LA (IN)SICUREZZA DELLE NAVI AI TEMPI DELLA CONCORDIA

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L’incendio a bordo
della Costa Allegra è stata una
non-notizia, un trascurabile incendio a cui i media hanno dato risalto solo perché fa il paio con la tragedia, ben più seria, della Costa Concordia di metà gennaio. In ogni caso questo nuovo episodio deve invitarci a riflettere sul tema della sicurezza delle navi da crociera.Alcuni numeri. La Concordia era una città galleggiante da 114.500 tonnellate, 292 metri di lunghezza e 35,5 di larghezza, con una capacità di 3.200 passeggeri e 1.000 membri d’equipaggio. Un gigante, a prima vista. Eppure prima del naufragio era la 26esima nave da crociera al mondo per dimensioni. Al primo posto ci sono Allure of the seas e Oasis of the seas (entrambe della Royal Caribbean): 225.000 tonnellate di stazza, 360 metri di lunghezza, 6.000 passeggeri più 2.000 membri d’equipaggio di capacità.

Le navi da crociera sono sempre più grandi. Le dimensioni, in aggiunta ai prezzi bassi, hanno l’effetto di una pubblicità per l’intero settore. Ma il naufragio della Concordia ha però sollevato seri dubbi
sull’opportunità di questa tendenza al gigantismo
. Le dimensioni complicano le operazioni di evacuazione e di soccorso? Sono adeguate
alle normative vigenti? Infine, la politica del contenimento dei costi praticata dalle compagnie ha un impatto anche sulla sicurezza?

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Nel mondo, gli standard di sicurezza per le navi da crociera sono stabiliti dalla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS), adottata nel 1914 dopo l’affondamento del Titanic. La Convenzione abbraccia ogni aspetto della navigazione in crociera, dalla costruzione di una nave alle funzioni dell’equipaggio. Oggi i meccanismi di controllo predisposti rendono quasi impossibile navigare senza soddisfare i requisiti in essa previsti.

Ogni nave è obbligata a garantire l’evacuazione senza aiuti esteri entro il limite di tempo di un’ora. In particolare, ciascun lato dell’imbarcazione deve essere dotato di tante scialuppe di salvataggio da accogliere 37,5% delle persone a bordo (passeggeri ed equipaggio), dunque il 75% in totale, e le zattere di salvataggio gonfiabili o rigide devono accogliere il restante 25%. Molte compagnie, come la Royal Caribbean, allestiscono le proprie navi con un numero di scialuppe superiore a quello richiesto. C’è poi la parte sulle esercitazioni, che devono svolgersi entro le prime 24 ore di navigazione. Al suono dell’allarme, i passeggeri devono radunarsi nel muster station (punto di riunione) indicato sulla porta della propria cabina (sale da pranzo, casinò, ecc.), dove riceveranno dal personale ulteriori istruzioni su come comportarsi al fine di confluire sulle scialuppe.

In teoria tali procedure funzionano. In pratica, le dimensioni potrebbero influenzare lo svolgimento delle operazioni. Gestire una situazione d’emergenza con 4.000 persone a bordo non è la stessa cosa che gestirne una con sole 200. Mantenere l’ordine all’interno di una moltitudine terrorizzata non è facile. Inoltre la diversità delle lingue dei passeggeri rende la comunicazione dispendiosa complicata. Per quanto riguarda il comandante e l’equipaggio, poi, una persona che ha la responsabilità della vita di 4.000 persone deve essere preparata non solo tecnicamente, ma anche e soprattutto emotivamente, e non sempre è così. Infine, a dispetto della norma non tutti le persone a bordo partecipano alle esercitazioni. Per sfruttare appieno le loro grandi navi, le aziende ricorrono alla pratica dell’interporting, che consiste nel carico e scarico dei clienti nei vari porti di transito, piuttosto che nelle sole località
di partenza e arrivo. Questo spiega perché molte persone a bordo
della Concordia dicono di non aver assistito alle simulazioni d’emergenza
, come i 700 passeggeri imbarcati a Civitavecchia.

Nei primi anni Settanta, i passeggeri delle navi da crociera erano circa

mezzo milione all’anno. Nel 1990 la cifra è salita a 5 milioni e nel

2010 addirittura a 18,8 milioni. Di fronte a questo trend in continua

ascesa, la competizione tra le compagnie è aumentata di conseguenza.

Dallo scoppio della crisi nel 2007 i prezzi sono scesi a livelli prima

impensabili, lasciando il dubbio che i colossi del settore risparmino

sui costi (anche quelli della sicurezza) per mantenere alti i margini

di utile.

Gli armatori si augurano che l’incidente della Concordia sia metabolizzato entro l’estate, affinché la stagione turistica non sia compromessa. L’immagine del settore ne è comunque uscita danneggiata e a farne le spese saranno anche le città balneari, se prendiamo per buone le statistiche secondo cui ogni viaggiatore spende circa 60 euro (in media) nelle località di transito e 130 (di base) in quelle di destinazione. Considerato il giro d’affari diretto, indiretto e indotto, le perdite per l’industria turistica potrebbero essere rilevanti.

Oltre alla mole di prenotazioni cancellate, in generale è cambiato l’atteggiamento dei clienti, i quali condizionano l’acquisto
del viaggio ad una severa indagine sulle caratteristiche della nave e dei sistemi di sicurezza in essa predisposti. Dall’alto di quale cognizione o esperienza in materia, non è dato sapere.

Tuttavia, benché la cronologia dei naufragi abbia registrato molti casi anche dopo il Titanic, va detto che il tasso di incidenti in mare è minimo. Tra il 2005 e il 2010 ci sono stati 16 morti e 518 feriti a fronte di 98,2 milioni di passeggeri totali, secondo un rapporto di News Cruises compilato con il contributo di GP Wild. Il tasso è pari a 0,16 decessi per milione, la metà rispetto ai 0,30 decessi per milione registrati dall’industria aerea nello stesso periodo.

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Fonte: La (in)sicurezza delle navi ai tempi della Concordia

28.02.2012

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