DI THIERRY MEYSSAN
Reseau Voltaire
Dopo 150 giorni di bombardamenti, la NATO ha raso al suolo numerose infrastrutture, ma non ha ancora ottenuto un risultato effettivo. Questo insuccesso è imputabile all’assenza di una riflessione strategica preliminare. La NATO ha creduto di poter applicare in Libia il metodo classico che aveva concepito per altri scenari naturali. Si trova smarrita di fronte a un caso particolare. La più grande alleanza militare della Storia, che era stata formata per affrontare l’URSS e che poi aveva sognato di diventare il gendarme del pianeta, non ha azzeccato la sua riconversione.
Una vittoria o una disfatta militare si giudicano dagli obbiettivi di guerra che si erano prefissati. Nel caso dell’intervento della NATO in Libia, c’era un mandato delle Nazioni Unite, la protezione dei civili, e un scopo, allo stesso modo ufficiale ma fuori dal mandato, quello di cambiare il regime politico il paese.
Dopo quasi 150 giorni di guerra, la NATO non è riuscita a scuotere le istituzioni libiche. Tenuto conto della sproporzione delle forze, bisogna ammettere l’insuccesso militare e farsi delle domande sulla strategia adottata.
L’alleanza si è mossa da un’analisi errata secondo la quale le tribù dell’Est e del Sud, ostili a Mouammar Gheddafi, sarebbero facilmente riuscite a prendere Tripoli nel caso avessero avuto a disposizione un appoggio aereo. Ora queste tribù hanno considerato al contrario i bombardamenti come un’aggressione straniera e si sono riunite al “Fratello Guida” per respingere
“l’invasione crociata”.
Da allora, l’alleanza non ha potuto contare che su due componenti di terra: da una parte i tremila soldati agguerriti che il generale Abdel Fatah Younes aveva portato con sé da quando aveva disertato, e dall’altra le centinaia, forse migliaia, di combattenti arabi prodotti delle reti del principe saudita Bandar Bin Sultan, noti sotto il nome di “nebulosa di Al Qaida”.
Dopo l’assassinio particolarmente atroce del generale Younes da parti degli jahidisti di Al Qaida, le forze ribelli sono crollate: i soldati di Younes si sono riuniti
al colonnello Gheddafi per combattere Al Qaida e per vendicare il loro capo. Il comando delle operazioni è stato affidato alle di Khalifa Haftar, vale a dire sotto gli ordini delle forze speciali della
CIA. L’agenzia non ha esitato a reclutare in emergenza chiunque, compresi dei bambini-soldato.
Questo esercito improvvisato, dal numero di effettivi ondivago, annuncia un giorno su due una vittoria, ma subisce solo disfatte. Ogni battaglia ricalca la stessa sceneggiatura: i bombardamenti della NATO costringono la popolazione a fuggire dalle loro case. La località è investita immediatamente dalle forze ribelli che annunciano di avere guadagnato terreno. Questo solo fino a che la battaglia ha inizio. L’esercito libico entra poi in città e massacra i ribelli. Poi, la popolazione, salva, torna nel luogo parzialmente distrutto.
L’alleanza atlantica potrebbe interpretare la Risoluzione 1973 in modo estensivo e potrebbe considerare che questo testo vieta esplicitamente lo spiegamento di truppe straniere sul terreno, e un tale spiegamento sarebbe legittimo solamente se avesse lo scopo di “proteggere i civili”. La NATO dovrebbe affrontare allora una popolazione armata fino ai denti e pronta a sacrificarsi. La Jamahiriya ha distribuito un kalashnikov a ogni adulto e ha realizzato un sistema popolare di distribuzione delle munizioni.
Anche se la popolazione libica non è addestrata come i soldati dell’alleanza, dispone di una netta superiorità, visto che è disposta ad accettare pesanti perdite quando invece i soldati della NATO non sono pronti a morire per Tripoli.
Dall’inizio del conflitto, gli strateghi di Washington hanno considerato che tutto questo non fosse davvero importante, perché avevano dalla loro parte il potere supremo: il dominio degli spazi aerei.
Questa dottrina, mai messa in discussione negli Stati Uniti, si è diffusa progressivamente nelle accademie militari degli stati membri dell’alleanza, anche se in questo caso è stata molto criticata. Risale alle lezioni impartite dal generale Giulio Douhet nel corso della guerra italo-ottomana, ossia la guerra in Libia del 1911. All’epoca, gli italiani sperimentarono il primo bombardamento aereo della storia a Tripoli. Spaventato da questa arma nuova, l’impero ottomano si arrese senza combattere. Le truppe italiane presero possesso di Tripoli senza avere sparato un solo colpo di fucile. Douhet concluse che era possibile vincere una guerra con la sola aviazione. Questa analisi è errata perché confonde il prendere la Libia dalle mani degli ottomani col fatto di controllare la Libia. Non si verificarono veri scontri, se non più tardi con l’insurrezione popolare libica.
Alcuni penseranno che esista una maledizione libica. In ogni caso, è ancora su questa terra che esattamente un secolo più tardi si produce lo stesso errore concettuale. Il dominio dello spazio aereo ha permesso di strappare il potere legittimo alla Jamahiriya e di consegnarlo al Consiglio Nazionale di Transizione, ma la cosa non ha avuto grande effetto sul campo. Per controllare il paese, la NATO dovrebbe mandare delle truppe di terra e, come fecero gli italiani negli anni 1912-14, sterminare più della metà della popolazione di Tripoli, una cosa che non è esattamente nello spirito della Risoluzione 1973.
L’alleanza atlantica aveva concepito finora i suoi bombardamenti in funzione della dottrina di Douhet e dei perfezionamenti apportati, particolarmente con la teoria dei cinque cerchi di John A. Warden III che fu sperimentata in Iraq. L’idea è che i bersagli non devono essere scelti per distruggere le forze armate nemiche, ma per paralizzare i centri di comando, principalmente tagliando i mezzi di comunicazione e le arterie della circolazione.
La NATO ha scoperto che la Jamahiriya non è un slogan, ma una realtà. Il paese è governato dai comitati popolari e Mouammar Gheddafi ha ridotto la maggior parte delle amministrazioni alla loro più semplice espressione. Non ci sono ministeri dallo sfarzo regale, solo dei piccoli uffici. I ministri non sono personalità di primo piano, piuttosto dei capisquadra. Sono i consiglieri di cui si circondano che, grazie alle loro competenze, sono potenti. Il potere è diluito, inafferrabile. Tutto ciò era un vero rompicapo per gli uomini di affari che venivano in Libia: trovare dei buoni interlocutori diventa un enigma per gli strateghi della NATO: chi bisogna prendere in considerazione? Cinque mesi di bombardamenti non sono riusciti a trovare la risposta.
La sola testa che conta è quella di Mouammar Gheddafi. L’alleanza atlantica si è fissata su lui. Non è il padre della Nazione? Eliminandolo, si distruggerebbe il principio
di autorità nella società libica. Questa verrebbe all’istante “iraqizzata” e sprofonderebbe nel caos. Ma, diversamente dal precedente iracheno, la struttura delle tribù e l’organizzazione orizzontale del potere
perdureranno. Stesso straziata dai conflitti interni, la popolazione libica resterebbe un’entità organica di fronte all’invasione straniera. Non solo non verrebbe risolto alcun problema militare, ma non ci sarebbe
più niente a delimitare il teatro delle operazioni; la guerra potrebbe anche debordare in Africa settentrionale e in Europa del Sud. Uccidere Gheddafi sarebbe, alla fine, forse la peggiore delle cose.
Nell’assenza di ogni strategia plasmata sulla situazione, l’alleanza atlantica ripiega sui vecchi metodi della cultura militare degli Stati Uniti, quelli della guerra di Corea
e del Vietnam: rendere la vita della popolazione impossibile affinché questa si dissoci dalla sua “Guida” e che la deponga dal potere. Dall’inizio del Ramadan, la NATO ha rafforzato il blocco navale per tagliare l’approvvigionamento di benzina e di derrate alimentari, ha bombardato le centrali elettriche e le stazioni di manutenzione per l’approvvigionamento di acqua potabile, ha distrutto le cooperative agricole, i piccoli porti di pesca e i mercati coperti.
In breve, l’alleanza atlantica ha fatto esattamente il contrario del mandato che gli è stato affidato dal Consiglio di sicurezza e dai differenti parlamenti degli Stati membri:
invece di proteggere la popolazione civile contro un tiranno, terrorizza i civili affinché si ribellano contro il leader che sostengono.
Questa strategia dovrebbe durare fino alla fine del ramadan. All’alleanza resteranno allora tre settimane per tentare di ottenere una vittoria significativa prima del suono del gong: il 19 settembre, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si riunirà a New York. Potrebbe chiedere spiegazioni sulle operazioni in corso, prendere atto dell’incapacità del Consiglio di Sicurezza nel ristabilire la pace e potrebbe imporre le proprie raccomandazioni.
In vista della ripresa dei combattimenti sul terreno per l’inizio di settembre, la NATO sta armando i ribelli di Misurata e sta sgomberando la strada che dovranno utilizzare per prendere Zlitan. Siccome la Francia ha negato di consegnare ancora una volta le armi, questa volta è il Qatar ad aver mandato un aereo per effettuare le consegne, malgrado l’embargo dell’ONU. Nella notte tra l’8 e il 9 agosto, l’alleanza ha ripulito la collina di Majer che potrebbe servire da avamposto per difendere Zlitan. Ha bombardato delle fattorie e delle tende che riparavano una ventina di famiglia di sfollati, uccidendo 85 persone di cui 33 bambini.
Fonte: http://www.voltairenet.org/L-OTAN-tourne-le-dos-a-sa-mission
11.08.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE