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“IL TOTALITARISMO INVERTITO”, COME GLI USA (E L’OCCIDENTE) VENGONO CONTROLLATI

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A cura di Das schloss
Il 2 Novembre 2008
414 Views
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DI CHALMERS JOHNSON
Alternet

E’ possibile che una forma di totalitarismo, differente da quello classico, evolva da una democrazia ritenuta ‘forte’ invece che da una ‘fallita’“: un commento su “Democracy Incorporated” di Sheldon S. Wolin.

Non è una novità che gli Stati Uniti si trovino in guai seri. La guerra preventiva che hanno lanciato contro l’Iraq più di cinque anni fa è stata ed è un errore di proporzioni monumentali— un errore che gran parte degli americani ancora non riesce a riconoscere. Invece essi continuano a chiedersi se dovremmo spingerci sino alla “vittoria” mentre persino i nostri stessi generali ci dicono che una vittoria militare è oggi inconcepibile. La nostra economia è stata affossata da eccessive spese

militari per molti decenni mentre i nostri concorrenti si sono dedicati ad investimenti in nuove e lucrative industrie al servizio dei bisogni civili. Il nostro sistema politico di controlli e contrappesi [checks and balances] è stato virtualmente distrutto dal rampante favoritismo e dalla corruzione di Washington, e dai due mandati di un presidente che se ne va in giro gracchiando “io sono quello che decide”, un concetto fondamentalmente ostile al nostro sistema costituzionale. Abbiamo permesso che le nostre elezioni, la sola istituzione non negoziabile in una democrazia, venissero svalutate e dirottate – come è accaduto nelle elezioni presidenziali del 2000 in Florida — con scarse proteste dell’opinione pubblica o dagli autoproclamatisi guardiani mediatici del “quarto potere”. Ci dedichiamo oggi alla tortura di prigionieri indifesi sebbene ciò diffami e demoralizzi le nostre forze armate e agenzie di intelligence.

Il problema è che troppe cose stanno andando a rotoli nello stesso momento perché qualcuno abbia una conoscenza ampia del disastro che ci ha sopraffatto e di cosa eventualmente può essere fatto per restituire il nostro paese al governo costituzionale e ad un minimo grado di democrazia. Ad oggi vi sono centinaia di libri su particolari aspetti della nostra situazione—Le guerre in Iraq e Afghanistan, i budget per la “difesa” gonfiati e privi di supervisione, la presidenza imperiale e il suo disprezzo per le nostre libertà civili, la diffusa privatizzazione delle tradizionali funzioni governative, e un sistema politico in cui nessun leader osa nemmeno pronunciare i termini “imperialismo” e “militarismo” in pubblico.

blankCi sono stati comunque alcuni tentativi di fornire un’analisi più complessa di come si è giunti a questo increscioso stato.
Essi includono “The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism”, di Naomi Klein, su come i poteri economici “privati” siano oggi quasi paritari al legittimo potere politico; “Broken Government: How Republican Rule Destroyed the Legislative, Executive, and Judicial Branches” [“Governo corrotto: come il dominio repubblicano ha distrutto i rami legislativo, esecutivo e giudiziario” n.d.t.], di John W. Dean, sulla perversione delle nostre maggiori difese contro la dittatura e la tirannia; “Right Is Wrong: How the Lunatic Fringe Hijacked America, Shredded the Constitution, and Made Us All Less Safe” [“Il giusto è
sbagliato: come un gruppo di squilibrati ha dirottato l’America, fatto a pezzi la costituzione e reso tutti meno sicuri” n.d.t.], di Arianna Huffington, sulla manipolazione della paura nella nostra vita politica e sul ruolo primario giocato dai media; “The End of America: Letter of Warning to a Young Patriot” [“La fine dell’America: lettera di avvertimento ad un giovane
patriota” n.d.t.], di Naomi Wolf, sui “10 passi verso il fascismo” e su dove ci troviamo attualmente su questa scala. Il mio libro “Nemesis: The Last Days of the American Republic” [“Nemesi: gli ultimi giorni della Repubblica americana” n.d.t.] sul militarismo come inevitabile accompagnamento dell’imperialismo appartiene anche a questo genere.

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Abbiamo ora una nuova, esaustiva, diagnosi dei nostri errori come entità politica democratica scritta da uno dei più esperti e rispettati filosofi politici. Per oltre due generazioni Sheldon Wolin ha inegnato la storia della filosofia politica da Platone a oggi agli studenti di dottorato di Berkeley e Princeton (me compreso; seguii i suoi seminari a Berkeley alla fine degli anni 50 ed essi hanno da allora influenzato il mio approccio alle scienze politiche). Egli è autore dei premiati classici Politics and Vision [“Politica e visione” n.d.t.] (1960; edizione estesa nel 2006) e “Tocqueville Between Two Worlds” (2001)

[“Tocqueville tra due mondi” n.d.t.], oltre a molti altri lavori.

Il suo nuovo libro “Democracy Incorporated: Managed Democracy and the Specter of Inverted Totalitarianism” [“Democrazia SpA: democrazia manipolata e lo spettro del totalitarismo invertito” n.d.t.] è una devastante critica al contemporaneo governo degli Stati Uniti—compreso ciò che e accaduto ad esso in anni recenti e ciò che deve essere fatto per evitare che scompaia nella storia insieme insieme ai suoi classici predecessori totalitari: l’Italia fascista, la Germania nazista e la Russia bolscevica.
Si è fatto tardi e la possibilità che il popolo americano possa prestare attenzione a ciò che è sbagliato e intraprendere difficili passi per evitare una Gotterdammerung [“Crepuscolo degli dei” n.d.t.] nazionale è remota, ma quella di Wolin è la migliore analisi del perché l’elezione presidenziale del 2008 probabilmente non avrà alcun effetto nel mitigare il nostro destino. Questo libro dimostra il
perché la scienza politica, se praticata in modo corretto, è la regina delle scienze sociali.

Il libro di Wolin è pienamente comprensibile. La comprensione dei suoi argomenti non dipende dal possesso di alcuna conoscenza specializzata, ma sarebbe comunque saggio leggerlo a brevi passi e pensare a ciò che sta dicendo prima di andare avanti. La sua analisi dell’attuale crisi americana si basa su una prospettiva storica che risale all’originale accordo costituzionale del 1789 ed include particolare attenzione ai livelli avanzati di democrazia sociale raggiunti durante il New Deal e la contemporanea mitologia che gli Usa, a cominciare dalla seconda guerra mondiale, esercitino un potere mondiale senza
precedenti.

Dato questo scenario storico Wolin introduce tre nuovi concetti per aiutare l’analisi di ciò che abbiamo perso come nazione.
La sua idea principale è il “totalitarismo invertito” [inverted totalitarianism] che è rinforzato da due nozioni subordinate
che lo accompagnano e lo promuovono—la “democrazia manipolata” [managed democracy] e “Superpotere” [Superpower], quest’ultimo
sempre con lettera maiuscola e utilizzato senza un articolo diretto. Sinché il lettore non si abitua questo particolare tic letterario, il termine Superpotere può confondere. L’autore lo utilizza come se fosse un agente indipendente, comparabile a Superman o Spiderman, qualcosa che è inerentemente incompatibile con il governo costituzionale e la democrazia.

Wolin scrive: “la nostra tesi è questa: è possibile che una forma di totalitarismo, differente da quello classico, evolva da una democrazia ritenuta ‘forte’ invece che da una ‘fallita’”. Il suo concetto di democrazia è classico ma anche populista, anti elitario e solo in parte rappresentato nella Costituzione degli Stati Uniti. “La democrazia”, scrive, “riguarda le condizioni che permettono alla gente comune di migliorare le proprie vite divenendo individui politici e facendo sì che il potere reagisca alle loro speranze e bisogni”. Essa dipende dall’esistenza di un demos – “una cittadinanza politicamente impegnata e dotata di potere, che ha votato, deliberato e occupato tutti i rami dei pubblici ruoli”. Wolin sostiene che quando gli Stati Uniti in certe occasioni sono andati vicini a essere una genuina democrazia ciò è avvenuto perché i suoi cittadini hanno votato contro, e momentaneamente sconfitto, l’elitismo che era scritto nella Costituzione.

“Nessun lavoratore, nessun contadino qualunque, nessun negoziante”, fa notare Wolin, “ha aiutato a scrivere la Costituzione”.
Egli spiega che “il sistema politico americano non è nato come democrazia, ma è nato con un pregiudizio contro la democrazia.

E’ stata costruita da coloro che, o erano scettici o erano ostili alla democrazia. Il progresso democratico si dimostrò lento, in salita, e sempre incompleto. La repubblica è esistita per tre quarti di secolo prima che la schiavitù fosse formalmente abolita; altri cento anni passarono prima che ai neri americani fosse garantito il loro diritto di voto. Solo nel ventesimo secolo alle donne fu garantito ildiritto di voto e ai sindacati il diritto di fare contrattazioni collettive. In nessuna di queste richieste la vittoria è stata completa: alle donne manca ancora la piena uguaglianza, il razzismo permane ela
distruzione di ciò che rimane dei sindacati resta un obiettivo delle strategie delle corporations. Tutt’altro che innata, la democrazia in america è sempre stata contro corrente, contro le stesse forme in cui viene da sempre formato il potere politico e quello economico della nazione.” Wolin non mostra alcun entusiasmo per James Madison, il principale autore della Costituzione, e vede il New Deal come forse l’unico periodo della storia americana in cui è prevalso il governo da parte di un autentico demos.

Per ridurre un argomento complesso ai suoi elementi essenziali, a partire dalla Depressione, le forze gemelle delle democrazia e del Superpotere hanno aperto la strada a qualcosa che è ora alla luce del sole: il “totalitarismo invertito”, una forma che è totalitaristica quanto la versione classica, ma si basa su una cooptazione internalizzata, la sembianza di libertà, il disimpegno politico al posto dell’impegno di massa, e che si basa più sui “media privati” che sulle agenzie pubbliche per
disseminare la propaganda che rinforza la versione ufficiale dei fatti. E’ invertito perché non richiede l’uso della coercizione, del potere di polizia e una ideologia messianica come le versioni Nazista, Fascista e Stalinista (sebbene si debba notare che gli Stati Uniti hanno la più alta percentuale al mondo di cittadini in prigione — 751 ogni 100000 abitanti).

Secondo Wolin il totalitarismo invertito “è emerso impercettibilmente, senza premeditazione, e in apparente continuità con le tradizioni politiche della nazione”.

La genialità del nostro totalitarismo invertito “si basa sull’assegnare potere totale senza darlo a vedere, senza costruire campi di concentramento, senza costringere alla uniformità ideologica e senza sopprimere con la forza elementi dissidenti sino a che essi rimangono inefficaci. Lo spostamento dello status e del ruolo di ‘popolo sovrano’ a quello di sudditi pazienti è sintomatico del cambiamento di sistema dalla democrazia come metodo per rendere ‘popolare’ il potere alla democrazia come
marchio di fabbrica di un prodotto commerciabile in patria e all’estero. Il nuovo sistema, il totalitarismo invertito, professa
il contrario di ciò che di fatto è. Gli Stati Uniti sono diventati la dimostrazione di come la democrazia possa essere
manipolata senza che sembri che venga soppressa”.

Tra i fattori che hanno promosso il totalitarismo invertito ci sono la pratica della psicologia della pubblicità e il governo delle “forze di mercato” in molti campi diversi dal mercato, il continuo progresso tecnologico che incoraggia fantasie elaborate (giochi elettronici, avatar virtuali, viaggi spaziali), la penetrazione della comunicazione dei mass media e della propaganda in ogni casa del paese e la totale cooptazione delle università. Tra le favole comuni della nostra società vi sono il culto dell’eroe e i racconti di successo individuale, l’eterna giovinezza, la bellezza tramite la chirurgia, le azioni
misurate in nanosecondi, e una cultura imbevuta di sogni di controllo e possibilità sempre in espansione, i cui adepti sono propensi alle fantasie perché la stragrande maggioranza di essi è dotata di immaginazione ma dispone di poca conoscenza scientifica. I padroni di questo mondo sono i padroni delle immagini e della loro manipolazione. Wolin ci ricorda che l’immagine di Hitler che volava verso Norimebrga nel 1934 in apertura del classico film di Leni Riefenstahl “Il Trionfo della Volontà” è stata ripetuta il 1 Maggio del 2003 col presunto atterraggio di un aereo da guerra compiuto dal Presidente George W.
Bush sulla portaerei USS Abraham Lincoln per proclamare “Missione Compiuta” in Iraq.


