DI RICHARD ROUSSEAU
Foreign Policy In Focus
Dalla fine del 19esimo secolo fino
alla metà degli anni ’90, l’Asia Centrale era quasi tutta
sotto il dominio esclusivo degli Zaristi, dei Sovietici e della Russia
post-Sovietica. Il “Grande Gioco” riguardava la Russia zarista e
l’Impero Britannico, che ha dominato la storia della regione nella
metà del 19esimo secolo in quella che ora si chiama Asia Meridionale.
La maggiore multipolarità esistente nelle politiche mondiali e la scalata
per assicurarsi l’accesso alle risorse naturali in via di esaurimento,
in special modo petrolio e gas, hanno portato all’emergere di “Nuovo
Grande Gioco” che potrebbe modificare la futura struttura della politica
globale e del sistema economico. La battaglia intorno alla costruzione
di nuovi oleodotti e le rotte che dovranno seguire sono il nocciolo
di questo “Nuovo Grande Gioco” che è in moto dall’inizio degli
anni ’90.
La costruzione degli oleodotti è
di fondamentale importanza per le politiche energetiche di Washington,
Pechino, Bruxelles e Mosca, e questo rende il progetto, il finanziamento
e l’implementazione dei progetti sempre spinosi e controversi. Il
progetto per l’oleodotto Iran-Pakistan-India (IPI), che trasporterebbe
il gas estratto dal giacimento di South
Pars in Iran verso l’India
attraverso il Pakistan, è un caso emblematico. I 3.000 chilometri di
condotte per il gas richiederebbero 7,5
miliardi di investimento una
collaborazione tra molti organismi finanziatori. Il progetto, avviato
nel 1989, è stato ritardato anche a causa del fatto che l’Iran ha
continuamente richiesto revisione del prezzo del gas e il Pakistan ha
con insistenza domandato tariffe per il transito più elevate. In realtà,
le motivazioni politiche nascoste sono le vere colpevoli di questo lungo
ritardo.
Il progetto è stato una volta
ufficialmente sospeso all’inizio del 2011. secondo l’emittente televisiva
di stato iraniana, Ghabini Ali Reza, il direttore generale della Compagnia
per lo Sviluppo e l’Implementazione del Gas, una sussidiaria della
Compagna Nazionale Iraniana del Gas, ha detto il 19 febbraio che la costruzione dell’oleodotto è stata temporaneamente messa in pausa. L’Iran
è in possesso della seconda maggiore quantità di riserve di combustibili
fossili conosciuta al mondo, e questo gli offre la possibilità di fornire
energia a un gran numero di paesi importatori, al Pakistan, l’India
e alla Cina. Il gas iraniano è di solito fornito tramite gasdotti,
ma viene anche trasferito sotto forma di gas naturale liquefatto ai
mercati più lontani.
Dopo la scoperta nel 1988 delle vaste
riserve nei campi di South Pars il governo iraniano ha sempre esportato
una gran quantità di gas. E si aspetta ancora maggiori introiti
dal gas estratto per il Pakistan e l’India, dove la domanda di energia
è alta e sempre in aumento.
Nel 1995 Islamabad e Teheran firmarono
un accordo preliminare per la costruzione del gasdotto che avrebbe collegato
il giacimento di South Pars a Karachi, il più importante centro
industriale del Pakistan, situato sulle coste del mar Arabico. Le autorità
iraniane capirono che sia il Pakistan che l’India avrebbero utilizzato
questo gas, e che il Pakistan avrebbero ricoperto un duplice ruolo di
importatore e di paese transito. Nel 1999 l’India e l’Iran firmarono
anch’esse un accordo preliminare e furono avviate le discussioni sulla
costruzione della condotta IPI (Iran, Pakistan e India), chiamata anche
il “gasdotto della pace”. Fu pensato che la cooperazione in campo
energetico e la condivisione del gas iraniano avrebbero portato a una
distensione delle relazioni tra Islamabad e Delhi. Il 16 marzo del 2010
le autorità iraniane e pakistane sancirono un accordo finale ad Ankara
per la costruzione della condotta. Contro le previsioni iniziali, l’India
non fu coinvolta nel progetto.
C’erano anche aspetti finanziari
in ballo. L’Iran era convinto che il Pakistan non fosse in grado di
radunare i fondi necessari. La tempistica di queste affermazioni non
potevano essere più inopportune. L’economia del Pakistan era in uno
stato precario e la situazione divenne ancora più complicata per le
alluvioni che devastarono vaste zone del Pakistan. Alla fine, le implicazioni
geopolitiche degli eventi dell’Asia Centrale e Meridionale – le
operazioni militari della NATO e le rivolte di Kirghizistan – si frapposero
come un ostacolo ancora più forte per l’effettiva realizzazione delle
esportazioni di energia e dei progetti di collaborazione.
Vanno presi in considerazioni molti
interessi esterni alla regione in relazione al progetto del gasdotto
IPI, specialmente quelli degli Stati Uniti, della Cina e della Russia.
L’atteggiamento esitante dell’India sul progetto può essere in
gran parte dovuta alle pressioni degli Stati Uniti su Delhi per aderire
agli altri gasdotti progettati e sulle allusioni di Washington agli
scarsi benefici potenziali dell’IPI. È evidente che un gasdotto che
colleghi Iran, Pakistan e India avrebbe implicazioni politiche molto
significative. I paesi coinvolti nel progetto del gasdotto IPI hanno
interessi e politiche variegate.
Iran e gli Stati Uniti
I ritardi nell’implementazione del
progetto sono stati causati dallo stato delle relazioni bilaterali e
trilaterali esistenti tra gli stati coinvolti.
Gli interessi degli USA sono ritenuti
fondamentali. Dal collasso dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti
stanno tentando di controllare una porzione sempre maggiore delle forniture
energetiche mondiali attraverso il controllo delle riserve di petrolio
e gas in Azerbaijan e nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale,
e con la messa al potere di regime alleati in Afghanistan e in Iraq.
Per gli Stati Uniti, la battaglia sulle risorse energetiche è ancora
più complicata dalla disperata ricerca di Cina e India per avere una
maggiore quantità di energia disponibile, essenziale per mantenere
la propria spinta allo sviluppo. Il futuro della politica energetica
iraniana è quindi un aspetto di primaria importanza per gli interessi
statunitensi di lungo termine. Il dominio iraniano del Golfo Persico
e l’implementazione del progetto dell’IPI intralcerebbe l’obbiettivo
di Washington di isolare Teheran dal contesto internazionale.
Gli Stati Uniti si oppongono a un qualsiasi
progetto energetico che coinvolga l’Iran, così come alta è la preoccupazione
che il Pakistan e l’India diventino dipendenti dalle forniture energetiche
iraniane. Gli Stati Uniti continuano a interferire nella regione, cercando
di impedire a queste nazioni di prendere parte al progetto dell’IPI.
Washington sta al momento sponsorizzando la costruzione di una condotta
alternativa e ovviamente all’Iran non viene permesso di essere direttamente
coinvolto nel progetto. Gli statunitensi stanno promuovendo il progetto
di gasdotto TAPI (Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India), che
trasporterebbe gas naturale dall’ex repubblica sovietica del Turkmenistan
direttamente all’India via Afghanistan e Pakistan. Questo progetto,
comunque, è in larga parte relazionato all’ Afghanistan che la NATO
e gli Stati Uniti cercano di stabilizzare.
I progetti che vanno a beneficio dei
piani geopolitici ed energetici degli USA sono malvisti da Russia e
Cina. Nel progetto statunitense, Kabul farebbe parte integrante del
corridoio di sicurezza per i flussi energetici che va dal Mar Caspio
all‘Asia Centrale a favore degli utilizzatori finali, Pakistan e India.
Questo potrebbe bypassare le rotte russe e cinesi che al momento forniscono
la gran parte dell’energia della regione.
Cina, India e Pakistan
Così come per l’India, gli
statunitensi stanno cercando di dissuadere Delhi dal firmare un qualsiasi
accordo con l’Iran, un paese che Washington considera uno “stato
canaglia”. Non c’è da sorprendersi che le tensioni tra USA e Iran
abbiano influenzato le politiche energetiche dell’India. In effetti
è difficile per Delhi trattare con l’Iran su un accordo energetico
mentre sta sviluppando un suo programma di nucleare civile senza il
contributo e il consenso degli Stati Uniti. Inoltre, la sfiducia dell’India
verso il Pakistan ha messo in stallo tutti le discussioni sui
progetti energetici che riguardano queste due nazioni. Ciò ha portato
l’India a sospendere la propria partecipazione al progetto dell’IPI.
Malgrado le raccomandazioni di Washington,
l’India ha comunque rafforzato le relazioni diplomatiche con l’Iran.
Il rafforzamento di Questi legami è stato dimostrato dal finanziamento
congiunto della costruzione del porto di Chabahar, un importante punto
di transito situato nell’Iran sud-orientale. Questa collaborazione
si è dimostrata di una grande importanza strategica ed economica per
promuovere le esportazioni indiane in Asia Centrale, che ora transitano
dall’Iran, bypassando il Pakistan.
L’India ha molti dubbi sul gasdotto
IPI. Intanto, l’India e l’Iran non si sono ancora accordati sulle
tariffe del gas. L’India ha sempre insistito su un’importazione
di gas di alta qualità dall’Iran ai prezzi di mercati internazionali.
E poi l’India è preoccupata dei dettagli del progetto dell’Iran
di indirizzare il gasdotto attraverso il Pakistan e le sue province.
L’Iran vorrebbe che la condotta passasse dal Belucistan, una delle
aree più remote e povere del paese, ma anche una delle più instabili
a causa dell’attività politica delle forze ostili nazionaliste e
separatiste. Teheran ha combattuto i movimenti indipendentisti beluci
nelle province iraniane del Sistan e del Belucistan, che confina con
il Pakistan. L’insurrezione nel Belucistan dura ormai da anni. Jundallah,
l’organizzazione terroristica sunnita conosciuta anche come il Movimento
di Resistenza Popolare dell’Iran, si pensa stia operando nelle aree
beluche del Pakistan, dell’Iran e delle province meridionali dell’Afghanistan.
Le nazioni coinvolte nel progetto dell’IPI sono preoccupate che gli
atti di terrorismo possano sabotare la condotta.
L’India ha due preoccupazioni in
più per il Pakistan: le tasse di transito che Islamabad pretende e
la possibile interruzione delle forniture di gas. L’India teme che,
se aumentassero le tensioni diplomatiche con il Pakistan o se il conflitto
in Kashmir dovesse riaccendersi, il Pakistan sarebbe in grado di fermare
i flussi energetici verso l’India in modo analogo a quello che la
Russia fece all’Ucraina nel corso delle dispute sul gas tra il 2006
e il 2009. l’India è anche esitante sulla costruzione del gasdotto
TAPI, sponsorizzato da Washington. Nuova Delhi dubita dell’effettiva
capacità del TAPI di pompare gas in quantità adeguate, e si aspetta
che l’Afghanistan continui a essere una zona insicura ancora per un
lungo periodo. Gli Stati Uniti, comunque, stanno sempre cercando di
indirizzare l’India verso altre fonti energetiche, come il gas naturale
liquefatto dall’Australia, dal Qatar e dal altri paesi del Golfo.
Il Pakistan è preoccupato dallo
status di potenza egemonica regionale che l’India potrebbe raggiungere
se venisse attivamente coinvolta nel gasdotto IPI. In effetti, le autorità
pakistane hanno elaborato un piano per incoraggiare la partecipazione
attiva della Cina – tradizionale alleato di Islamabad e rivale di New
Delhi – nel progetto invece dell’India. Pechino ha mostrato un serio
interesse, visto che aumenterebbe l’influenza cinese nell’Asia Meridionale
a spese sia degli Stati Uniti che dell’India. Inoltre, Islamabad potrebbe
beneficiare, almeno ipoteticamente, dall’inclusione della Cina. Il
Pakistan ha un urgente bisogno di energia, ma Teheran probabilmente
non aderirebbe al progetto senza il coinvolgimento di una terza parte.
La partecipazione indiana o cinese garantirebbe forti profitti all’Iran.
Avendo la Cina come partner, Islamabad incasserebbe notevoli entrate
dal transito di gas e guadagnerebbe dividendi in ambito politico nel
rafforzare ulteriormente la propria alleanza con Pechino. Da un’altra
prospettiva, l’insistenza del Pakistan e dell’Iran per aggiungere
la Cina al progetto potrebbe essere interpretata come un modo per pressare
Nuova Delhi per prendere una decisione definitiva sul suo coinvolgimento
nelle proposte che riguardano l’IPI.
Per Pechino il progetto comporta rischi
e opportunità. Diventando il partner principale nella costruzione
della condotta che dall’Iran attraversa il territorio pachistano e
anche il maggiore beneficiario dal processo di liquefazione del gas
naturale che verrà spedito dal porto di Gwadar nella provincia pakistana
del Belucistan, la Cina creerebbe un asse energetico che migliorerebbe
la sua strategia di diversificazione energetica, oltre a aiutarla a
soddisfare la sempre più alta richiesta energetica interna. Solo l’instabilità
politica e sociale nelle contrastate regione pakistane e cinesi potrebbe
persuadere la Cina per tirarsi fuori dal progetto. Se non dovesse raggiungere
il porto di Gwadar – dove verranno presto costruiti i terminal
per il gas naturale liquefatto -, il gasdotto dovrà passare da regioni
instabili, come la provincia pakistana del Gilgit-Baltistan, l’entità
politica più a nord all’interno del Pakistan, e la provincia cinese
dello Xinjiang, nota anche come il Turkestan Orientale, dove gli indigeni
iuguri si stanno muovendo sempre più verso la richiesta d’indipendenza.
Il progetto potrebbe essere ancor più a rischio per il possibile sabotaggio
da parte dei gruppi ribelli.
Seguendo un’altra lettura del
flirt della Cina con il Pakistan e l’Iran sul progetto dell’IPI,
dobbiamo analizzare l’influenza della Russia nelle negoziazioni n
corso tra le due nazioni sulle forniture di gas, sulle tariffe e sulle
rotte del gasdotto che dovranno unire la Siberia Orientale e la Cina.
Pechino potrebbe brandire la forniture di gas dall’Iran come una possibile
alternative a quelle russe. Non è un segreto che la Cina, come l’Unione
Europea, non vuole diventare troppo dipendente dalle fonti energetiche
russe. Un maggior coinvolgimento nei progetti energetici asiatici contribuirebbe
molto al proposito cinese di aumentare gradualmente la sua influenza
nell’area, in modo da creare quello che spesso viene chiamata la “striscia
delle perle” attorno all’Oceano Indiano. L’obbiettivo nascosto
della Cina nell’Asia Meridionale e Orientale è quello di realizzare
un gasdotto che colleghi Iran, Pakistan e Cina attraverso le montagne
del Karakorum, che si stagliano lungo il confine delle due ultime nazioni.
Questo farebbe parte di una strategia per spingere verso una maggiore
cooperazione cino-pakistana nello sviluppo del porto pakistano di Gwadar
per farlo diventare un centro di smistamento energetico controllato
dai cinesi che verrebbe, secondo Washington, protetto da una base navale
cinese. A questo modo, il
coinvolgimento cinese nel
progetto per portare il gas iraniano renderebbe inefficace l’isolamento
internazionale di Teheran sponsorizzato da Washington.
Per poter prevenire la partecipazione
della Cina nei progetti di costruzione dei lunghi gasdotti nell‘Asia
Meridionale, gli Stati Uniti hanno avanzato un’altra opzione, che
consiste nell’incrementare sostanzialmente le esportazioni di petrolio
saudita a basso prezzo verso la Cina. Una risposta chiara a questa offerta
non è stata ancora fornita.
Gli interessi russi
Anche se la Cina riuscisse a approvvigionarsi
da varie fonti energetiche, la Russia è favorevole alla possibile costruzione
del gasdotto IPI. Mosca è determinata a mantenere una posizione di
predominio nelle forniture di gas all’interno del mercato europeo
ed è sempre in cerca di opportunità per incassare denaro. La gran
parte della sua base economica è fondata sulle compagnie energetiche
e sulle infrastrutture dell’industria petrolifera e di quella del
gas. La Russia è disposta ad aiutare la realizzazione della condotta
IPI per poter deviare il gas iraniano verso i mercati orientali invece
che verso quelli occidentali, rimuovendo così un possibile competitore.
Il predominio della Russia nel trasporto di energia dall’area del
Mar Caspio sarebbe così assicurato.
Per di più, la Russia è davvero
interessato nel creare un corridoio energetico nord-sud e nello stabilire
relazioni commerciali più forti tra l’Asia Meridionale e l’Europa
attraverso il territorio russo. Mosca ritiene che Pakistan, India e
Iran siano interessate in questi progetti energetici e commerciali,
e ritiene che l’IPI sia un possibile deterrente alla competizione
cino-russa in Asia Centrale e, soprattutto, un contrappeso agli interessi
degli Stati Uniti nella regione.
Gazprom è pesantemente coinvolta
nell’implementazione dell’IPI e gli investimenti russi potrebbero
incoraggiare la costruzione del gasdotto. Il suo coinvolgimento data
al 1995, quando fu firmato un memorandum di intesa tra Gazprom
e Gas Authority of India Ltd per la costruzione dell’IPI. La
gigantesca compagnia energetica russa sta ora sviluppando i giacimenti
di South Pars nel Golfo Persico e ha intenzione di partecipare ai progetti
per incrementare la produzione di GNL dall’Iran. Gazprom è inoltre molto interessata
al progetto IPI, anche se venisse coinvolta la Cina. Il coinvolgimento
dell’enorme Stato confinante con la Russia è un passo necessario
per l’integrazione degli interessi economici, energetici e commerciale
di Russia, Cina, India, Pakistan e Iran.
L’impatto geopolitico e geoeconomico
dei gasdotti IPI e TAPI in Asia, l’integrazione energetica nell’Asia
Orientale con l’Asia Meridionale e l’Africa Occidentale e il ruolo
sempre più importante che l’Iran potrebbe ricoprire in questi processi
stanno fornendo argomenti alla discussione sulle forniture energetiche
globali. Il desiderio della Russia di mantenere il predominio delle
forniture di gas per l’Europa, la lista sempre più lunga di nazioni
che necessitano di gas, e gli interessi di India e Cina nel guadagnare
la propria autorità in Asia sono altri fattori di primaria importanza.
Tutti questi aspetti, comunque, ruotano attorno a un catalizzatore di
innegabile rilevanza: la costruzione di un gasdotto, le cui conseguenze
future devono ancora essere comprese appieno.
Le sfide degli Stati Uniti
La politica energetica statunitense
e le questione alzate per mantenere il predominio economico e militare
si basano sull’accesso all’energia, alla continuità della fornitura
e al mantenimento di prezzi del petrolio relativamente a buon mercato.
Ma la maggior parte del petrolio mondiale è concentrato in paesi che
sono ostili agli interessi degli USA o che sono vulnerabili a causa
di rivolte politiche o per il terrorismo. Malgrado questo, il petrolio
rimane sul filo del rasoio in molte delle sfide immediate che devono
essere affrontate dai politici e dai pianificatori militari degli Stati
Uniti. Non ci saranno soluzioni semplici fino al momento in cui i consumatori
e il governo americano svilupperanno un’infrastruttura alternativa
per la sua economia totalmente dipendente dal petrolio. Nel frattempo,
verrà praticato ogni sforzo possibile per assicurarsi le esistenti
forniture di petrolio e per garantirsi la continuità dei rifornimenti.
Tali iniziative sono le linee guida della politica estera degli USA
e accompagnano la sua dottrina militare.
La gran parte degli analisti che studiano
la politica estera USA e il suo consumo energetico sempre in espansione
suggeriscono che le importazione di petrolio continueranno ad aumentare
nei prossimi decenni. Gli Stati Uniti daranno costretti a cercare nuove
fonti di combustibili fossili a causa dei cambiamenti politici e economici
nelle regione da dove al momento riceve le sue forniture. Fino ad ora,
la politica estera USA ha fallito nel reindirizzare in modo consono
la propria politica estera in questa regione così ben dotata di differenziazione
nelle proprie risorse energetiche.
Gli Stati Uniti dovranno stabilire
legami di fiducia con le nazioni dell’Asia Centrale e Meridionale
per soddisfare i suoi bisogni energetici perché anche i suoi alleati
e i suoi nemici vorranno anche loro ottenere più energia da queste
regioni. Washington deve riflettere sulla sua direzione politica e ripensare
con attenzione le sue relazioni con la Russia se ancora aspira a diventare
un partner importante nello sfruttamento e nello sviluppo dei
giacimenti di gas e di petrolio siberiani. L’amministrazione Obama
ha fatto i primi passi in questa direzione “resettando” le relazioni
tra Stati Uniti e Russia. Per di più, gli Stati Uniti hanno necessità
di sviluppare ancora maggiore legami commerciali con i paesi dell’Asia
Centrale e Meridionale, anche se alcuni di questi governi regionali
continueranno a disapprovare in modo acceso la politica attuale degli
USA. Dovranno essere conclusi accordi sul commercio con alcuni produttori
di Stato monopolisti che sono stati chiari nel voler preservare la loro
assoluta sovranità sulle loro strategiche risorse naturali. Alla fine,
Washington deve considerare la possibilità di negoziare trattative
con altri forti consumatori di energia (Cina, India, Giappone e Unione
Europea) e con i produttori/esportatori dell’Asia Centrale e Meridionale
per evitare guerre diplomatiche o reali basate sulla dura competizione
per le limitate risorse a disposizione.
Fonte: http://www.fpif.org/articles/pipeline_politics_in_central_asia
24.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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