano utili agli interessi di Assad.
Il titolo dell’articolo del Sydney Morning Herald, “Bagno di sangue: una nuova minaccia per Assad” è chiaro a sufficienza. Spiega che le recenti azioni repressive hanno lasciato il regime in bilico. Inoltre, sottolinea il rigido rimprovero delle affermazioni di Obama, “Invece di ascoltare il proprio popolo, il Presidente Assad sta incolpando persone che vengono dall’esterno e stanno cercando assistenza dall’Iran per reprimere i cittadini siriani con le stesse tattiche brutali utilizzate dai suoi alleati iraniani.”
Ironicamente, le affermazioni di Assad secondo cui le proteste sono finanziate dall’estero hanno fatto centro e le misure repressive dell’Iran erano rivolte contro sovversivi
finanziati dall’esterno.
Naturalmente, non è certo la prima volta che i banditi misteriosi si sono fatti vivi nelle rivoluzioni colorate finanziate dall’estero, giusto per provocare ulteriori disordini o per tentare di estorcere le dimissioni da parte del governo. C’è un esempio illuminante dove non si possono trovare solamente le prove, ma addirittura le confessioni.
Che anche in questo caso si possa parlare di una rivoluzione colorata finanziata dall’estero porta credito alla possibilità che questi banditi misteriosi in Siria e Yemen siano in realtà provocatori che seguono una regia comune, che cerca di aumentare il tasso di violenza e di scontro fino a che non venga raggiunto il cambio di regine o che venga giustificato un intervento dall’esterno.
Studiando quest’esempio, potremmo decifrare meglio i resoconti criptici e non confermati che provengono dalla sempre più violenta “Primavera Araba” e possibilmente togliere questi strumenti odiosi dalle mani degli oligarchi finanziati dalle multinazionali.
I banditi misteriosi svelati
Dopo giorni passati a provocare le forze di sicurezza thailandesi per portarle a uno scontro violento con le camicie rosse del globalista Thaksin Shinawatra, i capi
della protesta hanno davvero chiamato a raccolta le proprie fila per donare il sangue allo
scopo di ricoprire gli edifici-chiave del governo in tutta la capitale thailandese, Bangkok.
Questa rappresentazione raccapricciante prelude ai piani dei leader della protesta, sconosciuti persino ai seguaci più vicini. Il 10 aprile del 2010, dopo che i militari thaiandesi chiusero il network di propaganda di Thaksin, i capi della protesta portarono 200 uomini di
fronte ai cancelli della prima base regionale dell’esercito, cercando di prendere d’assalto l’installazione.
I leader dovevano aver compreso che l’assalto a una caserma militare ha una probabilità quasi certa di provocare l’uso della forza bruta. I militari thailandesi, invece, dispersero i manifestanti con idranti e proiettili di gomma.
‘emo-cratica’ che precede le sparatorie del 10 aprile
Quella notte fu presa la decisione di disperdere i manifestanti al “Monumento alla Democrazia” di Bangkok. Dopo il calar della notte, le truppe e i rivoltosi si sono schierati in posizioni vicine prima che le forze armate iniziassero l’avanzata sparando nel frattempo proiettili a salve.
Un’operazione del tutto simile condotta l’anno precedente dallo stesso ufficiale in capo, il Colonnello Romklao, disperse i dimostranti senza
uccidere (gli unici due morti furono due civili colpiti dagli spari dei manifestanti).
In quest’occasione, con l’obbiettivo del bagno di sangue, un gruppo di misteriosi banditi entrò in azione con una combinazione di attacchi con granate e di fuoco di cecchini che uccise il Colonnello Romklao e altri sei soldati. Le truppe indietreggiarono immediatamente in modo disordinato, mentre i manifestanti furono presi dalla confusione e dall’adulazione. I banditi misteriosi si erano intrufolati nel corteo per sparare in maniera casuale alle truppe thailandesi che poi risposero al fuoco. In totale, morirono 23 persone.
L’inizio dell’attacco con le granate e i cecchini, spiegato accuratamente da France24. I soldati stavano in effetti rispondendo al fuoco mentre si stavano ritirando.
Per approfondire un punto di vista dei manifestanti, per favore guardate il video in cinque parti di Thaifaq
che copre gli incidenti del 10 aprile.
La copertura della CNN: malgrado altre dichiarazioni rilasciate alla stampa straniera dai capi della protesta, la CNN lascia gli spettatori con un messaggio intenzionalmente ambiguo.
Le notizie tendenziose della CNN non sono una sorpresa, ma, quando è stata poi ripresa da uno sfogo di rabbia del pubblico thailandese, ha alla fine ammesso che in effetti c’erano persone armate tra i manifestanti.
I manifestanti erano totalmente all’oscuro del tranello, mentre i responsabili della sicurezza nel corteo sembrano aver ricevuto ordini settoriali per tenere i manifestanti riuniti prima che venisse sferrato l’attacco. È improbabile che anche i responsabili della sicurezza sapessero che l’attacco stava per arrivare, dato che in molti si sono precipitati a proteggere i soldati a terra dai manifestanti più aggressivi, mentre le sparatorie proseguivano dappertutto.
C’erano molto probabilmente dei membri del gruppo militante tra i dimostranti che stavano aprendo il fuoco verso il Colonello Romklao e la sua unità e sono stati notati alcuni raggi laser per indicare i soldati prima del fuoco dei cecchini.
È abbastanza chiaro che una terza componente, ben addestrata e preparata, è stata coinvolta negli scontri e, diversamente dalla Siria e dallo Yemen dove solo pochi stranieri avventurosi e poche telecamere sono riusciti a diffondere le riprese, in questo caso sia professionisti che amatori, persone del posto e stranieri sono riusciti a registrare la bolgia. Le smentite iniziali fatte dai capi della protesta sono presto diventate confessioni frammentarie quando hanno iniziato a circolare i filmati che riprendevano
questi ‘uomini in nero’.
Il portavoce internazionale dei manifestanti, Sean Boonpracong, ha riferito alla Reuters che parti dell’esercito erano al fianco del loro movimento, tra cui i misteriosi cecchini vestiti di nero che hanno preso parte al bagno di sangue del 10 aprile. Egli ha anche affermato, “Sono un’unità segreta all’interno dell’esercito che è in disaccordo su come stanno andando le cose. Senza di loro, gli uomini in nero, ci sarebbero stati molti meno morti e feriti.”
Colui che è sospettato di essere il capo di questi cecchini, il generale rinnegato Khattiya Sawasdipol, conosciuto anche come Seh Daeng, ha deplorato le smentite iniziali, ammettendo di aver guidato 300 uomini armati e addestrati per gli scontri ravvicinati forniti di lanciagranate per le M79, prima di ritrattare le sue affermazioni nelle interviste successive.
Dal 10 aprile e prima degli incendi dolosi devastanti che hanno segnato la fine delle proteste il 19 maggio, le sparatorie di giorno e di notte, gli attacchi con le granate e il fuoco dei cecchini si sono presi la vita di 91 persone. Tra queste, nove soldati e poliziotti, una donna uccisa da una granata M79 e almeno un dimostrante che è morto per le inalazioni di fumo mentre stava derubando un edificio che risplendeva dalle fiamme.
I restanti 80 morti sono giornalisti, personale sanitario e manifestanti colpiti dal fuoco incrociato. Mentre gli attivisti, fino a oggi, cercano di descrivere questi eventi come il massacro di “91 dimostranti”, è abbastanza chiaro che l’intervento dell’esercito è avvenuto contro un gruppo armato che agiva tra i manifestanti, fatto riportato anche dagli stessi leader della protesta.
Per spiegare la necessità di un tale bagno di sangue, Sean Boonpracong, dopo aver ammesso che i banditi misteriosi stavano lavorando su indicazione del proprio movimento, ha fornito un’altra confessione mozzafiato in un’intervista del 24 aprile.
Quando gli fu chiesto perché i capi della protesta avevano rifiutato l’offerta del governo di indire le elezioni entro nove mesi, rispose che, dopo gli incidenti del 10 aprile, sapevano che le mani del Primo Ministro Abhisit erano “macchiate di sangue” e che sarebbe stato meglio se il parlamento thailandese si fosse sciolto. Continuò affermando che le richieste della protesta erano adesso quelle di un immediato scioglimento e dell’abbandono del paese per il Primo Ministro Abhisit.
Dopo aver ammesso che un gruppo armato ha partecipato al bagno di sangue del 10 aprile il portavoce della protesta Sean Boonpracong ci dà un approfondimento delle ragioni che stanno dietro al carnaio provocato intenzionalmente quella notte.
Se queste richieste vi suonano familiari, è perché sono le stesse che sono state avanzate da ogni rivoluzione colorata, finanziata, corroborata e diretta dai globalisti, per iniziare dalle rivoluzioni rosa e arancione nell’Est Europa, l’odierna “Primavera araba” e oggi, ovviamente, la rivoluzione della camicie rosse in Thailandia. Il governo thailandese ha rifiutato di soddisfare queste richieste oclocratiche e ha riportato l’ordine all’interno del paese.
Conclusione
Con sufficiente chiarezza, attraverso questo vivido esempio corredato dalle ammissioni più sfrontate, possiamo capire come i ‘banditi misteriosi’ adempiano il proprio ruolo nella struttura complessiva di una rivoluzione colorata.
La loro violenza serve a due scopi: per creare abbastanza caos e spargimento di sangue per forzare il governo a farsi da parte o per giustificare l’escalation di violenza tra gli insospettabili e regolari protestanti. In Siria, comprendiamo come questi banditi misteriosi adempiano il proprio dovere.
In Thailandia, i leader con la camicia rossa hanno spesso avvertito che, se il governo avesse fallito nell’accoglimento delle loro richieste, ciò avrebbe provocato una guerriglia.
Così come abbiamo visto in Libia e come potremmo presto aspettarci nella Costa d’Avorio, con un intervento straniero davvero ravvicinato.
Le rivoluzioni colorate sono come micronazioni all’interno di un’altra. Hanno una loro leadership, una base di sostegno, una propria ideologia e proprie finanze. Così come la leadership di una nazione sfrutta i suoi soldati come pedine per il proprio tornaconto, lo stesso accade nelle rivoluzioni colorate. Proprio come il soldato è mandato inconsapevolmente a farsi del male, lo stesso accade per i manifestanti. Sospetteranno mai che i loro capi li irretiscono in una trappola solo per ricavarne un guadagno personale? Potranno mai questi “attivisti dei diritti” che in Siria sono finanziati e diretti da interessi stranieri portare i loro seguaci, tranello dopo tranello, a incrementare la spirale di violenza fino a un crescendo che sia capace di allontanare Assad dal potere? Sembra proprio così.
E come i misteriosi banditi di Bangkok hanno dimostrato, tutto questo ha certamente degli antecedenti.
Comprendere le componenti delle rivoluzioni colorate globaliste rende difficile scaricarne il peso sulle popolazioni locali per quanto vengano ben illustrate dai media internazionali. In ultima analisi, capendo il loro funzionamento, ci assicuriamo di non cader preda di questi trucchetti nefasti e terribili.
Le soluzioni efficaci non vengono certo da un’urna, dalla distruzione delle nostre città o da un volantino di protesta. Derivano dall’educazione, da soluzioni tecniche pragmatiche e indipendenti.
La gente dovrebbe resistere all’urgenza d’essere politicizzata e divisa; dovrebbe piuttosto focalizzarsi sulla costruzione di fondamenta che si basino sull’indipendenza economica e politica su cui poi potrà appoggiare le proprie comunità. Facendo questo, ci potremmo risparmiare lo spettacolo grottesco che va in scena dalla Tunisia alla Thailandia.
Tony Cartalucci – Land Destroyer
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article27949.htm
23.04.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE