La peste bianca

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DI CARLO BERTANI

carlobertani.blogspot.com

Non prendete questo articolo, vi prego, come una difesa dell’immigrazione, clandestina e non: non è questo.

Vuole essere un calepino, un block notes di appunti dove ho cercato di mettere insieme le tante – moltissime! – argomentazioni che riguardano il vertiginoso calo demografico europeo. Voglio portare soltanto delle argomentazioni sensate, perché continuare ad invocare le cannonate della Marina contro le navi degli immigrati mi sembra non solo improbabile al 100% ma, in fin dei conti, inutile e dannoso.

Ottaviano Augusto, primo imperatore, fu anche il primo – dopo un secolo di guerre civili – a governare un impero senza guerre dentro le sue frontiere, e la rinnovata stabilità interna condusse a tempi più tranquilli: l’Egitto forniva grano in abbondanza, i Galli erano diventati abili nella produzione di ceramiche, la Spagna forniva il pesce ed il prelibatissimo (per i loro palati) garum. C’erano ancora guerre di contenimento alle frontiere, ma la società italica – grazie alle abbondanti re-distribuzioni delle terre ai reduci – visse una nuova età aurea.

Immediatamente, però, la popolazione romana percepì che i pericoli erano passati, che ci si poteva divertire! Augusto giunse al punto di dover esiliare la figlia, Giulia, in un’isola per la sua condotta scandalosa.

Come per noi, anche per Augusto il problema era di dover garantire una natalità di “qualità”, altrimenti, un impero con i figli degli schiavi – non educati, che non conoscevano la lingua, ecc – non lo mandavi certo avanti.

A dire il vero, molti funzionari dello Stato venivano già allora cercati fra i figli dei liberti, che diedero buona prova nell’amministrazione e, nelle legioni ausiliarie, nell’esercito, ove la promessa della cittadinanza faceva gola.

Eppure, un sistema che aveva molto potere e gran parte del mondo allora conosciuto ai suoi piedi, dopo un secolo iniziò a scricchiolare, al secondo iniziò qualche crollo, nel terzo era già nella tormenta. Perché? Non perché erano giunti altri popoli da altre terre, bensì perché avevano cessato di riprodursi!

Ah, le donne…

La donna, inutile nasconderselo, è centrale nelle vicende di natalità: un tempo, anzi, la sua vita era centrata proprio sulla riproduzione, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale. Poi, ci fu il cambiamento: le donne, forzatamente, entrarono nell’apparato produttivo…e non ne uscirono più!

D’altro canto, la donna di fine ‘800 aveva desideri, aspettative, programmi, sogni…che non sono nemmeno paragonabili a quelli odierni, dove apprezza l’indipendenza che la società moderna le consente mentre, a fine ‘800, non poteva nemmeno ereditare, bensì solo consegnare la propria dote al marito.

Oggi, se vuole, può placare la sua ansia di figli semplicemente, con un figlio generato da un rapporto qualunque (magari anche d’amore, poi concluso) mentre gli anticoncezionali la metteranno al sicuro da gravidanze indesiderate.

D’altro canto, oggi, non penso che si possa (e si desideri) riportarle – per editto – a quella condizione: eppure, qualcosa bisognerà fare. Ma dovrà essere un “fare” che riguarda la società nel suo insieme, non certo le sole donne. Perché anche le donne, pur emancipate e liberate da una sudditanza incongrua, non sono affatto contente!

Alcuni dati sull’Africa

Nel 1950 il paese sahariano del Niger, con 2,6 milioni di persone, era più piccolo di Brooklyn. Nel 2050, con 68,5 milioni di persone, avrà le dimensioni della Francia. A quel punto, la Nigeria, con 411 milioni di persone, sarà considerevolmente più grande degli Stati Uniti. Nel 1960, la capitale della Nigeria, Lagos, aveva solo 350.000 abitanti. Era più piccola di Newark. Ma Lagos ora è sessanta volte più grande, con una popolazione di 21 milioni, e si prevede che raddoppierà di nuovo nella prossima generazione, diventando la città più grande del mondo, con una popolazione all’incirca uguale a quella della Spagna. (1)

V’invito a leggere l’articolo citato in nota.

Le grandi “paure” dei demografi del Novecento – Cina ed India – le abbiamo alle spalle, giacché sia l’India e, soprattutto, la Cina stanno imboccando anch’esse la via del declino demografico.

Il vero problema, dunque, non è l’Africa – rimasta la sola grande area d’incremento demografico – ma le modalità di gestione dei movimenti migratori.

I dati sull’Europa

L’Unione europea ha raggiunto una popolazione di 509,4 milioni nel 2015, i suoi paesi costituenti hanno aggiunto circa un centinaio di milioni di persone (ossia immigrati, N. d. A.) dall’inizio degli anni Sessanta. Eurostat, l’agenzia di statistica dell’Ue, prevede che la sua popolazione raggiungerà probabilmente i 518 milioni entro il 2080. L’Europa dovrà importare persone. Senza migrazione, mostra Eurostat, la popolazione europea nel 2080 scenderebbe a 407 milioniPer mantenere costante la popolazione attiva della Germania, ai tedeschi serviranno 24,3 milioni di immigrati. (ibidem)

Meno siamo, meglio stiamo?

Apparentemente, le cose sembrerebbero stare così: ma è poi proprio vero?

Le “piramidi” demografiche ci mostrano un ben diverso andazzo: finché la base dei nuovi nati è larga, l’avvenire è assicurato ma, quando la “piramide” quasi si capovolge, le giovani generazioni sono troppo scarse per consentire ad una società la stabilità necessaria. Germania e Giappone sono le società più “vecchie” del Pianeta, con metà della popolazione sopra i 47 anni, seguite a ruota da Italia ed Austria.

Oggi, stanno “uscendo” dall’età riproduttiva le generazioni degli anni ’80 – già di per sé scarse – e si affacciano le generazioni degli anni ’90, ancora più scarse: già oggi, perdiamo circa 200.000 abitanti l’anno, ogni anno una città come Brescia, Perugia o Catania sparisce.

Ovviamente le città non scompaiono, sono le aree periferiche e le campagne a spopolarsi: in Spagna, ad esempio, c’è una società immobiliare, la Aldeas Abandonadas (2), che non vende solo abitazioni, bensì interi villaggi abbandonati!

Se voglio percepire il mutamento, se così lo vogliamo definire, mi basta affacciarmi alla finestra: quando acquistai questa casa, nel 1999, se mi affacciavo alla finestra vedevo una piana ordinata dai campi di grano, granturco ed erba medica. Nel paese giravano trattori carichi di patate o di legna. Oggi, qualche erbaio abbandonato e tanti noccioleti, che sono un modo per far rendere qualcosa il terreno quando non si hanno più le forze per coltivarlo.

Eppure, il pane, il vino, l’olio, i formaggi…continuiamo a consumarli: soltanto, non sappiamo più da dove arrivano.

I giovani, quando insegnavo, li salutavo e molto raramente li ho poi incontrati: finito il Liceo, Università…poi, solo racconti di genitori o di amici…vive a Udine, a Montreal, a Friburgo…

Il problema del rapporto fra occupati e produzione è sempre un dilemma: la produttività è cresciuta di circa un punto percentuale l’anno, ossia si produce di più grazie all’automazione. Ma, per contrappasso, le attività sociali crescono: basti pensare, oggi, a quanti lavorano per l’assistenza degli anziani.

Sull’altro versante, però, i frutti dell’automazione non sono stati suddivisi fra capitale e lavoro, bensì i contratti di lavoro sono diventati sempre più precari, e le retribuzioni premiano a dismisura i “piani alti” dell’impresa, mentre i lavoratori di basso livello hanno visto le loro retribuzioni inaridirsi, con buona pace del sindacato, venduto a chiunque offrisse qualche vantaggio a loro, non ai lavoratori.

Se desideriamo osservare dov’è finita la grande immigrazione dai Balcani (Albania, Romania, ecc) basta che ci rechiamo in un qualsiasi cantiere edile: è raro che la lingua “base” sia ancora l’italiano. Così come il settore tessile è in mano cinese, e l’agricoltura latifondista si serve principalmente di africani.

Forse, se le paghe nel settore agricolo fossero quelle sindacali, chissà…può darsi che qualche italiano si presenterebbe, ma dubito che sarebbero in tanti. Meglio, sarebbe gestire l’agricoltura mediante vere cooperative, come si fa in Olanda od in Spagna: in Italia, però, il latifondo è sempre presente e nessuno mai l’ha scalzato. Ho visitato, personalmente, un campo di 14 km x 5 in provincia di Padova ed una tenuta di migliaia di ettari in quel di Gravina, in Puglia.

