LA GUERRA DI HARRY: LA SGRADEVOLE VERITA'

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DI LEO DOCHERTY
The Independent

Il veterano della guerra d’Afghanistan, Leo Docherty, critica la campagna militare Britannica nella provincial di Helmand, dove il Principe stava servendo la patria fino a quando dettagli della sua presenza trapelati in internet hanno interrotto il suo turno in prima linea.

Non si era mai visto nessun giovane felice come il Principe Harry sparando contro le sospette postazioni dei Talebani, vicino la città di Garmsir nella provincial di Helmand la settimana scorsa. Dopo la cocente delusione che soffrì per non aver partecipato alla guerra in Iraq nel 2007, la fortuna finalmente di essere impiegato nelle operazioni in prima linea come controllore di volo (responsabile di guidare via radio aerei da combattimento e elicotteri ai propri obiettivi) arrivò come un elettrizzante opportunità rispetto alla triste monotonia della vita in caserma.

Io so come ci si sente. Anche io sono stato un ufficiale della Divisione Household. Un duro anno di formazione a Sandhurst ti lascia al massimo della preparazione fisica e della motivazione, eccellendo con orgoglio nel proprio reggimento e istruiti dai nobili sacrifici fatti dagli eroi della precedente guerra. La voglia di azione ed avventura è travolgente, combinata dal “senso del dovere”. Il desiderio di servire in Afghnistan è rinforzato anche dal ricordo degli eroi del momento d’oro dell’era coloniale. Una delle poesie favorite dell’Esercito è di James Elroy Flecker, che riassume tutte le aspirazioni di tutti i giovani ufficiali: “Va come un pellegrino e trova il pericolo … opponi l’essenza della tua anima allo sconosciuto e cerca stimolo nella compagnia dei coraggiosi.” Ogni giovane ufficiale vuole fare questo. Le operazioni sono finalmente la possibilità di cercare il pericolo e di vivere l’ideale eroico. Proprio come disse lo stesso Harry quando stava a Garmsir: “E’ più o meno come immaginavo la seconda Guerra Mondiale.”

Durante le operazioni, la routine dei doveri del reggimento viene rimpiazzata da un cocktail di eccitazione, frustrazione e terrore. Coraggio, sangue freddo e umorismo volgare sono tutto ciò che conta. Profonde amicizie vengono strette tra i ranghi. I Gurkhas che lavoravano con Harry, con suo grande piacere, lo trattarono come tutti gli altri ufficiali, probabilmente per la prima volta. Come afferma lo stesso Harry: “Tutto è abbastanza normale, così come sono abituato.”

Dice normale? Se sganciare bombe sugli afghani e combattere dalla base di Helmand è così vicino a quello che Harry è abituato a vivere come vita normale, allora è una triste accusa sulla sua esistenza in casa. Ma il punto della situazione è che la vita per gli afgani in Garmsir è veramente lontana dall’essere normale proprio da quando noi britannici siamo arrivati.

Nel settembre 2006, le forze britanniche attaccarono e occuparono quella che fino a quel punto era una prosperosa città agricola. Questo significa che i contadini locali, poveri e sfruttati dai baroni dell’oppio, alimentano il commercio del papavero. Ma l’arrivo degli inglesi, come nelle altre città della regione, ha portato niente altro che forza militare – niente segni di sviluppo, niente miglioramento del livello di vita e niente alternative al papavero.

Le necessità di base della contro-insurrezione furono abbandonate per la fretta dell’Esercito di vedere l’azione. Le violenze subite spinsero i coltivatori di papavero e i trafficanti a unirsi ai talebani per appoggiare l’opposizione all’invasore straniero. Appena cadde la prima bomba inglese , uccidendo dei civili afgani, la battaglia per i cuori e le menti è andata persa.

Il livello della battaglia non è diminuito e la produzione di oppio è volata a nuovi massimi. Una travolgente forza di fuoco (quella che coordinava Harry) non può sopperire al fatto che la missione inglese a Helmand è illogica; stiamo cercando di combattare a modo nostro per guadagnare i cuori e le menti e stiamo perdendo la fiducia della popolazione. Numerosi civili sono stati uccisi dalle ordinanze britanniche a Helmand. Nel 2007 almeno 6.000 persone morirono in Afghanistan, dei quali approssimativamente 1.400 erano civili. Almeno 500 di questi morti sono direttamente imputabili alle forze NATO, la maggior parte in bombardamenti aerei; 89 militari inglesi sono morti e 329 feriti.

Come il Generale Richard Dannatt ha precisato, noi siamo lì per il bene degli afghani, però al momento gli effetti sono opposti. I Talebani stanno risorgendo. Finanziati dai milioni di dollari del traffico d’oppio stanno rispondendo alla grande armata Britannica incrementando il numero di attentati suicidi.

L’alto ufficiale dell’intelligence americana, Mike McConnell, constatò la scorsa settimana a Washington che la sicurezza in Afghanistan si sta “deteriorando” visto che il Presidente Karzai controlla solo circa il 30% del territorio, i talebani controllano il 10% e tutto il resto è in mano alle tribù locali. Semplicmente, questo è un disastro militare, non solo una guerra.

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[Alcune immagini del principe Harry “in azione”]

Forse il Principe Harry conosce tutto questo. Più probabilmente, però, non si preoccupa troppo di tutto questo perché, per lui come per tutti gli altri giovani ufficiali, vedere l’azione direttamente è più importante di qualsiasi altra considerazione. Questo atteggiamento è inevitabile in un esercito professionale estremamente addestrato dove “spezzarsi la schiena” e fare quello che ti dicono di fare è un requisito istituzionale.

Ma l’Esercito inglese negli ultimi anni di “guerra al terrore” ha già superato se stesso con cieca obbedienza. Prendiamo come esempio la guerra in Iraq. Nel 2003 io e i miei colleghi ufficiali sapevamo che la questione delle armi di distruzione di massa era uno sfacciato stratagemma ma non ce ne importava molto. Annusando l’azione ingnoravamo il fatto che ci stavamo raccontando un sacco di bugie e mettevamo a tacere la coscienza ripetendo che tutto veniva fatto a fin di bene. Desideravamo semplicemente il servizio attivo.

Data la monumentale tragedia umana che ha travolto l’Iraq negli ultimi 5 anni, si pensava che sarebbero state evitate ulteriori avventure militari tratteggiate dal ministero della difesa sul retro di un pacchetto di sigarette, ma poi è arrivata la provincia di Helmand.

Tragicamente, il fatto che molti soldati vengano uccisi in queste operazioni serve soltanto a dare maggior forza al mito dell’eroismo e del sacrificio che l’esercito mette in sempre in primo piano per giustificare le avventure. Questi ideali permettono che le ammirabili qualità personali dei soldati uccisi in battaglia vengano confuse con la vera natura del conflitto. Un meccanismo di difesa psicologica parziale, che permette ai soldati di venire a contatto con la morte dei propri colleghi senza mettere in discussione le ragioni delle loro morti.

Questo tipo di ragionamento funziona approssimativamente così: “Lui amava il suo lavoro e l’esercito; era un uomo rispettabile; quindi la sua morte è senz’altro onorevole e utile alla causa.” Seguendo questa linea di ragionamento dopo le morti di amici e colleghi in Iraq e in Afghanistan, io alla fine trovai la risposta che cercavo, divenendo disilluso e andandomene. Ma se qualche ufficiale disilluso abbandona non fa molta differenza per l’esercito; ci sono sempre faccie nuove che arrivano da Sandhurst.

Dunque se l’esercito è abbagliato dalla propria voglia di azione e riceve menzogne dal proprio governo, sicuramente i media saranno presenti per tirar fuori le scomode verità. A questo punto le immagini del Principe Harry sparando raffiche con la propria arma sembrano molto vicine a immagini di propaganda. Mentre il suo coraggio e il suo impegno sono fuori dubbio, le sue 10 settimane a Helmand si sono rivelate un’acrobazia di relazioni pubbliche, preparate dal Ministero della Difesa e diffuse con la complicità dei media.

Piuttosto che mettere in evidenza le terrificanti verità riguardo la Guerra a Helmand, i mezzi di informazione, impressionati dall’ideale eroico che il principe Harry impersonifica perfettamente, perpetuano il mito che questa è una guerra proprio adatta per gli eroi. La frenesia delle prime pagine dei giornali di venerdì [29 febbraio n.d.t.] (con la brillante eccezione di questo giornale) è evidente; “Guardate il Principe Harry combattere a Helmand,” titolava uno dei principali siti web.

Questa guerra è ridotta all’intrattenimento, privata volontariamente della verità che giovani uomini come Harry, da entrambe le parti, muoiono violentemente e inutilmente nella provincia di Helmand. Indignazione è l’unica risposta a ciò, non l’intrattenimento.

Il Principe Harry non avrà l’opportunità di farsi una giusta opinione sulla guerra a Helmand. Dopo 10 settimane, 6 in meno del previsto, è tornato a casa, un altro eroe pin-up, un’altra vittima dello sfruttamento da parte dei media che lo portano a trovare la “normalità” primariamente a Helmand. Gli stessi mezzi di informazione che lui stesso incolpava per aver inseguito sua madre conducendola alla morte hanno spogliato della sua raison d’être professionale. “Generalmente l’Inghilterra non è che mi piaccia tanto… è bello stare lontani dalla stampa, i giornali e da tutta la merda che scrivono in generale” disse.

Tornare a casa sarà un brutto colpo. Ma questa è guerra e non terapia. E’ una guerra che vale la pena combattere, ma è anche una guerra dalla quale dobbiamo uscire fuori, cosa che non stiamo facendo al momento. Speriamo che le truppe che hanno servito insieme a Harry e che hanno davanti ancora mesi abbiano la fortuna, come il principe Harry, di tornare a casa.

Titolo originale: “‘Harry’s War’: The ugly truth”

Fonte: http://www.independent.co.uk/
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02.03.2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di EPICUREO

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