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La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 30 giorni

LA RINASCITA DEL DARWINISMO SOCIALE

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A cura di supervice
Il 6 Dicembre 2011
112 Views
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DI ROBERT REICH
Huffingtonpost.com

Esattamente, che tipo di società

vogliono i Repubblicani di oggi? Ho ascoltato i candidati repubblicani

nel tentativo di percepire una filosofia generale, una prospettiva largamente

condivisa, un’immagine ideale dell’America.

Dicono di volere un governo più

snello, ma non può trattarsi di questo. La maggior parte chiede

una difesa nazionale più ampia e una più vigorosa sicurezza

della patria. Quasi tutti vogliono ampliare i poteri del governo in

materia di indagine e vigilanza all’interno degli Stati Uniti: debellare

eventuali terroristi, annientare gli immigrati clandestini, “proteggere”

i confini della nazione. Vogliono condanne penali più rigide, tra le

quali una più estesa applicazione della pena di morte. Molti vogliono

anche che il governo si intrometta negli aspetti più intimi della vita

privata.
Si chiamano conservatori, ma

non si tratta neanche di questo. Non vogliono conservare ciò

che abbiamo adesso. Preferirebbero portare indietro il paese, prima

degli anni 60 e 70, prima della Legge sulla protezione dell’ambiente,

prima di Medicare e Medicaid [entrambi piani federali

di assistenza medica per soggetti in difficoltà, NdT], prima del

New Deal e delle sue misure finalizzate alla protezione sociale,

prima dell’assicurazione contro la disoccupazione, della settimana

lavorativa di quaranta ore, delle leggi contro il lavoro minorile e

del riconoscimento ufficiale dei sindacati. Persino prima dell’epoca

progressista e della prima imposta nazionale sui redditi,

delle leggi antitrust e della Federal Reserve.

Non sono conservatori. Sono “regressori”.

E l’America che cercano è quella vissuta nell’epoca dorata di fine

Ottocento.

Era un periodo in cui la nazione era

incantata dalla dottrina della libertà d’impresa, ma nel quale,

a dire il vero, pochi americani hanno goduto di un’ampia libertà.

Baroni da rapina come il finanziere Jay Gould, il magnate delle ferrovie

Cornelius Vanderbilt e quello del petrolio John D. Rockefeller, controllavano

gran parte dell’industria americana. Il divario tra ricchi e poveri

divenne un abisso. Le baraccopoli urbane marcivano, bambini lavoravano

ore e ore nelle fabbriche, le donne non potevano votare, mentre i neri

americani subivano l’umiliazione di Jim Crow [personaggio di colore

di una ironica canzone popolare ottocentesca, ad esempio, la discriminazione

razziale. NdT]. E i portaborse dei ricchi letteralmente posavano sacchi

di soldi sul tavolo di docili legislatori.

Il periodo più eloquente è

stato quello in cui le idee di William Graham Sumner, un professore

di scienze politiche e sociali a Yale, dominavano il pensiero sociale

americano. Sumner portò Charles Darwin in America e lo intrecciò con

una teoria adatta all’epoca.

Tra gli americani di oggi, pochi hanno

letto gli scritti di Sumner, ma questi hanno avuto un effetto galvanizzante

sull’America degli ultimi tre decenni dell’Ottocento.

Per Sumner e i suoi seguaci la vita

era una lotta competitiva nella quale solo il più idoneo poteva

sopravvivere, e attraverso questa lotta i gruppi sociali diventavano

nel tempo più forti. Assimilabile a questo è il principio per cui

il governo dovrebbe fare poco o nulla per chi si trova in ristrettezze,

in quanto ciò interferirebbe con la selezione naturale.

Ascoltate i dibattiti

repubblicani di oggi e sentirete un continuo rigurgito di Sumner. “La

civiltà ha una semplice alternativa”, scrisse Sumner negli anni

‘80 dell’Ottocento. O è “libertà, disuguaglianza, sopravvivenza

del più adatto”, oppure è “non libertà, uguaglianza, sopravvivenza

dell’inadatto. I primi termini fanno progredire la società

e favoriscono tutti i suoi membri migliori, i secondi la fanno sprofondare

e favoriscono tutti i suoi membri peggiori.”

Sembra una cosa familiare?

Newt Ginrich non soltanto richiama

il pensiero di Sumner, ma ne scimmiotta la nota arroganza. Ginrich dice

che dobbiamo premiare gli “imprenditori” (intendendo chiunque abbia

fatto un mucchio di soldi) e ci avverte di non “coccolare

la gente che si trova nel bisogno. Egli definisce le leggi contro il

lavoro minorile “veramente stupide” e dice che i bambini

poveri dovrebbero prestare servizio come bidelli nelle loro scuole.

Ginrich si oppone a una proroga dell’assicurazione contro la disoccupazione,

perché, come dice “sono contrario a dare soldi alla gente per

non fare nulla”.

Analogamente, Sumner metteva in guardia

dal fare l’elemosina a gente che definiva “negligente, incapace,

inefficiente, sciocca e avventata”.

Mitt Romney vuole che il governo non

dia alcuna importanza alla disoccupazione. Ed è nettamente contrario

all’aumento delle tasse ai milionari, basandosi sul modello di logica

repubblicano, secondo il quale i milionari creano lavoro.

Ecco Sumner, più di un secolo

fa: “I milionari sono il prodotto della selezione naturale, la

quale ha effetto sull’intero complesso degli uomini per scegliere

coloro in grado di soddisfare l’esigenza che talune opere siano compiute

[…].Grazie al fatto di essere stati selezionati, la ricchezza si accumula

pertanto sia nelle loro mani, che in quelle di coloro i quali si affidano

a essi. Costoro possono essere ragionevolmente considerati i rappresentanti

della società selezionati naturalmente.” Anche se vivono nel

lusso, “è comunque una buona occasione per la società”.

Anche altri promettenti Repubblicani

si conformano alla stessa impronta di Sumner. Al dibattito repubblicano

di settembre è stato chiesto a Ron Paul, favorevole all’abrogazione

del piano sanitario di Obama, quale dichiarazione medica avrebbe suggerito

se un giovane che avesse deciso di non acquistare l’assicurazione

sanitaria fosse entrato in coma. La risposta di Paul: “Ecco cosa

significa libertà: correre i propri rischi.” La folla dei Repubblicani

applaudì.

In altri termini, se il giovane fosse

morto per assenza di assicurazione sanitaria, ne sarebbe stato responsabile

il giovane stesso.

Il darwinismo sociale ha offerto una

giustificazione morale alle barbare ingiustizie e crudeltà sociali

della fine del XIX secolo. Ad esempio, ha consentito a John D. Rockefeller

di rivendicare il fatto che la fortuna accumulata mediante il suo gigantesco

consorzio monopolistico Standard Oil fosse “semplicemente la sopravvivenza

del più adatto”. È stata, ribadì, “l’elaborazione di

una legge di natura e di Dio”.

Il darwinismo sociale, all’epoca

ha anche minato ogni sforzo per costruire una nazione con un’ampia

base di agiatezza, come pure di salvare la nostra democrazia dalla salda

presa di pochissimi al vertice. È stato utilizzato dai privilegiati

e dai potenti per convincere tutti gli altri che il governo non dovrebbe

avere molta importanza.

Solo nel XX secolo l’America ha veramente

respinto il darwinismo sociale. Si è creato l’esteso ceto medio,

diventato il centro della nostra economia e della nostra democrazia.

Abbiamo costruito reti di sicurezza per salvare gli americani caduti

verso il basso per colpe non loro. Abbiamo ideato controlli diretti

a tutelare contro gli inevitabili eccessi di avidità del libero mercato.

Abbiamo tassato i ricchi e investito in opere pubbliche – scuole pubbliche,

università pubbliche, trasporti pubblici, parchi pubblici, sanità

pubblica- il che è stato per noi un bene.

Insomma, abbiamo respinto l’idea

che ognuno di noi venga lasciato solo in un una competitiva corsa

per la sopravvivenza.

Ma non facciamo errori: se qualcuno

dell’attuale gruppo di aspiranti Repubblicani diventasse presidente,

e se i repubblicani “regressori” prendessero il controllo di Camera

o Senato, sarebbe il ritorno del darwinismo sociale.

**********************************************

Fonte: The Rebirth of Social Darwinism

01.12.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GABRIELE PICELLI

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