DI DAN BEDNARZ
Health After Oil
In questo saggio andrò ad affrontare
il rapido declino del servizio sanitario greco e le condizioni socioeconomiche
in tutta la nazione, evidenziando come la conseguenza sia da ricercarsi
in una crisi economica e fiscale che i dirigenti politici e finanziari
hanno deciso di portare avanti attraverso l’imposizione di misure draconiane
di austerità sopra la maggioranza del popolo greco, così da: a) proteggere
l’opulenza, lo status e il potere delle élite dominanti, e b) proteggere
e risuscitare un sistema finanziario moribondo. La causa ultima del
deterioramento del servizio sanitario greco, tuttavia, si individua
nel raggiungimento dei limiti fisici della Terra nei confronti di una
crescita economica perpetua (1).Dunque, il tentativo di far ripartire
la crescita, da molti considerata la sicura panacea, non sta dando i
risultati voluti e il caso della Grecia dimostra che l'”austerity”
porta con sé un costo fatale. (Lo stimolo è una possibilità dai vari
aspetti, che non verranno sviluppati nel presente articolo)(2). Infine,
politici, grandi aziende e governi nazionali assai difficilmente riconosceranno
che siamo prossimi ai limiti della nostra crescita, mentre le amministrazioni
locali e i movimenti popolari alla fine inizieranno a rimodellare sistemi
sanitari sostenibili (e tutte le istituzioni socioeconomiche) come mezzo
di sopravvivenza, pur non sapendo di fare ingresso in una nuova era
post-crescita.
Prima di passare in rassegna i segnali
che attestano il deterioramento del sistema sanitario greco, è necessaria
un’introduzione. Io e i miei colleghi per diversi anni abbiamo sostenuto
che, nel momento in cui si fosse verificato un calo nella disponibilità
energetica (in gergo “peak
oil“), pressioni su altre risorse naturali, oppure ancora una
crisi ecologica, le economie industriali si sarebbero scontrate con
i limiti della crescita. Dunque, l’economia fondata sul debito e il
sistema finanziario non avrebbe più funzionato nella maniera corretta
e l’attività socioeconomica avrebbe iniziato a contrarsi e a mostrare
segni di collasso. Ora che questo accade, la medicina moderna e il servizio
pubblico sanitario e assistenziale saranno insufficienti nel tutelare
la salute della popolazione e nel fornire cure mediche, a meno che non
si riorganizzino per essere sostenibili in una situazione post-crescita.
Il caso della Grecia avvalora questo ragionamento. Siamo giunti a questo
pensiero passando per il peak oil, sebbene potessimo arrivarvi
attraverso una moltitudine di strade (3).
Questa definizione dell’attuale situazione
non è ovvia, in quanto le società moderne funzionano secondo un paradigma
(dimensione cognitiva) e una mitologia (4) (dimensione affettiva), le
cui metafore cardinali sono: la naturalezza di una crescita economica
perpetua e il dominio supremo dell’uomo sulla natura e su tutto ciò
che è non umano. Queste metafore non stanno più dando soluzione ai
problemi, così come non forniscono più un opportuno significato e
senso di riconoscimento per le persone dal momento che l’economia mondiale
non ha più accesso a una base energetica a basso costo con cui operare,
mantenere sé stessa ed espandersi.
Van Egmond e De Vries raccontano come
i limiti alla crescita sono prossimi a manifestarsi e, in conseguenza
di ciò, ad essere compresi (5)(6).
Così
come suggerirebbe qualsiasi approccio
sistematico, il presentarsi della crisi
non avviene in modo palese e chiaro;
viceversa, si manifesta con una lenta
erosione delle capacità di gestire
adeguatamente una realtà complessa
e interdipendente. Prenderà la forma
di una moltitudine di crisi collegate:
ecologica, finanziario-economica e
sociale.(7)
Questa prospettiva è inintelligibile
per i leader istituzionali. Viceversa, questi si sono gettati
con solerzia/disperazione sull’austerity per ripristinare il
cosmos economico e finanziario nel quale erano inseriti e da cui
avevano avuto potere e possibilità di far denaro. Peter Orszag, un
tempo facente parte del team economico di Obama, ha di recente rivelato
il fallimento intellettuale del governo statunitense: “La
verità è che noi non sappiamo come
risistemare il mercato del lavoro statunitense,
è come se ci trovassimo in una zona
non tracciata nelle mappe.” (8) Ciò che il governo statunitense
sa risistemare sono i dati dei tassi di disoccupazione del Bureau
of Labor Statistics (9).
Dopo questa panoramica, passiamo alla
crisi che affligge la salute dei greci, dove le persone hanno davvero
difficoltà a procurarsi un’aspirina (10), proprio mentre si trovano
a combattere contro un “superbatterio” che può essere resistente
alla maggior parte degli antibiotici (11). Nell’ottobre del 2011 la
rivista The Lancet ha pubblicato un articolo in cui si esaminavano
gli effetti sulla salute provocati dai tagli al bilancio del servizio
sanitario nazionale (12). Le seguenti citazioni sono tratte da quell’articolo.
Gli autori scrivono:
[…]
c’è stato circa il 40% di tagli
nei bilanci ospedalieri, carenze di personale,
occasionali insufficienze nelle forniture
mediche, e mazzette ricevute dal personale
medico per saltare la coda negli ospedali
sovraffollati.
Anche se è stato meno semplice
accedere ai medici generici e ai servizi
ambulatoriali, nel 2010 c’è stato
un incremento dei ricoveri negli ospedali
pubblici pari al 24% rispetto al 2009 e
dell’8% nella prima metà del 2011
se confrontato con lo stesso periodo
del 2010. I maggiori istituti privati, anche se svolgono una quota ridotta
delle cure sanitarie rispetto alle strutture pubbliche,
sono stati anch’essi colpiti dalle
forti pressioni sui bilanci interni
e hanno registrato perdite dopo l’insorgere
della crisi. Uno studio del 2010 ha
riportato un calo del 25-30% negli
accessi agli ospedali privati.
Ci
sono segnali che le conseguenze sulla
salute vedranno un peggioramento, specialmente per le
categorie più sensibili. Abbiamo inoltre registrato
un aumento significativo delle persone
che giudicano la propria salute come
“cattiva” o “molto cattiva”.
I suicidi hanno visto un incremento
del 17% dal 2007 al 2009, e i dati
non ufficiali riferiti al 2010 che sono
stati discussi in parlamento parlano di
un 25% di aumento rispetto al rapporto
del 2009. Il Ministero della Salute
riporta ancora un incremento del 40%
nella prima metà del 2011 rispetto
allo stesso periodo del 2010. Il servizio
nazionale di supporto telefonico che
fornisce ascolto in tema di suicidio
riporta che il 25% delle persone che
si sono rivolte ad esso hanno incontrato
difficoltà finanziarie nel 2010 e altri resoconti sui
mezzi d’informazione indicano che l’impossibilità
di ripagare gli elevati livelli di indebitamento
potrebbe essere un fattore chiave nell’aumento
dei suicidi. Un altro aspetto ad aver
visto un aumento è la violenza, con
i tassi di omicidio e di furto che
sono quasi raddoppiati tra il 2007
e il 2009. […]
Complessivamente, il quadro della
situazione sanitaria in Grecia è preoccupante […] Una
maggiore attenzione sulla salute e
sull’accesso alle cure è fondamentale
per assicurare che la crisi greca non
vada a insidiare la fonte ultima della
ricchezza del paese: il suo popolo.
Gli autori non forniscono raccomandazioni
politiche, e ciò mi porta a pensare che essi non vedano alternativa
all’attesa di un recupero del sistema finanziario ed economico globale.
Per completare questo studio del
Lancet, trovo che sia significativo parlare di una Diaspora economica
greca (13), di persone che sono così disperate e impotenti da abbandonare
(14) i propri bambini nelle chiese perché possano essere nutriti, vestiti
e sistemati in un orfanotrofio. Un articolo del gennaio 2012 del
Washington Post riporta:
“Le
condizioni sono peggiorate in maniera
così drammatica che i dottori in questo
paese ora iniziano a pensare che la
crisi greca non sia più soltanto una
crisi finanziaria, quanto una crisi
umanitaria”, afferma Dimitris Varnavas,
presidente della Federazione dei Dottori
Ospedalieri Greci. (15)
Allo scopo di focalizzare l’attenzione
del lettore sull’aspetto morale, il giornalista che ha scritto questo
articolo cita le usuali “fonti
anonime“:
[…]
[C]oloro che propongono l’austerity
dicono che il paese non ha nessuno
da incolpare, se non sé stesso […] Affermano
che l’abbattimento del deficit dovrà essere
rapido per poter aprire la strada a
un futuro sostenibile, e che le sofferenze sociali
che ne conseguono sono necessarie perché
la politica e la società greca possano comprendere
che simili eccessi non dovranno più
ripetersi.
Mi piacerebbe se questi “alfieri
dell’austerità” venissero arrestati con l’accusa di offesa
alla morale e di condotta spregevole e disonesta. Si giustifica il “dolore
sociale” con l’attuale convinzione culturale che la restituzione del
debito sia sacrosanta; non lo è (16). Questo dolore è volutamente
didattico, a garanzia che le altre nazioni che si dovessero trovare
nella situazione greca sappiano già quale è la strada che verrà seguita
(17). Si omette di dire che Germania e Francia, tra le altre, incoraggiarono
la lievitazione del debito greco allo scopo di mantenere in salute le
loro economie mercantiliste. Inoltre, le nazioni destinate a venire
dopo la Grecia non hanno una maggiore capacità di ripagare i propri
debiti.
Da un punto di vista che si basi sulla
teoria dei limiti alla crescita, la Grecia è il presagio di quella
contrazione economica e del disinvestimento sul debito che sono le logiche
conseguenze del definitivo esaurirsi dell’energia, o del raggiungimento
di un prezzo dell’energia ingestibile per le società industriali (18).
Se si osserva lo status energetico di Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda
e Italia – tutte profondamente indebitate -, si nota come in tutte la
produzione interna di idrocarburi sia povera se non nulla. Detto francamente:
l’indebitamento di queste nazioni è in larga parte dovuto alla necessità
di acquisto di un petrolio sempre più costoso, e ora il costo (il petrolio
costava 10$ al barile nel 1998, ora si aggira attorno a 100$ al barile,
e potrebbe pericolosamente salire se la crisi dovesse peggiorare) oltrepassa
il potenziale di benessere e valore economico che potrebbe generarsi
dal suo utilizzo nel sistema manifatturiero o nei trasporti. La Grecia,
essendo una delle nazioni con minor disponibilità energetica al mondo,
è il campanello d’allarme di un incoercibile declino energetico (19)(20)
e, a seguire, del raggiungimento dei limiti di crescita.
Diversamente da Euripide (21), non
riesco ad immaginare un deus ex
machina che riesca a plasmare un mondo socialmente sostenibile.
La situazione è dura, e lo diventerà ancor di più nei giorni a venire.
Ma permettetemi in chiusura qualche pensiero, che svilupperò in un
prossimo saggio, su come immaginare e implementare un servizio sanitario
sostenibile.
Per prima cosa, a oggi tutto ci indica
che i governi nazionali, anche se hanno avuto accesso a sobrie informazioni
sui limiti della crescita (22), si sono gettati in un’imponente attività
propagandistica all’insegna del “come se nulla fosse” (23), nella
speranza che queste parole rassicuranti e un effetto placebo miracoloso
potessero alla fine rigenerare la crescita economica in un pianeta dalle
dimensioni finite.
Secondo, a livello amministrativo locale
potremmo vedere uno sviluppo positivo nella fondazione di un Dipartimento
della Decrescita Economica (24) in città come Detroit e Flint dove
non esiste altra alternativa se non quella di una contrazione, verosimilmente
per ragioni economiche.
Terzo, anche se negli Stati Uniti una
quota cospicua delle risorse operative viene indirizzata verso la medicina,
i servizi di cura e l’assistenza pubblica, i leader, anche se non
costituiscono un blocco assoluto (25) – sembrano sicuri di poter continuare
a inventarsi delle soluzioni di ripiego fintanto che le contraddizioni
e i rompicapi a livello sistemico non esploderanno in numero e gravità.
Questo è un esempio classico di fallimento di comprensione e di adattamento
alle circostanze ambientali in mutazione (26). Comunque, ci troviamo
al di là di un semplice concetto di gestione strategica del problema.
Si tratta più di non riuscire a riconoscere la differenza tra due visioni
del mondo. Questo fallimento della leadership burocraticamente
gerarchica, anche se pericoloso perché colpisce il settore pubblico,
aprirà degli spazi per la comparsa di nuove forme di servizi sanitari
sostenibili.
Quarto, il futuro dei moderni servizi
sanitari non può essere soltanto visto attraverso un processo di contrazione,
me anche essendo consapevoli che sta per emergere un mondo in cui “il
piccolo è bello” (27). Per esempio, i servizi sanitari moderni
hanno marginalizzato, se non escluso, le conoscenze acquisite sul ruolo
del cibo, della nutrizione e dei fattori ambientali (28) in ambito sanitario.
Quinto, la creazione di un sistema
sanitario sostenibile potrà avvenire solo se prenderanno iniziative
il sistema sanitario pubblico e l’assistenza infermieristica. La medicina
è troppo compromessa (troppa corruzione in un sistema for-profit)
e legata al paradigma/mitologia dominante per essere una fonte di cambiamento.
Il testo di Donella Meadows “Leverage
Points” (29) e quello di E.F. Schumacher “Small
Is Beautiful” (30) sono ottimi supporti per iniziare a ragionare
su come rendere il servizio infermieristico e il settore pubblico le
colonne portanti di un servizio sanitario nazionale sostenibile.
Note:
1. Meadows, Donella et al, The
Limits to Growth: the 30-Year Update, White Junction, VT: Chelsea
Green Publishing.
2. I lettori potrebbero lamentare il
fatto che non ho approfondito il concetto di stimolo. Per questioni
di spazio non è possibile, ma è chiaramente preferibile ed etico definire
l’economia come un mezzo per garantire ai cittadini un lavoro che sia
produttivo, costruttivo e che dia sostentamento alla propria vita. Tuttavia,
lo stimolo verso una ripartenza della crescita non è questo, quanto
un richiamo verso una definitiva rovina della disponibilità di risorse
naturali. Ciò di cui si ha bisogno è una riprogettazione dell’economia
verso il concetto di “piccolo
è bello“.
3. Per esempio attraverso: carenza
d’acqua, cambiamenti climatici, erosione del suolo, “picco
di qualsiasi cosa“, studi demografici, economia ecologica,
il concetto di sorpasso ecologico e dei limiti alla crescita, e persino
eventi non ecologici quali la crisi finanziaria del 2008 e la recessione
economica, le critiche al neoliberismo o la presa in esame della corruzione
sistemica “legale” e illegale, lo sfruttamento socioeconomico
e i fallimenti istituzionali nei governi e nella politica/economia delle
società industriali.
4. Per Kuhn i paradigmi non sono interamente
fondati su criteri obiettivi; essi hanno una dimensione soggettiva,
irrazionale, o non-intellettuale, di sudditanza psicologica e metafisica
verso il potere e verso i benefici ottenuti dai vantaggi acquisiti,
che rendono gli “slittamenti di paradigma” possibili solo
quando il paradigma dominante è in crisi profonda e non può più “risolvere
i problemi”. Nondimeno, i paradigmi possono assurgere a status
di realtà empirica; essi riconfigurano nuovi dati empirici. La mitologia
tratta di problemi spirituali più che di realtà empirica, di domande
quali chi siamo, da dove veniamo e a qual luogo siamo destinati. La
crisi di sostenibilità in cui ci troviamo dovrebbe essere compresa
attraverso entrambi queste concezioni.
5. Percorsi simili sono descritti nel
libro di Jared Diamond, Collapse:
How Societies Choose to Fail or Succeed, New York, Penguin 2005.
6. Joseph Tainter riferisce: “Alla
fine il punto sarà raggiunto quando
tutte le energie e tutte le risorse
disponibili ad una società saranno
indispensabili per mantenere il livello
di complessità in essere.” The
Collapse of Complex Societies, Cambridge University Press,
1988.
7. N.D. Van Egmond e H.J.M. de Vries,
The search for the integral worldview”,
Futures 43 (2011), 853–867.
8. Luce, Edward. “Can
America regain its most dynamic labour
market mantle?” Financial
Times, 11 dicembre 2011.
9. Tyler Durden, “Record
1.2 Million People Fall Out Of Labor
Force In One Month, Labor Force Participation
Rate Tumbles To Fresh 30 Year Low”,
Zero Hedge, 3 febbraio 2012; Karl Denninger, “Employment
Report: Blatant And Outrageous Lies”,
Market Ticker, 3 febbraio 2012; Paul Craig Roberts, “Do
the Job Numbers Really Add Up?”
Counterpunch, 5 febbraio 2012.
10. Naomi Kresge, “Greek
Crisis Has Pharmacists Pleading for
Aspirin as Drug Supply Dries Up”,
Bloomberg News, 10 gennaio 2012.
11. Naomi Kresge e Jason Gale, “Greek
Doctors Battle Superbug Amid Crisis”,
Bloomberg News, 9 febbraio 2012.
12. “Health
effects of financial crisis: omens
of a Greek tragedy”,
The Lancet, Volume 378, pp. 1457-1458, 22 ottobre 2011.
13. Bruce Krasting, “Greece,
China and the US: On Greece”.
14. Staff Reporter, “Poor parents
abandon children in Greece”, The
West Australian, 12 gennaio 2012.
15. Anthony Faiola, “In
Greece, fears that austerity is killing
the economy”, Washington
Post, 10 gennaio 2012.
16. Per una discussione che apre gli
occhi sulla storia del debito e sulla semplicemente perniciosa follia
della politica pubblica a tal riguardo, si veda David Graeber, Debt:
The First 5,000 Years, Brooklyn, Melville House 2011.
17. Vedi Eleni Chrepa e Tom Stoukas,
Talks Stuck as Euro Ministers Met”,
Bloomberg News, 9 febbraio 2012.
18. Vedi il sito web di Gail the Actuary, Our
Finite World.
19. Tom Whipple, “The
peak oil crisis: contagion”
Post-Carbon Institute, 13 ottobre 2011.
20. Steve Ludlum, “Dead
Money…” Economic
Undertow, 27 giugno 2011.
21. Wikipedia, “Deus
ex machina”.
22. Si veda, ad esempio, “Prosperity
without Growth: Economics for a Finite Planet”, Londra, Earthscan
2009, di Tim Jackson, Commissario all’Economia della Commissione per
lo Sviluppo Sostenibile del Regno Unito. Rick Munroe, “Peak
Oil: The Implications for Planning
Policy”, Energy
Bulletin, 3 gennaio 2012.
23. Joe Bageant affronta “l’ologramma
(dei media)” in questo saggio: “Lost
on the Fearless Plain.”
24. Raymond De Young sostiene: “Nel
momento in cui diventerà più normale
parlare apertamente del bisogno di
passare a un tenore di aspettative
materiali più sobrio, qualche punto
geografico (ad esempio Flint, Detroit) si renderà
conto che questo stesso bisogno esiste
a livello di comunità. Nel 2012, in
qualche località, appariranno nuove
istituzioni governative (ad esempio,
il Dipartimento della Decrescita) […]Questa
transizione volontaria non sarà inizialmente
condotta a causa di una consapevolezza
dei limiti imposti dal ridursi conclusivo
dell’energia; la sola motivazione saranno
le ristrettezze economiche. […] E
la reale esistenza di queste nuove
istituzioni potrebbe ridurre la nostra
fede psicologica nel ruolo e la capacità
di pianificare della economia centralizzata
e dei sistemi politici nei nostri eventi
futuri.” Citato da Energy
Bulletin Staff , “ASPO
Commentary: 2012 Predictions”,
2 gennaio 2010.
25. Fatto salvo si abbia un improvviso
collasso socioeconomico, mi attendo tra i professionisti del settore
della salute la consapevolezza nel seguire una curva virtuosa ad S,
un 1% di persone consapevoli oggi per un imponente apertura al cambiamento.
26. Il fulcro dell’adattamento consiste
nell’utilizzare meno energia e altre risorse; ciò si può tradurre
non solo nel conservare lo status attuale, ma anche in una riduzione
della complessità sociale e tecnologica, un anatema dalle scienze mediche.
I profitti nell’efficienza sono insufficienti o, riprendendo la Legge
di Jevons, controproducenti. (Si veda: Gail Tverberg, “Jevons’
Law: Enforcing the Age of Energy Decline
– Part 1”, The
Oil Drum, 11 gennaio 2010.)
27. Vedi Dan Bednarz e Don Spady, “Sustainable
Medicine: An Issue Brief on Medical
School Reform”, Health
after Oil, 25 maggio 2010.
28. Linda Nash, Inescapable
Ecologies, Berkeley, University of California Press 2007.
29. Donella Meadows, “Leverage
Points: Places to Intervene in a System”,
The Sustainability Institute, 1999.
30. E.F. Schumacher, “Small Is Beautiful:
Economics as if People Mattered”, Harper Perenniel, 1989.
Fonte: Rx for Greece: A Dose of Thanatos
14.02.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICHELE GARAU