La crisi oppiacea americana e le ansie moderne dimostrano i limiti del capitalismo

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DI SLAVOJ ZIZEK

rt.com

La crisi degli oppioidi in America e lo spaventoso ritmo dei suicidi in Sud Corea hanno entrambi la stessa causa. Il difetto del capitalismo è che ha gradualmente rimosso gran parte del significato e dell’ideologia dalla vita.

Il mese scorso, in risposta a tale crescente epidemia, Donald Trump ha dichiarato un’emergenza sanitaria pubblica. Descrivendo la crisi come una “vergogna nazionale e tragedia umana”, il presidente si è scagliato contro la devastazione causata dalla prescrizione di massa di antidolorifici oppioidi.

“Gli Stati Uniti sono di gran lunga il maggior consumatore di tali farmaci, usando più pillole oppioidi per persona di qualsiasi altro paese. Nessuna fascia della nostra società – giovane o vecchia, ricca o povera, urbana o rurale – è stata risparmiata dalla piaga della tossicodipendenza“, ha affermato.

Anche se Trump è ben lungi dall’essere un marxista, la sua dichiarazione non può non evocare la ben nota descrizione di Marx della religione, come “oppio dei popoli” (dal suo contributo a ‘Per la critica della filosofia del diritto di Hegel’).

Vale la pena citarla: “la religione è il sospiro della creatura oppressa, il cuore di un mondo senza cuore e l’anima di condizioni senza anima. È l’oppio dei popoli. L’abolizione della religione come illusoria felicità della gente è la richiesta per la loro vera felicità. Invitandoli a rinunciare alle illusioni sulla propria condizione si chiede loro di rinunciare ad una condizione che richiede illusioni. La critica della religione è dunque in embrione, la critica di quella valle di lacrime di cui la religione è l’alone”.

Si può subito notare che Trump (che vuole iniziare la sua guerra contro gli oppiacei proibendo i farmaci più pericolosi) è un marxista molto volgare, simile a quei rigidi comunisti (come Enver Hoxha o i Khmer rossi) che hanno tentato di sconfiggere la religione semplicemente rendendola fuorilegge. L’approccio di Marx è più sottile: invece di contrastare direttamente la religione, l’obiettivo dei comunisti è cambiare la situazione sociale (di sfruttamento e dominio) che genera la necessità della religione. Marx resta comunque troppo ingenuo, non solo per quel che riguarda la sua idea di religione, ma anche nella sua reazione alle diverse versioni dell’oppio dei popoli.

È vero ad esempio che l’Islam radicale sia un caso esemplare di religione come oppio del popolo: un falso confronto con la modernità capitalista che consente ad alcuni musulmani di abitare nel proprio sogno ideologico, mentre i loro paesi vengono devastati dagli effetti del capitalismo globale – e lo stesso vale per il fondamentalismo cristiano. Nel nostro mondo occidentale, tuttavia, ci sono oggi altre due versioni dell’oppio dei popoli: l’oppio ed i popoli.

Come dimostra l’ascesa del populismo, l’oppio del popolo è anche “il popolo” stesso, il vago sogno populista destinato ad offuscare i nostri contrasti. E, ultimo ma non ultimo, per molti di noi l’oppio del popolo è proprio l’oppio, la fuga nei farmaci, che è proprio il fenomeno di cui Trump sta parlando.

Così, per parafrasare Marx, da dove viene questo desiderio di rifuggire nell’oppio? Come Freud, dobbiamo dare un’occhiata alla psicopatologia della vita quotidiana global-capitalista. Un’altra forma di moderno oppio del popolo è la fuga negli universi digitali pseudo-sociali di Facebook, Twitter ed altre piattaforme di social media.

In un discorso ai laureati di Harvard nel maggio 2017, proprio Mark Zuckerberg ha infatti detto al suo pubblico: “Il nostro compito è quello di creare un senso di scopo” – e questo da un uomo che, con Facebook, ha creato il più vasto strumento al mondo di inutile perdita di tempo!

Il paese la cui vita quotidiana è più impregnata dalla virtualizzazione digitale è la Corea del Sud. Ecco la relazione di Franco Berardi sul suo viaggio a Seul: “La Corea è il laboratorio del mondo, un progetto per il futuro del pianeta… dopo la colonizzazione e le guerre, dopo la dittatura e la fame, la mente sudcoreana, liberata dal fardello del corpo naturale, è entrata senza problemi nella sfera digitale, con una minore resistenza culturale rispetto a praticamente qualsiasi altra popolazione del mondo. Nello svuotato spazio culturale, l’esperienza coreana è caratterizzata da un estremo grado di individualizzazione, ed allo stesso tempo si dirige verso il cablaggio ultimo della mente collettiva. Queste menti solitarie camminano nello spazio urbano in un’interazione continua con immagini, tweet, giochi che escono dai loro piccoli schermi, perfettamente isolati e perfettamente cablati nella dolce interfaccia del flusso… La Corea del Sud ha il tasso di suicidi più alto al mondo. Lì, il suicidio è la causa di morte più comune per i minori di 40 anni. È interessante notare che il tasso di suicidi in Sud Corea è raddoppiato nell’ultimo decennio… nello spazio di due generazioni, la condizione dei cittadini è sicuramente migliorata dal punto di vista del reddito, della nutrizione, della libertà e della possibilità di viaggiare all’estero. Il prezzo di questo miglioramento è stato però la desertificazione della vita quotidiana, l’iper-accelerazione dei ritmi, l’estrema individualizzazione delle esistenze e la precarietà del lavoro, che significa anche concorrenza sfrenata… l’intensificazione del ritmo di lavoro, la desertificazione del paesaggio e la virtualizzazione della vita emotiva stanno convergendo per creare un livello di solitudine e disperazione a cui è difficile opporsi consapevolmente”.

Futuro senz’anima

Le impressioni di Berardi forniscono di Seul l’immagine di un luogo privato della propria storia, un luogo astratto. Badiou ha detto che viviamo in uno spazio sociale che viene progressivamente sperimentato come astratto. Anche l’antisemitismo nazista, per quanto terribile, aveva aperto un mondo: descriveva i suoi problemi e proponeva un nemico, cioè la “cospirazione ebraica”; definiva un obiettivo ed i mezzi per realizzarlo. Il nazismo ha rotto la realtà in un modo che ha permesso ai suoi argomenti di acquisire una mappatura cognitiva globale.

Forse è qui che si dovrebbe individuare uno dei principali pericoli del capitalismo: sebbene globale, sostiene una costellazione ideologica senza tempo, che priva la stragrande maggioranza delle persone di qualsiasi mappatura cognitiva significativa.

Il capitalismo è il primo ordine socio-economico che de-totalizza il significato: non è globale a livello di significato. In fin dei conti, non c’è una visione del mondo capitalistico e nessuna civiltà capitalista: la lezione fondamentale della globalizzazione infatti è proprio che il capitalismo può adattarsi a tutte le civiltà, da quella cristiana a quella induista e buddista, da ovest ad est. La dimensione globale del capitalismo può essere formulata solo a livello di verità senza significato, come la realtà del meccanismo del mercato globale.

Questo dunque è ciò che fa cercare rifugio nell’oppio a milioni di persone. Non solo la nuova povertà e la mancanza di prospettive, ma anche l’insopportabile pressione del Super-io nei suoi due aspetti: la pressione del successo professionale e la pressione di godere la vita al massimo. Questo secondo aspetto forse è ancor più inquietante: cosa resta della nostra vita quando il nostro rifugio nel piacere privato diventa quasi un obbligo?

 

Slavoj Žižek

Fonte: www.rt.com

Link: https://www.rt.com/op-edge/409089-opioid-crisis-us-korea/

7.11.2017

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

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