Il SARS-COV2 può accelerare l’invecchiamento biologico

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Autori: Xavier Azalbert, Anne-Typhaine Bouthors, Michel Brack, Dominique Cerdan, Walter Chesnut, Gérard Guillaume, Jean-François Lesgards, Luc Montagnier, Jean-Claude Perez per FranceSoir

 

Conoscete la parola “senescenza”? In biologia, la senescenza è il processo fisiologico che porta alla degradazione delle funzioni della cellula nel tempo. In altre parole, la senescenza, dal latino senex, “anziano” (oltre i 60), è l’invecchiamento degli organismi. Da tempo immemorabile, gli scienziati hanno cercato di ritardare l’invecchiamento nel tentativo di rispettare il proverbio cinese ripreso da Malraux

“Dobbiamo aggiungere la vita agli anni, non gli anni alla vita”.

Diversi studi recenti tendono a dimostrare che il SARS-CoV2 accelera l’età biologica delle cellule. In che modo? Agendo sulla dimensione dei telomeri, le sequenze di DNA che proteggono le estremità dei cromosomi e che si accorciano ad ogni divisione cellulare

Nell’aprile 2021, uno studio cinese di Yuyang Lei e Jiao Zhang, pubblicato su Circulation Research, ha evidenziato che il principale patogeno del virus della Covid-19 è la sua proteina “ad arpione”, chiamata Spike. La proteina spike circonda il capside virale e gli permette di entrare nelle cellule per infettarle. In questo studio, i ricercatori hanno isolato la Spike inserendola su un nucleo vuoto e l’hanno poi inoculata nelle cavie per osservare la sua azione sull’organismo. Gli animali hanno sviluppato lesioni polmonari e arteriose associate all’infiammazione delle cellule endoteliali. Il team ha riprodotto l’esperimento in vitro su cellule endoteliali umane sane: la proteina Spike si è legata ai recettori ACE2, danneggiando i mitocondri delle cellule, causando microtrombosi ed endoteliti. Le conclusioni sono chiare: la proteina Spike, da sola, causa la maggior parte dei sintomi della Covid-19 (Covid nel resto dell’articolo).

Sorgono quindi alcune domande:

  • Se è stato dimostrato che il SARS-CoV2 induce un invecchiamento cellulare accelerato e che la proteina Spike è responsabile di questa senescenza, come possiamo essere assolutamente sicuri che i vaccini attualmente sul mercato, tutti basati sulla Spike, non portino anch’essi alla degradazione accelerata delle cellule delle persone vaccinate?
  • Quali sono i legami tra i meccanismi coinvolti nella senescenza collegata all’accorciamento dei telomeri e i vaccini?

Questo articolo fornisce alcune risposte. Avvertiamo il lettore che alcuni paragrafi richiedono conoscenze di biologia o di biochimica. La conclusione è per un pubblico generale.

 

Accelerazione dell’età biologica

Nel novembre 2020, un team di ricercatori delle Cliniques Universitaires Saint-Luc e UC Leuven aveva studiato il ruolo potenziale dei telomeri nel contesto dell’infezione da Covid. L’età, l’obesità, il diabete, l’ipertensione e numerosi altri fattori di rischio sono concause ormai ben identificate. Tuttavia, anche i pazienti che non soddisfano questi criteri a volte soffrono gravemente a causa di questo virus.

 

I telomeri e il loro ruolo

Un articolo riassuntivo della stessa università spiega cosa sono i telomeri ed il loro ruolo.

I telomeri sono sequenze di DNA che proteggono le estremità dei cromosomi e che si accorciano ad ogni divisione cellulare. Le loro dimensioni diminuiscono con l’età della cellula e dell’individuo. Quando diventano troppo corti, in particolare negli anziani, le cellule entrano in senescenza, un fenomeno simile alla morte cellulare. Queste strutture agiscono quindi come una sorta di orologio biologico delle cellule.

Molti scienziati hanno dimostrato che l’accorciamento dei telomeri riduce l’aspettativa di vita.

Tuttavia, la lunghezza dei telomeri non è la stessa per tutti gli individui della stessa età e dipende, tra l’altro, da alcune varianti genetiche. L’accorciamento dei telomeri sembra influenzare le difese dell’organismo contro i virus e si presume che gli individui con telomeri più corti esauriscano più rapidamente il loro stock di cellule immunitarie.

Per comprendere meglio i meccanismi immunitari coinvolti nella Covid-19 (quasi tutti i pazienti ricoverati con Covid hanno una carenza di linfociti nel sangue), i professori Froidure (Dipartimento di Pneumologia) e Decottignies hanno studiato la possibile connessione tra la dimensione dei telomeri e la Covid.

I ricercatori hanno confrontato le dimensioni dei telomeri di 70 pazienti ricoverati per Covid durante la prima ondata della pandemia (tra il 7 aprile e il 27 maggio 2020 / pazienti di età compresa tra 27 e 96 anni) con i risultati di un gruppo di controllo corrispondente a circa 500 persone non colpite da Covid.

I risultati hanno mostrato che i) i telomeri dei pazienti Covid erano più corti di quelli del gruppo di riferimento e ii) la presenza di telomeri molto corti (inferiori al 10° percentile per l’età) era associata ad un rischio significativamente più alto di ricovero in terapia intensiva o di morte.

Questi risultati offrono importanti intuizioni nella comprensione dei meccanismi di immunità al coronavirus.

 

Risultati confermati e affinati nel 2021

Nel gennaio 2021, la ricercatrice di oncologia molecolare Maria Blasco ha confermato i risultati di Froidure et al. raccolti in un articolo non pubblicato dal titolo “Telomeri più corti nei pazienti con grave malattia da Covid”. In sintesi:

L’incidenza di Covid grave aumenta con l’età, nei pazienti più anziani, che hanno una mortalità più alta, suggerendo che i percorsi molecolari alla base dell’invecchiamento contribuiscono alla gravità della Covid. Gli autori sottolineano che “un meccanismo di invecchiamento è il progressivo accorciamento dei telomeri, che sono strutture protettive alle estremità dei cromosomi. Telomeri estremamente corti compromettono la capacità dei tessuti di rigenerarsi e innescano una perdita di omeostasi dei tessuti e la malattia”. Il virus SARS-CoV2 infetta molti tipi diversi di cellule, forzando il ricambio e la rigenerazione delle cellule per mantenere l’omeostasi dei tessuti.

Gli autori hanno quindi ipotizzato che la presenza di telomeri corti nei pazienti più anziani limiti la risposta dei tessuti all’infezione da SARS-CoV2. Hanno misurato la lunghezza dei telomeri nei linfociti del sangue periferico di pazienti Covid di età compresa tra 29 e 85 anni e hanno scoperto che i telomeri più corti sono associati ad una maggiore gravità della malattia.

Pochi articoli hanno riportato questi studi, a parte HealthLog, che ha timidamente titolato “Cosa succede se la Covid rosicchia i telomeri?” prima di concludere con la domanda che sorge spontanea: l’accorciamento dei telomeri implica un invecchiamento accelerato e una durata di vita ridotta?

Nel maggio 2021, uno studio di pre-pubblicazione (Gorgoulis et al. 2021) ha concluso che il SARS-CoV2 infetta le cellule epiteliali polmonari e induce la senescenza e una risposta infiammatoria nei pazienti con Covid grave.

Nel giugno 2021 è stato dimostrato il legame tra l’accorciamento dei telomeri nei pazienti Covid e l’accelerazione dell’età biologica (Gaetano et al.). La sintesi è inequivocabile:

L’infezione da SARS-CoV2 porta alla sindrome Covid, che è caratterizzata, nel peggiore dei casi, da grave distress respiratorio, fibrosi polmonare e cardiaca, rilascio di citochine infiammatorie e immunosoppressione. Questa condizione ha provocato, fino ad oggi, la morte di circa il 2,15% della popolazione mondiale infetta.

Tra i sopravvissuti, la presenza della cosiddetta sindrome persistente post-Covid (PPCS) è abbastanza comune. Nei sopravvissuti al Covid, la PPCS è associata a uno o più dei seguenti sintomi: affaticamento, dispnea, perdita di memoria, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione. Lo studio ha misurato l’età biologica in 117 sopravvissuti alla Covid e in 144 volontari non infetti.

Gli autori hanno constatato un aumento significativo dell’età biologica dei pazienti Covid (post-Covid) di 10,45 anni (+/- 7,29 anni o 5,25 anni oltre la norma) rispetto a 3,68 anni (+/- 8,17 anni) nei non infetti (senza-Covid).

Un accorciamento significativo dei telomeri è stato osservato nella coorte post-Covid (3,03 ko) rispetto alla coorte non-Covid (10,67 ko).

Inoltre, l’espressione di ACE2 era diminuita del 73% nei pazienti post-Covid, rispetto alla popolazione non-Covid. Questo conferma i dati dello studio di Butwot del maggio 2020 sull’espressione delle proteine di ingresso del SARS-CoV2, ACE2 e TMPRSS2 nelle cellule epiteliali olfattive e l’identificazione dei tipi di cellule e delle tendenze con l’età.

Sulla base di queste osservazioni, si ipotizza che alcune alterazioni epigenetiche siano associate allo stato post-Covid, in particolare nei pazienti più giovani (< 60 anni).

Recentemente, in televisione o sui social network, molte testimonianze individuali hanno corroborato questi fatti: non è raro leggere, sentire o vedere che una persona cara “è invecchiata di dieci anni” dopo una forma grave di Covid. Ma, cosa più preoccupante, queste stesse impressioni si riscontrano anche nelle persone vaccinate.

 

Cos’è lo stress ossidativo e quale ruolo gioca nell’accorciamento dei telomeri e nella Covid-19?

L’infiammazione cronica (cioè prolungata) è in definitiva ciò che causerà la morte nei pazienti Covid, in particolare attivando il fenomeno della coagulazione. Questa infiammazione, che è stata spesso semplificata in “tempesta citochinica”, è infatti attivata da molecole (proteine) chiamate citochine. Queste citochine sono come messaggeri tra le cellule del corpo umano che inviano messaggi, in particolare per la regolazione dell’infiammazione negli organi.

Questa infiammazione è accompagnata da reazioni ossidative intracellulari da parte di piccole molecole altamente reattive (chiamate radicali liberi) che sono prodotte nel luogo dell’infiammazione in un processo chiamato stress ossidativo. È come se l’infiammazione fosse il lanciafiamme e lo stress ossidativo la fiamma.

Questi due fenomeni strettamente correlati (infiammazione cronica e stress ossidativo) sono alla base della maggior parte delle malattie cardiovascolari (aterosclerosi, trombosi, ecc.), delle malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson, ecc.) e dei tumori, ma anche dell’invecchiamento.

“E si scopre che la Covid è in realtà una malattia infiammatoria e ossidativa!”

L’importanza cruciale dello stress ossidativo nella patologia della Covid è stata ampiamente sottovalutata e dovrebbe essere oggetto di ulteriori ricerche, in particolare per identificare trattamenti antiossidanti/anti-infiammatori (Delgado-Roche L et al., 2020) (Cecchini R et al., 2020) (Ntyonga-Pono MP, 2020); questo è importante anche per le forme lunghe di Covid!

Nella Covid, l’infiammazione scatenata dalla proteina spike e lo stress ossidativo associato comporta, in particolare, la disregolazione del sistema renina-angiotensina e l’attivazione della via della bradichinina (Lesgards JF., Cerdan D. 2021, una visione globale della biologia della SARS).

Numerosi studi hanno stabilito un legame tra lo stress ossidativo e l’accorciamento dei telomeri e quindi la senescenza cellulare e l’invecchiamento dell’organismo (Boonekamp JJ et al., 2017) (von Zglinicki T, 2002) (Kawanishi S e Oikawa, 2004) (Richter T e von Zglinicki T, 2007) (Griffin CS, 2002). Diversi studi hanno dimostrato che i telomeri vengono accorciati dall’aggiunta di un ossidante che consuma il glutatione (il principale antiossidante organico) (Cattan V et al. 2008).

Inoltre, nel luglio 2021, in una popolazione di pazienti non selezionati ricoverati con Covid, il legame tra stress ossidativo e biomarcatori infiammatori ha permesso di predire la gravità del paziente e il ricovero in terapia intensiva (Brack M. et al., 2021).

 

Lo stress ossidativo è responsabile dell’accorciamento dei telomeri nella Covid

Nell’ambiente ossidativo della Covid, uno dei bersagli cellulari sono le basi del DNA e dell’RNA, in particolare le basi chiamate Guanine (G). Il principale prodotto di ossidazione presente nell’organismo è l’8-oxo-7,8-diidroguanina (8oxoG), che gioca un ruolo importante nella mutagenesi e nella carcinogenesi, cioè nell’induzione dei tumori (Fortini P et al., 2003). Le guanine, se si susseguono in sequenze ripetute (GG..), sono ancora più facilmente ossidabili (Kino K et al., 2017), e queste sequenza ripetute sono spesso presenti nella sequenza genica dei telomeri che proteggono le estremità dei cromosomi. Normalmente l’organismo elimina questi prodotti di ossidazione tossici (8oxoG) tramite un enzima (OGG1 glicosilasi) e ripara il DNA o l’RNA danneggiato. Ma essendo i telomeri molto ricchi di guanina, sono particolarmente sensibili all’ossidazione e una produzione significativa di 8-oxoG accorcia i telomeri e compromette la crescita cellulare (Fouquerel E et al., 2019) (von Zglinicki Tet al., 2000). Inoltre, i telomeri vengono riparati in modo meno efficiente rispetto al resto del genoma, essendo situati alla fine dei cromosomi (Oikawa S e Kawanishi S, 1999) (Opresko Pl et al, 2005). La presenza di questa 8-oxoG tossica riduce l’efficienza della telomerasi, l’enzima che ripara i telomeri, portando ad un’interruzione della lunghezza, del mantenimento e della funzione dei telomeri (Opresko Pl et al, 2005). Alterazioni dovute a 8-oxoG impropriamente riparate possono anche indurre rotture a singolo o doppio filamento (di DNA) che portano all’instabilità genomica complessiva (Coluzzi E et al., 2014).

Molti lavori hanno stabilito un legame tra lo stress ossidativo e l’accorciamento dei telomeri, che favorisce la senescenza cellulare e l’invecchiamento dell’organismo (Boonekamp JJ et al., 2017) (von Zglinicki T, 2002) (Kawanishi S e Oikawa, 2004) (Richter T e von Zglinicki T, 2007) (Griffin CS, 2002). Particolarmente significativi sono gli studi che mostrano l’accorciamento diretto dei telomeri per aggiunta di un ossidante che consuma il glutatione (il principale antiossidante organico) (Cattan V et al. 2008).

Questo accorciamento dei telomeri si osserva nei pazienti con forme gravi di Covid-19, sia come fattore di rischio associato (Froidure A et al., 2021) che come conseguenza della malattia. In questi pazienti si riscontra un aumento dell’età biologica (che riflette l’esatto stato fisiologico o funzionale dell’individuo) dopo la malattia (Mongelli A et al., 2021). Inoltre, la concentrazione plasmatica dei prodotti di ossidazione della guanina (8-oxoG) sembra essere associata alla mortalità (Lorente L et al., 2021).

Anche in altre malattie associate allo stress ossidativo si osserva un accorciamento dei telomeri, fenomeno correlato all’età (Harley CB et al., 1990) (Starr JM et al, 2008) e si riscontra in patologie come la sindrome metabolica (caratterizzata da fattori clinici quali obesità, dislipidemia, ipertensione, iperglicemia e insulino-resistenza) (Gavia-García G et al., 2021), diabete (Wang J et al., 2016) (Salpea KD et al., 2010), morbo di Parkinson (Watfa G et al., 2011). Come si può vedere, queste sono tutte comorbilità.

 

Legame tra senescenza e vaccini Covid-19

Di Fragana et al, nel giugno 2021, descrivono in uno studio preprint sul BioRXiv che questo danno al DNA (accorciamento dei telomeri) stimola la trascrizione del recettore SARS-CoV2 ACE2 durante l’invecchiamento, confermando così altri studi. L’infezione da Coronavirus 2 nella sindrome respiratoria acuta grave è nota per essere più comune nelle persone anziane, che hanno anche sintomi più gravi e un rischio maggiore di ricovero e di morte. Nello studio, gli autori mostrano che l’espressione dell’enzima ACE2 (l’enzima di conversione dell’angiotensina 2), che è il recettore cellulare per il SARS-CoV2, aumenta durante l’invecchiamento nei polmoni murini e umani. Questa è una reazione all’accorciamento o alla disfunzione dei telomeri nelle cellule di mammifero e nei modelli murini. Questo aumento è regolato a livello di trascrizione e l’attività di ACE2 dipende dalla risposta al danno a carico del DNA (DDR-DNA Damage Response).

Gli autori concludono che, durante l’invecchiamento, l’accorciamento dei telomeri, innescando l’attivazione del DDR, provoca un incremento dell’espressione di ACE2, il recettore cellulare per il SARS-CoV2, rendendo così le persone anziane più suscettibili all’infezione.

Il lavoro di Gueudes in pre-pubblicazione nel maggio 2021, sul confronto tra l’RNA della spike del SARS-CoV2 e quello della telomerasi (un enzima che aggiunge telomeri alla fine dei cromosomi) che  riesce a spiegare il maggior invecchiamento delle cellule alveolari nei casi gravi di Covid-19, consente di trovare il legame con le terapie a RNA messaggero (usate nella pseudo vaccinazione di massa) e solleva molte domande sui collegamenti post-vaccinazione o post-Covid-19. La telomerasi è una trascrittasi inversa e l’autore offre una spiegazione completa che però richiede una revisione paritaria: “L’architettura del complesso della telomerasi coinvolto nella fabbricazione dei telomeri (hTR) è normalmente protetta dal dirottamento da RNA estraneo e c’è un meccanismo di controllo per l’incorporazione di RNA nella telomerasi. Ma quando nella cellula è presente molto RNA estraneo, l’assemblaggio della telomerasi potrebbe essere compromesso”.

Bisogna ricordare che, nel 2003, Scholes et al. sulla rivista PNAS avevano già dimostrato che l’erosione dei telomeri portava all’attivazione dei retrotransposoni e quindi la trascrittasi inversa non sarebbe probabilmente necessaria per spiegare perché l’RNA del vaccino potrebbe interferire con l’assemblaggio della telomerasi e interrompere l’omeostasi genomica.

 

Lo stress ossidativo indotto dalla vaccinazione mRNA (Pfizer, Moderna) è anche responsabile dell’accorciamento dei telomeri?

La proteina spike nei vaccini induce anche infiammazione e stress ossidativo legandosi ai recettori ACE2 in tutto il corpo (Lesgards JF, 2021).

Data la gravità degli effetti collaterali osservati e il fatto che i meccanismi biochimici sono in parte simili, si può ipotizzare che i vaccini mRNA possano ossidare le guanine nel DNA e, in parte, nei telomeri. È noto che l’infiammazione post-vaccino è prodotta e voluta per amplificare la reazione immunitaria e la produzione di anticorpi e, se a questo aggiungiamo l’azione infiammatoria e pro-ossidante (una non può andare senza l’altra), indotta dalla proteina spike e che può durare almeno 15 giorni (Ogata AF et al., 2021), abbiamo un ambiente molto favorevole all’ossidazione delle basi del DNA, la più fragile delle quali è la guanina, soprattutto a livello dei telomeri.

Infatti, uno studio ha dimostrato che la vaccinazione con il vaccino Pfizer ha portato ad un aumento dei livelli di stress ossidativo (valutato misurando il glutatione) che è tornato alla normalità dopo 14 giorni (Ntouros PA et al., 2021). Tuttavia, questo era un tempo sufficiente per indurre un danno ai telomeri.

Questo stress ossidativo prodotto dalla vaccinazione pone anche un altro problema, quello della stabilità dell’mRNA dei vaccini stessi! Sorprende molto che gli mRNA dei vaccini Pfizer e Moderna siano stati arricchiti con guanine! Questo dovrebbe aumentare la traduzione dell’RNA in proteina spike: infatti, se si studia la sequenza nucleotidica del gene spike del SARS-CoV2, e la si confronta con la sequenza codificante per la proteina spike del vaccino, si notano molte differenze che, tuttavia, non influenzano il prodotto della traduzione (poiché sono codoni sinonimi). Questi cambiamenti nella sequenza nucleotidica sono stati introdotti dai ricercatori per aumentare l’efficienza del vaccino (hanno sostituito il più basi possibili con la guanina per aumentare l’efficienza della traduzione). https://www.pedagogie.ac-nice.fr/svt/?p=2967

Ma così come è impossibile per i produttori ignorare la tossicità della proteina spike, che è nota da dieci anni, è ancora più impossibile ignorare la fragilità (ossidabilità) della guanina!

È quindi sorprendente che nessuna delle autorità di regolamentazione incaricate di valutare le domande di autorizzazione alla commercializzazione di questi vaccini (FDA e EMA in particolare), conoscendo la sensibilità  allo stress ossidativo dei telomeri e del DNA, abbia richiesto uno studio di tossicità sui geni (genotossicità).

Estratto dal rapporto EMA su Comirnaty (vaccino Pfizer):

“Genotossicità: Non sono stati forniti studi di genotossicità. Questo è accettabile in quanto i componenti presenti nella formulazione del vaccino sono lipidi e RNA, che non dovrebbero avere un potenziale genotossico (EMA, 2021).

“Da un punto di vista scientifico e di sicurezza, questo può essere considerato irresponsabile.”

 

Le proteine spike nei vaccini RNA sono più dannose della proteina spike del  SARS-CoV2?

Le tre spiegazioni sperimentali e teoriche che seguono ci permettono di rispondere in modo affermativo. Gli “apprendisti tecnologi del vivente” hanno pensato di rendere più stabile l’RNA dei vaccini drogandolo con basi G, senza però modificare gli amminoacidi corrispondenti, il che è reso possibile dal “modo di funzionamento” del codice genetico universale, che permette a più triplette di codoni distinti di codificare uno stesso amminoacido. Sfortunatamente, nel caso degli RNA dei vaccini, questo porta ad un risultato diametralmente opposto, poiché [questi codoni] sono più instabili, fragili e friabili.

1 – L’articolo “Sindrome da mimetismo Covid-19 indotta dal vaccino” (Marschalek et al., 2021) mostra come questo “doping” delle basi G dell’RNA per la spike possa indurre cambiamenti nelle cornici di lettura dei codoni, e quindi a sequenze parziali di diversi aminoacidi, che possono infine portare a eventi tromboembolici in pazienti immunizzati con vaccini Covid-19.

2 – È stato inoltre dimostrato come questo eccesso di basi G nell’RNA spike del vaccino riduca a zero le megastrutture secondo le proporzioni UA/CG definite dalla sequenza di Fibonacci mentre, al contrario, la spike virale, e soprattutto quella delle varianti, è caratterizzata da una maggior quantità e complessità  di tali strutture. In termini semplici, questo significa che l’RNA dei vaccini è solo una pila di nucleotidi senza alcuna spina dorsale che garantisca una megastruttura a medio e lungo raggio, mentre le varianti acquisiscono, giorno dopo giorno, una maggiore solidità e coesione globale del loro RNA. (Perez JC 2021)

3 – Questa incoerenza può anche essere visualizzata nella figura sotto come una sorta di “rugosità frattale” che è molto più instabile e disarmonica nel picco RNA dei vaccini (Pfizer in particolare) che nel picco RNA del virus. Questo è stato mostrato usando il metodo del codice master.

 

Figura – Rugosità frattale erratica delle spike dei vaccini Pfizer e Moderna.

 

Esplorativo

Ad un livello più esplorativo, la ricerca suggerisce che i telomeri e i centromeri possono anche contribuire ad un “fine-tuning” più globale, sia a livello di cromosoma che dell’intero genoma umano.

Infatti, dal suo rilascio iniziale nel 2003, sono state analizzate e pubblicate diverse versioni successive e sempre più accurate dell’intero genoma umano. Tuttavia, per ragioni tecniche legate al loro aspetto ripetitivo e altamente ridondante, i telomeri e i centromeri non hanno potuto essere sequenziati in nessuna di queste diverse versioni. Ed è finalmente solo quest’anno, nel 2021, che è stata pubblicata una versione che integra i telomeri.

Durante le analisi delle versioni precedenti dei 3,5 miliardi di coppie di basi TCAG del genoma umano, sono state pubblicate due notevoli scoperte:

1 – La prima sulla scala del cromosoma umano, suggerisce che l’erosione dei telomeri potrebbe influenzare questo equilibrio globale sulla scala dell’intero cromosoma: una dimostrazione di “onde digitali stazionarie” derivanti dall’analisi delle sequenze nucleotidiche di ogni cromosoma (ognuno dei cromosomi è caratterizzato da un periodo espresso in numero di nucleotidi, ad esempio 34 per l’intero cromosoma 4 (Perez JC. 2018)).

2 – La seconda sulla scala dell’intero genoma umano, dove nel 2010 è stato dimostrato che le popolazioni di triplette di codoni dell’intero genoma umano, proiettate secondo le posizioni di ciascuno dei 64 codoni della tabella del codice genetico universale, obbediscono a una sorta di optimum numerico (Perez JC, manca data). Questo optimum è stato ulteriormente affinato con l’analisi di versioni sempre più precise del genoma umano (2003, 2005 ecc.).

In questi due articoli, è stato poi dimostrato come singole delezioni cromosomiche associate a certi tipi di cancro siano sufficienti a degradare questo equilibrio ottimale sulla scala dell’intero genoma.

È quindi legittimo pensare che le degradazioni dei telomeri potrebbero anche alterare questo equilibrio nucleotidico GLOBALE dell’INTERO genoma in modo simile a quello osservato nelle delezioni associate ai tumori (vedi per i tumori della prostata e del seno e per i tumori cerebrali glioblastoma e neuroblastoma)

Infine, come precedentemente dimostrato nelle delezioni di frammenti cromosomici associate al cancro, crediamo che questa “erosione” accelerata dei telomeri, probabilmente legata alla proteina spike del virus ma anche alla spike del vaccino, possa influenzare questo doppio equilibrio sulla scala del singolo cromosoma e poi dell’intero genoma.

 

Conclusione

Questi studi e osservazioni forniscono informazioni chiave sulla malattia e una risposta fondamentale alla questione della maggiore suscettibilità delle persone anziane o immunocompromesse alla malattia. Infatti, con l’invecchiamento, i telomeri si deteriorano e influenzano la riproduzione cellulare. Il SARS-CoV2 porterebbe a un invecchiamento dell’età biologica o a un’accelerazione dell’età biologica attraverso un maggior accorciamento dei telomeri.

La domanda che ci si può legittimamente porre è la seguente: la proteina spike attiva nei vaccini (Pfizer, Moderna…), sollecitando/stimolando il recettore ACE2, non rischia forse di inibire la benefica funzione di protezione dei telomeri e quindi di accelerare anche l’invecchiamento?

Ci sarebbe quindi un legame diretto tra la malattia e la macchina cellulare umana con l’intervento della trascrittasi inversa, che non è assolutamente l’obiettivo di un vaccino tradizionale.

Per combattere il SARS-COV2, sembrano rilevanti due strategie da perseguire simultaneamente:

1 – Prevenire la malattia – utilizzando come approccio terapeutico e medico le tradizionali misure di isolamento, un trattamento precoce e una “vaccinazione sicuramente efficace”. La prevenzione comporta anche uno stile di vita sano, una dieta equilibrata, attività fisica, sufficiente riposo e interazione sociale. Mens sana in corpore sano, il miglior presupposto per affrontare virus e batteri.

2 – Prevenire le forme gravi della malattia – cosa che richiede prima di tutto una comprensione completa del virus, del suo modo di agire e delle conseguenze della malattia sugli organi colpiti.

Ad oggi, la risposta sanitaria alla gestione della crisi è l’iniezione di sostanze sperimentali, ancora in fase 3 al momento della pubblicazione di questo articolo, per le quali la definizione di “vaccino” ha dovuto essere modificata dalla stessa OMS. Inoltre, si sa che la tecnologia dell’RNA messaggero porta ad un aumento della produzione della proteina spike mentre non riduce la trasmissione (il trattamento Pfizer ha riferito di essere efficace solo al 42% contro la variante delta). Questa barriera vaccinale favorirà inoltre la creazione di varianti che cercano di aggirarla. Nei Paesi che hanno vaccinato in modo massiccio, i dati pubblicati dalle autorità tendono a mostrare che un’alta percentuale di pazienti ospedalizzati sono persone con ciclo di vaccinazione completo. Va notato che, ad oggi, le istituzioni francesi non riportano le stesse osservazioni; questo può essere spiegato in parte con il ritardo nell’inizio della campagna di vaccinazione (+ 2 mesi rispetto ad Israele per esempio).

Il professor Montagnier afferma: “per prevenire la senescenza, prendete antiossidanti! Lo dico da 30 anni, e aggiungerei ora: per non perdere i telomeri.

Ci sono diverse domande sul virus:

1 – È meglio prendere la malattia in modo rischioso e sviluppare una risposta immunitaria globale naturale o tentare l’esperimento del vaccino, incorrendo nei numerosi effetti collaterali segnalati dalla farmacovigilanza, oltre al rischio di un aumento della senescenza cellulare?

2 – Il deterioramento dell’età biologica è lo stesso nei pazienti Covid e nei pazienti vaccinati? Uno è peggio dell’altro? In questa fase, nessuno può dare una risposta precisa a queste domande.

Resta il fatto che questo virus provoca un aumento dell’età biologica in coloro che contraggono la malattia, il cui effetto è probabilmente accentuato dalla somministrazione del vaccino. Con il declino dell’efficacia del vaccino di prevenire l’infezione, è quindi essenziale impedire l’aggravarsi della malattia, e per questo è indispensabile un trattamento precoce.

Permettendo alla malattia di progredire oltre i primi giorni e usando i vaccini come unica soluzione, c’è il rischio di accorciare la durata della vita di adulti e bambini. In un momento in cui sia le donne che gli uomini cercano di invecchiare nelle migliori condizioni possibili e di rimanere giovani il più a lungo possibile, vogliamo rischiare di rovinare tutti questi sforzi con iniezioni periodiche? Dato il desiderio di vaccinare i bambini che non sono colpiti dal SARS-CoV2, la cura non dovrebbe essere peggiore della malattia.

Di fronte ai sentimenti di certi pazienti che hanno contratto la Covid e/o di certi vaccinati che testimoniano di sentirsi come se avessero “perso dieci anni in un colpo solo”, la scienza potrebbe ancora una volta fornire elementi concreti a favore di un trattamento precoce? Un ultimo passo, che alcuni non esiteranno a fare, è dichiarare che l’accelerazione dell’età biologica porterebbe ad una diminuzione della speranza di vita.

 

Autori di questa analisi e rubrica in ordine alfabetico: Xavier Azalbert, Anne-Typhaine Bouthors, Michel Brack, Dominique Cerdan, Walter Chesnut, Gérard Guillaume, Jean-François Lesgards, Luc Montagnier, Jean-Claude Perez.

Grazie ai molti membri del Collettivo dei Cittadini per la loro correzione di bozze.

 

Link: https://www.francesoir.fr/opinions-tribunes/le-sars-cov2-accelererait-lage-biologique

 

Traduzione di Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte – Revisione di Markus

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