SI SCROLLA DI DOSSO LA MINACCIA DI UNA ROTTURA
DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
I poteri e le istituzioni dominanti
in Europa sono disposte a rischiare un default greco e la sua uscita dall’euro se Atene si rifiutasse di soddisfare le richieste di austerità,
valutando che il sistema dell’eurozona è ora sufficientemente forte da resistere allo shock del contagio.
L’inondazione del credito a tre anni
della Banca Centrale europea ha rimosso la minaccia immediata di una
crisi bancaria e si è dimostrata un potente tonico per la fiducia, trasformando il carattere della crisi.Da novembre i rendimenti delle obbligazioni italiane e spagnole sono caduti a precipizio, scindendosi in modo sempre più netto dalle oscillazioni degli eventi quotidiani ateniesi.
L’effetto è stato quello di neutralizzare la briscola in mano alla Grecia: la minaccia implicita di abbattere l’intero edificio se fosse stata trattata troppo duramente.
“Non è la fine del mondo se qualcuno lascia l’eurozona“, ha detto Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea, manifestando in pubblico un punto di vista già prevalente a Berlino e nelle altre capitali settentrionali, mentre i di costi di salvataggio per la Grecia sono aumentati di altri 15 miliardi, portandosi a 145 miliardi di euro.
“Tutti hanno sempre detto che
se si lascia andare via una nazione, o se chiede di andare via, l‘intera
struttura crollerà. Ma non è assolutamente vero“, ha riferito
a De Volksrant.
La commissaria greca dell’UE Maria Damanaki ha detto che sono stati avviati “piani di contingenza”
per un ritiro della Grecia: “La politica per la Grecia è quella di una svalutazione interna nell’eurozona, ma ci sono sviluppi anche per altre soluzioni non riuscisse a restare nel percorso dell’euro.”.
Willem Buiter, capo economista di Citigroup, ritiene che l’avvento di una BCE più attiva e il ruolo più marcato del Fondo Monetario Internazionale abbiano rimosso gran parte del “rischio di coda” di una debacle greca.
Per questo i dirigenti dell’UE non
hanno più intenzione di essere ricattati dalla Grecia sulle condizioni degli aiuti. La fuoriuscita del paese dall’UEM è divenuta più probabile e ora è un evento dato al 50%.
“All’inizio di settembre del 2011 avevamo ipotizzato che il costo dell’uscita greca per l’eurozona e il resto del mondo sarebbe stato molto alto. Ora riteniamo che questi costi siano molto più bassi perché il ‘contagio per la paura di una fuoriuscita’ potrebbe essere contenuto. L’abbandono greco non porterebbe quindi a una rottura completa dell’area euro lungo la linea divisoria centro-periferia“, ha asserito.
Dal 2009 le banche straniere hanno
tagliato del 60% l’esposizione con la Grecia, portandola a 80 miliardi di euro, riducendo lo shock a un livello che potrebbe essere assorbito dai grandi istituti “senza forti sconvolgimenti“.
Mentre il nord dell’Europa ha perso la pazienza con la Grecia, è sempre più disposto a sostenere i governi riformati in Italia, Spagna, e Portogallo che adempiono
diligentemente alle richieste di austerità, con un effetto confortante
sui mercati.
Buiter ha detto che alcuni potenti
creditori sperano davvero di vedere estromessa la Grecia per “dare
un esempio” e per impartire una sobria lezione agli azzardi morali.
Il rischio è che una simile strategia
possa dare effetti indesiderati, scatenando un contagio che porterebbe
a una sequela di “fermate improvvise” per il finanziamento
degli stati più deboli. “In assenza di un firewall/bazooka ufficiale che possa disincentivare un ritiro dei mercati del finanziamento, ci potrebbe essere una sequenza di uscite forzate, riducendo l’area euro a una zona D-Mark allargata”, ha detto.
I critici pensano che il focus
dell’EU sulla Grecia – solo il 2,5% dell’eurozona – stia ignorando le grandi divisioni Nord-Sud nella competitività commerciale che sono alla base delle motivazioni della crisi. “Anche se la Grecia dovesse lasciare, i difetti strutturali che hanno spinto l’euro sul baratto affliggerebbero ancora Portogallo, Spagna e Italia“, ha detto Persson, direttore di Open Europe.
“Penalizzati da un tasso di interesse mal allineato e da una moneta sopravvalutata, questi paesi
a rischio hanno proseguito nella stagnazione e persino nella contrazione
sotto il peso dell’austerità imposta dall’UEM. Mancando la condivisione
del debito o i trasferimenti da nord a sud – che sono politicamente impossibili al momento – non è assolutamente chiaro se riusciranno a rimanere nell’euro.”
Silvio Peruzzo di RBS ha detto che
è improbabile che la Grecia sia un “caso speciale” proprio mentre l’eurozona combatte la recessione e l’austerità mostra i denti: “Noi riteniamo che il Portogallo sia soggetto allo stesso percorso. I rendimenti delle obbligazioni portoghesi a 10 anni sono al 13% ed è evidente il paese non sarà in grado di finanziarsi. Avrà bisogno di un secondo pacchetto di salvataggi.”
Nei piani dell’UE e del FMI era prevista una contrazione dell’economia greca pari al 3,5% nell’ultimo anno. Alla fine il calo è stato quasi del 6%. Il rischio è che il Portogallo
entri nella stessa spirale debitoria e che fallisca i propri obiettivi per il deficit.
Peruzzo ha detto che è probabile
che l’UE tradisca i suoi impegni per evitare gli haircut ai possessori privati del debito portoghese. Ciò potrebbe creare un altro spasmo sgradevole in questa crisi.
Klaus Regling, direttore del fondo
di salvataggio europeo EFSF, ha asserito che il nuovo governo
a Lisbona sta acconsentendo a tutte le richieste e che deve ancora ottenere il riconoscimento che si merita: “Il Portogallo è sulla strada giusta, ma i mercati non lo stanno ancora premiando.”
Goldman Sachs ha detto che il Portogallo probabilmente avrà bisogno di un altro salvataggio dai 30 ai 50 miliardi di euro.
Fonte: Greek trump card fails as stronger Europe shrugs off break-up threat
07.02.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE