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La Redazione

 

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LA GRECIA PU UCCIDERE I PROPRI DEMONI FINANZIARI

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A cura di supervice
Il 1 Marzo 2012
69 Views

MA L’EURO SARÀ RISPARMIATO?

DI LARRY ELLIOTT
The Guardian
Rebelion.com

C’è una scena nel Signore degli

Anelli in cui il mago Gandalf affronta il Balrog, un mostro infernale,

su uno stretto ponte nelle Miniere di Moria. La battaglia termina quando

Gandalf distrugge il ponte col suo bastone e fa precipitare il Balrog

in un abisso senza fondo.

La storia tuttavia ha una svolta inattesa.

Mentre cade, il mostro, con un ultima frustata, attorciglia la sua coda

nella caviglia di Gandalf, trascinando anche lui nell’abisso. Ci possono

essere pareri discordi, nel contesto della crisi del debito dell’eurozona,

sul fatto che la Grecia sia Gandalf o il Balrog, ma una cosa è certa:

i rischi di distruzione reciproca garantita sono elevati.Tanto la Grecia quanto i paesi europei

dalla linea dura, che esigono garanzie blindate sul fatto che non stanno

sprecando una fortuna in un nuovo salvataggio da 130 miliardi di euro,

hanno il potenziale per distruggere ciò che, nel migliore dei

casi, rappresenta una fragile tregua. I greci potrebbero decidere che

ne hanno abbastanza e che il default e l’uscita dall’euro

siano preferibili all’austerità senza fine e all’umiliazione dello

status coloniale.

I tedeschi, gli austriaci, gli olandesi

e i finlandesi potrebbero concludere che la Grecia è una causa persa

e che non si può fare affidamento a ciò che asseriscono i politici

ad Atene sul loro impegno di riscuotere le tasse, di ridurre le spese

e riformare l’economia. Potrebbero decidere, a dispetto di tutte le

dichiarazioni ufficiali fatte nella direzione opposta, di espellere

la Grecia dalla moneta unica.

Anche se i creditori sembrano avere

tutte le carte vincenti, in realtà non è così. I politici

greci possono apporre la loro firma su pezzetti di carta nei quali si

impegnano a rispettare le condizioni dell’accordo di salvataggio,

ma una volta che il denaro è stato consegnato e le elezioni si sono

svolte, il nuovo governo potrebbe mandare a spasso gli altri membri

della moneta unica. Gli stati sovrani, anche quelli tanto vulnerabili

quanto la Grecia, hanno sempre questo potere.

I greci, anzi, hanno il vantaggio di

sapere che una crisi finanziaria, accelerata da una disordinata sospensione

dei pagamenti, arrecherebbe più danni al resto dell’Europa che

a loro stessi. In “Like a Rolling Stone” Bob Dylan canta:

When you’ve got nothing you’ve got nothing to lose” (quando

non ti rimane nulla, non hai nulla da perdere), un sentimento condiviso

da molti greci.

Dhaval Joshi, di BCA Research fa un’interessante

osservazione a tal proposito. Ci sono tradizionalmente due modi per

sbarazzarsi dei debiti: li si può limare a poco a poco, attraverso

prolungati programmi di austerità. Oppure, in alternativa, è possibile

sospendere i pagamenti, liberandosi rapidamente dei debiti ma arrivando

a un crollo più brusco del rendimento economico.

Nel caso della Grecia, c’è poca

differenza tra le due: soffrirà una profonda recessione a forma di

V se sospende i pagamenti, ma in ogni caso ha già una recessione a

forma di V. E non c’è un solo politico ad Atene che non creda

che spillare altri 3,3 miliardi di euro, a un’economia che si contrae

al tasso annuo del 7%, non farà altro che incrementare la depressione.

Buco nero

Chi tiene i cordoni della borsa sta

già facendo le proprie analisi costi-benefici. Wolfgang Schäuble,

ministro tedesco delle Finanze, ha sintetizzato il suo stato d’animo

quando ha parlato di buttare i soldi in un buco nero. Se, come credono

i membri dell’eurozona del Nord Europa, la Grecia ancora una volta

chiederà un piano di salvataggio nel prossimo futuro, perché correre

il rischio di subire le ire dei propri elettori consegnando oggi più

di 130 miliardi di euro?

