DI GUIDO SALVADOR
Nell’articolo si analizzano sulla base di una analisi ingegneristica le fasi iniziali del crollo evidenziando alcuni fatti non spiegabili sulla base della ricostruzione ufficiale eseguita dal NIST (National Institute of Standards and Technology) ed anche alcune incongruenza rilevate nella stessa.
Viene proposta quindi una spiegazione compatibile con il reale svolgimento dell’evento.
Le certezze del NIST e i luoghi comuni della memoria collettiva.
Ricordiamo come è crollata la torre 1 quando l’antenna ha cominciato a sprofondare maestosamente dritta, verticale per diversi piani mentre le pareti la seguivano inchinandosi sotto il peso resistendo fino al momento dello scoppio polveroso, al 97° piano dopo due secondi.
E poi ancora la discesa inesorabile del nucleo centrale fino al 92° con una grande fiammata e i piani che si accatastavano venti metri più in alto, cedendo uno alla volta. E infine la massa che scende e divora uno ad uno tutti i piani sottostanti ancora fermi, in attesa, al ritmo di dieci ogni secondo.
Il tutto si è svolto in una nuvola di povere e in un tempo breve e difficilmente stimabile con la precisione necessaria per la chiara comprensione degli eventi i cui primi istanti, i più importanti, possiamo riassumere come la caduta verticale dell’antenna per quasi due secondi con la discesa del nucleo fino al 92° piano mentre i piani superiori si insaccano uno dopo l’altro.
E cosa dicono le fonti ufficiali, il NIST ad esempio, riguardo la dinamica del crollo? Nulla!
Sembra strano ma lo studio si limita ad analizzare esclusivamente le sole cause iniziali perché si cercavano, giustamente, eventuali difetti di costruzione, delle indicazioni per migliorare la sicurezza e nient’altro.
Il NIST ha cioè studiato il modello di una porzione limitata della torre, una decina di piani su 110, ipotizzando diverse possibili dinamiche dell’impatto, ciascuna con le proprie conseguenze; sono state quindi esaminate due differenti possibilità di danni per ciascuna torre e solamente per quelle più severe si è ottenuto, dal calcolo, il collasso della struttura, accettando quindi l’ipotesi come causa del crollo.
Il NIST non ha fornito alcuna dinamica riguardo l’evento complessivo dicendo semplicemente: poiché il collasso è realmente avvenuto, i danni iniziali erano quelli ipotizzati e i calcoli eseguiti corretti!
Ma al di là del fatto che questa procedura a ritroso pone qualche problema di logica, vedremo come la effettiva dinamica del crollo sia incompatibile con questo pregiudizio mai comprovato, e molto simile invece a tutt’altro.
Come si è detto sono state analizzate dal NIST le sole cause che hanno dato inizio ai cedimenti e ne sono state individuate tre:
1- danni alle colonne causati dall’impatto;
2- incendi (non quello del carburante durato pochi minuti, ma quelli innescati come conseguenza);
3 – asportazione del rivestimento antincendio.
E’ stato poi puntualmente precisato che queste cause non sarebbero state sufficienti a provocare il dissesto strutturale se prese singolarmente ma solo nella combinazione complessiva assunta come ipotesi.
Per allontanare alcuni luoghi comuni presenti spesso nelle discussioni è bene chiarire che per il crollo non hanno influito:
– nè il peso dell’aereo, una frazione trascurabile rispetto a quello che già gravava sulla colonne (1) e comunque sarebbe inspiegabile perché la rottura è cominciata due o tre piani più in alto (2)
– nè l’energia dovuta alla velocità, assorbita in pochi minuti con qualche oscillazione e paragonabile comunque a quella di un vento non certo eccezionale (3)
– nè la ridotta percentuale di colonne danneggiate (la struttura poteva reggere indefinitamente, dice testualmente il NIST);
– nè ancora il fuoco perché sarebbero occorse almeno tre ore data la resistenza dell’isolamento (4)
Però la torre è comunque crollata.
Le due stranezze che nessuno ha spiegato.
Innanzitutto si può calcolare il tempo complessivo del crollo stesso sulla base della Fisica. Se si prescinde dalla resistenza dell’aria e delle colonne in ferro si ricavano circa 13 secondi, che possono diventare anche 20 tenendo in considerazione l’energia presumibilmente assorbita dalla struttura.
I rilevamenti sismografici sembrano indicare una decina di secondi ma dai filmati pare che il tempo sia stato maggiore, anche 18 secondi (5), compatibile quindi con una certa resistenza.
Lasciamo quindi da parte il cronometro e Galileo per concentrarci sulle palesi stranezze che si possono riscontrare . E quando dico palesi tengo in conto sia dello studio del NIST che della Scienza delle Costruzioni.
Analizziamo quindi i primi istanti del crollo un fotogramma per volta senza affidarci questa volta alla sola memoria, ma visionando il filmato: Link (6)
Risulta chiaramente visibile (7) che all’inizio sprofonda la parte centrale, il “core” formato da 47 colonne in acciaio che reggevano oltre la metà del peso, a causa della rottura di tutte le colonne insieme, così come testimoniato dalla verticalità dell’antenna altrimenti inspiegabile (8).
Al momento in cui avviene la fiammata al 92° piano l’antenna è già sprofondata per circa 5 piani e questo indica che la rottura del core e la conseguente discesa del blocco centrale è avvenuta a partire da 5 piani più in alto e cioè al 97°.
Questo fatto è importante e merita un chiarimento: a seguito della rottura del core al 97° tutta la parte centrale soprastante continua la discesa schiacciando di seguito il 96°, il 95°… mentre l’antenna scende di 1 piano, 2 … ecc.; quindi lo schiacciamento del 92°, denunciato dall’espulsione di fumo e fiamme uniforme su tutte le pareti, avviene proprio quando l’antenna si abbassa di 5 piani come si evince dai filmati.
In altri termini non può essersi rotto per primo ad esempio il 94° perchè in tal caso al momento dello schiacciamento del 92° l’antenna sarebbe scesa di soli 2 piani e non di 5.
Anche considerando una certa imprecisione nelle misure si ha comunque la conferma che la rottura è iniziata certamente tra il 96° ed il 98° piano.
Ma quì nasce il primo problema: al 96° erano state danneggiate solo una decina di colonne (9) per cui le altre 37 potevano reggere tranquillamente il carico anche dopo un’ora e mezza. Il NIST dice infatti che la temperatura dell’acciaio con il rivestimento ancora intatto non superava i 300° e perciò le colonne erano ancora in ottimo stato (10) e non potevano collassare (11). Ed invece il collasso è avvenuto dopo 102 minuti e il crollo verticale presuppone la rottura di tutte le colonne e non solo qualche decina.
Se invece si ipotizza che le colonne danneggiate (la solita decina abbattute dall’aereo) abbiano trascinato di seguito le altre, data la posizione asimmetrica di queste non è ancora spiegabile la discesa verticale dell’antenna. E l’antenna è caduta verticalmente, e il fuoco non ha atteso le famose tre ore per danneggiare le colonne ancora in ottimo stato.
La rottura al 97° è ancora più inspiegabile per i minori danni a quel piano.
Riguardo al 98° risultano incongruenti alcune affermazioni del NIST che dice: nessuna colonna isolata ha raggiunto i 300°, le colonne al 98° piano erano integre ed isolate, [ed ancora] il primo segno di movimento si è avuto al 98° piano! (12).
Il NIST conferma la zona della rottura (non si può contrastare troppo l’evidenza) e contemporaneamente mostra le contraddizione della sua analisi.
Si osservi ora la sequenza dei cedimenti delle facciate che invece segue un andamento diverso da quello del core. Dapprima collassano le colonne del 97° piano allorquando la parte centrale è già sprofondata e stranamente le pareti perimetrali continuano a rompersi in sequenza inversa, insaccandosi: 98°; 99°; 100; ecc. mentre i piani sottostanti – quelli danneggiati dall’aereo – restano in paziente attesa.
Le macerie scendono come in un imbuto guidate in verticale dalla struttura tubolare delle pareti; i solai si distaccano certamente dal core perché i travetti, semplicemente appoggiati, erano fissati con due bulloni da 15 mm.
In questo caso la stranezza consiste nel fatto che al momento in cui un piano urta sull’altro, tra quello in caduta e quello sottostante (quello fermo) si sviluppa una mutua forza uguale sopra e sotto, ma mentre la parte superiore è ancora sana e non soggetta ad altre forze trovandosi in caduta libera quella sottostante è invece danneggiata e compressa dal peso dei solai appesi o tirati dal core che si trova già più in basso. Perciò si sarebbe dovuta verificare la rottura del piano inferiore mentre nella prima fase è avvenuto l’esatto contrario (come si vede chiaramente nel filmato) per riprendere solo in un secondo momento la progressione verso il basso.
Alcuni hanno ipotizzato allora una diversa dinamica, consistente nel crollo completo dei solai uno sull’altro, il cosidetto effetto pancake, ma in tal caso la struttura esterna delle facciate, liberata dai pesi, sarebbe rimasta intera come un esoscheletro svuotato del contenuto.(13)
Il NIST afferma che il ruolo dei solai è stato quello di far piegare, a seguito delle grandi deformazioni e rotture, le colonne perimetrali e spiega così il collasso delle strutture di facciata.(14)
La figura, anche se grossolana e limitata a mezzo fabbricato, può aiutare a visualizzare la sequenza dei primi 2-3 secondi.
Per comprendere l’esatta dinamica dell’evento dall’istante iniziale alla sua conclusione e dire una parola definitiva sarebbe necessario uno studio completo, è tuttavia possibile trovare una spiegazione coerente con l’effettivo svolgimento dei fatti e che risolve le stranezze relative al crollo che ricordiamo essere:
1 – crollo iniziale del core verticale nonostante la capacità di resistenza e la asimmetria dei danni ad alcune colonne, in palese contraddizione con la dinamica indicata dal NIST. (v.nota 11)
2 – inversa dinamica del collasso nelle due fasi.
La pistola quasi fumante.
Se si fosse voluto demolire la torre 1 senza provocare danni agli altri fabbricati vicini come si sarebbe operato?
Innanzitutto si sarebbe utilizzata la resistenza tipica della struttura dotata di una maglia perimetrale di tipo tubolare al fine di guidare con sicurezza la discesa, come in una sorta di implosione senza rischio di ribaltamenti, procedendo dall’alto verso il basso.
Sarebbe bastato perciò che il core si rompesse per primo così che gli eventuali spostamenti orizzontali dovuti alla diversa resistenza delle colonne risultassero contrastati dalla maglia esterna che, attraverso i solai ancora integri al piano di rottura, sarebbe in grado di mantenere il nucleo sempre centrato all’interno del perimetro.
Per ottenere l’energia cinetica sufficiente ad innescare il processo di rottura dall’alto in basso basterebbe rompere con l’esplosivo le colonne centrali tutte insieme al 97° (o 98°) piano e poi in sequenza in alcuni altri piani al di sopra di questo in modo da avere la necessaria massa in movimento, operando inizialmente come nelle consuete demolizioni (si veda a proposito il WTC7).
In pratica a causa della massa in caduta dal 97° cedono dapprima le colonne del core danneggiate (quelle dal 96° al 92° in circa 2,5 secondi) mentre quelle perimetrali si sovraccaricano, si deformano ed inizia la rottura delle pareti a partire dal 97° piano e di seguito si rompono i piani superiori mano a mano che scendono, e questo grazie al taglio programmato del core al rispettivo piano.
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Da questo istante la regolare prosecuzione verso il basso viene aiutata mediante il taglio sincronizzato di alcuni dei piani inferiori (15). Non tutti i piani però, ma solo quelli di maggiore resistenza. Quelli cioè dove aumenta lo spessore delle colonne (in molti filmati si vedono i cosidetti squib che precedono di una decina di piani la discesa delle macerie).
Così facendo non occorre neppure minare il nucleo in tutti i piani; i telecomandi di azionamento delle cariche possono essere azionati a distanza da un computer che esegue, tra i vari programmi studiati in precedenza, quello con partenza dal particolare piano da cui si vuole cominciare.
Questo deve trovarsi ovviamente nell’intorno di quelli colpiti dall’aereo, abbastanza in alto per minimizzare il rischio di sbandamenti iniziali (come quello avvenuto nel WTC2) e dotato di una sufficiente massa al di sopra. Il range di possibilità è abbastanza ampio anche per fare fronte alle iniziali incertezze in relazione all’altezza di impatto del velivolo, ma questo non costituisce un problema dovendo semplicemente mandare in esecuzione un programma scelto tra quelli, come si è detto, già preparati in precedenza.
L’effetto finale sarebbe compatibile, per non dire sovrapponibile, con quanto si osserva nel crollo della torre 1: core che sprofonda in verticale, insaccamento in ascesa dei piani, assenza della struttura esoscheletrica, caduta ad imbuto delle macerie, distacco dei solai e tempo di caduta di quasi 20 secondi.
Un indizio su dove cercare
Non si puo’ affermare di avere riportato la prova incontrovertibile della demolizione premeditata ma certamente se ne è evidenziata la compatibilità con l’evento insieme all’inconsistenza dell’ipotesi di un crollo strutturale; forse non si è ritrovata la classica “pistola fumante”, a meno che non si voglia ragionare in base al principio del terzo escluso, comunque si è indicato un luogo dove poterla recuperare.
Note e approfondimenti:
(1) il peso di un solaio è almeno 1.500 tonnellate (pari a circa 15 aerei) per cui le colonne che reggevano più di 15 piani oltre al peso della struttura dell’antenna erano già caricate con un peso superiore a quello di 200 aerei ed erano progettate per sopportarne un altro centinaio.
(2) http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.87 tab. 6-2.
(3) http://wtc.nist.gov/pubs/Media_Public_Briefing_040505_final.pdf a pag.25/132 è riportato il grafico delle oscillazioni limitate a circa 1/3 di quelle previste in progetto a causa del vento.
(4) http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.55;56 la classe di resistenza al fuoco indicata (1B) prevede una resistenza di 3 ore per le colonne e 2 ore per travi e solai.
(5) http://911research.wtc7.net/wtc/evidence/videos/index.html
(6) il crollo ha inizio al tempo 6’10”,5
(7) il grafico mostra gli abbassamenti (riferiti al tempo indicato nel contatore) dell’antenna e delle pareti sulla base delle struttura bianca visibile in alto a destra sulla copertura; a parte le incertezze sulle misure l’andamento è abbastanza ben delineato
(8) Alcuni sostengono che vi sia stata una inclinazione dell’antenna verso Sud, e su questo si basa la ricostruzione del NIST, ma come mostrano chiaramente alcuni video ripresi da altre angolazioni disponibili sul sito di cui alla nota 5 l’antenna si inclina solo al momento della grande esplosione avvenuta dopo circa 2 secondi dall’inizio del crollo (al tempo 6’13” del video http://www.youtube.com/watch?v=5fH7c8H6SNw mentre il crollo inizia al tempo 6’10”,50 circa); si può vedere anche http://www.youtube.com/watch?v=qyNKZyONh24
e ancora meglio su http://www.youtube.com/watch?v=MItLEIBOzYU
le misure confermano che colonne del core si sono rotte tutte insieme e PRIMA delle pareti.
(9) http://wtc.nist.gov/pubs/Media_Public_Briefing_040505_final.pdf pag.19/132 (si rileva peraltro una certa confusione nei disegni e differenze con quello di pag 23 del rapporto di cui alla nota seguente)
(10) http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.30 e pag. 184, ove si afferma che nella simulazione effettuata nessuna colonna isolata ha mai superato la temperatura di 300° e che la temperatura non è stata incrementata fino al punto di avere una significativa perdita di forza o rigidezza.
Il NIST indica una resistenza ridotta al 80%, ma questa è ancora sufficiente considerato il coefficiente di sicurezza e comunque, anche se può apparire strano, l’acciaio fino a 300°C non perde resistenza ma la acquista (S. Timoshenko “Scienza delle costruzioni – volume secondo” – Ed. Viglongo 1970 – paragrafo 82 – proprietà meccaniche dei metalli alle alte temperature): si deve considerare infatti il carico di rottura e non quello di snervamento che tra l’altro a 300°C non si riscontra più.
(11) L’incremento del carico sulle colonne ancora isolate in caso di rottura delle 10 danneggiate corrisponderebbe al 30% circa, inferiore alla resistenza a rottura della struttura.
Alle pagg.144 e 185 del succitato rapporto viene fornita la seguente dinamica:
– le colonne della facciata Sud si sono piegate e indebolite e la parte soprastante ha incominciato ad inclinarsi rapidamente a Sud;
– i carichi non potevano più essere ridistribuiti alle colonne danneggiate del core;
– una volta che la sezione di edificio superiore ha cominciato a muoversi in giù la struttura indebolita non è stata capace di assorbire l’energia tremenda della sezione di edificio cadente e il crollo globale è conseguito.
La dinamica fornita dal NIST contrasta con l’evidenza dei fatti perchè il core è disceso per primo (come spiegato nella precedente nota 8) tirando verso il basso le pareti che si sono accorciate e solo dopo si è rotta la parete Sud: sono stati quindi invertiti causa ed effetto.
Alla luce di queste considerazioni non è spiegabile la rottura del core dal momento che la struttura poteva restare in piedi se non fosse stato per i fuochi che sono conseguiti (NIST), ma le colonne sane avrebbero potuto resistere come si è detto per almeno 3 ore.
(12)cfr. nota 2 http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.184
cfr. nota 2 http://wtc.nist.gov/pubs/Media_Public_Briefing_040505_final.pdf pag.19/132
cfr. nota 2 http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag. 87 tab.6-2
(13) una piccola porzione di struttura esterna in piedi si vede verso la fine del filmato proposto (6’42”)
(14) cfr. nota 11 http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag. 185;
(15) seri dubbi in relazione al fatto che il crollo avrebbe potuto o dovuto fermarsi ad un certo punto sono stati posti da un gruppo di ricercatori e scienziati con una richiesta ufficiale di chiarimento in merito alle energie e resistenze in gioco, cui il NIST ha risposto (http://www.911proof.com/NIST.pdf pag.4/6) semplicemente di non avere analizzato il fatto ma che era evidente la insufficiente resistenza dal momento che il crollo completo si è comunque verificato!
Guido Salvador
17.06.08