La realtà sono, invece, le “aziende” che sfruttano all’osso gli africani, pagandoli quel che vogliono e poi, come se non bastasse ancora, “aziende” che concimavano le verdure destinate al consumo con compost ricavato dai rifiuti ospedalieri (3). Figuriamoci cosa gliene importa di far raccogliere i pomodori a 10 euro il giorno e se chi lavora, la sera, non ha nemmeno un tetto sotto il quale riposare!

In altre parole, per non continuare all’infinito a respingere (e poi far sbarcare lo stesso) navi e barconi, bisognerebbe che il governo si facesse portavoce, in Europa, di una conferenza diretta a trovare una soluzione, una vera soluzione. Ma una soluzione dignitosa anche per loro: siamo in grado di garantirla?

Potrebbe essere un quantitativo standard, deciso a livello europeo – tenendo conto anche dei bisogni europei di manodopera – stabilito di anno in anno con la ripartizione per ogni Paese perché l’Europa non può affidarsi a fumose trattative, di volta in volta, per queste faccende. Rimarrebbero i richiedenti asilo: ma, se non si vanno a fomentare guerre, è difficile che la gente scappi. Perché non iniziamo a ritirare il nostro contingente in Mali? Perché non chiediamo alla Francia di fare altrettanto?

Nemmeno va bene il concetto scaturito dall’accordo irlandese: dove arrivano, se li tengono. Bell’accordo!

Ci sono poi persone che temono d’inquinare la propria razza con culture diverse: questo, signori miei, è puro razzismo.

La cultura italiana, per quel che vedo e noto, se n’è già andata da un pezzo: la religione cattolica è diventata solo più un pio ornamento, per una civiltà che – nel bene e nel male – ne fece il suo cardine. Gli italiani credono alla reincarnazione, frequentano swami e comunità di vario tipo: una situazione molto simile a quanto avvenne nella decadenza dell’Impero, quando Adriano accettò Cristo come uno dei tanti Dei, nel frastuono afono della decadenza.

Non parliamo poi della vita sociale: un tempo, il bar era il luogo di ritrovo, dove eri sicuro d’incontrare gli amici di sempre, dove facevi la partita a calciobalilla od a ping-pong…esisteranno ancora, qui e là, posti del genere, ma io noto i bar già chiusi alle 9 di sera, i baristi non sono più orgogliosi, come un tempo, del loro mestiere “sociale”…no, contano i guadagni e basta.

Vi rendete conto che non riusciamo nemmeno più ad imbastire una Nazionale di Calcio almeno decente, anche se distribuiamo cittadinanze italiane a destra ed a manca, facendo ridere i polli?

Nessuno ne ha colpa e tutti ce l’hanno…quando una cultura decade, decade l’arte: la musica si fa rumore, il disegno impazzisce, la danza è scomposta…e, soprattutto – forse inconsciamente – passa la voglia di “passare il testimone” ad una discendenza, alla quale, non si saprebbe come giustificare la scelta.

Quindi, di cosa dovremmo sentirci defraudati dalle altre culture? Non sto parlando di chi delinque, ovvio, ma di chi ha semplicemente la pelle o gli occhi diversi dai nostri.

Ciò che m’intristisce è notare che anche gli immigrati, quando vengono da noi, smettono di fare figli: non subito, dopo un po’, quando realizzano dove sono finiti.

La nostra società ha così tante motivazioni di tristezza, al suo interno, da scoraggiare chiunque ci arrivi: si sforzano di mantenere le loro radici culturali, ma finiscono in una terra di nessuno dove ogni cosa perde di valore, ogni suono si tace, ogni volontà si estingue: per forza si chiudono nelle loro cerchie…vi rendete conto di cosa proponiamo? Un mondo di persone sole, in perpetuo contrasto le une con le altre, nessun valore superiore ma solo denaro, potere e denaro, auto di lusso, moto rombanti…c’è da meravigliarsi se non ridiamo più? Se non accettiamo più la scommessa di fare un figlio con la gioia nel cuore e la speranza di un buon avvenire per tutti?

Siamo un popolo infelice: abbiamo ben poco da proporre, da salvare…altro che temere fumose contaminazioni culturali!

 

Carlo Bertani

Fonte: http://carlobertani.blogspot.com

Link: http://carlobertani.blogspot.com/2019/07/la-peste-bianca.html

7.07.2019

(1) https://www.ilfoglio.it/bioetica-e-diritti/2019/02/11/news/e-crisi-da-culle-vuote-in-europa-237300/

(2) https://www.aldeasabandonadas.com/

(3) https://inliberauscita.it/cronoca/119965/23-indagati-rifiuti-usati-come-concime-nelle-campagne-di-roma-e-latina/

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