Israele: il fallimento della gestione Covid-19

Israele, nonostante la campagna di vaccinazione arrivata ormai alla quarta dose, si ritrova a fare i conti con il nuovo aggravarsi di un'emergenza che sembra non avere fine.

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Di Filippo Della Santa, ComeDonChisciotte.org

Israele è stato fin dall’inizio uno dei paesi da tenere sotto stretta osservazione al fine di valutare l’impatto delle misure intraprese nel contrasto alla diffusione del virus Sars-Cov-2.
Definito il “laboratorio di Pfizer nel mondo” dallo stesso CEO dell’azienda, Albert Bourla, e uno dei primi paesi ad istituire lo strumento del passaporto vaccinale lo scorso febbraio, ha circa il 72% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino, mentre il 65% degli israeliani risulta completamente vaccinato.

Man mano che nuovi dati evidenziavano un calo repentino dell’efficacia della vaccinazione a pochi mesi di distanza, il paese ha avviato prima la campagna per la terza dose (o dose “Booster“) ed addirittura a fine anno anche quella per una quarta dose di vaccino a partire da anziani e fragili.

Ad oggi quasi 4,5 milioni di persone hanno ricevuto la terza dose, ed oltre 600.000 la quarta:

Popolazione vaccinata Stato d'Israele
Numero di abitanti vaccinati rispettivamente 1,2,3 e 4 volte, fonte

Risulta chiaro come con questi numeri e queste misure il paese sarebbe già dovuto uscire dall’emergenza Covid-19.
Invece quella che possiamo osservare è l’ennesima riproposizione di una situazione che va avanti ormai da due anni, con il solito aumento dei positivi seguito da quello di ospedalizzazioni e decessi.

In particolare, complice anche la diffusione della variante Omicron, il paese israeliano ha raggiunto un numero di casi record, con un picco di oltre 70.000 nuovi positivi giornalieri:

Nuovi casi giornalieri confermati
Nuovi casi giornalieri confermati, fonte Ourworldindata

Risulta evidente il fallimento dello strumento del Green Pass nel controllare e contenere la diffusione del virus, talmente evidente che persino il Ministro delle Finanze Avigdor Liberman ha recentemente dichiarato:

“Non c’è alcuna logica medica ed epidemiologica nel Green Pass, come molti esperti concordano. Ma c’è un danno diretto all’economia, al funzionamento quotidiano [del Paese] e inoltre un contributo significativo al panico tra la popolazione. Sto lavorando con tutte le parti per eliminare il Green Pass e preservare una routine normale per tutti noi”

Naturalmente stiamo parlando di positività ad un tampone, quindi si potrebbe obiettare come continuare con ripetuti richiami protegga la popolazione dalle forme gravi della malattia e fornisca un certo impedimento alla diffusione del virus.
Nemmeno questo però può essere dato per scontato: prima di tutto nemmeno la quarta dose ha dimostrato di saper contenere i contagi, come emerge da uno studio recente condotto proprio in Israele, inoltre anche l’andamento delle terapie intensive ha subito un netto rialzo parallelamente all’aumento dei positivi :

Andamento terapie intensive giornaliere
Andamento settimanale terapie intensive, fonte Ourworldindata

Ricordiamo che Israele ha circa 8,5 milioni di abitanti, e le oltre 800 persone ricoverate in condizioni gravi equivarrebbero, per il nostro paese, a più di 5000 persone in terapia intensiva. Un picco mai raggiunto nemmeno a marzo 2020.

A tali osservazioni si potrebbe obiettare come ad un così marcato aumento dei contagi non sia seguito un proporzionale aumento delle forme gravi della malattia, attestando quindi l’efficacia delle vaccinazioni.

L’osservazione è pertinente. Tuttavia questo andamento si riscontra in tutti i paesi che attualmente stanno vivendo una “quarta ondata”, indipendentemente dalle percentuali di vaccinazione e dal numero di dosi somministrate, e sembra pertanto più legato all’evoluzione del virus e all’immunità naturale progressivamente sviluppata dalla popolazione.

Tutto questo ignorando, come riporta il Jerusalem Post, che il 55% dei pazienti in condizioni gravi ha ricevuto le tre dosi di vaccino Pfizer.

Infine anche la stessa Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha messo in guardia da possibili rischi per il sistema immunitario sottoposto a continue dosi di richiamo. Pertanto se anche questa riduzione dei casi gravi potesse essere attribuita esclusivamente alle vaccinazioni la strategia non è comunque sostenibile a lungo termine.

Alla luce di quanto visto non stupisce come anche l’ex presidente dell’Istituto biologico del ministero della Difesa di Israele, professor Shmuel Shapira, si sia scagliato contro i vaccini del colosso farmaceutico Pfizer, definendoli “mediocri” ed efficaci soltanto “a breve termine“.
Dubbi su tale strategia erano stati mossi già la scorsa estate, durante la terza ondata, eppure si è deciso di proseguire sempre nella stessa direzione, con nuovi richiami mirati a stimolare la risposta immunitaria verso una variante del virus ormai scomparsa.

I tempi saranno adesso maturi per immaginare un netto cambio di direzione, non solo in Israele ma anche nel resto del mondo? Oppure si proseguirà ancora con restrizioni, Green Pass e continue dosi di vaccino da somministrare ogni pochi mesi?

Di Filippo Della Santa, ComeDonChisciotte.org

26.01.2022

 

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