DI LAURIE PENNY
Adbusters
”La rivoluzione è nelle nostre menti”. Queste parole, il 26 marzo erano state scarabocchiate in modo esitante con una bomboletta spray sulla Colonna di Nelson, alla fine della giornata che ha visto sfilare in corteo nel centro di Londra mezzo milione di membri dei sindacati e di cittadini infuriati contro i tagli alla spesa del governo. Il piano, messo a punto da studenti e da gruppi di attivisti e pubblicizzato su Facebook, era quello di fare un picnic party e poi di “‘Trasformare Trafalgar Square in Tahrir Square”, come una qualche simpatetica magia potesse portare l’energia usata dai manifestanti egiziani per scalzare un regime in queste lande zuppe di umidità. Quello che è poi diventato un macello.
Al crepuscolo, 200
poliziotti sono scesi in tenuta anti-sommossa sul picnic senza
avvertimento, sfasciando le teste, rompendo arti e tenendo imprigionati
al freddo per ore centinaia di giovani manifestanti, all’aperto, senz’acqua
e senza via d’uscita. Si tratta di una forma di punizione collettiva
nota comunemente come “kettling”. Il suo uso alle proteste del G-20
di Londra nel 2009 sono state recentemente rese illegali con una decisione
fondamentale dell’alta corte.
Le stesse pericolose
tattiche della polizia sono state utilizzate a Londra lo scorso inverno
in una protesta di studenti che ha visto centinaia di migliaia di persone
riunirsi a Londra per protestare contro l’aumento proibitivo delle
tasse per le iscrizioni e per la privatizzazione del sistema universitario
britannico. I bambini delle scuole inferiori e gli studenti portavano
cartelli con su scritto, “Dov’è il mio futuro?” invece di avere
una risposta, sono stati oggetto di un modello vendicativo di “ordine
pubblico” che ha radicalizzato questa generazione a velocità supersonica.
O prendete il matrimonio
reale. Quel giorno duecentocinquantamila persone hanno visto la Gran
Bretagna realizzare quello che sa fare meglio: una rievocazione squisitamente
coreografica di potenza, privilegio e continuità storica. Il matrimonio
era la fantasia di una gloria imperiale dissolta, un’immagine fiabistica
di come vorremmo che il mondo vedesse il Regno Unito e come vorremmo
vederci noi stessi. Quello che davvero poche persone hanno notato è
il modo deciso e violento con cui quell’immagine è stata protetta
prima della sua uscita per escludere tutti i dissensi, ben ripulita
per nascondere ogni cosa che non fosse una deferenza servile munita
di bandiere da sventolare.
La notte prima del
matrimonio alcuni attivisti sono stati prelevati dalle proprie case
in tutto il paese e arrestati per crimini non ben specificati, che non
avevano alcuna intenzione di commettere. Le occupazioni e le comunità
sono state assaltate e gli attivisti sono stati sequestrati in un’operazione,
già subodorata dalla stampa scandalistica, per “arrestare preventivamente”
gli elementi radicali usando il matrimonio come pretesto. Nel centro
di Londra, dieci ragazzi sono stati ammanettati e arrestati dietro a
una stazione semplicemente perché avevano un cartello con la scritta
“Democrazia ora”.
È stato inculcato
un clima di terrore che poi è diventato realtà. I giovani manifestanti
sono ora soggetto routinario di una pubblica caccia alle streghe: un
attivista ventenne di Alfie Meadows, che il 9 dicembre è stato picchiato
duramente dalla polizia che lo ha ridotto in coma e che gli ha lasciato
un’emorragia cerebrale, ora è incriminato per adunata sediziosa per
la sua iniziativa di quel giorno. Questa è diventata una guerra di
propaganda, mentre il Parlamento e la polizia cercano di tenere il controllo,
facendo passare ogni dissenso pacifico per una violenza teppistica.
La parola “bollitore”
evoca la terribile immagine inglese di una piacevole e tranquillizzante
tazza di tè. Infatti, si tratta in fondo di una forma traumatica di
punizione collettiva. Immaginate: tu esci con i tuoi amici per esercitare
il tuo diritto di protestare civilmente, ma ti trovi intrappolato in
una muraglia di poliziotti armati. I poliziotti vengono avanti a ondate,
ruggendoti sul viso, alzando i manganelli, costringendoti in uno spazio
sempre più ridotto insieme a altre centinaia di persone. Non puoi respirare
o muoverti; inizi ad avere paura. I manifestanti giovani, terrorizzati
e inferociti, cominciano a scagliarsi contro la polizia, esattamente
la cosa che la polizia stava cercando.
Iniziano a colpire
in mezzo alla folla con gli scudi e i bastoni. Sei circondato da adolescenti
che gridano e sanguinano e cerchi di proteggerti, ma non puoi andare
da nessuna parte. All’inizio sei esasperato e sconvolto, ma poi ti
schiarisci le idee e capisci che, fino a che tutti non si calmeranno
e si zittiranno, non ti sarà permesso di fuggire. È una lezione sull’accondiscendenza
che la polizia vuole davvero che si apprenda velocemente.
Dopo qualche ora stai
congelando e ti annoi e hai fame, e hai visto cose spaventose. Hai bisogno
disperatamente di andare in bagno. Sei disposto a dire qualsiasi cosa
per uscire, per andare a casa. Il cellulare ha finito le batterie e
così sei tagliato fuori dal mondo esterno e cominci a preoccuparti
per i tuoi amici, per la tua famiglia. Se per caso inciampi nella linea
della polizia, con le tue gambe che sembrano pezzi di legno congelato,
esausto e ribollente di un’ira trattenuta a stento, il poliziotto
si prende la briga di prenderti le generalità e di fotografarti prima
che tu possa andare via. Quando arrivi a casa, trovi il notiziario dove
senti che la polizia ha preso le giuste misure per controllare una manifestazione
violenta.
Il “kettling” è
una metafora psicologicamente perfetta per le tensioni che si stanno
muovendo oggi in Gran Bretagna. Isola i dissidenti e rafforza l’adesione
alle cariche contro di loro nel caso cercassero di fare breccia, costringendo
così i manifestanti alla difesa personale e mostrando al mondo esterno
il quadro di una “minoranza violenta” – la frase è spessissimo
usata dalla stampa britannica – che fa casini, un’immagine ritratta
dall’esterno della linea di polizia. È quello che il giornalista
e attivista Dan Hancox chiama “la brutalità strategica e l’irrefrenabile
doppio pensiero”. È la dissonanza cognitiva che consente alla polizia
metropolitana di Londra di ammassare a dicembre migliaia di persone
a temperature sottozero sul Westminster Bridge argomentando che tutto
è stato fatto per proteggerli.
Un anno fa la sinistra
britannica ha guardato con preoccupazione dal lato del canale si affaccia
sull’Europa, dove la gente comune stava iniziando a combattere. Sembrava
impossibile che la Gran Bretagna, il revisore contabile dell’economia
dell’offerta con la sua 24 ore tenuta stretta stretta, potesse sperare
di radunare un simile dissenso collettivo contro il consenso all’austerity
globale che i nostri leader hanno contribuito a negoziare. Ma
ora abbiamo visto la polizia Metropolitana a cavallo caricare migliaia
di adolescenti in rivolta di fronte ai cancelli del Parlamento. Abbiamo
assistito ad arresti di massa per la disobbedienza civile, centinaia
di migliaia di persone nelle strade in corteo e la nascita di una controcultura
intelligente e popolare che cerca di contaminare la struttura griffata
del capitalismo di rapina. È iniziata a novembre, quando gli studenti
che stavano sfilando contro la privatizzazione dell’educazione superiore
hanno deviato dalla rotta prefissata e hanno devastato il quartier generale
del partito al governo. Ora è diventato un movimento nazionale, guidato
da gente giovane che si organizza in modo non gerarchico. Può succedere
ovunque se è successo in Gran Bretagna.
E allora qui ci può
essere una rivoluzione, come è successo in Egitto? Bene, volete una
risposta semplice o una più sottile? La risposta semplice è: no, certo
che no. Anche se l’oppressione che sta prendendo piede nel Regno Unito
è basata sullo stesso trasferimento di ricchezza dai poveri del pianeta
ai ricchi del pianeta, la Gran Bretagna è un paese molto diverso dalla
Libia, dalla Tunisia o dall’Egitto; e se anche dovesse verificarsi
a queste latitudini un salto verso qualcosa che si avvicina a un simile
ordine di grandezza, sarebbe molto differente dallo spettacolo rivoluzionario
cinematico di Piazza Tahrir.
Perché non dobbiamo scontrarci con trent’anni
di dittatura militare, la Gran Bretagna è un esempio molto più sofisticato
di stato neoliberista. Il potere è suddiviso tra il governo e l’élite
del business e una sorveglianza di Stato capillare viene utilizzata
per tenere sotto controllo gli elementi indisciplinati, con la polizia
che iene impiegata solo come ultima risorsa. Nel frattempo, il governo
britannico ha cercato in tutti i modi di sminuire la storia del suo
sostegno a Hosni Mubarak e a Muammar Gheddafi, cercando in tutti i modi
di ficcare nella testa della gente le differenze tra le rivolte che
si verificano in Medio Oriente e le proteste che si sono scatenate in
casa.
Con la collusione della
stampa tabloid in Gran Bretagna, i ribelli libici in modo particolare
vengono ritratti come eroici combattenti della libertà che resistono
a un dittatore brutale, coraggiosamente aiutati dai Tommies britannici
che non riescono proprio a finire di massacrare i civili per errore.
Le proteste a Londra, intanto, sono una “minoranza violenta” di
teppisti anarchici, le cui richieste per una giustizia economica e sociale
sono irriverenti e assurde. L’ingiustizia sociale, ci viene detto,
è qualcosa di alieno, qualcosa che esiste da qualche altra parte, in
terre straniere misteriose e assolutamente mai nel nostro paese, nel
nostro quartiere, nelle nostre strade. Potresti essere infuriato perché
il tuo governo ha chiuso la biblioteca pubblica, perché ha reso tua
moglie una persona in esubero, perché ha ridotto il tuo salario, ti
ha buttato fuor di casa e ha privatizzato il sistema dei college
così che i tuoi figli non si potranno mai permettere l’università,
ma David Cameron non è Gheddafi.
A Tripoli, il dissenso
è placato con le armi. A Trafalgar Square il dissenso è semplicemente
soffocato, strappato via dal mondo esterno e ben bastonato in una sottomissione
temporanea (ndt: circondato sarebbe in realtà “clubbed”, che significa
sia randellato che messo da parte). Un’“area sterile” (il termine
ufficiale della polizia per “kettle”) viene creata ovunque i manifestanti
si riuniscano numerosi, come se la resistenza e la protesta fossero
un’infezione nel corpo politico da essere cauterizzata con la violenza
della polizia.
Questo è una “bollitura”
psicologica praticata dal governo e dalle élite del mondo degli affari:
una pratica per manipolare il consenso del pubblico e per creare un
bisogno illusorio, e per creare un marchio che sarà poi capace di soddisfarlo.
Questa insegna di potere
è inquinato dalle proteste e, mentre la resistenza popolare è salita
d’intensità in Gran Bretagna negli ultimi sei mesi, quella contaminazione
è diventata sempre più efficace. Non è un caso che UK Uncut,
il gruppo di azione diretta più risoluto nel danneggiare l’immagine
delle maggiori banche e le cui proteste lampo contro l’elusione fiscale
delle grosse aziende hanno guadagnato sostegno in tutte le fasce d’età
e in tutti gli orientamenti politici, è stato il bersaglio preferito
degli arresti di massa. Lo scorso mese, nel corso di una protesta pacifica,
148 membri chiave sono stati circondati e portati via in manette, gli
è stato ordinato di togliersi le mutande e sono stati trattenuti in
cella senza cibo o contatti con l’esterno per molte ore.
E cosa può succedere
ora? Sei pronto per dare una risposta pronta? Arriva come un sussurro,
mezzo nascosto dal frastuono e dallo stridio del cargo-cult patriottismo
e soffocata dalle parole a vanvera dei tabloid di destra, ma
se ascolti, è proprio lì. La risposta è: certo che può succedere…
è già successo prima.
Per tutto il tempo
che i potenti hanno accumulato valore e potere e si sono appropriati
del territorio della nostra nazione, il popolo britannico ha sempre
combattuto, qualche volta pacificamente e in altre in modo violento,
qualche volta in modo autonomo e qualche altra con il supporto delle
organizzazioni del lavoro. La storia delle Gran Bretagna non è solamente
una storia di re e regine: è anche la storia di rivoluzioni pratiche
e psicologiche, di gente comune che ha lottato per il propri diritto
di voto e per la propria sopravvivenza. È una storia che può essere
tracciata dagli scioperi dei minatori e dalle sommosse per le tasse
degli anni ’80 fino all’epoca delle suffragettes, dei Cartisti,
delle proteste di Peterloo, dei diggers
e dei levellers
della guerra civile inglese e della rivolta dei contadini nel XIV
secolo. Il popolo britannico ha sempre combattuto il ricco e il potente
che hanno tentati di limitare e ammutolire il dissenso. E ogni volta
che la resistenza è stata schiacciata, quelle idee sono sopravvissute
fino al giorno in cui la loro realizzazione è diventata inevitabile.
Se si può lottare per una guerra delle idee e vincerla, in questa piccola
isola, casa di un impero atomizzato e atrofizzato, chiunque lo può
fare.
Anche oggi gli attivisti
britannici hanno sviluppato un sistema sofisticato e gratuito per gli
smartphone, che consente ai manifestanti di anticipare e fuggire
dalle “bolliture” della polizia. L’applicazione è stata preparata
da un gruppo di studenti e di professionisti informatici che si chiama
Sukey e si è dimostrata incredibilmente efficace. Ovunque la polizia
tenti di troncare sul nascere il dissenso, i manifestanti riescono a
diffondersi; ovunque si formi una repressione, nelle strade di Londra
o anche nella psiche politica della nazione, gli attivisti possono imparare
come riuscire a spezzarla.
Nei primi mesi del
2011, alle fermate degli autobus e sulle locandine in tutta Londra,
e poi in tutta la nazione, ha cominciato a fare la sua comparsa tutta
una serie di adesivi che rivestono lo spazio promozionale a pagamento
del capitalismo di rapina. “L’Apatia è Violenta”, diceva uno;
“I Tagli non Curano”, un altro che copriva il volto slavato di una
modella che pubblicizzava un nuovo profumo. Questi adesivi, creati e
distribuiti tra gli studenti, gli attivisti e i bambini delle scuole,
sono diventati un codice segreto, un promemoria che l’immaginario
del potere può e deve essere – come oggi succede – messo in discussione,
un monito che, malgrado la selvaggia repressione della polizia sui dissidenti
già conosciuti, c’è ancora speranza. C’è sempre speranza.
Quando sono tornato
a casa questa notte, ho notato un adesivo attaccato su un tabellone
installato per congratularsi con la Coppia Reale, piccolo ma perfettamente
leggibile. Distruggere le loro allucinazioni con i nostri desideri.
Resistere. Scioperare. Occupare.
Fonte: http://www.adbusters.org/magazine/96/will-revolution-begin-Londra.html
27.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE