IL PERCHÉ DELLA DISTRUZIONE DELLA LIBIA SOCIALISTA, PARTE I
Il voto della Cina che ha consentito l’invasione della Libia
DI JAY JANSON
Countercurrents.org
La Cina, dopo essersi espressa contro
l’intervento militare, si è invece astenuta dal porre il veto alla
risoluzione del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite con la quale
si dichiara guerra al governo libico con la scusa di creare una no-fly
zone per proteggere i civili, una guerra dei potenti neocolonialisti
bianchi contro la ex colonia africana che ha elevato i propri standard
tanto da essere davanti a ben nove nazioni europee, Russia inclusa.
I delusi si chiedono il perché. Il Consiglio di Sicurezza ONU
Abbiamo tutti trattenuto il respiro.
Le telecamere della televisione erano puntate sull’ambasciatore cinese
alle Nazioni Unite. Quando è stato chiesto il voto riguardo a “Chi
è contrario?”, le persone che amano la pace hanno guardato
con il vuoto allo stomaco la mano dell’ambasciatore, che è rimasta
in basso.
Ci siamo immaginati, quindi, il piano di guerra di un’altra coalizione
di potenze bianche colonialiste che bombarda l’Africa, e le navi USA
che sparano cannonate e missili, i libici uccisi e mutilati, la radioattività
delle granate, dei proiettili e dei missili con le ogive all’uranio
impoverito che danneggeranno il DNA di generazioni, causando morti per
cancro e una serie di deformità disumane nei neonati.
La Cina ha dato il via libera affinché il potere militare delle attuali
potenze neocoloniali possa disintegrare la loro ex colonia, che oggi
ha innalzato il suo standard di vita fino a risultare davanti a ben
nove nazioni europee, Russia compresa (1). L’ambasciatore cinese, sotto
gli occhi di tutto il terzo mondo, ha condannato un paese socialista,
che fornisce assistenza medica ed istruzione gratuite in un bel territorio
curato, a una brutale distruzione e alla ricolonizzazione.
La CNN, il New York Times
e tutti i media di regime si sono assicurati che non fosse mai
nominato l’invidiabile successo della Libia, che nel 2010 si è classificata
al 53° posto secondo l’indice di sviluppo umano dell’ONU e di gran
lunga la prima in Africa (1).
Lo sconcertante Pied Piper, che fa
parte del “Villaggio Globale”, la cricca dei media sempre a sostegno
dell’America über-alles, si è impegnato a fondo nel far passare
le gang pericolose e ben armate, supervisionate da oltre oceano,
per un insieme di “dimostranti pacifici”. Ma questi “manifestanti”,
che non avevano da lagnarsi per il loro tenore di vita, che non potevano lamentarsi per la fame, per la mancanza di cure mediche o per la povertà dovuta allo sfruttamento dei ricchi e delle banche
straniere, non avevano alcuna ragione per protestare, se non per una millenaria tradizione di contrasti fra la Cirenaica e Tripoli, una rivalità tenuta viva dalla violenza organizzata sostenuta dagli interessi nefasti delle corporation internazionali (2).
Siamo a maggio e, anche se la Libia
socialista non è stata ancora conquistata, la stessa genia di uomini
d’affari amorali e razzisti che si sono visti nei secoli di colonialismo,
in modo sfacciato, senza nemmeno nascondersi, folli e senza scrupoli manipolatori del potere e degli investimenti finanziari privati, ha discusso gli accordi per spartirsi il bottino e per capitalizzare il tutto (3).
I cinesi, che a differenza di noi hanno seguito la vicenda da vicino, erano pienamente coscienti delle intenzioni dei capi della finanza criminale e imperialista, del fatto che si sarebbe commessa una razzia solo a fini speculativi, e che si sarebbe usata la forza militare per ampliare l’egemonia degli Stati Uniti.
Anche quella patetica bugia, inventata dai media e ripetuta con convinzione, “proteggiamo i civili dal loro stesso governo” usata come
pretesto per la guerra, è stata alla fine adottata anche dall’ambasciatore
cinese quale motivazione per la scelta di astenersi piuttosto che porre
il veto, che sarebbe stato in linea con la politica anti-interventista
della Cina (cui ha fatto riferimento l’ambasciatore nel preambolo del
voto).
Inoltre, la Cina aveva l’opportunità di esprimere un voto in linea con i principi fondatori delle Nazioni Unite che sono stati trascurati e violati da chi ha votato a favore.
Perché? Perché la Cina non ha posto il veto? E perché l’ambasciatore
cinese, in modo imbarazzante, ha ripetuto una menzogna gretta, ovvia,
disonesta e anche assurda, che è stata creata per proteggere i ribelli
armati e non i civili?
La Cina avrebbe anche potuto votare sì, dato che la sua astensione
ha prodotto lo stesso risultato, ossia una completa aggressione. La
formulazione della risoluzione dà pieno assenso a qualunque azione
militare finalizzata alla creazione di una no-fly zone, un’azione
di copertura per ben altre iniziative, ancora sotto l’egida delle Nazioni
Unite.
Ma perché? La Cina ha importanti investimenti nel settore energia e
in quello immobiliare in Libia, cinquanta dei suoi principali progetti
d’investimento sono proprio nell’est della Libia. Per questo intervento
la Cina sta perdendo centinaia di milioni di dollari. L’anno scorso gli scambi fra Cina e Libia si sono attestati su 6,6 miliardi di dollari, in larga parte per il petrolio. La Cina guarda all’Africa come un possibile fornitore di risorse energetiche e il governo di Gheddafi ha adottato una politica che ha favorito la Cina nell’esportazione di petrolio.
La Libia stava creando “dinari d’oro” (il Tesoro USA stimava che la Libia avesse 44 tonnellate di oro) da usare al posto del dollaro e dell’euro per evitare di essere legata al sistema bancario europeo, lo strumento dei grandi speculatori. Non era questa la valuta per cui la Cina ha espresso grande interesse? Per di più la Libia, sotto Gheddafi, non ha preso parte all’US Africa Command, come hanno fatto alcune nazioni del Sahara e della regione del Sahel, mettendo così in chiaro che la Libia poteva essere un baluardo contro il tentativo dell’US Africa Command di controllare l’esportazione africana di petrolio per escludere la Cina (4).
Perché la Cina ha voluto rinunciare
a così tanto? La Cina avrà forse ricevuto “un’offerta che non ha
potuto rifiutare”? Oppure questo voto accondiscendente verso l’imperialismo,
che va oltre la nostra comprensione e apparentemente anche contro gli
interessi della Cina stessa, fa parte di qualche Realpolitik
a lungo raggio che capiremo solo in futuro?
Chi ha a cuore la Cina brancola nel buio dell’incomprensione, del disorientamento;
è sgomento, si sente tradito, gli è crollato il mondo sotto i piedi.
Ha perso la fiducia in quella che è rappresenta un quinto dell’Umanità,
con la saggezza acquisita in cinquemila anni di cultura, che avrebbe
protetto tutti noi dalle uccisioni folli e barbariche fatte dagli imperialisti
sguinzagliati dal capitalismo predatorio che ha colonizzato l’intero
mondo non-bianco, Cina compresa. Questa fiducia, o speranza, si è sgretolata
mentre guardavamo la Cina assecondare un classico esempio di violenza
false flag a sostegno di una guerra civile secondo l’antico principio
imperialista divide et impera. [Cfr., di questo autore, la rassegna
completa di tutte le notizie riguardanti le violenze in Libia dal 15
febbraio al 26 aprile pubblicata da OEN e CounterCurrents] (2)
Parlando all’Assemblea generale dell’ONU
nel 2009, Gheddafi aveva definito il Consiglio di Sicurezza un “Consiglio
del terrore” per le sessantacinque guerre che non solo non è riuscito
ad evitare, ma a cui ha partecipato per larga parte. Con il senno di
poi, lo si può considerare profetico.
La Libia è solo un’altra nazione vulnerabile ora guidata col pilota
automatico a beneficio dell’accumulo dei capitale, sempre irriguardoso
delle sofferenze umane. La Cina è stata in passato una di queste nazioni
vulnerabili e ora cerca di non esserlo più. La Cina e le poche nazioni
che sono al di fuori del blocco dei satelliti e degli alleati USA cercano
di limitare con sobrietà gli investimenti finalizzati alla produzione
intensiva di armi di distruzione di massa.
Prima di affrettarci a concludere che la Cina abbia evitato di proteggere
la Libia perché è spietata, incredibilmente stupida e forse senza
rimorso, proviamo a comprendere in quale posizione si sarebbe trovata
la Cina se avesse dovuto affrontare a viso aperto il potere militare
sempre più stabile dell’alleanza USA/Nato e la rete delle istituzioni
fiduciarie e delle banche centrali internazionali controllate dagli
USA, che sono sparse in tutto il mondo con la loro presa indirizzata
alla preparazione della guerra.
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Note:
(1) http://hdr.undp.org/en/statistics/. Lo scorso anno l’indice annuale di sviluppo
umano dell’ONU ha classificato la Libia al 53° posto, prima di ben
nove nazioni europee, tra cui la , classificata al 65° posto.
Alto indice di sviluppo umano: Libia 53° nel mondo (1° in Africa),
le vicine Tunisia 81°, Algeria 84°.
Medio indice di sviluppo umano (paesi
in via di sviluppo): Egitto 101°, Marocco 114°, Gabon 93°.
Basso indice di sviluppo umano (paesi
in via di sviluppo): Yemen 133°, Sudan 154°. (L’indice di sviluppo
umano tiene conto dell’aspettativa di vita, dell’alfabetizzazione, dell’istruzione
e degli standard di vita di tutti i paesi del mondo.)
Riguardo l’indice di aspettativa di
vita, l’indice di scolarità, gli anni di scolarità previsti, l’indice
del reddito:
Indice di sviluppo umano molto alto
(paesi sviluppati) Bahrein 39° posto, preceduto dal Qatar al 38°,
con il Portogallo al 40° (il Baharain ha un divario molto alto tra
reddito pro capite e servizi).
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Il profilo della Libia nel Federal
Research Division della libreria del Congresso federale cita: “Un
servizio sanitario di base è fornito a tutti i cittadini. Salute, formazione,
riabilitazione, educazione, alloggio, sostegno alla famiglia, ai disabili
e agli anziani sono tutti regolamentati dai […] servizi assistenziali.
Il sistema sanitario non è puramente pubblico, ma piuttosto un mix
di assistenza pubblica e privata. Paragonato ad altri stati del Medio
Oriente, lo stato di salute della popolazione è relativamente buono.
Le vaccinazioni infantili coprono la quasi totalità della popolazione.
La fornitura di acqua potabile è in
crescita e le condizioni igieniche sono migliorate. Gli ospedali più
grandi si trovano a Tripoli e Bengasi e le cliniche mediche private
e i centri diagnostici, che offrono un’attrezzatura più moderna e un
servizio migliore, sono competitivi con il settore pubblico.
Il numero dei medici e dei dentisti
è cresciuto di ben sette volte nel periodo fra il 1970 e il 1985, per
cui si ha un medico ogni 673 cittadini. Nel 1985 circa un terzo dei
dottori in Libia era nato in patria, mentre i restanti erano stranieri
espatriati. Nello stesso periodo il numero dei posti letto negli ospedali
è triplicato. La malaria è stata sradicata, e sono stati fatti consistenti
progressi contro il tracoma e la lebbra. Nel 1985 il tasso di mortalità
infantile era dell’84‰; nel 2004 l’Agency for International Development
statunitense ha stimato che il tasso di mortalità fosse sceso al 25,7‰.
[…] le stime riportano una mortalità infantile inferiore al 20‰.
Il controllo del denaro ricavato dal
petrolio ha permesso ai libici, così come agli algerini, di fornire
ai propri cittadini un reddito abbastanza alto. Nel Sud Africa il reddito
è più alto, ma è distribuito in modo iniquo fra bianchi e non bianchi.
(2) In un articolo di 1.000
parole con 10.000 parole di note, pubblicato il 22 aprile del 2011 da
OEN e Countercurrents “Capitalism’s Warplanes: CIA
& al Qaeda Destroy Socialist Libya’s 53rd Highest Living Standard“.
Oltre a questo articolo, le parole
del Segretario aggiunto al Tesoro durante la presidenza Reagan, Paul
Craig Roberts: “C’è da notare che le proteste in Libia sono diverse
da quelle in Egitto, in Yemen, in Bahrein o in Tunisia e la differenza
consiste nel fatto che quella libica è una ribellione armata.
E ci sono altre differenze: queste
proteste hanno avuto origine nella parte orientale della Libia, dove
c’è il petrolio, e non nelle città principali. E abbiamo sentito dall’inizio
notizie credibili riguardanti il coinvolgimento della CIA nelle proteste,
e ci sono state molte notizie riguardo al fatto che la CIA abbia rinviato
gli asset libici alla libia per scatenare la ribellione.” [intervista
a PressTV, 16 aprile 2011]
Sui capi delle rivolte: “I membri
chiave hanno importanti rapporti con gli Stati Uniti. Khalifa Heftir,
un ex colonnello dell’esercito libico, ha vissuto gli ultimi 25 anni
a sette miglia dal quartier generale della CIA a Langley in Virginia,
senza evidenti fonti di reddito.* Mahmoud Jibril ha ottenuto nel 1985
il PhD dalla University of Pittsburgh
con Richard Cottam, un ex ufficiale dell’intelligence
in Iran, che è poi diventato un rinomato politologo specializzato in
Medio Oriente.
Jibril ha passato molti anni lavorando
con il figlio di Gheddafi, Saif, sulle riforme politiche ed economiche,
ma dopo che gli integralisti di regime rigettarono le riforme, Jibril
ha lasciato la Libia frustrato un anno fa. ** Jibril è fuori dalla
Libia da quando sono iniziate le sommosse, per poter incontrare leader
stranieri. *** Poi c’è il ministro delle finanze del governo ribelle,
Ali Tarhouni, che è rimasto in esilio negli ultimi 35 anni. Il suo
ultimo lavoro è stato quello di insegnante alla University of Washington.
* “Professor: In Libya, a civil war, not uprising“,
NPR, 2 aprile 2011, www.npr.org/2011/04/02/135072664/professor-in-libya-a-civil-war-not-uprising.
** Farah Stockman, “Libyan reformer new face of rebellion“,
The Boston Globe, 28 marzo 2011.
*** Kareem Fahim, “Rebel leadership in Libya shows strain“,
The New York Times, 3 aprile 2011.
da Stephen Gowans, WordPress, 23 aprile 2011, “West on guard
against the outbreak of peace in Libya”.
(3) Paul Craig Roberts, ex vice
segretario del Tesoro USA, intervistato su PressTV
il 16 aprile del 2011: “I rivoluzionari libici hanno istituito
una banca centrale e hanno avviato una piccola produzione di petrolio
e trattano con gli americani e altre società occidentali. Va da sé
che non si è mai visto nulla di simile nel bel mezzo di una rivoluzione.
Secondo me, quello che sta avvenendo
è paragonabile a quello che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna fecero
in Giappone negli anni ’30. Quando bloccarono il petrolio, la gomma,
i minerali del Giappone: ciò fu all’origine della Seconda Guerra Mondiale.
E ora gli americani e gli inglesi stanno facendo la stessa cosa con
la Cina. […] I cinesi avevano 30.000 persone sul posto e hanno dovuto
evacuarne 29.000.
PressTV: Questi altri paesi accoglierebbero
a braccia aperte le truppe Nato sul loro territorio?
Roberts: Certo. Sono nelle mani della CIA. É un’operazione della CIA,
non una protesta legittimata dalla popolazione libica. É una ribellione
armata che non ha alcun supporto nella capitale. Avviene a est, dove
ci sono i giacimenti di petrolio, che è destinato alla Cina. […]
Gli scambi tra Stati Uniti e Libia lo scorso anno ammontavano a 2,7
miliardi di dollari e compagnie come Halliburton, Dow Chemical, Fluor,
Occidental, Hess, Marathon, Conoco Phillips, Caterpillar, Boeing e ExxonMobil
si stanno facendo strada a gomitate nei settori dell’ingegneria, dell’edilizia
e dell’energia.”
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Obama, Cameron e Sarkozy hanno mandato
un messaggio all’Unione Africana nell’op-ed
del 14 aprile. Bloccheranno qualsiasi tentativo di negoziazione di pace
in Libia che non comprenda l’estromissione di Gheddafi e l’apertura
dell’economia libica.
La seconda direttiva ci è fornita nell’op-ed
dei tre leader. La Libia, scrivono, deve “sviluppare delle istituzioni
che fondino una società prospera ed aperta”. É eloquente che
i tre leader dicano ai libici quali istituzioni debbano sviluppare.
E se i libici non volessero una società aperta a questo punto del loro
sviluppo? E se volessero fare come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna
e la Francia in lunghi periodi della loro storia (e tuttora): una società
chiusa agli estranei in aree strategiche?
Mentre le istituzioni di una società aperta non sono esclusivamente
economiche, in una società aperta si aprono le porte all’integrazione
incondizionata nell’economia globale. In ciò differisce l’integrazione
strategica del governo di Gheddafi, basata su rapporti finalizzati all’aumento
dei redditi reali in Libia, piuttosto che al ritorno economico massimizzato
degli investitori stranieri. Non si può dire che la Libia abbia ostacolato
gli investimenti stranieri laddove hanno favorito lo sviluppo del paese,
ma è probabile che la società aperta che Obama, Cameron e Sarkozy
prevedono per la Libia abbia poco a che vedere con ciò che favorisce
la Libia e abbia invece a che vedere con ciò che favorisce gli investitori
e le corporation statunitensi, inglesi e francesi (Stephen Gowans,
WordPress, 23 aprile 2011, “West on guard against the outbreak
of peace in Libya”.
(4)
L’AOPIG (African Oil Policy Initiative Group) ha avuto un certo peso
nell’organizzazione dell’US African Command. Un rapporto AOPIG
ha evidenziato che l’U.S National Intelligence Council
ha stimato che nel 2015 gli Stati Uniti acquisteranno il 25% del loro
petrolio dall’Africa. La Naval Postgraduate School
della Marina USA ha evidenziato che nel gennaio 2007 la politica degli
Stati Uniti verso l’Africa, almeno a medio termine, sembra essere ampiamente
caratterizzata dal terrorismo internazionale, dalla crescente importanza
del petrolio africano per le necessità energetiche americane e dalla
notevole espansione e dal miglioramento delle relazioni sino-africane.
[Lawson, Letitia (gennaio 2007) “U.S Africa Policy Since the
Cold War“, Strategic Insights and AFRICOM, Wikipedia]
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Fonte: http://www.countercurrents.org/janson100511.htm
10.05.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIADA GHIRINGHELLI