Il presupposto è che la Banca

Centrale Europea abbia creato un muro tagliafuoco buttando soldi a buon

mercato alle banche commerciali e che non si ripeterà quanto accaduto

a seguito del crollo di Lehman Brothers nel 2008.

Questo è supporre troppo. Naturalmente

la Banca d’Inghilterra non crede sia possibile mettere la Grecia in

quarantena in caso di default. Neanche Barack Obama, che parla

della crisi con Angela Merkel almeno una volta a settimana. Nemmeno,

con ogni probabilità, la stessa BCE che percepisce la fragilità di

molte banche europee, non esclusi alcuni dei nomi più grossi.

Non basta sapere che la banca X vanta

una certa quantità di debito greco nei suoi libri, né quanti credit

default swaps ha. Come osserva Joshi, “c’è anche un grande

mercato attivo di derivati di CDS e persino di derivati dei derivati.

E siccome questi strumenti più complessi ed esoterici sono contratti

non ufficiali, senza compensazione e senza conciliazione, semplicemente

non è possibile sapere chi si espone, con quali rischi, lordi o netti,

dove sono collocati e che reazioni a catena potrebbero scatenare.”

Quali conclusioni possiamo trarre da

tutto ciò? In primo luogo che il rilassato approccio dei mercati finanziari

nei confronti della Grecia sembra fin troppo compiacente. L’irrigidimento

della retorica della scorsa settimana è forse più di una semplice

dimostrazione di forza; la scorsa settimana si parlava del fatto che

il vertice di lunedì avrebbe fornito alla Grecia solo un ponte, sotto

forma di prestito, per farle superare la crisi nelle prossime settimane.

Questa crisi si avvicina alla fine e la probabilità di eventi fuori

dal controllo è più alta di quanto pensino i rialzisti del mercato.

In secondo luogo, gli insulti che ambo

le parti si scambiano difficilmente riusciranno a promuovere la fiducia

nel fatto che l’eurozona possa uscire fuori tutta intera da questa

crisi. Ciò a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane è una crescente

alienazione degli elettori in tutta Europa nei confronti di un’idea

di una più stretta unione fiscale, anche se una più forte collaborazione

fiscale è l’unico modo di nutrire la speranza che si possa porre

rimedio alle falle fondamentali dell’unione monetaria. Per i greci,

unione fiscale significa essere maltrattati dai tedeschi, per i tedeschi,

significa firmare assegni in bianco ai greci. Questo stato delle cose

non è sano.

Disintegrazione

Infine, la palese mancanza di tutto

ciò che solo lontanamente potrebbe essere descritto come solidarietà

europea mostra l’impossibilità del “progetto” e offre uno scorcio

della sua definitiva disintegrazione. In parole povere, l’unione monetaria

creò un tasso di interesse comune in un momento in cui i livelli di

inflazione differivano notevolmente. Alcuni paesi, soprattutto quelli

del nord Europa, avevano tassi di inflazione inferiori rispetto ai tassi

di interesse, per cui tendevano a crescere più lentamente e ad avere

livelli più elevati di risparmio. Altri paesi, in particolare quelli

della periferia meridionale, avevano tassi negativi di interessi reali

perché i costi dei prestiti erano al di sotto del tasso di inflazione.

Crescevano rapidamente e disponevano dell’incentivo a chiedere prestiti

ai risparmiatori dell’Europa del Nord.

Tutto ciò può finire solo

in due modi. I paesi più deboli abbandoneranno la moneta unica

e gestiranno politiche monetarie indipendenti adatte alla loro situazione.

Oppure, se così non fosse, si dovranno adeguare a fare ciò che

dicono la Germania e gli altri paesi del Nord Europa in cambio di consistenti

trasferimenti fiscali. Per come stanno le cose, il primo sembra molto

più probabile.

Chi ha letto Tolkien ricorderà

che Gandalf sconfigge finalmente il Balrog ma perisce nella lotta; si

reincarna in seguito adottando una nuova forma. Questo potrebbe essere

lo stesso destino che attende l’euro.

**********************************************

Fonte: Grecia puede liquidar sus demonios financieros, pero ¿se librará el euro?

28.02.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARY COSTA

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