E LE MINACCE VITALI CONTRO IL SISTEMA DEI PETRODOLLARI
DI MAXIME CHAIX
Mondialisation.ca
Standard & Poor’s – certamente presa di mira in passato dall’ex presidente francese Valéry Giscard d’Estaing quando parlò di “laboratori” che destabilizzano l’economia europea – perpetua una strategia di diversione, degradando il credito dei nove paesi dell’Eurozona tra cui Francia, Italia, Portogallo, Austria e Spagna. L’agenzia finanziaria Standard & Poor’s, criticata da un decennio per la sua incapacità di prevedere il collasso di Enron, di Lehman Brothers e più recentemente di MF Global, ha provocato uno shock psicologico in Francia a cento giorni dall’elezione presidenziale, e gli effetti di questa “degradazione” vengono amplificati da una certa drammatizzazione mediatica.
Se si aderisce alla lettura degli avvenimenti
fatta da Valéry Giscard d’Estaing, dal ricercatore Emmanuel Todd o dalla presidentessa del MEDEF Laurence Parisot, la guerra psicologica condotta contro l’Europa dai “laboratori” anglosassoni e dalle loro staffette mediatiche e speculative è salita di intensità, con l’eurozona che viene presa di mira nel suo insieme. Tuttavia, dall’altro lato dell’oceano Atlantico, gli Stati Uniti – che nonostante le difficoltà strutturali sono ancora il primo potere mondiale sul piano finanziario, militare, culturale ed economico – devono farsi carico di un indebitamento nazionale superiore ai 15 trilioni di dollari, per un debito totale che rasenta i 56 trilioni,
secondo i dati officiali del conteggio
nazionale dell’indebitamento degli Stati Uniti.
Visto questo debito gargantuesco, possiamo affermare con sicurezza che, nell’ipotesi in cui il sistema dei petrodollari dovesse crollare a causa della diversificazione monetaria negli scambi commerciali e petroliferi internazionali, gli Stati Uniti, in quanto stato federale, fallirebbero e si troverebbero de facto in categoria D (“In default“), qualunque sia la posizione delle agenzie di rating. In questo contesto, i generali del Pentagono, che rappresentano l’onnipotente complesso
militare-finanziario-energetico degli Stati Uniti, non possono accettare la politica di abbandono del dollaro come moneta di scambio per il petrolio che è condotta dall’Iran, dato che costituisce una minaccia vitale contro il sistema dei petrodollari.
Di conseguenza, tutto porta a credere che i generali del Comitato dei capi di Stato Maggiore Inter-armi del Pentagono (JCS) vadano a pianificare un conflitto armato contro l’Iran, come indicano le ultime dichiarazioni del generale Dempsey – che dirige il JCS – e di Leon Panetta, il segretario alla Difesa all’origine del recente inasprimento dialettico nei confronti dell’Iran (dopo l’offensiva economica, psicologica e strategica attuale).
Oggi, gli Stati Uniti stanno esperendo nei confronti dell’Iran una guerra economica totale, accompagnata da movimenti militari su grande scala. Questo schieramento strategico è imperniato sul posizionamento prossimo di almeno due
portaerei statunitensi nel golfo Persico (l’USS Carl Vinson che dovrebbe sostituire l’USS John Stennis, prima di essere raggiunta dall’USS
Abraham Lincoln). Questa importante pianificazione sta togliendo il sonno al comandante in capo dell’US Navy, l’ammiraglio Jonathan Greenert, in base alle sue dichiarazioni pubbliche.
Dal naufragio dell’USS Maine nel porto della Cuba nel 1898, il cui sfruttamento mediatico provocò la guerra ispano-americana, passando dai misteriosi incidenti nel Golfo del Tonchino del 4 agosto 1964 che gettarono gli Stati Uniti nella guerra contro il Vietnam del Nord, la storia militare degli Stati Uniti resta macchiata di zone d’ombra quando si valutano gli incidenti navali come casus belli, e più generalmente le giustificazioni che precipitano le forze armate statunitensi nelle loro recenti guerre.
Sapendo che Dick Cheney aveva pensato, secondo Seymour Hersh, a organizzare un attacco false flag contro le navi della Quinta flotta degli Stati Uniti – arrivando a considerare un’operazione contro la flotta USA da
parte dei Navy Seals travestiti da Guardie Rivoluzionarie iraniane vicino allo stretto di Hormuz -. una provocazione navale immediatamente attribuita all’Iran potrebbe essere sufficiente per scatenare il potere militare degli Stati Uniti contro un Iran determinato a resistere. Sembrerebbe che simili provocazioni siano in corso nel momento in cui queste righe vengono scritte.
Comunque sia, si potrebbe pensare che non reagendo militarmente alla politica estera dell’Iran, gli alti responsabili negli Stati Uniti avrebbero molto da temere dal cedimento del sistema dei petrodollari rispetto a una guerra contro l’Iran, viste le conseguenze ancora incalcolabili nel contesto economico e finanziario particolarmente volatile (in qualche modo propizio agli aumenti costanti del prezzo degli idrocarburi). Senza sorpresa, le petromonarchie del Golfo
e Israele sostengono apertamente questa guerra.
Comunque sia, attraverso la politica estera iraniana, lo status quo dei petrodollari sembra davvero minacciato. Oggi la Cina acquista il petrolio iraniano in euro, e gli Stati Uniti non sembrano in grado di influire sulla politica cinese nei confronti dell’Iran, visto che le relazioni sino-iraniane datano dal periodo pre-islamico, sin dal primo secolo avanti Cristo. L’India sta realizzando un sistema di scambio del petrolio in rupie. Infine, la Russia si prepara a mettere in opera un accordo di scambi petroliferi e commerciali in rial e in rubli.
Come già fatto alcuni mesi fa con la Russia, la Cina ha adottato anche col Giappone un sistema di scambi energetici e commerciali centrati sulle proprie monete. La supremazia del dollaro come moneta di riserva internazionale è indiscutibilmente messa a repentaglio. Il sistema dei petrodollari che impone da decenni è ancora più pericolosamente messo in discussione dalla politica di affermazione di potere continuamente perseguita dall’Iran.
Come scritto con precisione Peter Dale Scott all’alba del conflitto che ha distrutto la Libia, “la domanda del petrolio è legata strettamente a quella del dollaro, perché lo status del dollaro come moneta di riserva mondiale dipende in larga parte dalla decisione dell’OPEC di stipulare gli acquisti del petrolio dell’OPEC in dollari. L’economia attuale dei petrodollari si basa su due accordi segreti approvati negli anni ’70 coi sauditi per riciclare i petrodollari nell’economia degli Stati Uniti. Il primo di questi accordi assicurava un apporto speciale e duraturo dell’Arabia Saudita nella tenuta in salute del dollaro statunitense; il secondo assicurava un sostegno saudita continuato per la formulazione dei prezzi del petrolio dell’OPEC in dollari. Questi due accordi garantivano che l’economia degli Stati Uniti non sarebbe stata indebolita dai rialzi di prezzo del petrolio dell’OPEC. Questo pesante fardello risale da allora, con le economie dei paesi meno evoluti che devono acquistare dollari per le loro forniture di petrolio. Come evidenziato da Ellen Brown, prima l’Iraq e poi la Libia decisero di sfidare il sistema dei petrodollari per porre fine alle vendite di petrolio con questa moneta, poco prima che questi i due paesi venissero attaccati.”
Oggi, l’Iran sembra essere il “bersaglio” dei pianificatori militari del Pentagono. Tuttavia, questo paese ha appena dimostrato che è capace di poter chiudere l’arteria principale di un’economia mondiale fragile e instabile: lo stretto di Hormuz.
15.01.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE