DI JIAN JUNBO
Asia Times
Con i ribelli libici che hanno preso
Tripoli e il leader autoritario Muammar Gheddafi in fuga, la
ribellione supportata dai raid di bombardamenti della North Atlantic
Treaty Organization per rovesciare il regime di Gheddafi arriverà
presto alla sua fine. Ora la ricostruzione è un aspetto urgente dell’agenda
del popolo libico e della società internazionale.
La Cina, un elemento molto attivo negli
affari dell’economia libica, ha dovuto evacuare circa 35.000 cinesi
– lavoratori, dirigenti, ingegneri, commercianti e turisti – lasciando
incustoditi decine di progetti dopo lo scoppio della guerra civile avvenuto
in febbraio. Ha affermato con chiarezza di essere pronta per tornare
“a svolgere un ruolo attivo nella futura ricostruzione”, come
evidenziato dal portavoce del Ministero degli Esteri Ma Chaoxu il 24
agosto sotto l’egida delle Nazioni Unite.Tutto questo mostra che la seconda
maggiore economia mondiale voglia avere un ruolo maggiore negli affari
internazionali e che, nel caso particolare della Libia, Pechino speri
di recuperare ed espandere i suoi interessi economici.
Secondo il Ministero del Commercio
cinese, prima che iniziasse la guerra civile 75 imprese cinesi, tra
cui 13 grandi aziende di stato, erano coinvolte in Libia in 50 progetti
importanti dal valore di almeno 18,8 miliardi di dollari che riguardavano
proprietà, ferrovie, attività nel settore petrolifero e delle telecomunicazioni.
La Cina ha sollecitato la Libia per
proteggere i propri investimenti dopo che un funzionario presso una
struttura petrolifera in mano ai ribelli aveva avvertito che le compagnie
cinesi e russe avrebbero potuto rimetterci dopo l’espulsione di Gheddafi.
Se venisse messo in pratica, l’avviso di Abdeljalil Mayouf, un responsabile
della comunicazione della AGOCO, farebbe venire il mal di testa alla
Cina, la seconda maggior consumatrice di petrolio al mondo, che lo scorso
anno ha ottenuto il 3% delle proprie importazioni di petrolio dalla
Libia, in base a un report di Reuters.
Wen Zhongliang, il vicedirettore del
dipartimento degli scambi al Ministero del Commercio cinese, ha affermato
in una conferenza stampa tenuta a Pechino in risposta a queste minacce:
“Speriamo che, dopo il ritorno alla stabilità, la Libia continuerà
a proteggere gli interessi e i diritti degli investitori cinesi e speriamo
di poter continuare la cooperazione economica e negli investimento con
la Libia. Gli investimenti della Cina in Libia, specialmente quelli
nel petrolio, sono un aspetto della mutua cooperazione economica tra
Cina e Libia”.
La Cina, così come Russia, Brasile,
India e Sud Africa non hanno appoggiato i bombardamenti della North
Atlantic Treaty Organization (NATO) che avevano l’obbiettivo di
sconfiggere Gheddafi e neppure hanno fornito un aiuto militare ai ribelli.
Criticando la NATO per essere intervenuta negli affari interni della
Libia, Pechino è stata anche sorda alla richiesta dei ribelli di essere
riconosciuti come l’autorità legittima in Libia.
Visto se, come alcuni prevedono, i
bombardamenti della NATO contro i lealisti di Gheddafi comporteranno
maggiori ricostruzioni, la Libia non si può permettere di ignorare
la Cina. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha dichiarato che verrà
indetta a Parigi una conferenza internazionale sulla ricostruzione in
Libia il 1° settembre, alla quale la Cina, così come la Russia e il
Brasile, sono stati invitati. La Francia ha guidato l’azione della
NATO.
Xie Yajing, consulente commerciale
del dipartimento degli affari dell’Asia occidentale e dell’Africa
al Ministero del Commercio, ha detto il 30 agosto che le aziende cinesi
hanno grandi opportunità di incasso nella ricostruzione post-conflitto
della Libia, ma che dovranno attendere prima che la situazione diventi
stabile e chiara.
“È vero che alcune aziende
cinesi stanno valutando le opportunità presenti o stanno ripristinando
i propri affari in Libia, ma non è ancora il momento giusto, visti
i rischi a breve termine”, così lei ha risposto a Cina Daily.
La fine della partita della rivolta
libica è prossima. La moglie di Gheddafi, la figlia e due dei suoi
figli si dice che abbiano lasciato la Libia per la vicina Algeria mentre
la caccia al dittatore spodestato continua. Rimangono sacche di resistenze
delle forze fedeli a Gheddafi, e i combattimenti sono ancora particolarmente
intensi lungo la costa di Sirte, la sua città natale.
Ripristinare i contratti
Secondo il Ministero del Commercio,
la Cina non ha investimenti diretti in Libia, ma solo progetti di contratti.
Il ministro ha riferito il 24 agosto che stava facendo ricerche per
la possibilità di ripristinare i progetti cinesi.
La Cina deve ancora riconoscere ufficialmente
il Consiglio Nazionale di Transizione come legittimo governo libico.
Per il momento, il Ministro degli Esteri Yang Jiechi ha fatto appello
il 23 agosto al Segretario dell’ONU Ban Ki-moon di lavorare con le
organizzazioni regionale come l’Unione Africana e la Lega Araba per
riportare l’ordine.
Nella Libia post-Gheddafi, molti osservatori
ritengono che la Cina perderà inevitabilmente i suoi interessi
economici quando le imprese occidentali che hanno partecipato ai bombardamenti
monopolizzeranno i contratti di ricostruzione.
Ma quest’analisi è irrealistica.
Le relazioni internazionali non sono
mai governate dalla cosiddetta “amicizia internazionale”,
ma dagli “interessi reali”. Molti fattori sono a favore del
fatto che la Cina abbia la sua fetta della torta della ricostruzione
in Libia.
Come nel caso del Sudan, la Cina ha
avuto un approccio vago sulla Libia. Anche se la Cina è rimasta
fondamentalmente indifferente nella crisi libica, ciò non significa
che Pechino abbia chiuso occhi e orecchie su quello che stava succedendo
o che abbia pensato che la crisi non avesse niente a che fare con la
Cina. Quando l’esito della guerra civile era indeciso, Pechino ha
lasciato le porte aperte al regime di Tripoli e ai ribelli.
Pechino non ha criticato la legittimità
del regime di Gheddafi e all’epoca ha invitato il suo ministro degli
Esteri a visitare la Cina. Ma allo stesso tempo ha incaricato un inviato
per mettersi in contatto con i ribelli. Zhang Zhiliang, l’ambasciatore
cinese in Qatar, ha incontrato a Doha il dirigente del CNT in giugno.
E il 6 giugno, Li Lianhe, un diplomatico cinese in Egitto, ha valutato
la situazione umanitaria e le prospettive delle istituzione finanziate
dai cinesi a Bengasi, e si è anche incontrato con il direttore del
CNT, Mustafa Mohammed Abdul Jalil, e altri dirigenti.
A questo è seguita una visita
in Cina di Mahmoud Jibolile, il presidente del tavolo direttivo del
CNT, per parlare con i dirigenti cinesi. Poi in luglio Chen Xiaodong,
il direttore del dipartimento per l’Africa del Ministero degli Esteri
cinese, ha visitato Benghazi per discutere con i leader del CNT.
Pechino si dice che abbia inviato aiuti
umanitari ai ribelli tramite la Croce Rossa. Senza dubbio, una politica
così protettiva almeno rende possibile per Pechino il tenere relazione
con la Libia dopo il cambio di regime.
Ci sono sicuramente voci discordanti
nei gruppi dell’opposizione, dice Yin Gang, un esperto del mondo arabo
all’Accademia Cinese di Scienze Sociali di Pechino, come riportato
da Reuters. Yin ha messo in dubbio che le affermazioni dell’ufficiale
di medio livello del campo dei ribelli – secondo cui la Cina sarebbe
stata estromessa dalla ricostruzione in Libia – rappresentasse la
posizione ufficiale del regime post-Gheddafi.
“Si tratta di un’opinione individuale.
Ve lo dico con quattro parole: “Loro non si azzarderanno”, non oseranno
fare alcuna modifica ai contratti”, ha detto Yin. Le aziende cinesi
hanno relativamente pochi investimenti in Libia, mentre le compagnie
occidentali erano le favorite negli ultimi anni anche con Gheddafi,
ha riferito.
Le prime tre aziende petrolifere di
stato cinesi, CNPC, SINOPEC Group e CNOOC, stavano tutte elaborando
progetti in Libia, ma non riguardavano la produzione di petrolio, secondo
Reuters, che ha aggiunto che la Cina riceveva circa 150.000 barili al
giorno di greggio dalla Libia lo scorso anno tramite l’UNIPEC, il
ramo commerciale della più grande azienda di raffinazione asiatica,
Sinopec Corp, che ha i contratti di fornitura a lungo termine. Si parla
di circa un decimo delle esportazioni di greggio dalla Libia.
Maggiori opportunità
I dirigenti del nuovo new regime potrebbero
essere più saggi nel capire che la ricostruzione della Libia non
potrà essere realizzata dalle sole aziende occidentali. Visto che si
affida alle esportazioni petrolifere per le proprie entrate, la Libia,
nella sua ricostruzione, non può dipendere dall’affidarsi a sole
poche potenze, ma necessita invece di diversificare il mercato delle
esportazioni.
L’economia sarebbe oltretutto in
pericolo se fosse sconsideratamente fuori controllo. È una cosa che
vale soprattutto per un paese che dipende dalle esportazioni, particolarmente
verso i mercati occidentali, e dagli investimenti delle imprese, rendendosi
quindi vulnerabile al neo-colonialismo.
Per di più, la gran parte delle attività
economiche cinesi nella Libia pre-conflitto era collegata a progetti
civili. Secondo il funzionario del Ministero del Commercio Zhong Manying,
fino alla guerra civile i progetti cinesi in Libia erano principalmente
nell’edilizia, nelle costruzione di ferrovie, nell’attività petrolifera
e nelle comunicazioni.
Ciò significa che il coinvolgimento
della Cina in Libia era per la maggiore nel settore delle infrastrutture,
nel quale il mercato del lavoro cinese, molto economico, e le vaste
competenze la rendono più adatta a essere utilizzata rispetto ai paesi
occidentali. Se la Libia aprisse i suoi progetti per le infrastrutture
alla competizione internazionale con appalti corretti, la Cina avrebbe
grandi opportunità di vincere.
Anche le regole di ingaggio nel gioco
delle “grandi potenze” potrebbe essere a favore della Cina.
La ricostruzione della Libia ora diventa un affare internazionale nel
quale tutte le grandi potenze si stanno preparando a ricoprire un ruolo.
Potrebbe non essere una coincidenza
che Sarkozy ha fatto una visita “improvvisa” a Pechino lo
scorso 25 agosto. Si dice che abbia parlato della crisi del debito nell’eurozona
con la sua controparte cinese, Hu Jintao. Traducendo il gergo diplomatico,
ciò significa che abbia chiesto alla Cina di aiutare a stabilizzare
la crisi in Europa. Si sospetta che, in cambio, possa aver promesso
alla Cina di partecipare alla ricostruzione della Libia.
Prendere parte alla ricostruzione libica
potrebbe segnare un primo passo per svolgere un ruolo più attivo
negli affari internazionali. Si spera che una Cina più forte possa
avere una buona possibilità di dimostrare che può essere
un “attore responsabile”.
Il dottor Jian Junbo, ricercatore universitario
all’Istituto di Studi Internazionali all’Università Fudan di Shanghai
in Cina, è al momento uno studente alla London School of Economics
and Political Science nel Regno Unito.
Fonte: Cina’s second coming in
Libia
30.08.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE