DI THIERRY MEYSSAN
L’escalation di tensione fra le potenze atlantiche che aspirano a controllare le ultime riserve di idrocarburi e la Repubblica islamica d’Iran prosegue. Su insistenza britannica, i membri del Consiglio di Sicurezza hanno convenuto di ridefinire le relazioni fra l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e l’ONU. Questo compromesso dovrebbe rendere più facile il compito ai sostenitori del confronto armato, però la Cina e la Russia temporeggiano. In effetti, Vladimir Putin si appresta a svelare un esteso progetto che dovrebbe risolvere definitivamente il problema della proliferazione nucleare garantendo, allo stesso tempo, il legittimo diritto di ogni nazione a disporre dell’energia atomica per fini civili.
Il confronto fra le grandi potenze a proposito dell’Iran prosegue a fioretti sguainati. Dal dicembre 2002, gli Stati Uniti accusano l’Iran di cercare di dotarsi di armi atomiche in violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Tentano di ottenere una condanna formale dell’Iran per mano del Consiglio di Sicurezza, che interpreterebbero come una firma in bianco che permetterebbe di attaccare la Repubblica Islamica (1).
Un’occupazione dell’Iran da parte di Washington significherebbe una presa di controllo militare della riva Est del Golfo e della riva Sud del Mar Caspio, delle loro riserve petrolifere e di gas, stimate, l’una e l’altra, come le seconde al mondo (2). Da tempo ormai gli Stati Uniti hanno preso il controllo militare di una parte del bacino del Mar Caspio e del corridoio che permette di legare questa zona all’Oceano Indiano (Afghanistan, Pakistan). Essi hanno anche preso il controllo militare dei territori essenziali del Golfo (Arabia Saudita, Irak). Alla fine di questa operazione, Washington dovrebbe, dunque, essere il padrone delle attuali principali zone di sfruttamento degli idrocarburi e delle principali riserve che restano da sfruttare. L’economia mondiale sarebbe nelle sue mani, e il suo potere non permetterebbe alcuna spartizione.
Il ministro degli Affari esteri cinese Li Zhaoxing ( il secondo a sinistra ) ed il suo omologo Serguei Lavrov ( il secondo a destra ) a Londra, il 31 Gennaio 2006, mettono a punto i dettagli della strategia comune dopo la cena ministeriale privata sull’Iran.
(Foto Xinhua – Cheng Min)
Allo stato attuale del conflitto, le grandi potenze sono divise davanti alle accuse statunitensi. Il Regno Unito, la Francia e la Germania sono convinte di un progetto iraniano nuclear – militare e si basano su rapporti dei servizi segreti statunitensi. In documenti riservati, questi confermano che Teheran lavora ad un Green Salt Project volto a sviluppare un lanciamissili e testate nucleari. Al contrario, la Russia, la Cina e l’India ritengono che il programma nucleare iraniano sia puramente civile (3). Si basano sulla fatwa pronunciata dalla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Hosseini Khamenei, che condanna la fabbricazione, la detenzione e l’uso della bomba atomica in quanto contrari all’etica islamica.
Obbiettivamente, la distinzione del TNP fra nucleare civile, autorizzato, e nucleare militare, proibito, non è più pertinente allo stato attuale della tecnica. La competenza e le strutture civili possono rapidamente trovare un uso militare. Una lettura rigida del TNP condurrebbe a proibire a tutti gli Stati di dotarsi di un’industria nucleare civile, così come una lettura lassista del trattato aprirebbe la porta ad una proliferazione generalizzata. Poiché il dibattito non ha soluzioni definite, è impossibile risolvere serenamente il caso iraniano, ed è precisamente quest’incertezza che gli Stati Uniti intendono sfruttare per arrivare alla guerra (4).
Però può essere che esista un mezzo per chiarire questa situazione. Un metodo particolare di arricchimento dell’uranio, finora mai padroneggiato completamente, permetterebbe di distinguere nuovamente fra l’uso civile e l’uso militare. La Russia si è sforzata di metterlo a punto, e si propone, dunque, di farne beneficiare non solamente l’Iran, ma tutta la comunità internazionale. Dovrebbe essere, questa, una delle tre grandi proposte del presidente Putin al Summit del G8 che presiederà quest’estate a San Pietroburgo.
La fattibilità di questo progetto dev’essere dimostrata. La Russia fabbricherebbe il combustibile nucleare sul suo territorio, in fabbriche costruite congiuntamente agli Stati beneficiari e sotto il controllo dell’Agenzia Internazionale dell’energia atomica (AIEA). Restano da elaborare dei protocolli dettagliati per garantire gli interessi dei diversi protagonisti. Se questo progetto fosse condotto a termine, l’insieme delle relazioni internazionali ne risulterebbe sconvolto. La Russia, portando la sicurezza energetica al mondo, eclisserebbe l’autorità degli Stati Uniti, che soddisfano, oggi, la loro sicurezza energetica a detrimento del resto del mondo.
L’Iran ha innalzato la sua ambizione nucleare fino a farne il simbolo della sua indipendenza rispetto al colonialismo anglosassone sotto il quale ha tanto sofferto (5). Contrariamente ad un’idea a lungo diffusa nella stampa atlantica, quest’ambizione non deriva da una fazione del potere iraniano, ma raccoglie consenso in tutta la società. Inoltre, se la Repubblica islamica ha abbandonato il suo sogno di espansione della rivoluzione khomeynista, intende ancora mirare a svolgere un ruolo di motore nel movimento dei non-allineati in corso di rivitalizzazione. Intende, anche, dividere la sua rivendicazione con altri, e far trionfare il diritto ad un’industria nucleare civile non solamente per sé stesso, ma per tutti.
Lungi dal poggiare sulla sola questione dell’avvenire dell’Iran, il gioco diplomatico in corso si fonda, dunque, sull’equilibrio internazionale e la pretesa statunitense, riaffermata ieri [ndr 30.01.2006] nel discorso sullo stato dell’Unione, ad assumere, soli, la leadership mondiale.
Lungo tutto il 2004 ed il 2005, i diversi protagonisti hanno moltiplicato le manovre. Una troika europea (Francia, Regno Unito, Germania) si pensava avrebbe mantenuto buoni i rapporti fra Washington e Teheran; ha domandato agli Iraniani un congelamento della situazione per poi spostarsi nettamente dalla parte statunitense. L’Iran, dopo aver accettato una moratoria di due anni e mezzo sulle sue ricerche, le ha riprese il 10 gennaio 2006, ritenendo di aver aspettato abbastanza per mostrare la sua buona volontà, visto che gli Europei non avevano fatto alcuna proposta seria. La posizione russa era divenuta indecifrabile, poiché il ministro degli Affari esteri lasciava intendere uno schieramento sulle stesse posizioni dei suoi omologhi occidentali, prima di farsi pubblicamente rimproverare dal presidente Putin, che ha ricordato il suo attaccamento ad una soluzione pacifica. Infine, nelle ultime settimane, numerosi viaggi diplomatici hanno permesso ai dirigenti russi, cinesi ed iraniani di elaborare una strategia comune.
Questa pratica ha avuto una brusca evoluzione il 30 Gennaio 2006 con l’organizzazione per mano del Regno Unito di una “cena ministeriale privata” che riuniva i ministri degli Affari esteri britannico, francese, tedesco, russo, statunitense e cinese. Nel corso della riunione, il britannico Jack Straw ha proposto che l’AIEA porti l’affare avanti il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, prima tappa del processo verso la guerra. I suoi omologhi russo e cinese hanno fatto presente che una tale decisione non aveva alcuna base giuridica allo stato dei fatti. Confidando nella fattibilità del suo progetto di arricchimento dell’uranio, la Federazione Russa si augurava di “temporeggiare” il tempo necessario per la messa a punto di un protocollo d’accordo con l’Iran, da uno a due mesi, secondo gli esperti. I convitati hanno concluso la cena definendo un’agenda che ogni parte interpreta come una vittoria: la settimana prossima, il Consiglio dei governatori dell’AIEA non trasmetterà il dossier iraniano al Consiglio di sicurezza poiché non ne ha il potere, ma invierà un rapporto con la richiesta che siano adottate misure rinforzanti la sua autorità in modo che, in futuro, possa farlo.
Questo compromesso permette agli Stati-uni-Europei di mantenere la pressione e ai Russo Cinesi di guadagnare tempo. Sapere chi l’ha spuntata quella sera dipende dall’idea che ci si fa di un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Nella pratica, supponendo che il Consiglio di sicurezza dia potere di sequestro al Consiglio dei governatori dell’AIEA, questo non potrà avvalersene se non nella riunione seguente, il prossimo 9 Marzo.
Gli Iraniani hanno finto di risentire le conseguenze di questo mercanteggiare come un possibile abbandono da parte dei loro amici russi. Potrebbe darsi, nondimeno, che essi abbiano ottenuto per iscritto l’assicurazione che la Federazione Russa opporrà il proprio veto al Consiglio di Sicurezza in caso di una risoluzione che autorizzi la guerra.
Comunque sia, gli Iraniani si sono affrettati a chiamare a raccolta i loro partner del movimento dei non allineati. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha ottenuto, per telefono, il sostegno del suo omologo sudafricano Thabo Mbeki (l’Africa del Sud, che aveva fabbricato la bomba atomica con Israele al tempo del regime d’apartheid, vi ha rinunciato in seguito). L’Indonesia ha moltiplicato gli appelli alla distensione, mentre il Venezuela e la Malesia si preparano a ricevere il presidente iraniano.
Allo stesso tempo l’Iran prepara un “mondo senza Israele né gli Stati Uniti”, Teheran spera, con ottimismo, di creare una borsa petrolifera che rifiuta il dollaro. Questa funziona già, in modo sperimentale. Anche se nessuno Stato ha ancora annunciato ufficialmente la partecipazione, molti incoraggeranno società intermediarie a ricorrervi. Ora, il dollaro è una moneta ipervalutata, che si mantiene essenzialmente perché è la divisa delle transazioni petrolifere (6). Una tale borsa, se funzionasse realmente, anche non trattando che un decimo del mercato petrolifero, provocherebbe un affondamento del dollaro comparabile a quello del 1939. La potenza statunitense sarebbe travolta dalla svalutazione, e a breve anche Israele andrebbe in rovina.
Washington è dunque obbligata a fare pressione con tutto il suo peso sugli attori economici internazionali, affinché rompano con Teheran. In mancanza di una guerra, gli Stati Uniti devono almeno riuscire ad imporre un isolamento economico dell’Iran.
Paradossalmente, nessuna di queste due possibilità sembra fattibile. L’US Air Force e Tsahal non possono ragionevolmente bombardare i siti nucleari iraniani, infatti sono seguiti da consiglieri e tecnici russi. Colpire l’Iran sarebbe dichiarare guerra anche alla Russia. Del resto, se fosse possibile colpire, l’Iran non mancherebbe di replicare su Israele con i devastanti missili Thor M-1 che la Russia gli ha venduto. E gli sciiti iracheni renderebbero la vita ancor più dura alle forze d’occupazione. Nel caso in cui gli Stati Uniti preferissero utilizzare il blocco economico, questo sarebbe aggirato dall’Iran grazie al suo accordo privilegiato con la Cina. Nel frattempo, ciò priverebbe “l’Occidente” di una parte del suo approvvigionamento di petrolio, provocando un rialzo del 300% del prezzo al barile e una vasta crisi economica.
In definitiva, la via d’uscita da questa prova di forza dipende dalla capacità di ciascun protagonista di adattare il suo calendario a quello degli altri. Mentre l’amministrazione Bush spinge, testarda, verso un confronto che non ha modo di sostenere e in cui rischia di perdere la sua autorità.
Fonte: http://www.voltairenet.org/
Link: http://www.voltairenet.org/article134908.html
01.02.2006
Traduzione per www.comedonschiotte.org a cura di GIORGIA
VEDI ANCHE: LA VERA ARMA LETALE DI TEHERAN
IL PROGETTO DELLA BORSA PETROLIFERA IRANIANA
LA BORSA PETROLIFERA IRANIANA E’ UNA MINACCIA DIRETTA CONTRO IL DOLLARO
Note
(1) Vedere gli articoli “Il duello Washington Teheran”, di Thierry Meyssan, Voltaire, 6 Settembre 2005, e Les Tribunes et Decryptage, “Iran: la diabolizzazione prima di che?”, Voltaire, 16 Gennaio 2006.
(2) Per maggiori informazioni sulle riserve di idrocarburi, cedi i nostri articoli “Lo spostamento del potere petrolifero” e “L’avvenire del gas naturale”.
(3) Vedere in particolare, nella nostra rubrica “Tribunes et Decryptage”: “L’Iran e la Russia si augurano di riannodare con l’Europa dell’Ovest”, Voltaire, 22 Settembre 2005, così come l’articolo “ Di fronte agli Stati Uniti, l’Iran si allea con la Cina”, Voltaire, 17 Novembre 2004,
(4) Vedi l’articolo “François Géré: “La posizione iraniana a proposito del nucleare è legittima”, di François Géré, Voltaire, 22 Maggio 2005.
(5) Vedi, in particolare, l’articolo “BP-Amoco, coalizione petroliera anglosassone”, di Arthur Lepic, Voltaire, 10 Giugno 2004.
(6) Vedi l’articolo “Il Tallone d’Achille degli USA”, di L.C. Trudeau, Voltaire, 4 Aprile 2003.