DI NIL NIKADROV
Strategic Culture
L’attacco dei ribelli libici del
23 agosto contro l’ambasciata venezuelana e il compound di Tripoli
sono largamente passati sotto silenzio, anche se le vittime sono state
fatte presenti quando l’ambasciatore venezuelano Afif Tajeldine e
il personale dell’ambasciata si sono mossi all’ultimo momento in
un luogo più sicuro e hanno lasciato la Libia poco tempo dopo. Dopo
l’incidente si è capito che l’ambasciata del Venezuela fosse stata
l’unica saccheggiata nell’intero quartiere, e ciò significa che
l’attacco – guidato, secondo il racconto di testimoni oculari, da
individui dall’aspetto europeo e con la postura militare – avesse
specificamente come obbiettivo l’avamposto della nazione.
Nella foto: l’ambasciatore del Venezuela in Libia Afif TajeldineIl viceministro degli Esteri venezuelano
e inviato permanente all’ONU Jorge Valero Briceño ha condannato l’attacco
al Consiglio di Sicurezza. Nel frattempo, i commentatori latinoamericani
hanno visto nel colpo dei ribelli contro la missione diplomatica venezuelana
a Tripoli un messaggio diretto a Chavez, col proposito di una minaccia
per essere il prossimo dirigente della lista dopo l’estromesso Gheddafi.
È largamente previsto che l’approccio che l’Impero ha utilizzato
per destabilizzare la Libia e la Siria verrà in un futuro non troppo
lontano utilizzato in Venezuela. Reuters ha fatto menzione del piano
il 17 agosto, dicendo che “la violenza politica in Venezuela potrebbe
sconvolgere i risultati delle elezioni del prossimo anno dove verrà
deciso se il Presidente Hugo Chavez vedrà rinnovarsi l’incarico di
sei anni”. Gli scoppi delle proteste in Venezuela saranno appoggiati
dalle campagne dei media lanciate da BBC, Euronews, CNN, Fox,
Al Jazeera, eccetera, e saranno probabilmente parallele ad atti di vandalismo
e omicidi di strada perpetrati da gruppi terroristici che filtreranno
in Venezuela da altre nazioni. Alla fine, il Venezuela vede davanti
a sé una rivoluzione colorata aggiornata che avrà una componente di
violenza armata più forte che mai. Il Pentagono, la comunità dell’intelligence
statunitense, il Dipartimento di Stato e le analoghe agenzie di Gran
Bretagna, Spagna, Israele, Canada e di altri Paesi hanno certamente
sulle proprie agende il compito di prevenire la rielezione di Chavez
nel 2012.
Preoccupato del prossimo crush test,
Chavez, un duro veterano della politica, non solo dimostra una piena
fiducia per i sondaggi che si profilano all’orizzonte ma ha addirittura
in mente di proporre un’altra rielezione per il 2018. il suo programma
è a caratteri cubitali e viene pronunciato con estrema chiarezza. L’affidamento
al sostegno popolare e a un esercito leale potrebbe aiutare a neutralizzare
qualsiasi cospirazione, e il dominio dell’Impero non durerà all’infinito.
L’ottimismo di Chavez si basa sul fatto che gli Stati Uniti hanno
un futuro imperialista ormai prossimo alla fine, quando nella metà
del XXI secolo le ricorrenti crisi economiche e i dissensi interni tra
fazioni politiche, gruppi etnici e aziende gigantesche eroderanno irreversibilmente
le loro potenzialità. A poco a poco, al costo di un bagno di sangue
e di sofferenze umane, gli Stati Uniti dovranno sbarazzarsi del ruolo
di gendarme planetario e di parassita globale. Le avventure di politica
estera e i tentativi di sfondare i regimi antagonisti che continueranno
a proliferare non faranno altro che avvicinare la loro agonia. Chavez
è convinto che la sconfitta dell’Impero metterà la parola fine alla
lunga ricerca di soluzioni per il sistema imperialista storicamente
al declino.
Il dirigente venezuelano parla frequentemente
dell’escalation delle tensioni socioeconomiche negli Stati
Uniti e in altri paesi occidentali. Anche se in Occidente i mali tendono
a non essere riconosciuti e le proteste dei ceti sociali svantaggiati,
compresa gran parte della classe media, sono state soppresse, e tenere
il controllo della situazione è una sfida sempre più dura che i governi
non possono gestire con i tradizionali metodi repressivi. Di conseguenza,
ci sono progetti per usare le forze armate del paese contro la propria
popolazione e gli eserciti sono già stati addestrati a questo scopo.
Le “guerre al terrore”, in cui le forze armate USA si sono continuamente
schierate contro i civili, hanno deformato la mentalità del corpo ufficiali
degli Stati Uniti al punto da aver perso tutte le inibizioni per quelle
missioni utilizzate per cospirazioni interne, presumibilmente alimentate
dagli estremisti musulmani, dai leader populisti, dai rossi,
dal sottobosco anti-sistema, eccetera.
La militarizzazione degli USA ha raggiunto
proporzioni tali che lo spostare l’economia della nazione verso ambiti
non militari promette grandi sofferenze. Ad oggi, persino i minimi tagli
ai fondi per la difesa farebbe deragliare l’intera economia statunitense,
mentre tenere a galla il rigonfio complesso militar-industriale comporta
ostilità crescenti in varie parti del mondo. Con l’elettorato preoccupato
dai nuovi conflitti in Siria, Iran, nel Caucaso e anche altrove, solo
un dramma paragonabile all’11 settembre può ravvivare la militanza
della popolazione. Chavez crede fermamente che l’attacco terroristico
dell’11 settembre sia stato architettato dall’intelligence
degli Stati Uniti e di Israele. Sapendo che le élite della CIA,
della Defense Intelligence Agency, di altri servizi d’intelligence
occidentali e del Mossad stanno lavorando contro il Venezuela, ha frequentemente
rivisitato il tema e ha sollecitato i canali della televisione venezuelana
a trasmettere programmi per avvertire che simili provocazioni potranno
mettere a repentaglio il regime Bolivariano.
Le convulsioni aggressive dell’Impero,
il suo disprezzo per le leggi internazionali, le fluttuazioni delle
politiche e delle decisioni di Washington e la tendenza statunitense
a entrare in contatto con gruppi di rinnegati provoca reazioni difensive
in tutto il pianeta e porta le nazioni a rimanere fuori dall’orbita
USA per rafforzare la propria sovranità. L’ascesa dei centri regionali
di potere avrà ulteriore spinta, e persino le nazioni che per varie
ragioni ruotano attorno alla NATO vedranno gradualmente prevalere le
forze anti-americane nel contesto interno. Nel mondo odierno, ogni aggressione
incontra invariabilmente una resistenza.
Dai tentativi falliti del 2002-2003
da parte degli USA per provocare il cambio di regime in Venezuela, la
strategia di Chavez è stata quella di isolare l’esercito e l’economia
della nazione, particolarmente il settore energetico, dall’influenza
degli Stati Uniti. Un confronto alla pari non può essere l’intenzione
di Chavez, considerando l’ovvia disparità tra gli USA e il Venezuela,
ma quest’ultima deve diversificare le sue relazioni internazionali
e deve cercare alternative fattibili allo status precedente l’epoca
di Chavez quando il paese era una nazione associata all’Impero a cui
veniva “liberamente” consentito di esistere come un altro Porto
Rico. All’epoca, le classi elevate del Venezuela erano state americanizzate
per contemplare la piena integrazione con gli USA. Convogliare il petrolio
nel mercato globale a prezzi ridicoli e godere di una vasta gamma di
agi a disposizione dei ricconi era il sogno dei liberali che sono stati
sloggiati dalla rivoluzione venezuelana per diventare i peggiori antagonisti
di Chavez. Queste sono le persone che si accaniscono contro Chavez a
ogni passo fatto per rafforzare l’indipendenza del Venezuela. Per
loro, la nazionalizzazione del settore petrolifero, le maggiori relazioni
con Russia e Cina, la creazione del blocco ALBA e la coltivazione dei
legami con il Brasile, che è diventata la forza economica dell’America
Latina, sono inaccettabili perché sono visti come mezzi per uccidere
le possibilità dell’opposizione di tornare al governo.
Washington si è visibilmente
adirata della recente decisione presa da Chavez per spostare parte dei
propri valori nei paesi BRICS, Russia compresa, e di riportare le riserve
d’oro in Venezuela. Chavez ha detto che, visto come le economie degli
Stati Uniti e dell’Europa stanno affondando, è venuto il tempo per
rivolgersi alle potenzialità di Paesi come Cina, Russia e Brasile,
descrivendo il ritiro delle proprietà dagli USA e dall’Europa come
“una misura salutare” per il Venezuela “alle soglie della crisi
del capitalismo”. Non c’è dubbio, che la strategia dietro il
trasferimento degli asset dalle banche occidentali non si limita agli
aspetti prima citati; anche la confisca
de facto delle riserve della Libia note come
“l’oro di Gheddafi” deve essere tenuta nel dovuto conto. Il
governo venezuelano ha ragioni per credere che, in determinate circostanze,
le partecipazioni azionarie in Occidente potrebbero essere congelate,
ad esempio, con il pretesto che le compagnie occidentali pretendano
un risarcimento in relazione alle nazionalizzazioni del Venezuela. Il
rimpatrio delle riserve di oro potrebbe aiutare il Venezuela a tenere
a galla l’economia se il dollaro e l’Euro dovessero soffrire una
rapida svalutazione.
Chavez ha consigliato altre nazioni
dell’America Latina, che hanno circa 570 miliardi di dollari nelle
banche del Nord investiti nel suo sviluppo, di fare altrettanto. La
Banca d’Inghilterra che dal 1980 ha immagazzinato 99 tonnellate di
oro del Venezuela è stata la prima a ricevere la richiesta di prelievo.
L’oro delle banche statunitensi, canadesi, svizzere e francesi verrà
allo stesso modo trasferito in Venezuela. Al momento, poco meno del
58% delle riserve in oro del Venezuela per un totale di 365 tonnellate
sono detenute fuori dal paese. Le nazioni ALBA sembrano essere ricettive
verso l’appello di Chavez per il rimpatrio delle quote azionarie.
Dovrebbe essere anche notato che, nel far visita a Caracas nell’agosto
del 2011, il capo della diplomazia russa, S. Lavrov, ha suggerito che
Mosca prenderà seriamente in considerazione la richiesta del Venezuela
per tenere le sue azioni, esprimendo in pratica il sostegno alla causa
di Chavez. La reazione di Pechino è stato essenzialmente la stessa
di Mosca.
Gli analisti considerano la spinta
di Chavez verso un’architettura finanziaria dell’America Latina
indipendente dall’Occidente come un obbiettivo rischioso. Il progetto
di Gheddafi per spostare le notevolissime quote azionari della Libia
dalle banche occidentali a quelle cinesi è stato tra le ragioni per
cui è diventato l’obbiettivo di una caccia all’uomo. È chiaro
che l’Occidente non dimenticherà come Chavez ha smentito il mito
della ripresa economica negli Stati Uniti e in Europa. Il messaggio
radicale del dirigente venezuelano secondo cui le economie degli USA
e dell’Europa stanno affondando sicuramente riecheggia nelle teste
di coloro che sono capaci di ascoltare.
Fonte: Revolt
In Libya a Message to Chavez
03.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE