DI EDMUND SANDERS
Los Angeles Times
L’economista Dan Ben-David afferma che in Israele circa un uomo su cinque non lavora, inclusi arabi ed ebrei ultra-ortodossi. E afferma che più aumenta il loro numero, più cresce il rischio economico.
Quando la gente parla dell’economia israeliana usa parole come fiorente, con buone capacità di ripresa, addirittura “miracolo”.
Dopo essersi liberata dalle politiche di stampo socialista che una volta portarono al 400% di inflazione e al 60% di imposte sui redditi, l’economia di Israele ora cresce nonostante la flessione finanziaria internazionale. Il debito è gestibile, la moneta è forte; il settore high-tech israeliano è ammirato dapertutto.Ma un economista israeliano avverte che sotto questo compiacimento si aggira un pericolo nascosto – alimentato dall’andamento demografico e da scelte politiche – che in ultima istanza potrebbero significare la fine del paese.
Armato con una presentazione in Power Point che sta mostrando a legislatori, editori di giornali e a chiunque sia disposto ad ascoltare, Dan Ben-David, amministratore delegato del Taub Center for Social Policy Studies in Israel, situato a Gerusalemme, afferma che il problema non è semplice: sono insufficienti gli israeliani che stanno facendo la propria parte.
Secondo Ben-David, circa un uomo su cinque di età compresa tra 35 e 54 anni – una fascia che lui ritiene “non poter avere scuse” per non lavorare – non fa parte della forza lavoro. Questo dato è intorno al 60% superiore alla media delle nazioni dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), un forum economico che incoraggia le economie di mercato cui Israele ha aderito lunedì scorso.
Ufficialmente, il tasso di disoccupazione di Israele è di circa l’8%. Ma esso non include i cittadini israeliani che non cercano un lavoro, o perché si sentono privati del diritto di voto, come molti arabi israeliani, o perché hanno scelto una vita di studi religiosi basata su sussidi statali, come molti ebrei ultra-ortodossi.
Circa il 27% degli uomini arabi e il 65% degli ebrei ultra-ortodossi non lavora, come evidenziato da dati governativi. Il tasso di disoccupazione per gli ultra-ortodossi è triplicato dal 1970, ha affermato Ben-David.
“Noi sosteniamo uno stile di vita non lavorativo che non ha paralleli nel mondo occidentale,” ha detto Ben-David, che è anche un professore universitario a Tel Aviv. “Da un lato abbiamo questo sviluppo estremo dell’economia. Dall’altro c’è il resto del paese che è come un enorme fardello.”
Ciò che preoccupa di più Ben-David è il fatto che la parte non produttiva della popolazione israeliana, che sopravvive in gran parte grazie al welfare, è anche quella che cresce più velocemente.
Oggi gli arabi e gli ultra-ortodossi insieme non sono più del 30% della popolazione, ma i bambini in età scolastica contano per oltre la metà. Studi recenti hanno evidenziato che se la tendenza continua incontrollata, i bambini arabi e ultra-ortodossi potrebbero costituire il 78% delle classi israeliane.
“Alla fine si arriverà al collasso”, ha detto l’economista. “Ci troviamo su percorsi che non sono sostenibili”.
Ma non tutti sono d’accordo con le catastrofiche previsioni di Ben-David.
“Ha avuto molto successo nello spaventare tutti,” ha detto Beni Fefferman, direttore dell’ufficio di pianificazione e ricerca del Ministero dell’Industria, Commercio e Lavoro. Secondo Fefferman, l’analisi di Ben-David amplifica di molto “la portata del problema, perché i dati dell’ultimo decennio indicano che i tassi di disoccupazione tra arabi ed ebrei ultra-ortodossi stanno migliorando.
Ma Ben-David sostiene che il governo ha contato troppo pesantemente su una facile soluzione. Con un pesante lavoro di lobbying da parte dei partiti ultra-ortodossi, Israele ha incrementato i pagamenti di cinque volte rispetto al 1970, mentre lo standard di vita è raddoppiato, ha detto.
Circa un decennio fa, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che allora era il Ministro delle Finanze, fu lodato per aver drasticamente ridotto i sussidi pubblici, inclusi i bonus mensili per ogni bambino. Ma l’anno scorso Netanyahu, in una concessione ai partner di destra della sua coalizione, ha accettato di quasi raddoppiare alcuni sussidi per i bambini.
I motivi per la disoccupazione degli arabi e degli ebrei ultra-ortodossi sono differenti.
Nel corso degli ultimi 30 anni, la percentuale degli uomini ultra-ortodossi che lavorano è diminuita a causa dei sussidi governativi per i loro studi religiosi, affermano gli esperti.
Tali programmi ora vengono fortemente osteggiati da parte dei cittadini israeliani laici e non ortodossi. Un conduttore di uno show radiofonico ha recentemente descritto gli ebrei ultra-ortodossi come “parassiti”. Il sindaco di Tel Aviv ha affermato che la comunità ultra-ortodossa in veloce crescita stava “danneggiando” la forza economica della “maggioranza silenziosa”.
Ma i difensori degli ultra-ortodossi attribuiscono loro il merito di preservare l’identità ebraica di Israele, sostenendo che senza l’alto indice di natalità delle famiglie ultra-ortodosse, Israele potrebbe vedere una maggioranza araba nelle generazioni future.
“Alcuni guidano un taxi, altri pregano,” afferma Robert Zwirn, 63 anni, in passato dottore di Brooklyn che si è trasferito in Israele 20 anni fa e che ha abbandonato le sue usanze e adottato gradualmente uno stile di vita ultra-ortodosso. “Ma il Messia non arriverà perché stai guidando un taxi. Lo farà in base alle nostre preghiere”.
Da parte loro, molti arabi israeliani dicono che vogliono lavorare ma sono esclusi a causa della discriminazione, delle scuole povere e di inadeguati servizi governativi.
“Se io fossi ebrea, sarebbe stato molto più facile trovare un lavoro,” racconta Salwa Idreis, 30 anni, una araba israeliana di Gerusalemme che, nonostante abbia conseguito una laurea in giurisprudenza, non è stata in grado di trovare un lavoro per cinque anni.
“La gente non si fida di noi perché siamo palestinesi,” ha detto questa madre di quattro bambini. Anche gli studi legali di proprietà araba non le daranno un lavoro perché pensano che gli avvocati ebrei attirino più clienti, ha affermato.
Con l’aumento del tasso di disoccupazione, molti israeliani lavoratori che pagano le tasse stanno scegliendo di lasciare il paese.
Il tecnico di computer Avner Coopman, 40 anni, e sua moglie bibliotecaria hanno preso il volo sei mesi fa, lasciando il loro lavoro e spostando i loro bambini di 9 e 11 anni in un quartiere periferico di Vancouver. Si sono detti sicuri che il Canada offre più sicurezza, miglior educazione e un più elevato standard di vita.
“Il calcolo è stato facile,” ha affermato Coopman nel predire che le tasse e la povertà aumenteranno nei prossimi anni. “Non riguardava tanto me, quanto ciò che i miei bambini affronteranno tra 30 anni.”
Ben-David sostiene che Israele dovrebbe agire ora per prevenire un collasso finanziario che una nazione con molti nemici può affrontare con difficoltà.
“Con questi vicini non hai molte opportunità,” dice Ben-David. “Per noi [l’opportunità di creare uno stato] capita solo ogni 2,000 anni.”
Titolo originale: “Welfare system could cause Israel to collapse, economist warns
“
Fonte: http://www.latimes.com
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10.05.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI