DI CHARLES DUHIGG E DAVID BARBOZA
New York Times
L’esplosione dello scorso maggio, un
venerdì sera, ha squarciato da una parte all’altra l’edificio
A5: un’eruzione di fiamme e rumore che ha piegato i tubi metallici come
fossero paglia secca.
Quando i lavoratori sono corsi fuori
dalla mensa, hanno visto il fumo nero salire dalle finestre in frantumi.
Veniva dagli impianti dove ogni giorno migliaia di cassette di iPad
venivano tirate a lucido dai dipendenti.Due sono morti sul colpo, più di una
dozzina sono rimasti feriti. Di quelli che venivano caricati sulle ambulanze,
uno in particolare colpiva l’attenzione. Le sue fattezze erano state
stravolte dalla raffica, corrose dalla violenza e dal calore, e al posto
di naso e bocca era rimasta solo una toppa rossa e nera.
“Lei
è il padre di Lai Xiaodong?”, chiese una voce al telefono nella
casa natale di Lai. Sei mesi prima, a 22 anni, Lai si era trasferito
a Chengdu, sud-est della Cina, per diventare uno dei milioni di uomini-ingranaggio
della macchina manifatturiera più grande e sofisticata del mondo. La
macchina che ha permesso a Apple e a centinaia di altre compagnie di
sfornare prodotti quasi con la stessa velocità dell’immaginazione.
“Ha avuto un problema”, disse la
voce al padre di Lai: “Si rechi in ospedale più in fretta che può.”
Nell’ultimo decennio la Apple è
diventata una delle più potenti, ricche e conosciute compagnie
del mondo, anche grazie alla supremazia nelle tecniche di produzione.
Come i suoi rivali nell’hi-tech
– e decine di altre industrie americane – la Apple ha raggiunto
una capacità di innovazione senza precedenti nella storia moderna.
E tuttavia, i lavoratori che assemblano
iPhone, iPad e altri prodotti sono spesso costretti a lavorare
in condizioni durissime, come viene testimoniato dagli stessi lavoratori,
dai loro avvocati e dai documenti pubblicati dalle stesse compagnie.
Il problema riguarda l’ambiente e le condizioni di lavoro, e soprattutto
la preoccupante – talvolta tragica – carenza di misure di sicurezza.
I dipendenti fanno gli straordinari
anche sette giorni su sette e vivono all’interno di dormitori sovraffollati.
Alcuni stanno in piedi così a lungo che le gambe gli si gonfiano al
punto di non riuscire a camminare. I prodotti della Apple sono costruiti
con l’aiuto del lavoro minorile e, secondo rapporti interni dell’azienda
e di associazioni di attivisti considerate affidabili, è successo che
i fornitori della Apple utilizzassero impropriamente scarti produttivi
e attestati falsificati.
Ancora più preoccupante, denunciano
le associazioni, è il fatto che i fornitori trascurano la salute dei
dipendenti. Due anni fa 137 lavoratori di un fornitore della Apple nella
Cina orientale riportarono ferite a causa di un solvente chimico velenoso
che era stato loro ordinato di utilizzare per pulire gli schermi degli
iPhone. L’anno scorso, nel giro di sette mesi, due esplosioni
nelle fabbriche dell’iPad – tra cui quella di Chengdu – uccisero
4 persone e ne ferirono 77. Prima delle esplosioni, la Apple era stata
avvertita delle condizioni fuori norma dello stabilimento di Chengdu,
secondo l’associazione cinese che pubblicò
l’avvertimento.
“Se la Apple era stata avvertita
e non ha preso provvedimenti, può essere portata in tribunale”, ha
detto Nicholas Ashford, ex presidente della National Advisory Committee
on Occupational Safety and Health, un gruppo di consulenza del Ministero
del Lavoro degli Stati Uniti: “Ma quello che è moralmente ripugnante
in un paese può essere una pratica accettata di business in un altro,
e le compagnie ne approfittano.”
La Apple non è l’unica compagnia
di elettronica a fare affari con fornitori “problematici”. Condizioni
di lavoro agghiaccianti sono state documentate all’interno di fabbriche
che producono per Dell, Hewlett-Packard, IBM, Lenovo, Motorola, Nokia,
Sony, Toshiba e altri.
I dirigenti in carica alla Apple come
quelli passati dichiarano che la compagnia ha fatto passi da gigante
negli ultimi anni nel miglioramento delle condizioni di lavoro. La Apple
ha un codice
di condotta per i fornitori
con standard dettagliati riguardo il carico di lavoro, le precauzioni
di sicurezza e altri aspetti. La compagnia ha introdotto un’intensa
campagna di controlli e, ogniqualvolta si riscontrano infrazioni, così
dice la Apple, vengono presi provvedimenti.
E i rapporti
annuali sulle responsabilità dei fornitori
sono spesso i primi a rendere conto delle infrazioni. Questo mese, per
la prima volta, la compagnia ha
rilasciato una lista che
identifica una gran parte delle aziende fornitrici.
Ma i problemi rimangono. Ogni anno
a partire dal 2007, più di metà dei fornitori controllati
dalla Apple ha violato almeno un aspetto del codice di condotta, secondo
i rapporti e, in molti casi, anche la legge. Molte violazioni concernono
le condizioni di lavoro più che le misure di sicurezza, ma persistono
fonti di preoccupazione.
“Alla Apple non
è mai importato nient’altro che incrementare la qualità
della produzione e diminuire i costi”, ha detto Li Mingqi, fino
all’aprile scorso manager della Foxconn
Technology, uno dei principali
partner manifatturieri della Apple. Il signor Li, che ha fatto causa
alla Foxconn per il proprio licenziamento, faceva parte della direzione
della fabbrica di Chengdu in cui ha avuto luogo l’esplosione.
“Alla compagnia non importa nulla
del benessere dei lavoratori”, ha detto.
Alcuni ex dirigenti della Apple parlano
di tensioni irrisolte all’interno della compagnia: la dirigenza s’impegna
a migliorare le condizioni di lavoro, ma l’impegno vacilla quando ciò
arriva a mettere in discussione i buoni rapporti con i fornitori o l’efficienza
nella consegna di nuovi prodotti. Martedì la Apple ha chiuso uno dei trimestri
più redditizi mai registrati
da una società nella storia, con 13 miliardi di dollari di profitti
e 46,3 miliardi di vendite. Le vendite avrebbero potuto essere anche
maggiori se le fabbriche d’oltreoceano fossero state in grado di produrre
di più.
Anche i dirigenti di altre società
parlano di pressioni simili. Il sistema non sarà simpatico, affermano,
ma una riorganizzazione radicale rallenterebbe il processo di innovazione.
I clienti si aspettano nuovi prodotti sbalorditivi ogni anno.
“Siamo al corrente da almeno quattro
anni di violazioni all’interno di alcune fabbriche. Violazioni che continuano
tutt’oggi”, ha detto un ex dirigente di Apple che, come altri,
ha voluto parlare a condizione di anonimato per via di accordi sulla
riservatezza: “Perché? Perché
il sistema lavora per noi. I fornitori cambierebbero tutto da domani
se la Apple dicesse loro che non hanno altra scelta”.
“Se metà
degli iPhone fossero malfunzionanti, pensa che la Apple starebbe quattro
anni senza prendere provvedimenti?”, ha chiesto il dirigente.
La Apple, nei suoi resoconti diramati
al pubblico, dice di pretendere rimedi per ogni violazione riscontrata,
e che i fornitori che si rifiutano vengono licenziati. In privato, però,
alcuni ex dirigenti hanno confessato che trovare nuovi fornitori richiede
tempo e spese.
La Foxconn è uno dei pochi produttori
al mondo con i numeri per realizzare quantità sufficienti di iPhone
e iPad. La Apple “non lascerà
mai Foxconn e non lascerà la Cina”, ha detto Heather White, ricercatrice
di Harvard e membro della commissione di Monitoraggio Internazionale
delle Condizioni di Lavoro presso la National Academy of Sciences:
“Ci sono un sacco di spiegazioni razionali”.
La Apple ha ricevuto un riassunto esteso
di questo articolo, ma si è rifiutata di commentare. L’inchiesta
è basata sulle dichiarazioni di oltre tre dozzine di intervistati impiegati
e appaltatori, compresa una mezza dozzina di attuali o ex dirigenti
con conoscenze di prima mano delle responsabilità dei fornitori della
Apple e di altri gruppi nel settore dell’industria tecnologica.
Nel 2010 Steven P. Jobs ha parlato
dei rapporti della compagnia con i fornitori in una conferenza di industriali.
“Penso davvero che la Apple stia
lavorando come poche altre compagnie del nostro settore, e forse di
qualsiasi altro settore, per venire a conoscenza delle condizioni lavorative
nella nostra catena di fornitori”, ha detto Jobs, all’epoca
amministratore delegato della Apple e scomparso nell’ottobre scorso.
“Voglio dire, vai a visitare una
fabbrica, ma, mio dio, voglio dire, dentro ci sono ristoranti, cinema,
ospedali e piscine e, voglio dire, per essere una fabbrica,
è abbastanza carina.”
Altre fonti, tra cui i dipendenti che
nelle fabbriche ci lavorano, confermano la presenza di mense e strutture
sanitarie, ma insistono che le condizioni sono problematiche.
“Stiamo lavorando duro per migliorare
le cose”, ha detto un ex dirigente della Apple: “Ma
la maggior parte dei clienti sarebbero comunque molto disturbati se
vedessero da dove vengono i loro iPhone.”
La strada per Chengdu
Nell’autunno 2010, circa sei mesi prima
dell’esplosione nella fabbrica di iPad, Lai Xiaodong avvolse con cura
i suoi abiti nel diploma delle scuole superiori, perché non si stropiacciassero
nella valigia. Disse agli amici che non ci sarebbe più stato per le
partite settimanali di poker, e salutò gli insegnanti. Partiva per
Chengdu, una città di 12 milioni di abitanti che stava rapidamente
trasformandosi in uno dei più importanti centri manifatturieri del
mondo.
Sebbene timido di natura, Lai suscitò
la sorpresa generale convincendo una bellissima studente di infermieristica
a diventare la sua fidanzata. Volevano sposarsi, e Lai si mise a cercare
di guadagnare qualche soldo per comprare casa.
Le fabbriche di Chengdu sfornano prodotti
per centinaia di compagnie. Lai puntò alla Foxconn Technology perché
è il maggiore esportatore cinese e una delle principali realtà occupazionali
della nazione, con 1,2 milioni di dipendenti. La compagnia ha stabilimenti
in tutta la Cina, assembla circa il 40% dei prodotti elettronici di
consumo sul mercato globale, fra i suoi clienti ci sono Amazon, Dell,
Hewlett-Packard, Nintendo, Nokia e Samsung.
La fabbrica della Foxconn a Chengdu,
come Lai sapeva bene, era speciale. Là dentro i dipendenti stavano
realizzando l’ultimo e forse il più grande prodotto mai realizzato
dalla Apple: l’iPad.
Quando Lai finalmente ottenne un posto
all’interno dello stabilimento come riparatore di macchinari, per prima
cosa notò che ovunque la luce era accecante. I turni si alternavano
24 ore su 24 e la fabbrica era sempre illuminata a giorno. In qualsiasi
momento si potevano vedere migliaia di lavoratori in piedi alle linee
d’assemblaggio o seduti su sgabelli senza schienale, rannicchiati accanto
ad apparecchi enormi, affaccendati alle piattaforme. Alcuni avevano
gambe così gonfie che camminavano dondolando. “È dura stare in
piedi tutto il giorno”, dice Zhao Sheng, un dipendente.
Striscioni appesi ai muri intimavano
ai 120mila lavoratori: “Lavora duro oggi o cercati un lavoro domani.”
Il codice di condotta per i fornitori della Apple prevede che, tranne
che in circostanze eccezionali, i dipendenti non debbano lavorare più
di 60 ore a settimana. Ma alla Foxconn alcuni lavoravano di più, a
quanto risulta dalle interviste, dalle buste paga dei lavoratori e dai
controlli di alcune associazioni esterne. Il signor Lai lavorava dodici
ore al giorno per sei giorni la settimana, secondo le sue buste paga.
I dipendenti che arrivavano in ritardo erano costretti a scrivere lettere
di scuse o a copiare dei dettati. C’erano “turni continui” in cui
si chiedeva ai dipendenti di lavorare per 24 ore di fila, secondo gli
intervistati.
Il diploma superiore di Lai gli consentiva
un salario da 22 dollari al giorno straordinari compresi, più
di quanto prendessero tanti altri. Nel giorno di riposo, si ritirava
in un loculo dove c’era spazio appena sufficiente per un materasso,
un armadietto e una scrivania con un computer dove giocava ossessivamente
al videogame on line “Guerra al proprietario terriero”, come racconta
la sua fidanzata Luo Xiaohong.
Questi comfort non si trovavano
nella maggior parte dei dormitori della compagnia, dove vivevano 70mila
lavoratori della Foxconn, a volte ammassati a venti per volta in appartamenti
di tre stanze. L’anno scorso una discussione sulle buste paga scatenò
una rivolta in uno di questi dormitori e i lavoratori iniziarono a lanciare
dalle finestre bottiglie, cestini dell’immondizia e carta infuocata,
secondo alcuni testimoni. Intervennero duecento poliziotti e gli scontri
si conclusero con otto arresti. Da quel giorno i cestini dell’immondizia
furono rimossi dai dormitori e iniziò il problema dei cumuli di monnezza
e dei roditori. Lai poteva ritenersi fortunato ad avere un posto tutto
per sè.
La Foxconn in un comunicato ha negato
l’esistenza di turni continui, straordinari prolungati, sovraffollamento
delle strutture ricettive e delle altre motivazioni della rivolta. La
compagnia dichiara che il proprio processo produttivo è in tutto conforme
alle leggi nazionali, agli standard del settore e al codice di condotta
del committente. “Le condizioni di lavoro alla Foxconn sono tutt’altro
che severe”, recita il comunicato. Foxconn sostiene anche di non
essere mai stata denunciata dai committenti o dal governo per sfruttamento
dei lavoratori o del lavoro minorile, né per casi di esposizione a
sostanze tossiche.
“Tutti i dipendenti alle catene
di montaggio godono di pause regolari incluse quelle di un’ora per i
pasti”, scrive la compagnia, e solo il 5% degli addetti all’assemblaggio
deve stare in piedi per compiere il proprio lavoro. Gli ambienti lavorativi
sono progettati in base a standard ergonomici e i dipendenti hanno possibilità
di rotazione e di promozione, recita il comunicato.
“Foxconn ha dei livelli di sicurezza
molto buoni”, scrive la compagnia: “Foxconn ha fatto molta
strada fino a diventare un punto di riferimento nel proprio settore,
in Cina, in quanto a condizioni di lavoro e trattamento dei dipendenti.”.
Il codice di condotta della
Apple
Nel 2005 alcuni top manager della Apple
si riunirono nel quartier generale di Cupertino, in California, per
un incontro speciale. Altre compagnie avevano presentato dei Codici
di condotta per regolamentare i fornitori. La Apple decise che era il
momento di fare altrettanto. Il Codice pubblicato dalla Apple quell’anno
esige che “le condizioni di lavoro nella catena di rifornimento
della Apple siano sicure, i lavoratori siano trattati con rispetto e
dignità, e i processi di produzione siano rispettosi dell’ambiente”.
Ma l’anno successivo un giornale inglese,
The Mail on Sunday, visitò
di nascosto una fabbrica della Foxconn
a Shenzhen, dove si realizzavano gli iPod, e riferì di orari
di lavoro insostenibili, flessioni inflitte come punizione e dormitori
sovraffollati. I dirigenti di Cupertino rimasero scioccati. “La
Apple è piena di brave persone che non sapevano nulla di tutto ciò”,
racconta un ex dipendente: “Volevamo che le cose cambiassero immediatamente”.
La Apple fece controlli – per la
prima volta – nella fabbrica e dispose delle migliorie. I dirigenti
adottarono una serie di nuove misure, tra cui l’introduzione di un rapporto
annuale di valutazione che fu pubblicato per la prima volta nel 2007.
Dall’anno scorso la Apple ha fatto controlli in 396 strutture — compresi
i fornitori diretti della compagnia e molti fornitori dei fornitori
-, uno dei programmi di controllo più imponenti mai intrapresi all’interno
del settore dell’elettronica di consumo.
Le verifiche hanno fatto emergere svariate
violazioni del Codice di condotta, secondo gli
estratti pubblicati dalla compagnia.
Nel 2007, ad esempio, la Apple ha fatto oltre 35 controlli e nei due
terzi dei casi i dipendenti lavoravano più di 60 ore a settimana. Inoltre,
sono state registrate sei violazioni della massima gravità, compresa
l’assunzione di lavoratori di 15 anni.
Nei tre anni successivi Apple ha condotto
312 verifiche: ogni anno la metà (e più) dei controlli ha fatto riscontrare
casi di dipendenti che lavoravano oltre sei giorni alla settimana, con
straordinari prolungati. Alcuni lavoratori erano retribuiti al di sotto
dei minimi sindacali, ad altri gli stipendi erano trattenuti per punizione.
Apple nel triennio ha riscontrato settanta violazioni della massima
gravità, tra cui casi di lavoro “forzato” o non volontario, lavoro
minorile, conti sfalsati, rimpiego improprio di scarti pericolosi, e
oltre un centinaio di casi di intossicazione dovuta all’esposizione
ad agenti chimici pericolosi.
L’anno scorso la compagnia ha eseguito
229 controlli. Si è registrato un leggero miglioramento sotto
alcuni indici, e sono diminuite le violazioni gravi. Tuttavia, all’interno
di 93 strutture, almeno la metà dei lavoratori superava il limite delle
60 ore lavorative a settimana. Più o meno la stessa percentuale lavorava
più di sei giorni a settimana. Si sono registrati casi di discriminazione,
misure di sicurezza insufficienti, mancati pagamenti degli straordinari
e altre violazioni. Lo stesso anno quattro dipendenti sono rimasti uccisi
e altri 77 feriti in esplosioni sul luogo di lavoro.
“Se vedi che lo stesso tipo di
problemi si ripresenta anno dopo anno, significa che l’azienda sta
ignorando la questione anziché affrontarla seriamente”, ha detto
un ex dirigente di Apple in possesso di informazioni di prima mano sui
rapporti con i fornitori: “Le inadempienze vengono tollerate, purché
i fornitori promettano di impegnarsi di più
in futuro.”
Apple sostiene che, quando un controllo
rivela una violazione, la compagnia impone al fornitore di risolvere
il problema entro novanta giorni e prendere provvedimenti per evitare
che si ripeta. “Se un fornitore non si adegua, chiudiamo il nostro
rapporto”, afferma
la compagnia sul suo sito
web.
La serietà della minaccia, comunque,
è oggetto di dubbi. Apple ha riscontrato violazioni in centinaia
di controlli, ma meno di quindici fornitori sono stati esclusi dai contratti
a partire dal 2007, secondo quanto sostengono alcuni ex dirigenti.
“Dopo che il contratto viene firmato
e Foxconn è autorizzata alla fornitura, Apple non realizza alcun controllo
sulle condizioni di lavoro o su qualsiasi altro aspetto che non sia
la qualità del prodotto”, racconta il signor Li, ex manager di
Foxconn. Ha trascorso sette anni alla Foxconn di Shenzhen e a quella
di Chengdu ed è stato licenziato nell’aprile scorso per essersi opposto
a un trasferimento a Chengdu. Foxconn ha smentito le sue affermazioni:
“Sia noi che la Apple prendiamo molto sul serio il benessere dei
nostri dipendenti.”
Gli sforzi di Apple hanno portato ad
alcuni cambiamenti. Dopo il primo controllo, “le fabbriche dimostrano
nei controlli successivi significativi miglioramenti nelle condizioni
di lavoro” scrive la compagnia nel rapporto
2011 sulla responsabilità dei fornitori.
Inoltre il numero di fabbriche controllate è in continua crescita,
e alcuni dirigenti sostengono che l’aumento delle verifiche mette in
ombra i miglioramenti ottenuti di anno in anno.
Apple ha anche informato oltre un milione
di dipendenti sui diritti del lavoro e sui metodi di prevenzione di
incidenti e malattie. Qualche anno fa i controllori insistettero per
intervistare gli operai di basso rango delle fabbriche e scoprirono
che alcuni di loro erano stati costretti a pagare delle “tasse di
assunzione”, casi classificati dalla Apple come “lavoro non volontario”.
L’anno scorso la compagnia ha costretto i fornitori a rimborsare oltre
6,7 milioni ai lavoratori.
“Apple non ha rivali nella prevenzione
del lavoro minorile”, racconta Dionne Harrison di Impactt, un’azienda
ingaggiata da Apple per collaborare alla prevenzione e al contrasto
del lavoro minorile presso i suoi fornitori: “Stanno facendo
tutto quello che è nelle loro possibilità.”
Ma altri consulenti non sono d’accordo.
“Abbiamo trascorso anni dicendo
ad Apple che c’erano problemi seri e per raccomandare dei cambiamenti”,
ha riferito un consulente a BSR – nota anche come Business for
Social Responsibility – che è stato assunto per due volte da
Apple per fornire una consulenza sui problemi del lavoro: “Non
vogliono prevenire i problemi, vogliono solo evitare le situazioni imbarazzanti.”
“Avremmo potuto salvare vite”
Nel 2006 BSR, insieme a una divisione
della Banca Mondiale e ad altri gruppi, ha avviato un progetto per migliorare
le condizioni operative nelle fabbriche dove vengono prodotti i telefoni
cellulari e altre apparecchiature in Cina e anche altrove. I gruppi
e le società si sono impegnate a esaminare varie idee. Foxconn acconsentì
a partecipare.
Per quattro mesi BSR e un altro gruppo
parlarono con Foxconn di un programma pilota per creare linee telefoniche
destinate ai lavoratori, così che i dipendenti potessero riportare
i casi di abuso, cercare un aiuto psicologico e discutere i problemi
del posto di lavoro. Apple non era una partecipante al progetto, ma
ne fu informata, secondo la testimonianza del consulente di BSR che
ha un’approfondita conoscenza del caso.
Mentre le negoziazioni procedevano,
i requisiti di Foxconn per la sua partecipazione continuarono a modificarsi.
Prima Foxconn chiese di evitare l’installazione di nuove linee dirette
per i lavoratori per valutare quelle esistenti. Poi Foxconn volle che
l’assistenza psicologica venisse esclusa. Foxconn chiese ai partecipanti
di firmare accordi in cui dichiarassero che non avrebbero rivelato ciò
che avevano osservato, e poi riedito questi accordi in numerose occasioni.
Alla fine l’accordo fu raggiunto e il progetto fu fissato per l’inizio
del gennaio 2008. Un giorno prima della partenza, Foxconn richiese ulteriori
modifiche fino a che fu evidente che il progetto non sarebbe mai partito,
secondo le parole del consulente e di un resoconto del 2008 di BSR che
non cita Foxconn.
L’anno successivo un lavoratore di
Foxconn cadde o si buttò da un palazzo dopo avere perso un prototipo
di iPhone. Nei due anni seguenti altri diciotto dipendenti di Foxconn
tentarono il suicidio o caddero da edifici in un modo che suggeriva
il tentativo di suicidio. Nel 2010, due anni dopo la fine del progetto
pilota e dopo altri tentativi di suicidio, Foxconn creò una linea diretta
dedicata alla salute mentale e cominciò a offrire gratuitamente una
consulenza psicologica.
“Avremmo potuto salvare delle
vite, e noi chiedemmo ad Apple di spingere su Foxconn, ma espressero
un diniego“, ha detto il consulente di BSR che non è voluto
restare anonimo a causa di accordi sulla segretezza: “Società
come HP, Intel e Nike fanno pressione sui fornitori. Ma Apple vuole
tenersi a debita distanza, e Foxconn
è il loro produttore più importante, così
rifiutano di farsi sentire.”
BSR, in una dichiarazione scritta,
riportò che il punto di vista di questo consulente non era quello della
società.
“Io e i miei colleghi alla BSR
riteniamo che Apple sia un’azienda che sta facendo uno sforzo davvero
serio per assicurarsi che le condizioni lavorative nella sua catena
di approvvigionamento soddisfino i requisiti delle leggi in vigore,
gli standard della società e le aspettative dei consumatori“,
ha scritto Aron Cramer, il presidente di BSR. Cramer ha aggiunto che
chiedere ad Apple di fare pressione su Foxconn sarebbe stato incoerente
con gli obbiettivi del programma pilota, e che ci sono state varie motivazioni
per cui il programma pilota non è proseguito.
Foxconn, in una sua dichiarazione,
ha asserito di aver agito rapidamente e in modo adeguato per risolvere
il problema dei suicidi, e “i dati dimostrano che queste misure
hanno avuto successo“.
Un cliente esigente
Ogni mese i funzionari delle compagnie
planetarie viaggiano a Cupertino o invitano i dirigenti della Apple
a visitare le loro fabbriche all’estero, tutti per raggiungere un
unico obbiettivo: diventare un suo fornitore.
Quando arriva la notizia che Apple
è interessata a un prodotto particolare o a un tipo di servizio,
ci sono sempre piccoli festeggiamenti. Si beve whisky, si fa karaoke.
Poi, iniziano le richieste di Apple.
Apple chiede di solito ai fornitori
di specificare il costo di ogni componente, quanti lavoratori siano
necessari e il valore dei loro salari. I dirigenti aziendali vogliono
venire a conoscenza di ogni dettaglio finanziario. Poi Apple calcola
quanto pagherà per ogni pezzo. La maggior parte di fornitori riesce
solo a raggranellare profitti risicati.
Quindi i fornitori cercano di tagliare
le spese all’osso, sostituiscono prodotti chimici costosi con
alternative a basso prezzo, o spingono i loro dipendenti a lavorare
più velocemente e più a lungo, secondo i lavoratori di queste società.
“L’unico modo per fare soldi
lavorando per Apple è immaginarsi un sistema per rendere tutto più
efficiente o più economico“, ha detto un dirigente di un’azienda
che ha aiutato a portare l’iPad sul mercato: “Poi torneranno
l’anno successivo, costringendoci a un taglio di prezzo del 10 per
cento.”
Nel gennaio del 2010 i lavoratori di
una fabbrica cinese posseduta da Wintek, un partner produttivo di Apple,
indissero uno sciopero per una serie di problematiche, anche per le
voci diffuse secondo cui i lavoratori erano esposti a sostanze tossiche.
Le indagini svolte da organismi informativi rivelarono che più di cento
dipendenti erano stati contaminati dall’n-esano, un prodotto chimico
che può provocare danni al sistema nervoso e la paralisi.
Ai dipendenti era stato ordinato di
utilizzare l’e-esano per pulire gli schermi degli iPhone, visto che
evapora tre volte più rapidamente rispetto all’alcool. Un‘evaporazione
più veloce comportava un maggior numero di schermi puliti per minuto.
Apple rilasciò un commento sugli
incidenti alla Wintek. Nel suo rapporto sulla responsabilità del
fornitore, Apple disse che aveva “richiesto a Wintek di interrompere
l’uso di n-esano” e che aveva “verificato che tutti
i dipendenti colpiti fossero stati curati con successo, e noi continuiamo
ad esaminare le loro cartelle cliniche fino al pieno recupero.”
Apple ha riferito di aver costretto Wintek a riparare il sistema di
ventilazione.
Lo stesso mese un giornalista del
New York Times intervistò una dozzina di lavoratori danneggiati,
che affermarono di non essere mai stati contattati da Apple o dai suoi
intermediari, e che Wintek li aveva spinti a dimettersi e a ricevere
un risarcimento in contanti che avrebbe assolto l’azienda dalle sue
responsabilità. Dopo queste interviste, Wintek si impegnò offrire
un risarcimento ancora più alto ai lavoratori lesi e Apple inviò un
rappresentante per parlare con alcuni di loro.
Sei mesi più tardi, alcune pubblicazioni
commerciali riportarono che Apple aveva tagliato in modo significativo
le somme pagate a Wintek.
“Puoi fissare tutte le regole
che vuoi, ma queste non hanno più
senso se non concedi ai fornitori un profitto sufficiente per trattare
bene i lavoratori”, ha detto un ex dirigente di Apple con ha una
conoscenza di prima mano del gruppo per la responsabilità sui fornitori:
“Se si riducono i margini, li si costringe a tagliare la sicurezza.“
Wintek è ancora uno dei fornitori
più importanti di Apple. Wintek, in una sua dichiarazione, ha
rifiutato di rilasciare commenti, se non per dire che dopo questo episodio,
la società ha preso “serie misure” per sistemare la
situazione ed è “impegnata nell’assicurare il benessere dei
dipendenti e nel creare un ambiente di lavoro
sano e sicuro“.
Molte delle maggiori società
di alta tecnologia hanno collaborato con fabbriche in cui le condizioni
lavorative sono problematiche. Comunque, vari osservatori e fornitori
indipendenti hanno asserito che alcune agiscono in modo differente.
I dirigenti di alcune aziende, nel corso di interviste, hanno detto
che Hewlett-Packard e altre società gli hanno consentito di ottenere
profitti leggermente più alti e altre compensazioni se avessero migliorato
le condizioni dei lavoratori.
“I nostri fornitori sono molto
aperti con noi“, ha detto Zoe McMahon, un dirigente del programma
di responsabilità sociale della catena produttiva e dell’ambiente
lavorativo: “Ci facevano sapere quando avevano difficoltà
a soddisfare le nostre aspettative, e ciò
ha influenzato le nostre decisioni.”
L’esplosione
Nel pomeriggio in cui avvenne lo scoppio
alla fabbrica dell’iPad, Lai Xiaodong telefonò alla sua ragazza,
come faceva ogni giorno. Avevano sperato di vedersi quella sera, ma
il direttore del reparto di Lai le disse che doveva fare degli straordinari.
Era stato promosso rapidamente da Foxconn,
e dopo soli pochi mesi era responsabile di una squadra che curava la
manutenzione delle macchine che puliscono le custodie degli iPad.
L’area della levigatura con la sabbia era rumorosa e satura di polvere
di alluminio. I lavoratori indossavano maschere e tappi auricolari ma,
anche facendosi la doccia più volte, si potevano riconoscere dal leggera
lucentezza dell’alluminio sui capelli e agli angoli degli occhi.
Solo due settimane prima dell’esplosione,
un gruppo di attivisti di Hong Kong pubblicò un resoconto preoccupante
sulle pericolose condizioni lavorative all’impianto di Chengdu, anche
per i problemi derivanti dalla polvere di alluminio. Il gruppo, Students
and Scholars Against Corporate Misbehavior o Sacom, aveva filmato
i lavoratori ricoperti dalle piccole particelle di alluminio. “La
salute dei dipendenti e gli aspetti di sicurezza a Chengdu sono allarmanti“,
recitava il rapporto: “I lavoratori hanno evidenziato anche il
problema della scarsa ventilazione e dell’inadeguatezza dell’attrezzatura
protettiva personale.”
Una copia di quel rapporto fu spedita
ad Apple. “Non ci fu risposta“, ha detto Debby Chan Sze
Wan che fa parte del gruppo: “Alcuni mesi più
tardi andai a Cupertino ed entrai nell’atrio di Apple, ma nessuno volle
incontrarsi con me. Non ho potuto parlare con nessuno alla Apple.”
La mattina dell’esplosione, il signor
Lai andò al lavoro in bicicletta. Gli iPad avevano iniziato
le vendite da poche settimane, e ai lavoratori fu detto che dovevano
lucidare migliaia di custodia ogni giorno. La fabbrica era in piena
frenesia, dissero i dipendenti. File di macchinari pulivano le custodie
mentre gli operai mascherati spingevano i bottoni. Grandi tubazioni
per aspirare l’aria erano presenti su ogni postazione, ma non riuscivano
a stare al passo delle tre linee di macchine che lucidavano senza sosta.
La polvere di alluminio era ovunque.
Il polvere è un rischio per la
sicurezza ben noto. Nel 2003 un’esplosione dovuta alla polvere di alluminio
in Indiana distrusse una fabbrica di componenti per le ruote e uccise
un lavoratore. Nel 2008 la polvere agricola in una fabbrica di zucchero
in Georgia provocò un’esplosione che uccise quattordici persone.
Due ore dopo l’inizio del turno del
signor Lai, l’edificio cominciò a scuotersi, come se ci fosse un terremoto.
Ci fu una serie di esplosioni, come riportato dai lavoratori dell’impianto.
Poi si sentirono le urla.
Quando i colleghi di Lai corsero all’esterno,
il fumo scuro si stava mescolando con una pioggia leggera, secondo i
video registrati con i cellulari. La conta finale fu di quattro morti
e di diciotto feriti.
All’ospedale, la ragazza del signor
Lai vide che la sua pelle era stata arsa quasi completamente: “L’ho
riconosciuto dalle gambe, altrimenti non avrei saputo chi fosse quella
persona.”
Alla fine, arrivò anche la sua
famiglia. Oltre il 90 per cento del corpo era ustionato. “Mia
madre fuggì dalla stanza appena lo vide. Io piansi. Nessuno può
sopportare una cosa del genere “, disse suo fratello. Quando
sua madre tornò una seconda volta, cercò di evitare di toccare suo
figlio, per la paura di provocargli dolore.
“Se lo avessi saputo”, lei
disse, “gli avrei afferrato un braccio, l’avrei toccato.”
“Era un tipo tosto”,
ha detto: “Ha retto per due giorni.”
Dopo la morte del signor Lai, i lavoratori
di Foxconn andarono nella sua città portando con sé l’urna
delle ceneri. L’azienda poco dopo emise un assegno di circa 150.000
dollari.
Foxconn, in un documento, disse che,
al momento dell’esplosione, l’impianto di Chengdu era conforme a tutte
le leggi e alle regolamentazioni vigenti, e “dopo esserci assicurati
che le famiglie dei dipendenti deceduti avevano ricevuto l’appoggio
da loro richiesto, facemmo in modo che a tutti i dipendenti lesi fosse
data la terapia medica migliore.” Dopo l’incidente, ha aggiunto
la società, Foxconn arrestò immediatamente l’attività in tutte
le officine di lucidatura, migliorò la ventilazione e lo smaltimento
delle polveri, e adottò le tecnologie necessarie per migliorare la
sicurezza dei lavoratori.
Nel suo più recente rapporto
sulla responsabilità dei fornitori, Apple ha scritto che, dopo
l’esplosione, l’azienda contattò, “i maggiore esperti nella
sicurezza dei processi” e incaricò una squadra per indagare e
fare raccomandazioni al fine di prevenire incidenti nel futuro.
A dicembre, sette mesi dopo lo scoppio
che uccise il signor Lai, andò per aria un’altra fabbrica di
iPad, questa volta a Shangai. Ancora una volta, la causa era da
ricercare nella polvere di alluminio, secondo le interviste e il più
recente rapporto di responsabilità dei fornitori di Apple. Questa detonazione
ferì 59 lavoratori, con 23 ricoveri in ospedale.
“È una rozza negligenza, dopo
un’esplosione, non capire che ogni fabbrica debba essere ispezionata“,
ha detto Nicholas Ashford, l’esperto di sicurezza sul lavoro che ora
è al Massachusetts Institute of Technology: “Se fosse
così difficile gestire le polveri di alluminio, lo potrei capire. Ma
lo sapete quanto è facile controllare le polveri? Si chiama ventilazione.
Abbiamo risolto il problema più di un secolo fa.”
Nel suo più recente rapporto
di responsabilità sui fornitori, Apple ha scritto che, anche se
le esplosioni in entrambi i casi erano state provocate dalla polvere
di alluminio combustibile, le cause erano differenti. Comunque, la società
ha rifiutato di fornire dettagli. Il rapporto aggiunse che Apple aveva
sottoposto a verifica tutti i fornitori che lucidano prodotti di alluminio
e che aveva messo in opera precauzioni più efficaci. Tutti i fornitori
avevano adottato le contromisure richieste, a parte uno, che per questo
aveva interrotto l’attività, in base al rapporto.
Per la famiglia del signor Lai, le
domande rimangono aperte. “Non siamo sicuri del perché
è morto“, ha detto la madre del signor Lai, in piedi accanto
a un sacrario che ha costruito vicino la sua abitazione: “Non
abbiamo capito cosa sia successo.”
Vincere la lotteria di Apple
Ogni anno, appena sorgono le voci sui
nuovi prodotti di Apple, le pubblicazioni commerciali e i siti web
cominciano a speculare su quale azienda possa riuscire a vincere la
lotteria di Apple. Ottenere un contratto con Apple può far alzare di
milioni il valore di un’azienda a causa della pubblicità implicita
data dalla produzione di qualità. Ma poche società rivelano apertamente
questo lavoro: Apple costringe i fornitori a firmare contratti dove
si promette di non divulgare niente, partnership inclusa.
Questa mancanza di trasparenza dà
modo alla Apple di tenere segreti i suoi piani. Ma è stata anche
una barriera per migliorare le condizioni operative, secondo i sostenitori
e gli ex dirigenti di Apple.
Questo mese, dopo varie richieste di
gruppi di attivisti e di agenzie informative tra cui il New York
Times, Apple ha rilasciato il nome di 156 suoi fornitori. Nel rapporto
che accompagna questa lista, Apple ha asserito che “il 97 per cento
delle nostre spese è relativo ai versamenti erogati a chi fabbrica
i nostri prodotti“.
Comunque, la società non ha rivelato
i nomi di centinaia di altre aziende che non lavorano direttamente con
Apple, ma che riforniscono i fornitori. L’elenco dei fornitori della
società non rivela dove siano collocate queste fabbriche, e molte sono
difficili da trovare. E le organizzazioni indipendenti di vigilanza
hanno asserito che, quando hanno tentato di ispezionare i fornitori
di Apple, gli è stato impedito l’accesso – su ordine della Apple,
a quanto gli è stato riferito.
“Abbiamo detto le stesse cose
per centinaia di volte“, ha detto un ex dirigente di un gruppo
di responsabilità dei fornitori di Apple: “C’è
un impegno forte e generalizzato verso il codice di condotta aziendale.
Ma questo viene sempre portato a un livello ulteriore, creando contrasti
per un vero cambiamento a causa della segretezza e degli obbiettivi
del business, e per questo non ci possono essere risultati differenti.”
Gli ex dipendenti della Apple dicono che a loro era proibito parlare
con la gran parte dei gruppi esterni.
“C’è
una vera cultura della segretezza che influenza ogni cosa“,
ha detto l’ex dirigente.
Altre aziende nel ramo tecnologico
operano differentemente.
“Noi parliamo con molti outsider“,
ha asserito Gary Niekerk, direttore della cittadinanza sociale presso
Intel: “Il mondo è complesso, e se non dialogassimo con i gruppi
esterni, avremmo molto da perdere.”
Vista la preminenza e la leadership
di Apple nella produzione globale, se l’azienda dovesse modificare
radicalmente i suoi sistemi, dovrebbe rivedere il suo modo di fare
business. “Ogni società
vorrebbe essere come Apple“, ha detto Sasha Lezhnev dell’Enough
Project, un gruppo che si concentra sulla responsabilità delle
grandi aziende: “Se loro si impegnassero a produrre un iPhone
libero dai conflitti, ciò trasformerebbe il mondo della tecnologia.”
Ma ultimamente, come dicono gli ex
dirigenti di Apple, ci sono poche pressioni dall’esterno per operare
un cambiamento. Apple è uno dei marchi più ammirati. In un sondaggio
nazionale condotto dal New York Times questo novembre, il 56
per cento delle persone contattate ha detto di non riuscire a trovare
qualcosa di negativo su Apple. Il 14 per cento ha detto che la cosa
peggiore era il fatto che i suoi prodotti sono troppo costosi. Solo
il 2 per cento ha citato il lavoro eseguito all’estero.
Le persone come il signor White di
Harvard dicono che fino a che i consumatori non richiederanno migliori
condizioni lavoratori nelle fabbriche all’estero – come è accaduto
per aziende come Nike e Gap, che ora ispezionano le attività dei fornitori
– o nuove regolamentazioni, ci saranno pochi stimoli per un cambio radicale.
Alcuni insider di Apple si sono detti d’accordo.
“Si può
produrre in fabbriche comode, a misura di lavoratore, o si può
reinventare un prodotto ogni anno, e rendere tutto più
veloce e più conveniente, ma ciò
ha bisogno di fabbriche che sembrerebbero terribili per gli standard
americani“, ha detto un attuale dirigente di Apple.
“Ma adesso i clienti si preoccupano
più di un iPhone nuovo che delle condizioni operative che ci sono in
Cina.”
Fonte: In China, Human Costs Are Built Into an iPad
25.01.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DAVIDE ILLARIETTI e SUPERVICE