[L’atterraggio di Hitler a Norimberga all’inizio del film di Leni Riefenstahl “Triumph des Willens”]


[L’atterraggio di Bush sulla portaerei Lincoln nel servizio dell’ABC]

Sulle ‘pacificatrici’ università del totalitarismo invertito, da paragonare col fermento intellettuale che circonda le istituzioni indipendenti di studio, Wolin scrive: “Tramite i ricercatori delle università e delle aziende, e tramite ricchi donatori, le università (specialmente le cosiddette università di ricerca), gli intellettuali, gli esperti e i ricercatori sono stati completamente integrati nel sistema. Non ci sono libri bruciati o Einstein alla ricerca di rifugio. Per la prima volta nella storia dell’educazione superiore americana i maggiori professori sono resi ricchi dal sistema, ricevendo salari e
incentivi che potrebbero essere invidiati da un Amministratore Delegato.”

I maggiori settori sociali che promuovono e rinforzano questo moderno Shangri-La sono il potere delle aziende, che controlla la democrazia manipolata, e il complesso militare-industriale, che controlla il Superpotere. I maggiori obiettivi della democrazia manipolata sono l’incremento dei profitti delle grandi corporations, lo smantellamento delle istituzioni della democrazia sociale (Previdenza Sociale, sindacati, welfare, servizio sanitario pubblico, case popolari e così via), e il ricacciare indietro gli ideali politici e sociali del New Deal. Il suo strumento primario è la privatizzazione. La democrazia manipolata
mira alla “selettiva abdicazione della responsabilità governativa sul benessere della cittadinanza” sotto la copertura di una incrementata “efficenza” e del taglio dei costi.

Wolin spiega che “la privatizzazione dei servizi e delle funzioni pubbliche manifesta la costante evoluzione del potere
aziendale verso una forma politica e verso la trasformazione di esso in un partner integrale e persino dominante dello stato.
Ciò marca la trasformazione della politica americana e della sua cultura politica da un sistema in cui le pratiche e i valori
democratici erano, se non gli elementi fondanti, almeno quelli di maggior contributo, ad un sistema in cui gli elementi democratici rimanenti e il suo programma populista vengono sistematicamente smantellati”. Questa campagna ha avuto un largo successo. “La democrazia rappresentava una sfida allo status quo, oggi è stata adattata allo status quo”.

Un altro compito subordinato della democrazia manipolata è mantenere la cittadinanza preoccupata con le condizioni private e/o periferiche della vita umana in modo che essa non riesca a focalizzare la diffusa corruzione e il tradimento della fiducia del pubblico. Come afferma Wolin: “Il punto principale a riguardo delle dispute su temi come il valore dell’astinenza sessuale, il ruolo delle organizzazioni religiose di volontariato nelle attività finanziate dallo stato, la questione dei matrimoni gay, e simili, è che sono destinate a non trovare una soluzione. La loro funzione politica è dividere la cittadinanza oscurando le
differenze di classe e spostando l’attenzione degli elettori dalle preoccupazioni sociali ed economiche della popolazione in generale.” Esempi principali dell’uso di tali incidenti da parte delle elite per dividere e infiammare l’opinione pubblica sono il caso di Terry Schiavo nel 2005, in cui una donna senza attività cerebrale fu mantenuta artificialmente viva, e il caso del 2008 di donne e bambini che vivevano in una comune di poligami in Texas e che sarebbero stati maltrattati sessualmente.

Un’altra tattica di democrazia manipolata dell’elite è annoiare l’elettorato ad un tal punto che esso gradualmente smette di prestare attenzione alla politica. Wolin percepisce che “un metodo per assicurarsi il controllo è rendere continuamente, tutto l’anno, l’elettorato saturo di propaganda di partito, inframezzata con l’opinione di provocatori sotto controllo, portandolo
alla noia, piuttosto che fornendo energia, il genere di pigrizia in cui la democrazia manipolata sguazza.”

Il classico esempio è certamente la sfida alle primarie dei due maggiori partiti politici nel 2007 e nel 2008, ma la competizione ‘dinastica’ tra le famiglie Bush e Clinton tra il 1988 e il 2008 è altrettanto rilevante. Bisogna notare che tra metà e due terzi degli aventi diritto non hanno di recente votato, rendendo così la manipolazione dell’elettorato molto più
facile. Wolin commenta: “Ogni cittadino apatico è un silenzioso arruolato alla causa del totalitarismo invertito”. Rimane da
vedere se la candidatura di Obama può risvegliare gli elettori apatici, ma sospetto che Wolin prevederebbe un fuoco di
sbarramento da parte dei media delle corporations tale da ‘uccidere’ il personaggio e porre fine a questa possibilità.

La democrazia manipolata è un potente solvente di qualunque sembianza di democrazia rimasta nel sistema politico americano, ma
i suoi poteri sono deboli se paragonati a quelli del Superpotere. Il Superpotere è lo sponsor, il difensore e il gestore dell’imperialismo e del militarismo americani, aspetti del governo americano che sono sempre stati dominati dalle elite, avvolte con la sicurezza del potere esecutivo e presumibilmente al di là della possibilità degli ordinari cittadini di capire e supervisionare. Il Superpotere si preoccupa delle armi di distruzione di massa, della manipolazione clandestina della politica estera (e a volte anche di quella interna), delle operazioni militari, e della fantastica somma di denaro richiesta al potere pubblico dal complesso militare-industriale. (Le forze armate USA spendono più di tutte le altre forze armate della terra messe assieme. Il budget ufficiale della difesa USA per l’anno fiscale 2008 è di 623 miliardi di dollari; il budget militare successivo in quanto a dimensioni è quello della Cina con 65 miliardi di dollari, secondo quanto afferma la Central Intelligence Agency.)

Le operazioni miltari all’estero forzano letteralmente la democrazia a cambiare la sua natura: “per gestire le contingenze imperiali della guerra e dell’occupazione in paesi stranieri”, secondo Wolin, “la democrazia altera il suo carattere, non solo assumendo all’estero nuovi comportamenti (ad esempio la spietatezza, l’indifferenza verso la sofferenza, la mancanza di riguardo verso le norme locali, la diseguaglianza nel governo della popolazione assoggettata), ma anche operando in patria su presupposti modificati e tali da espandere il potere. Cercherà più spesso di manipolare la sua opinione pubblica piuttosto che renderla impegnata nelle decisioni. Chiederà maggiori poteri e una più ampia discrezionalità nel loro uso (‘segreti di stato’), un più stretto controllo delle risorse, metodi più sommari di giustizia, e meno pazienza verso la legalità, l’opposizione e meno clamore per le riforme socioeconomiche.”

L’imperialismo e la democrazia sono, secondo Wolin, letteralmente incompatibili, e delle sempre maggiori risorse dedicate all’imperialismo implicano che la democrazia, inevitabilmente, svanirà e morirà. Egli scrive: “la politica imperialista rappresenta la conquista della politica nazionale e la conversione di quest’ultima in un elemento cruciale del totalitarismo invertito. Non ha senso chiedere come i cittadini democratici possano ‘partecipare’ in modo sostanziale alle politiche imperiali; perciò non deve sorprendere che l’argomento dell’impero sia un tabù dei dibattiti elettorali. Nessun grande politico
o partito ha, sino ad oggi, sottolineato pubblicamente l’esistenza di un impero americano.”

Dal momento della fondazione degli Stati Uniti, i suoi cittadini hanno avuto una lunga storia di complicità con le avventure imperiali del paese, compresa la sua espansione transcontinentale alle spese dei nativi americani e degli imperialisti messicani e spagnoli. Theodore Roosevelt ha spesso commentato che gli americani si opponevano fortemente all’imperialismo a causa della loro vincente fuga dall’impero britannico, ma che l’’espansionismo’ era nel loro sangue. Nel corso degli anni l’analisi politica americana ha accuratamente cercato di separare il militarismo dall’imperialismo, sebbene il militarismo sia
l’inevitabile accompagnatore dell’imperialismo. L’esercito in primo luogo crea l’impero ed è poi indispensabile per la sua difesa, la sua espansione e la sua gestione. Wolin osserva che “il fatto che il cittadino patriottico appoggi incondizionatamente l’esercito e il suo enorme budget significa che i conservatori hanno avuto successo nel persuadere l’opinione pubblica che le forze armate sono qualcosa di distinto dal governo. Perciò l’elemento più sostanziale del potere statale è stato rimosso dal dibattito pubblico”.

È servito molto tempo, ma sotto l’amministrazione di George W. Bush gli Stati Uniti hanno finalmente raggiunto un’ideologia ufficiale di espansione imperiale comparabile a quella dei totalitarismi nazista e sovietico. In base alla National Security Strategy of the United States [Strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti n.d.t.] (che sarebbe stata scritta da Condoleezza Rice e proclamata il 9 settembre 2002), gli Stati Uniti si impegnano oggi in quella che è definita “guerra preventiva”. Wolin spiega: “la guerra preventiva implica la proiezione del potere all’estero, solitamente contro un paese molto più debole, in modo paragonabile, ad esempio, all’invasione nazista di Belgio e Olanda nel 1940. Si dichiara perciò che gli Stati Uniti hanno una giustificazione nel colpire un altro paese a causa della minaccia percepita che il potere Usa possa essere indebolito o gravemente danneggiato, a meno che non si reagisca per eliminare il pericolo prima che si materializzi. La guerra preventiva è il Lebensraum [l’affermazione da parte di Hitler che il suo imperialismo era giustificato dalla necessità
della Germania di uno “spazio vitale”] dell’età del terrorismo”. Questa è stata, naturalmente, la scusa ufficiale per l’aggressione americana all’Iraq iniziata nel 2003.

Molti analisti, me compreso, concluderebbero che Wolin ha fornito un’argomentazione inattaccabile sul fatto che i giorni della Repubblica americana siano contati, ma lo stesso Wolin non è d’accordo. Verso la fine del suo studio egli descrive una lista di cose che potrebbero essere fatte per evitare il disastro del totalitarismo invertito: “far indietreggiare l’impero, far indietreggiare le pratiche di democrazia manipolata; ritornare all’idea e alle pratiche della cooperazione internazionale piuttosto che ai dogmi della globalizzazione e degli attacchi preventivi; restaurare e rinforzare le protezioni ambientali;
rinvigorire le politiche populiste; riparare i danni al nostro sistema di diritti individuali; ricostruire le istituzioni di un sistema giudiziario indipendente, della separazione dei poteri e dei controlli e contrappesi; ricostituire l’integrità delle agenzie regolatrici indipendenti e dei procedimenti di consulenza scientifica; ravvivare sistemi di rappresentanza responsabili verso i bisogni popolari di assistenza sanitaria, educazione, pensioni garantite e di un salario minimo onesto;
restaurare l’autorità regolatrice governativa sull’economia; e riportare indietro le distorsioni di un sistema di tassazione che aiuta i ricchi e i poteri delle corporation”.

Sfortunatamente questa e più una guida su ciò che è andato male piuttosto che delle istruzioni su come riparare i danni, in particolare visto che Wolin ritiene che il nostro sistema politico sia “attraversato dalla corruzione e inondato da contributi provenienti in primo luogo dai donatori ricchi e dalle aziende”. È estremamente improbabile che il nostro sistema di partiti lavori in modo da riportare sotto controllo democratico il complesso militare industriale e le 16 agenzie segrete di intelligence. Nondimeno, una volta che gli Stati Uniti avranno seguito i totalitarismi classici nella spazzatura della storia,
l’analisi di Wolin si leverà come una delle migliori analisi su quanto è stato sbagliato.

L’ultimo libro di Chalmers Johnson è “Nemesis: The Last Days of the American Republic” (Metropolitan Books, 2008), ora disponibile in Holt Paperback [trad. it “Nemesi – La Fine dell’America“]. E’ il terzo volume della sua “Trilogia del Contraccolpo”.

Titolo originale: “Inverted Totalitarianism: A New Way of Understanding How the U.S. Is Controlled”

Fonte: http://www.alternet.org/
Link
19.05.2008

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

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