Tonguessy
C’è qualcosa di misterioso che circonda questo aspetto a metà tra il religioso e la New Age. Secondo Wiki, è il generico agire volto a un fine, e tale agire coinvolge gli esseri senzienti nella fruizione delle conseguenze morali che ne derivano, vincolandoli così al saṃsāra, il ciclo delle rinascite.[1] Secondo la Treccani si tratta di una “forza arcana e misteriosa, ma come complesso di situazioni che l’uomo si crea mediante il suo operato”.[2] Entrambe le descrizioni mettono l’uomo ed il suo agire al centro di valutazioni di tipo morale a cui spesso viene assegnata una valenza metafisica legata ad ipotetiche rinascite. Trovo la definizione della Treccani molto più in linea con il pensiero della persona occidentale comune.
Nella realtà, in queste funzioni descrittive operano almeno due attori: chi agisce e chi giudica l’operato, dando poi castighi o premi in base ad una serie di valutazioni. L’aspetto interessante è che chi agisce in prima persona è anche chi giudica l’operato altrui, fatto che mette tutti gli uomini sullo stesso piano (almeno qui nell’opulento Occidente). Giudici di altri e giudicati da altri al tempo stesso, questo il nocciolo del karma da bar sport. In Oriente le cose stanno un poco diversamente: oltre all’inevitabile aspetto da bar sport (purtroppo molto usato per mantenere i privilegi di casta), esiste anche quello più personale che vede l’individuo giudice di sé stesso. Alla fine siamo noi che, liberati dal velo di Maya, possiamo giudicarci in tutta onestà, senza più condizionamenti. Con il piccolo problema che il velo di Maya cade soltanto dopo il trapasso, rendendo la testimonianza alquanto difficile. Anzi impossibile.
Ci viene però in aiuto la New Age, l’unica disciplina che tra l’altro ha capito perfettamente la Meccanica Quantistica a differenza della Fisica, lì dove il Nobel R. Feynman ammetteva “I think it is safe to say that no one understands Quantum Mechanics” (penso si possa tranquillamente dire che nessuno capisce la MQ).
La teoria della reincarnazione comincia a diffondersi da noi solo alla fine del diciannovesimo secolo per opera della Società Teosofica, per poi ricevere ulteriore vigore dopo la seconda guerra mondiale dai cosiddetti ‘guru’ indiani che si sono stabiliti in Occidente ed i cui insegnamenti si basano sul Bhagavad-Gita, il testo sacro indù.
Ma se in Oriente il karma e le relative reincarnazioni sono concetti ampiamente condivisi grazie alle religioni e filosofie lì presenti da millenni, da queste parti le cose stanno in modo diverso, dato che le nostre religioni e filosofie non prevedono alcuna reincarnazione, ma il giudizio divino alla fine della nostra esistenza. Si va dalla pesatura del cuore degli antichi egizi alla vita eterna di tipo paradisiaca oppure infernale così come definito nel catechismo cattolico. [3]
Non esistendo la reincarnazione, tutta la questione si svolge tra questo mondo e l’altro (ipotetico, diciamo) ma senza ritorno. Una volta lì andiamo, a secondo del nostro comportamento, in inferno o paradiso, ma con biglietto di sola andata.
Purtroppo le cose non sono mai così semplici, e le varie commistioni di generi e pensieri sono sempre in agguato. Non a caso ognuno di noi ha una seppur vaga idea di cosa sia il karma (pur essendo nato e cresciuto in ambienti poco inclini a quel tipo di credenze) e tale idea in qualche modo si è adattata al dogma di un’unica vita senza possibili reincarnazioni. Ecco che il karma diventa istantaneo, dato che il tempo in cui tutto deve essere rimesso in equilibrio è quello umano e non più quello delle molteplici rinascite.
Così nel Bar Sport sotto casa il karma è l’adeguata sfortuna che colpisce l’arbitro che ha ingiustamente concesso il rigore alla squadra avversaria, e più in generale è l’inevitabile disgrazia che affligge chi si è comportato, secondo insindacabile giudizio, male o peggio. Che poi ci siano affamatori di popoli che godono di ottima salute fino in tarda età è un problema che notoriamente gli avventori del Bar Sport non considerano.
Mentre per un induista il karma non è un vero problema dato che non ha scadenza (“Lo so che non mi sto comportando benissimo, ma ci penserò la prossima vita”, sentito con le mie orecchie), per un frequentatore del Bar Sport invece lo è. Esiste una urgenza: il riequilibrio di Bene e Male deve avvenire nell’arco dell’esistenza. Dopo non vale, non ce ne frega più nulla.
A questo punto avviene una scissione: da una parte quanto di brutto succede agli altri, e dall’altra quanto di negativo capita a noi. La disgrazia che investe chi si è comportato male (secondo il nostro giudizio, notoriamente equo) è la meritata punizione che le forze divine hanno messo in essere per ripristinare l’equilibrio. Viceversa se succede a noi (che non abbiamo difetti, anzi) qualcosa di sgradevole, beh, è solo sfiga. Se l’episodio negativo accadesse per volontà celeste ci sarebbe una sorta di insanabile incongruenza tra perfezione/amore divino ed il nostro ineccepibile comportamento. Quindi è sfiga.
Per i più acculturati l’instant karma personale si chiama legge di Murphy, e si manifesta storicamente nella fetta di pane che cade sempre dalla parte imburrata, oppure nell’acqua che una volta aperto il rubinetto centra perfettamente il cucchiaino generando schizzi che inondano la cucina. Se il karma dà modo di interiorizzare il divino, la legge di Murphy dà modo di esteriorizzare la bestemmia, meglio se colorita. Questo in Occidente, ripeto, dove la scienza sa sempre offrire una valida spiegazione ad ogni fenomeno.
“L’assioma di Murphy, in senso stretto e in questa formulazione presunta originale, riassume intuitivamente un fatto statistico-matematico noto a chiunque abbia a che fare, ad esempio, con la prevenzione e la sicurezza e cioè: per quanto sia improbabile che si verifichi un certo evento, entro un numero elevato di occasioni (concettualmente tendente all’infinito) questo finirà molto probabilmente per verificarsi. In effetti la stessa teoria della probabilità afferma che il fatto che un evento sia improbabile non vuol dire che esso non possa verificarsi già nel corso dei primi tentativi, e che non possa poi ripetersi a distanza di breve tempo (legge di mancanza di memoria della probabilità).”[4]
L’instant karma diventa così modello matematico meritevole di IgNobel, prestigioso riconoscimento internazionale che nel suo manifesto dichiara: “Molta ottima scienza viene attaccata per la sua assurdità, e molta cattiva scienza viene incensata nonostante la sua assurdità”. [5] Nel lontano 2003 il premio fu assegnato a John Paul Stapp, Edward A. Murphy Jr. e George Nichols, per aver formulato nel 1949, appunto, la lodevole “Legge di Murphy”. Quest’anno il premio è andato, tra gli altri, a Metin Eren che ha dimostrato che i coltelli ricavati da feci umane congelate non funzionano.
Riassumiamo: se il vicino antipatico fora in autostrada è karma (se lo meritava abbondantemente) mentre se foriamo noi è solo sfiga (non ce lo meritiamo). D’altronde la scienza giustifica questa assurdità di tipo MQ, e ci dice anche che non la dobbiamo neppure tentare di comprendere. C’è in questa interpretazione quindi una valenza tanto di condanna altrui che di auto assoluzione. Quando faccio notare che per equanimità la disgrazia accaduta è sempre e comunque karma (anche instant, poco cambia) e quindi neanche noi, incarnazione del divino, ne siamo esenti, la gente sgrana gli occhi incredula, a testimoniare di quanto sia radicato il concetto di auto assoluzione. Ovvero l’esatto contrario del senso di colpa di nota matrice religiosa. Legge del contrappasso.
Insomma la gente gode nel vedere i peccatori soffrire per la giusta punizione divina (quella umana meglio lasciarla perdere, richiede troppa volontà, tempo e pazienza) mentre soffre nel constatare che è stata oggetto di inutile, ingiustificata ed incomprensibile attenzione da parte del karma, che si chiama quindi sfiga (avvenimento incontrollabile che accade casualmente, senza apparente motivo).
Edward A. Murphy è riuscito a coniugare fede e scienza in una legge universale che permette la spiegazione della realtà assieme alla realizzazione del sé.
“Conoscenza di sé o realizzazione di sé equivalgono a realizzare per conto vostro e da soli che non esiste alcun sé da realizzare, sarà un’esplosione sconvolgente. Io credo che non ci sia niente da ottenere, niente da aggiungere, niente da conseguire, quindi tutto quello che state facendo per ottenere il vostro obiettivo non ha senso”
U. G. Krishnamurti “L’inganno dell’illuminazione”
[1]https://it.wikipedia.org/wiki/Karma
[2]http://treccani.it/vocabolario/karma/
[3]https://www.avvenire.it/chiesa/Pagine/inferno-o-paradiso-cosa-ci-attende