Guillaume Durocher
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Il presidente uscente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, durante le sue ultime settimane in carica si è rivelato di una franchezza sorprendente. Ha da poco concesso una lunga intervista al quotidiano belga L’Écho, in cui parla della sua attività e delle sue frustrazioni come capo dell’Unione Europea. Juncker, dal 2014 ha dovuto affrontare la crisi greca, la crisi dei migranti e la cosa più temuta dagli eurocrati, il voto britannico sull’uscita dall’UE. I suoi commenti rispecchiano in pieno la mentalità dei massimi funzionari dell’UE.
Juncker inizia commentando su come il piccolo Belgio non riesca a consolidarsi come nazione. Il Belgio è composto dalle Fiandre, di lingua olandese, nel nord e dalla Vallonia, di lingua francese, nel sud. Ad est, c’è persino una piccola comunità di lingua tedesca. Nel frattempo, la capitale Bruxelles, inizialmente di lingua olandese, poi di lingua francese, è stata praticamente consegnata ai migranti afro-islamici, agli espatriati europei e agli zingari. Nella città, i Belgi autoctoni sono una piccola minoranza.
La parola a Juncker:
Nei 30 anni in cui ho frequentato la Riviera belga, ho avuto modo di osservare che la tolleranza è drasticamente calata. Trent’anni fa, quando andavo dal fornaio o dal macellaio, potevo ordinare in francese, oggi non lo accettano più. Quindi parlo tedesco, accettano i Tedeschi più dei francofoni. Il Belgio potrebbe essere un modello di perfetta convivenza. Sfortunatamente non lo è, e la cosa mi rattrista. . . .
Il Belgio è uno stato, ma le comunità si considerano nazioni, intendo le Fiandre. La stessa Vallonia non ha una concezione nazionale [propria], mentre le Fiandre credono di essere e agiscono come una nazione. Ed è un miracolo vedere queste due entità, in fondo così diverse, vivere insieme senza coesistere.
In breve, Juncker è sostanzialmente d’accordo con la controversa dichiarazione di Nigel Farage sul Belgio fatta durante il suo leggendario discorso di alcuni anni fa contro l’allora presidente del Consiglio dell’UE, Herman Van Rompuy: “Sembra che lei abbia in odio il concetto stesso degli stati-nazione, forse è perché lei proviene dal dal Belgio, che, ovviamente, non è propriamente una nazione.“ Juncker e Farage hanno semplicemente sottolineato l’ovvio. Tuttavia, il quotidiano britannico The Independent poteva all’epoca scrivere con falsa erudizione cosmopolita: “In Gran Bretagna alberga il vecchio pregiudizio di destra che il Belgio non esista.”
Negli stati multinazionali, la politica democratica di solito incoraggia le tendenze centrifughe e secessioniste. Le popolazioni di lingue diverse tendono a non socializzare tra loro, sono più propense a seguire i propri media per soddisfare i propri interessi e i propri gusti e sviluppare una coscienza comune linguisticamente orientata (una delle caratteristiche della nazionalità). I media e i politici democratici fanno naturalmente appello a queste comunità e tendono a distruggerle. Questo può essere un processo pacifico, come in Belgio o in Canada, o estremamente sanguinoso, come quando la democrazia aveva sconvolto la Jugoslavia comunista.
In Belgio, la Vallonia è un fallimento economico che vota socialista, mentre le Fiandre, economicamente dinamiche, votano in modo schiacciante per i partiti (pseudo) nazionalisti. I Valloni vogliono più sovvenzioni dal governo centrale, mentre i Fiamminghi sono stanchi di sborsare soldi per i Valloni. A nessuno piace essere costretto ad imparare la lingua dell’altra comunità, cioè il francese o l’olandese, ma questa è una necessità per molte attività. I francofoni sono assurdamente intolleranti delle scelte elettorali fiamminghe, in pratica si rifiutano di prenderle in considerazione e demonizzano i due partiti fiamminghi maggiori .
Juncker insiste sull’incapacità del Belgio di consolidarsi come nazione; nonostante esista uno Stato belga da quasi due secoli, è una “questione puramente belga,” senza paralleli nell’UE. Ma, in effetti, vediamo tra le nazioni dell’UE la stessa identica divisione e le stesse frustrazioni, nella misura in cui queste nazioni vengono forzatamente costrette a seguire le stesse politiche uguali per tutti (si pensi alla Germania e alla Grecia nella zona euro). Sono sempre più perplesso dal fatto che coloro che non sono riusciti a cementare 10 milioni di Belgi in una vera comunità insistano sul fatto che dovremmo sottometterci in eterno ai loro asfissianti tentativi di provarci con 500 milioni di Europei.
Juncker discute a lungo sulla crisi dei migranti, che ha caratterizzato e segnato l’ultima parte del suo mandato. Si chiede: “Prima di tutto, dobbiamo proteggerci dai meno fortunati? Dobbiamo proteggerci da coloro che fuggono dalla guerra, dalla tortura, dallo stupro e dalla mancanza di prospettive per i loro figli?” Beh, è noto che, nel 2015, la decisione della cancelliera tedesca Angela Merkel di far entrare a tutti i costi circa un milione di migranti ha, com’era prevedibile, portato ad un enorme aumento della criminalità legata all’immigrazione.
Macabri attacchi con coltelli e autoveicoli da parte di terroristi islamici naturalizzati sono diventati un evento normale e regolare in Germania. L’ex capo dell’intelligence tedesca ammette che, non essendoci nulla di certo sull’identità di questi migranti, l’invasione è stata “un enorme rischio per la sicurezza.” Nel 2016, i non Tedeschi rappresentavano il 30,5% di tutti i sospettati di atti criminosi in Germania, nonostante costituissero solo il 10% della popolazione. Quell’anno, gli omicidi premeditati e gli omicidi colposi erano aumentati del 14,3%, mentre le violenze e le aggressioni a sfondo sessuale erano aumentate del 12,7%. Sempre nello stesso anno, in Germania, criminali non tedeschi avevano stuprato o aggredito sessualmente oltre 2.500 donne, cioè 7 donne al giorno.
Non è eccessivo affermare che, a causa del loro irresponsabile rifiuto di sorvegliare i confini dell’Europa e di far rispettare le leggi e le preferenze degli Europei sull’immigrazione, politici come Juncker e la Merkel sono responsabili del sangue versato da molti Europei innocenti.
Juncker, sorprendentemente, aggiunge: “Credo che per l’Europa sia sempre stato un onore quello di accogliere sul proprio territorio tutti quelli che vengono perseguitati per motivi religiosi, razziali, nazionali e di altro tipo.” Questa affermazione, storicamente, non ha molto senso.
Juncker rincara la dose a proposito dell’adozione da parte dell’UE di un programma di ridistribuzione forzata dei migranti, voluto, su suggerimento della Commissione, da una super maggioranza di Stati. Com’era prevedibile quindi: “gli altri stati [cioè Ungheria, Polonia, Slovacchia. . .], che non facevano parte di questa maggioranza qualificata, si sono rifiutati di applicarla.” Chi avrebbe potuto prevedere che tali misure si sarebbero rivelate impopolari, inapplicabili e controproducenti?
Parla poi di “questo populismo e di questa tendenza di estrema destra che ci farebbe dire di no all’arrivo di quelli diversi da noi“:
Rimango sconcertato dal fatto che quelli in Europa, che dicono di essere democratici e cristiani, non siano in grado di mostrare un minimo di solidarietà. Lo spirito cristiano che sostengono dovrebbe portarli in modo naturale a non respingere coloro che sono diversi da noi. Lo trovo . . . antistorico, antibiblico.
E io lo trovo troppo stupido e storicamente analfabeta per commentarlo ulteriormente.
Juncker afferma poi che quelli che combattono “ciò che loro chiamano l’invasione islamica,” anche solo inconsciamente, porteranno a “situazioni che conoscevamo negli anni ’30,” cioè nazismo e genocidio. A questo proposito, il Giappone continua ad essere in gran parte monoetnico e, nel 2018, ha accolto 42 rifugiati [sic]. I politici come Juncker tuttavia non riescono a capire che le nazioni monoetniche come il Giappone rischieranno molto meno di assistere a genocidi e a scontri etnici sul loro territorio rispetto ai nuovi e “diversi” paesi occidentali. Inoltre, le ragazze giapponesi non sono a rischio di essere violentate da bande di pedofili pakistani e i monumenti giapponesi, a differenza di quelli francesi, non sono protetti da ostacoli anti-veicolari e da vetri antiproiettile per scoraggiare i terroristi islamici. Diamine, se in Giappone noleggiate una bicicletta, non vi verrà nemmeno dato il lucchetto, talmente sicuro è il posto.
Juncker afferma: “Il nostro stile di vita europeo è caratterizzato proprio dalla protezione di ogni individuo e, in particolare, dei più vulnerabili.” Non sono necessariamente del tutto in disaccordo: gli Europei si contraddistinguono per la loro compassione e il loro moralismo (spesso narcisistico). Ecco perché i bianchi sono così ansiosi di dedicare tempo e denaro ad enti di beneficenza per ogni sorta di cause, comprese quelle che favoriscono soprattutto i non europei. Aiutare le persone in difficoltà, specialmente se ciò richiede solo un sacrificio economico personale, è un segno di compassione e di autocontrollo. L’Europa dovrebbe contribuire a promuovere la pace in Medio Oriente, rifiutando qualsiasi politica volta alla distruzione delle nazioni arabe attraverso le guerre di aggressione e migliorare le condizioni di vita locali, in modo che i rifugiati possano far ritorno a casa.
Secondo Juncker, tuttavia, avere uno “stile di vita europeo” significa adottare una politica favorevole all’immigrazione che, a lungo termine, distruggerà l’Europa geneticamente e culturalmente. Secondo Juncker, lo “spirito cristiano” richiederebbe la trasformazione del centro storico della cristianità in un continente islamico, proprio come il Vicino Oriente Romano Cristiano e il Nordafrica erano stati brutalmente islamizzati con la forza, circa 14 secoli fa.
Mi sembra che Sua Santità, il Dalai Lama, sia molto più saggio. Di recente ha detto:
I paesi europei dovrebbero prendere questi rifugiati e dare loro istruzione e formazione. E poi [dovrebbero] tornare nella propria terra. . . . Un numero limitato [di rifugiati] … OK. Ma l’intera Europa alla fine diventa un paese musulmano? Impossibile. O un paese africano? Anche questo è impossibile. . . . L’obiettivo dovrebbe essere fare in modo che i migranti ritornino e aiutino la ricostruzione dei loro paesi. . . . Essi stessi [i rifugiati], penso stiano meglio nella loro terra. Meglio. Tenete l’Europa per gli Europei.
Aiutare davvero gli altri non vuol dire aprire la propria patria all’invasione, e neanche significa autodistruggersi.
Juncker è pessimista riguardo al futuro:
Lei mi chiede se sono preoccupato: sì, lo sono. E dico che dobbiamo combattere l’estremismo di destra e che dobbiamo sbarrare la strada ai populisti. Non si possono combattere i populisti facendo proprie la metà delle loro proposte: se li si insegue, non si vedranno mai gli elettori che li affrontano. [sic]
In parole povere, è necessario continuare ad ignorare la preoccupazione degli elettori per l’immigrazione a livello di sostituzione e la riduzione in minoranza degli Europei autoctoni.
Sul primo ministro ungherese Viktor Orbán:
Orbán, è per me, il mio amico dittatore. Con lui ho un buon rapporto personale. Lo ammiravo molto alla fine degli anni ’90 quando, da giovane attivista in una delle principali piazze di Budapest, aveva detto: le truppe russe devono lasciare l’Ungheria. In quel momento ci voleva coraggio per dirlo. Poi ha cambiato le sue idee. Però mi piace ancora come persona.
Juncker, un forte bevitore, è un tipo socievole, senza dubbio. In realtà mi sono divertito a seguirlo nel corso degli anni: proprio per il fatto di aver ricoperto per un decennio la carica di primo ministro lussemburghese, potrebbe anche essere abbastanza sincero sui metodi non democratici ed ingannevoli dei leader dell’UE.
Sulla Brexit:
Durante questi dialoghi con i cittadini ho sempre osservato come la gente pensi che l’Europa sia responsabile di tutto. Avevo delle difficoltà a spiegare ai cittadini con cui parlavo che non era così. Ma, dal momento che i giornali dicono sempre che l’Europa è onnipresente, i cittadini iniziano a crederci. Questo è il motivo del risultato del referendum sulla Brexit.
Questo è in parte vero: sia gli attivisti anti-UE che quelli pro-UE avevano sopravvalutato l’impatto di Bruxelles. Tuttavia, il fatto è che Juncker e la Merkel, dando il benvenuto ad un milione di immigrati clandestini, hanno davvero offerto ai fautori della Brexit un’occasione d’oro. Non credo che la Brexit sarebbe stata possibile senza questo errore, che, tra l’altro, aveva dato a Farage l’idea per il suo memorabile poster della campagna [pro-Brexit].
Cameron era convinto che avrebbe vinto il referendum [sulla Brexit]. Gli avevo detto decine di volte che avrebbe perso. All’epoca, avevo fatto una scommessa con il commissario britannico [dell’UE], Lord Jonathan Hill, che aveva pronosticato una loro vittoria [dei fautori del remain]. Avevo scommesso un euro contro una sterlina. Avevo vinto la sterlina.
Come al solito, la dice lunga il fatto che Juncker dia semplicemente per scontato che una grande nazione europea sceglierebbe di lasciare l’UE, se mai le fosse stata data la possibilità di farlo.
Tuttavia, Juncker considera la sua amministrazione un successo: la Grecia è stata mantenuta nell’eurozona (anche se ad un elevatissimo costo socioeconomico), sono stati siglati 14 accordi commerciali, è stata evitata una guerra commerciale con l’America di Donald Trump e “tutti gli Stati membri hanno adottato una base minima dei diritti sociali, compreso un salario sociale minimo” (quest’ultimo è purtroppo molto variabile e non è presente in tutta l’Unione, il salario medio in Bulgaria è di €500 al mese).
Juncker conclude:
Mi rattrista non essere riuscito a far amare l’Europa agli Europei. C’è una distanza tra gli Europei e l’Europa che mi rattrista. Anche se, secondo gli ultimi sondaggi, l’Unione Europea non è mai stata così benvoluta dagli Europei come lo è oggi. Ho letto che i risultati dei sondaggi sono buoni, ma non ci credo.
L’intervista a Juncker fa capire che sta scrivendo le sue memorie dedicate all’Europa: “Descriverò l’amore della mia vita. È difficile scrivere sull’amore, perchè qualsiasi descrizione dell’amore manca di sfumature.”
Così, alla fine della sua carriera, Juncker è sempre più perplesso dell’impopolarità dell’UE. Non gli viene mai in mente che l’UE potrebbe rivelarsi più popolare se, in realtà, facesse appello alla comune identità civile europea e rispondesse alle preoccupazioni dei cittadini riguardo all’immigrazione afro-islamica di sostituzione.
Ma il fatto è che per uomini come Juncker parole come “Europa” o “cristiano” non hanno alcun significato, tranne quello delle ultime mode ideologiche dell’élite globalista, vale a dire le persone come lui. Queste parole certamente non hanno nulla a che fare con le dure misure che uomini come Carlo Magno, che gli eurocrati rivendicano ancora come una sorta di precursore, avevano effettivamente preso per salvare l’Europa dall’invasione islamica e unire il continente dal punto di vista culturale e religioso (cercate “Vitichindo“). Per Juncker, “l’Europa” non rappresenta una razza e una civiltà risalente a migliaia di anni fa, né una famiglia di nazioni, ma è semplicemente un apparato economico-amministrativo che ha il compito di trasformare questo segmento occidentale dell’Eurasia in un altro reparto del Bazar Globale Senza Frontiere.
A rischio di alimentare il risentimento intergenerazionale, direi che Juncker incarna tutto ciò che non va nella generazione del dopoguerra. Alla fine, questi non vedono altro se non la crescita economica e il comfort materiale. Per loro la storia inizia con Adolf Hitler e termina con Martin Luther King. Non è mai accaduto nient’altro che valga la pena di imparare, emulare o imitare. Quindi, tali uomini non riescono a vedere nulla di male nella trasformazione delle caratteristiche demografiche europee in un diabolico incrocio tra il Brasile e la Bosnia, con risultati prevedibili. Sarà brutto. Ma, naturalmente, per quelli con gli stipendi a sei cifre le cose andranno bene. . .
È interessante notare che molti dei principali leader europei degli ultimi anni, Juncker e la Merkel, ma anche il francese Emmanual Macron e la britannica Theresa May, sono senza figli. Non hanno quindi alcun interesse biologico personale nel futuro. Perché dovrebbero quindi crucciarsi per l’aspetto dell’Europa tra 50 o 100 anni o preoccuparsi delle conseguenze dell’importare altre persone in sostituzione dei bambini europei?
Con un notevole cambiamento di stile, la presidente entrante della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha 7 figli. Ha detto al Parlamento europeo nella sua dichiarazione di apertura alla cerimonia di inaugurazione della sua presidenza:
Vorrei raccontarvi una storia che riguarda i punti di vista. Quattro anni fa, ho avuto la fortuna di accogliere in casa mia e nella mia famiglia un rifugiato siriano di 19 anni. Non parlava tedesco ed era profondamente segnato dalla sua esperienza della guerra civile e della fuga. Oggi, 4 anni dopo, parla correntemente tedesco, inglese e arabo. Di giorno è un leader della sua comunità, di sera lavora alla sua formazione professionale e studia per il diploma di scuola superiore. È una fonte d’ispirazione per tutti noi. Un giorno vuole tornare a casa.
Una battuta finale confortante.
Guillaume Durocher
Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/gdurocher/retiring-eu-chief-jean-claude-juncker-still-has-no-idea-what-he-did-wrong/
22.09.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org