DI TOM WHIPPLE
Falls Church News-Press
C’è una qualche eventualità che l’anno prossimo si debba assistere a qualcosa di davvero spiacevole.
Non si tratterebbe di un’apocalisse
biblica o addirittura di una dei Maya, quanto piuttosto un evento di nostra produzione. Il mondo si è creato così tanti problemi negli scorsi decenni che l’intero edificio della civilizzazione sta mostrando segni di cedimento.
Ciò è già avvenuto in epoca recente – ricordatevi del 1914 e del 1939 -, quindi un anno di grande distruzione non dovrebbe essere una grande sorpresa. Se state cercando una teoria generale di cosa potrebbe accaderci, potreste iniziare con “Il collasso delle società complesse” di Joseph Tainter, in cui l’autore elenca diciassette esempi di società in rapido collasso. In sintesi, se qualcuno pensa che l’Impero Romano sia collassato per la troppa complessità, date un’occhiata al codice tributario degli Stati Uniti o agli sforzi per rifinanziare il debito sovrano dell’UE. In confronto alle macchinazioni di sette miliardi di persone che al momento scorrazzano per il pianeta, i Romani stavano gestendo un asilo.
Che la civilizzazione globale, o parti
significative di essa, vada a rotoli presto o tardi è ovviamente opinabile,
ma si può essere certi che qualcosa di spiacevole arriverà nel prossimo
o nei prossimi anni. Sembrerebbero esserci due problemi fondamentali
dietro le odierne rivolte. Uno è che stiamo affrontando limiti alle
risorse e l’altro è che le nazioni dell’OCSE hanno semplicemente
accumulato così tanto debito che è improbabile che venga ripagato.
Nessuno pensa che la capacità dell’atmosfera di assorbire e sequestrare
le emissioni di carbonio sia una risorsa ma, mentre il clima planetario
volge al peggio, proprio di questo si tratta. Si potrebbe benissimo
dimostrare nel corso dei prossimi dieci decenni che la capacità dell’atmosfera
di assorbire i gas serra sia molto più importante delle riserve di
combustibili fossili.
Valutando i possibili eventi del 2012
che potrebbero avere proporzioni apocalittiche, vediamo il rapido deterioramento
della situazione finanziaria nell’UE. Malgrado le interminabili manifestazioni
di ottimismo da parte dei dirigenti politici, la gran parte degli osservatori
privi di pregiudizi ritiene che non ci siano niente da fare per impedire
una flessione economica. Alcuni si riferiscono con tono discreto, parlando
di una doppia recessione, ma altri prevedono una depressione globale
uguale o peggiore di quella avvenuta 80 anni fa. L’ipotesi pessimistica
viene dalla convinzione che non ci saranno le quantità necessarie di
energia poco costosa per sostenere una ripresa e che ci dovrà essere
una forte transizione delle fonti e dell’uso di energia prima che
la crescita economica possa riprendere.
Anche se la gran parte dell’attenzione
è rivolta al rifinanziamento del debito, gli alti prezzi del petrolio
sono sempre più identificati come il fattore principale nel rallentamento
della crescita economica. Anche se gli alti prezzi del petrolio abbinati
alle nuove tecnologie hanno dato alla luce nuovi giacimenti, la gran
parte dei commentatori ignora il fatto che questo “nuovo”
petrolio è semplicemente proibitivo per l’economia odierna. Le vecchie
fonti economiche su cui abbiamo poggiato per tutto il secolo scorso
formano ancora circa il 75 per cento del nostro consumo quotidiano ma,
ed è un grande ma, il petrolio a basso costo sta scomparendo al ritmo
di 3-4 milioni di barili al giorno ogni anno. In venti anni il petrolio
economico sarà per gran parte esaurito, rimpiazzato da un proibitivo
“petrolio non convenzionale” se riusciamo a rastrellare sufficienti
capitali per poterlo sfruttare. Recenti ricerche economiche hanno evidenziato
che quando gli Stati Uniti spendono più del 4,5 per cento del PIL per
il petrolio, entrano in recessione. Anche se viene ancora dibattuto
il limite oltre il quale il prezzo del petrolio danneggia seriamente
il PIL, alcuni pensano che già 90 dollari al barile riescano a farlo.
Ricordatevi che il petrolio è stato venduto per la gran parte a oltre
100 dollari al barile nel corso del 2011 e non ci sono segnali di un
rientro dei prezzi nel futuro prossimo.
Il secondo insieme di problemi che
potrebbero esplodere nel 2012 vengono dall’instabilità politica.
I più seri sono nel mondo arabo, ma, con le dimostrazioni a Mosca,
in Cina, in Kazakistan, in Europa e persino quelle lievi contro Wall
Street, le rivolte sociali stanno diventando un problema mondiale mentre
le risorse diventano limitate e la crescita economica rallenta. L’umanità
non ha mai avuto sette miliardi di bocche da sfamare e queste incrementano
di 70 milioni ogni anno. Ci sarà un punto di svolta, l’unico interrogativo
è quando.
Quest’anno le rivolte e vari scontri
geopolitici hanno già ridotto o eliminato le esportazioni di petrolio
da Libia, Yemen e Siria. Le iniziative per sanzionare l’Iran sembrano
soffiare sul fuoco e i mercati petroliferi sono nervosi del fatto che
molti paesi saranno costretti a interrompere gli acquisti di greggio
iraniano. La situazione siriana continua a franare e il delicato equilibrio
politico iracheno che è stato modellato dagli Stati Uniti sembra essere
durato solo pochi giorni dal ritiro delle truppe statunitensi. È una
buona scommessa puntare sul fatto che ci saranno meno esportazioni di
petrolio dal Medio Oriente e forse dall’Asia Centrale per la fine
del prossimo anno, facendo salire i prezzi del petrolio malgrado il
deterioramento delle condizioni economiche.
Oltre all’emergere di un rallentamento
economico globale e alla prospettiva di minore produzione di petrolio
in Medio Oriente, ci sono gli Stati Uniti dove l’elettorato pare essersi
bloccato in un’empasse politica, aspettando di votare in tempi
migliori. Sembra probabile che a Washington verrà fatto davvero poco
per migliorare le politiche economiche fino alla prossima elezione o
forse due e che l’elettorato possa riuscire a scegliere un qualche
percorso coerente per il proprio paese. Fino a quel momento la diffusione
dell’austerità fiscale e della disoccupazione saranno all’ordine
del giorno.
L’eventualità di nuove problematiche
emergenti nel 2012 si basa sulla probabilità di un collasso di gran
parte o di tutta l’eurozona e di un aumento delle sollevazioni in
Medio Oriente. La parte interessante di questo scenario è che queste
situazioni potranno dipanarsi in vario modo. Ciò incrementa sensibilmente
la possibilità che si possa assistere a qualcosa di molto negativo
in breve tempo.
Fonte: The Peak Oil Crisis: 2012 – Apocalypse Now?
22.12.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE