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“RIVOLUZIONE” – Il film documentario

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Il piano del Demonio, parte II

Strategie per un riscatto sociale
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A cura di UDN
Il 10 Gennaio 2025
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L’articolo recentemente pubblicato su CDC dal Titolo “Il Piano del Demonio secondo ChatGPT” (https://comedonchisciotte.org/il-piano-del-demonio-secondo-chatgpt-le-strategie-per-la-conquista-del-mondo/), ha suscitato un acceso interesse.

Alcune persone tuttavia hanno criticato l’attendibilità di ChatGPT o nel senso che trattandosi di un software senza capacità creativa non sarebbe affidabile o che essendo un prodotto del sistema, le sue risposte sarebbero calibrate per isolare ancora di più i “complottisti”, rafforzando le loro conclusioni (forse ignorando che la cosa peraltro accade con l’intero sistema mediatico e dei social network che indicizzano i loro contenuti in base alla profilazione degli utenti).

Tuttavia credo che tali critiche, pur in parte valide, non colgano in pieno la questione.

Innanzitutto è ben vero che l’Intelligenza Artificiale è un software di calcolo senza capacità creativa. Tuttavia, senza eccessivamente sovrastimare le sue potenzialità, non dovremmo neanche fare l’errore di considerarlo solamente un computer altamente efficiente.

Chat GPT si configura come una AI sub-simbolica, basata su machine learning.

Il Machine Learning (ML) si occupa del processo di apprendimento e quindi del processo di analisi dell’Intelligenza Artificiale. Il Machine Learning descrive la competenza della macchina a ottenere conoscenza dai set di dati e a categorizzarne il contenuto. Il ML “impara” raccogliendo “esperienza” dal contenuto di set di dati esemplari, organizzando queste “esperienze”, sviluppando un modello complesso da esse e infine ottenendo “conoscenza” dai pattern e dalle leggi emerse. In altre parole, le macchine imparano essendo addestrate – nutrite con set di dati.

L’intelligenza artificiale, pertanto, non impara solo in fase di sviluppo ma continua a imparare, sfruttando reti neurali artificiali, modelli linguistici e continue forniture di dati. Non a caso i dati sono considerati, a parer mio non del tutto precisamente, “petrolio dell’era digitale”.

Secondo Toby Walsh, autore e professore “se i dati sono il nuovo petrolio, il Machine Learning è la raffineria che raffina quei grandi set di dati.” Sotto un primo punto di vista, dobbiamo riconoscere che seppur l’AI non abbia capacità creative, ha notevoli capacità di apprendere e descrivere l’esistente, soprattutto a partire da dati concreti.

Inoltre bisognerebbe definire più precisamente cosa significa “creatività”. Infatti, l’AI può imparare a partire di dati, ma questi devono essere forniti dall’uomo. Anche le domande che la attivano devono essere fornite dall’essere umano. In questo senso, si può dire che l’AI non è creativa, nel senso che essa non si può porre domande autonomamente (anche poiché non ha un “senso del proprio esserci” e non può quindi problematizzare il proprio esistere).

Tuttavia non sarebbe corretto dire che non può essere creativa nel senso di essere in grado di produrre risultati originali. L’AI generativa di immagini, ad esempio, fa questo. Se chiedete all’AI di inventare per voi una ricetta originale per realizzare una cena particolare, lo può fare. D’altronde anche un pittore elabora il proprio stile a partire da ciò che conosce, da altri artisti che ammira. L’originalità si presenta sempre come una elaborazione personale di dati, più che una creazione assoluta di tali dati.
Vi è un’altro tipo di creatività che è preclusa all’AI. La descriverò con un fatto accadutomi recentemente.

Stavo ascoltando alla radio una sonata di Beethoven non riuscivo a ricordarene il titolo. Così ho usato una app di riconoscimento che usa AI per scoprirlo. Sorprendentemente l’app non si è limitata a riconoscere la sonata di Beethoven ma mi ha proprio detto che era la versione della tal pianista, registrata nel 2024 con la tal orchestra.

Subito mi son stupito della precisione. Poi però mi è venuto da pensare che la forza dell’AI è anche la sua debolezza. Infatti, in realtà, l’app non ha riconosciuto Beethoven! Ha semplicemente decifrato che i dati di riproduzione erano correlati a quella pianista e a quell’esecuzione a cui ha collegato quello specifico titolo. Sicuramente ha numerose altre esecuzioni del medesimo pezzo, ma non riesce ad estrapolare “la sonata di Beethoven”, può solo correlare i dati concreti di cui dispone.
Per fare un’altro esempio se mostrate ad un bambino una foto di una giraffa e poi gli mostrate un disegno stilizzato del medesimo animale, si renderà conto che si tratta di una giraffa perchè può astrarre simbolicamente cosa significa la “giraffità” (mi scuso per il neologismo).

L’AI non lo può fare, infatti abbiamo dovuto nutrire gli algoritmi dei produttori digitali di miliardi di immagini di giraffe per poter permettere all’AI di distinguere una giraffa in varie situazioni. E’ quello che facevamo quando per proseguire in un operazione digitale ci veniva detto che per essere sicuri che non fossimo dei computer dovevamo individuare oggetti specifici in un set di immagini. Ogni volta che indicavamo le biciclette, gli autobus o i ponti stavamo allenando “gratuitamente” le AI altrui a riconoscere tali oggetti.

Questo è il vero limite e pericolo dell’AI secondo me: essa vive in un mondo di correlazioni, incapace di astrarre simboli. Pertanto per l’Ai è “mondo” solo ciò che è correlato ad un set di dati concreti.

Affidandoci integralmente alla lettura del mondo dell’AI ci condanneremo in un mondo impoverito dell’aspetto simbolico, il mondo della nuda correlazione. D’altronde questo è il coerente sviluppo di una tendenza, innanzitutto filosofica che, passando attraverso la completa secolarizzazione del mondo, una volta eliminato completamente il sacro, procederà ad eliminare il simbolico, accentuando quella visione scientista secondo cui solo ciò che è verificabile è reale. Si arriverà così ad un mondo in cui solo ciò che è correlato è reale portando a compimento la piena disumanizzazione del mondo. Di ciò parleremo più avanti, quando affronteremo la digitalizzazione.

Possaimo dire quindi chi ha sostenuto laconicamente che l’AI non è creativa e quindi la risposta non avrebbe significato è rimasto ad un livello superficiale della questione. E rischia di fare la fine dell’uomo primitivo che temeva i fenomeni che non comprendeva e tale timore gli ha impedito di imparare a sfruttare tali fenomeni a proprio vantaggio.

Credo infatti che il punto fondamentale dell’articolo non fosse tanto se esiste o meno un demonio che sta attuando il piano, quanto: la descrizione che Chatgpt è accurata? Gli elementi del suo ipotetico piano, idoneo a plasmare le menti al fine di una conquista sottile del mondo sono o meno corrispondenti a tendenze in atto?

Io credo che la realtà sia piuttosto corrispondente a quanto descritto e pertanto il vero valore dell’analisi dell’intelligenza artificiale è quella di organizzare pattern di comportamento politico ed economico in trend descrivibili, in modo da aiutarci a fornire una risposta altrettanto politica ed economica.

In altre parole: data la mole gigantesca di “dati”, l’AI ha generato una risposta relativa alla strategia a suo parere più efficace per conquistare le menti. E il risultato è stato che tale strategia ricalca fedelmente le politiche e i trend in atto nel mondo. Sarà anche una coincidenza.

Tuttavia l’AI ha sostenuto che l’attuazione del suo piano porterebbe ad un mondo alienato caratterizzato da un controllo totale della popolazione, controllo attuato attraverso la tecnologia e mediante la distruzione dei valori e l’impoverimento delle relazioni umane.

Questo è ciò che risulta inquietante. Quindi credo sia legittimo usare il piano delineato da ChatGPT per articolare una risposta coerente, altrimenti sì che faremmo il gioco del sistema: dividendoci tra pro e contro l’intelligenza artificiale, i primi considerandola un profeta infallibile o una soluzione ai problemi dell’uomo e i secondi ritenendola non affidabile e quindi rifiutandosi di comprenderla, limitandosi ad ignorane le risposte a priori e rimanendo chiusi sulle proprie posizioni.

Ma coloro che diffidano delle capacità creative o di analisi dell’AI credono di esistere in un mondo perfetto? Non credo, anzi curiosamente i detrattori spesso descrivono un mondo assolutamente in linea con quanto descritto dall’AI.

Tuttavia, secondo loro non ci sarebbe da fidarsi dell’Ai e quindi che soluzione propongono? Il mondo distopico proposto dall’AI non è un pericolo concreto? Non è nostro dovere tentare una risposta, non elaborata dall’intelligenza artificiale, ma frutto della capacità umana di empatia, di problematizzare il senso del proprio esistere in un ottica che includa anche il prossimo?

Io credo di sì e credo che sia più prudente rimanere su una posizione intermedia, non fidarsi troppo dell’AI, ma neanche scartarla a priori. Cercare di comprenderne i meccanismi e di problematizzarne il senso.

Detto per inciso, non credo che il pericolo sia questa versione “giocattolo” dell’Ai che viene fornita ai consumatori in modo che familiarizzino con tale tecnologia. Quello che mi spaventa di più sarà l’AI invisibile, diffusa nell’internet delle cose e più avanti nel cosiddetto Internet of Everything, che piloterà silenziosamente le nostre vite, con decisioni automatizzate, rispetto a dati che non saremmo neanche consapevoli di generare (il sonno, le abitudini alimentari, i nostri pensieri, quali emozioni proviamo durante la giornata…).

Un AI che silenziosamente costruirà un mondo intorno a noi concepito a sua immagine e somiglianza, privo di simbolo e trascendenza, basato sul nudo dato e la sua correlazione. Un mondo privo di “avvenire” (poichè privato di storicità) e quindi di speranza: l’apoteosi del totalitarismo.

In ogni caso, credo sia più costruttivo, seppur non commettendo l’errore di considerare l’AI un profeta infallibile, attrezzarsi per dare una risposta comunitaria, all’interno delle proprie vite al fine per lo meno di ostacolare la deriva distopica prospettata.
In tal senso le risposte fornite dall’AI possono essere un valido strumento per articolare una risposta alla deriva della modernità e questo era il senso principale del primo articolo.

Questo è quanto mi propongo di fare con questo articolo: prendendo spunto dalla risposta di ChatGPT sul piano per conquistare sottilmente il mondo, indagherò possibili risposte per ostacolare tale piano.
Questa prima bozza di un programma di risposta di basa su 5 pilastri:

• digitalizzazione
• economia
• politica
• valori
• Ordine internazionale

I

Innanzitutto, partirei dalla questione della digitalizzazione perché non è solamente un tema, ma un nuovo paradigma.
Perché un nuovo paradigma? Perché modifica la visione del mondo a livello di narrativa fondativa.

Proverò a fare un esempio per semplificare, (il tema ombrello-pioggia si rifà ad un articolo di Paolo Benanti a proposito dell’ tema dell’algoretica).

In epoca classica alla domanda “perché piove?” Si sarebbe risposto: “per volere degli Dei”. La lettura del presente si svolgeva a partire dal passato come origine di senso (il volere degli Dei precede la pioggia). I sacerdoti pertanto avevano il monopolio della lettura di senso.

In epoca moderna (grossomodo dopo la rivoluzione scientifica) alla medesima domanda si sarebbe risposto: “per nutrire la natura”, il senso allora si sposta nel futuro (il nutrimento segue logicamente
la pioggia) e i detentori del senso sono gli uomini di scienza, che conoscono i processi naturali e ne indagano i fini (e conoscere le modalità di svolgimento di un fenomeno aiuta a comprenderne i
fini). Nell’epoca digitale alla domanda “perché piove?” si risponderebbe: “perché secondo google ci sono molti ombrelli aperti” (ad esempio, sappiamo che c’è traffico perché ci sono molto dispositivi per
spazio di riferimento).

Il senso si sposta nel presente ed è dato dalla correlazione tra i dati (ombrelli aperti) e il fenomeno (la pioggia). Vediamo che dati e fenomeni coesistono.

I detentori del senso però non sono più gli uomini di scienza perché non controllano i dati ( e nella crescente complessità della loro generazione non riescono più a individuare pattern riconoscibili di senso), ma sono gli strumenti che permettono di raccogliere tali dati: la tecnica. I tecnocrati diventano i detentori della raccolta di dati e della lettura di pattern.
Nell’era digitale, la narrativa si fonda sulla correlazione e tale correlazione viene sviluppata dalla tecnica (e ora anche dall’AI) in grado di leggere pattern sempre più complessi.

Tuttavia nell’era della tecnica il senso sfugge sempre di più all’uomo, che ormai vive in un mondo privo di senso, ma dominato di caotici pattern di dati. Occorre partire dalla definizione di dati come petrolio dell’era digitale.

Non sono d’accordo con questa definizione per un motivo principale: il petrolio si trova in natura e si tratta perciò di prenderselo, non di produrlo.

I dati invece sono generati dagli utenti attraverso la loro attività. Mentre il petrolio è considerabile una commodity (un capitale), i dati sono un “labour” (un lavoro). L’estrazione di dati, la loro “raffinazione” e l’estrazione da essi del valore economico è un’attività che non può svolgersi senza lo sfruttamento degli utenti. E’ pertanto necessario che gli utenti dei
servizi digitali si riconoscano membri di una classe sociale che viene sfruttata per l’estrazione di dati, a beneficio economico di grosse corporation.

Nell’esempio precedente, l’utente che apre l’ombrello fornisce il dato a google che può monetizzare l’informazione “pioggia”. In questo senso l’ombrello non ha più senso come merce (bene che ripara dalla pioggia), ma come software che “legge” la pioggia. La sua produzione ruota intorno ai sensori e all’infrastruttura digitale più che su quella materiale. A questo punto una big tech potrebbe regalare gli ombrelli, perché il loro utilizzo la informerebbe sulle condizioni metereologiche permettendole di monetizzare sulla pioggia: l’ombrello diviene un servizio.

Come nel capitalismo industriale la forza lavoro (labour) degli operai veniva “raffinata” per estrarre plusvalore a beneficio del capitalista, nel capitalismo digitale i data sono la forza lavoro che viene estratta dagli utenti a beneficio dei capitalisti digitali.

Mentre il processo del lavoro nell’epoca precedente tendeva a trasformare tutto in merce, il processo attuale tende a trasformare tutto in servizio.

Ad esempio, il cd di un gruppo pop era un prodotto industriale costato forza lavoro, destinato ad essere “consumato” dall’uso del consumatore che ne diveniva proprietario. La musica digitale non è un prodotto industriale, e non viene consumata ma solo usufruito da un utente che non diviene proprietario del prodotto. La musica diviene così un servizio intangibile ed emerge una delle caratteristiche principali della trasformazione della merce in servizio: evaporando, evapora anche il diritto di proprietà. L’utente moderno non è proprietario di nulla ma si limita ad accedere al
godimento (usufruizione) dei servizi erogati dal capitalismo digitale che rimane il vero proprietario dei propri contenuti.

La digitalizzazione del denaro (anche menzionata dall’AI) segna il trasformarsi anche del denaro in servizio.
E seppure potrebbe sembrare che la remunerazione del capitale venga dalle sottoscrizioni degli utenti (in parte è così), per la maggior parte viene dall’esproprio del valore dai dati, motivo per il quale gran parte dei servizi sono gratuiti (e pagati dalle inserzioni pubblicitarie).Così si può dire che le autovetture moderne sono in realtà dei computer su ruote che raccolgono i dati sul conducente e che questi dati hanno un valore, ad esempio per le compagnie assicurative.Con l’internet delle cose e IoE (Internet of Everything) questo processo viene portato all’estremo.

Il primo passo sarebbe allora quello di rivendicare i propri diritti sui dati non solo nel senso di un generico rispetto della privacy, ma come remunerazione dei dati. Come durante il capitalismo classico l’emancipazione della classe operaia sarebbe passata dall’espropriazione del capitale privato, nell’era del capitale digitale, l’emancipazione degli utenti deve passare dall’espropriazione del capitale digitale. In altre parole si dovrebbe nazionalizzare l’intera infrastruttura digitale. Tuttavia poiché risulterebbe gravoso e tecnicamente difficile espropriare algoritmi, sarebbe conveniente creare una parallela infrastruttura digitale pubblica, aperta e trasparente.

Si dovrebbe in altre parole sviluppare una infrastruttura digitale (motore di ricerca, AI, ogni tipo di servizi digitali…) i cui algoritmi siano pubblici, open source, e geneticamente basati sul massimizzare il benessere e la libertà umane.
Agli utenti si dovrebbe lasciare la libertà di utilizzare le piattaforme senza generare dati (o comunque con la loro cancellazione) oppure generarli ma essere remunerati per i dati creati, mediante la partecipazione agli utili generati con essi.
In ogni caso, si dovrebbe creare una “costituzione digitale” in cui gli Stati si impegnano a non creare un sistema di decisioni automatizzate sui dati e che proibiscono tale pratica anche al settore privato.

La creazione di un’infrastruttura digitale pubblica comprende la creazione di una rete LIFI (pubblica), cioè di trasmissione dati tramite luce, sistema la cui tecnologia è già esistente (seppur migliorabile) e che permetterebbe di sostituire 5G e Wi fi, dannosi per la salute umana.

Inoltre bisognerebbe fare attenzione ad una insidiosa tendenza. Il fatto che la digitalizzazione non sia solamente una nuova tecnologia ma un nuovo paradigma lo si vede anche da un ulteriore elemento: essa sta trasformando tutto il mondo umano a sua immagine.

Ad esempio il diritto. In epoca precedente, epoca incentrata sul valore della proprietà, il diritto era una proprietà dell’uomo. Ciò era visibile anche dal lessico, ad esempio i “diritti inalienabili” (dove l’alienabilità come concetto è presa dal diritto di proprietà).

Oggi anche il diritto tende a diventare un servizio per cui ogni specifico diritto, invece di essere proprietà inalienabile e incomprimibile dell’uomo, sono dei servizi e come anche i servizi digitali, l’usufruizione di tali diritti è possibile solo fino a quando si rispettano le regole della “piattaforma”. E ciò è stato reso tristemente evidente a tutti negli ultimi anni.

Prendete ad esempio la tessera sanitaria, è particolare che abbia una scadenza, ma è normale in un sistema in cui ogni diritto/servizio va rinnovato. D’altronde sulla lettera d’accompagnamento, molto esplicitamente viene scritto: “alla scadenza, se saranno confermate le condizioni per l’assistenza sanitaria, le verrà spedita un altra tessera”.

Bisogna vigilare perchè la democrazia non divenga un servizio destinato solo a chi ha le credenziali in regola.

Il ridimensionamento delle corporations digitali ci impone di affrontare il tema dell’economia. Poiché l’economia, grazie al monopolio assunto da mega realtà e dalla forza economica da queste assunto, detta l’agenda alla politica. Uno dei problemi principali dell’economia è la concentrazione di ricchezza e la velocità di tale processo.

In riferimento ai tre maggiori fondi di investimento del mondo, Blackrock (il cui nome si rifà alla “rupes nigra” e ai culti di pietre nere legate in vario modo a forze occulte ostili), Vanguard (il cui nome si rifà al nome della nave di Nelson nella battaglia contro Napoleone, ossia delle forze dell’Antico Regime guidate dalla Gran Bretagna contro un tentativo di rivoluzione politica globale) e State Street, la loro crescita azionaria è stata vertiginosa. Nel 2001 possedevano il 7% delle società quotate S&P, nel 2013 sono passate a circa il 15% e oggi superano il 30%.

Entro pochi anni raggiungeranno il 50% ma già ora quindi possiedono la maggioranza assoluta dei voti dei CDA di tutte le società quotate S&P e a cascata quindi controllano la maggior parte del commercio globale che si svolge per la maggior parte “infragruppo” ossia all’interno di un mercato dominato da pochi attori, in cui gli scambi economici avvengono tra società che dipendono dagli stessi capigruppo.

Questo ha importanti ricadute: la globalizzazione come apice del capitalismo classico ne segna anche il superamento poichè in essa il principio del liberalismo secondo cui la competizione determina il miglior livello di prezzo possibile risulta assolutamente compromesso e fuori luogo. Infatti, non vi è una reale competizione se le società sono dello stesso gruppo, società che non operano più in un ottica di concorrenza e nè di massimizzazione dei profitti (poichè non importa che il prezzo sia ottimale visto che il lucro va al medesimo gruppo, in un ottica che può trarre vantaggio da un ampliamento dei costi su certe società e ribaltamento degli utili su società poste in paradisi fiscali).

Da ciò deriva anche il fatto che attualmente le crisi inflazionistiche sono in realtà dovute al cartello dei prezzi dovuto all’influenza che i colossi hanno sulla determinazione degli stessi.. Ciò ad esempio in ambito energetico, in cui al caro bolletta è conseguito un aumento degli utili dei fornitori energetici. Le forniture energetiche sono basate su contratti pluriennali mentre ai consumatori il prezzo viene imposto dalla speculazione dei mercati.

Quindi un aumento del prezzo dell’energia finale non è la conseguenza di un aumento dei costi sostenuti dagli hub principali. Per verificarlo andate a vedere l’impennata degli utili di Eni e co.: ENi ad esempio nel 2023 ha avuto utili per 3.2 miliardi di euro con un aumento del 57% rispetto al 2022 (del 57%)!

Anche il caro alimentare è dovuto al fatto che circa il 90% della produzione del grano mondiale è generato da circa sei società i cui maggiori azionisti sono, guarda un po’ i fondi di cui abbiamo parlato.

La digitalizzazione va a beneficiare i colossi digitali, Google, Microsoft, Nvidia… ma guarda un po’, andando a vedere i maggiori azionisti di tutti i colossi digitali sono Blackrock, Vanguard e State Street.

Quindi la digitalizzazione e le politiche attuali vanno ad aumentare la concentrazione di ricchezza e pertanto è naturale che ci troviamo in un percorso in cui i colossi economici hanno interesse a mantenere questo stato di cose mediante il controllo della popolazione, in un sistema in cui anche gli Stati hanno sempre meno strumenti per fermare questo oligopolio e questa nuova aristocrazia plutocratica.

I fondi di cui abbiamo parlato generano profitti che superano di molto il Pil degli Stati ( Blackrock ha un patrimonio che supera di 4 volte il PIL italiano) ed è pertanto fondamentale dotare gli Stati di poteri in grado di ostacolare tale concentrazione di ricchezza e gli squilibri economici e sociali che ne conseguono.

Per ostacolare questo processo si potrebbero sviluppare almeno tre riforme principali:

1. un tetto alla capitalizzazione delle multinazionali e un limite alle partecipazioni: per impedire a società come Blackrock e Vanguard di possedere quote di maggioranza di praticamente ogni realtà economica rilevante, unita a politiche tributarie fortemente progressive, in modo da garantire una ridistribuzione della ricchezza, ridistribuzione che vada a vantaggio dell’economia reale e delle famiglie;

 

2. una presenza politica con diritto di voto nei CDA delle maggiori aziende;

 

3. l’obbligo per le società di destinare il 50% delle quote ai propri lavoratori (un accenno, disatteso, in tal senso è presente anche nella nostra Costituzione).

 

Bisognerebbe poi creare una divisione tra banche commerciali e di investimento.

Le banche centrali pubbliche dovrebbero sostenere un sistema di piccole medie imprese, mentre lo Stato centrale dovrebbe bloccare i monopoli e, oltre ad un tetto sulle capitalizzazioni, creare un sistema tributario globale fortemente progressivo.
Bisognerebbe inoltre abolire l’IVA che a parer mio è una tassa (di matrice europea) incostituzionale poiché non è né progressiva né proporzionale (principi costituzionali).

Vale la pena di ricordare che nei lavori preparatori dei padri costituenti, una tassazione sui consumi era stata esclusa proprio perché colpisce trasversalmente il povero come il ricco (un miliardario paga l’IVA come un disoccupato). Per tale ragione si era riconosciuta la possibilità di imporre una tassa del genere solo in riferimento a beni di lusso, in modo da colpire unicamente i grossi patrimoni (e in ogni caso in una misura altamente inferiore a quella oggi imposta a tutti).
Le banche centrali pubbliche inoltre dovrebbero garantire a privati e imprese prestiti privi di debito (in tutta la storia antica qualunque forma di interesse era usura).

Inoltre si dovrebbe avere un sistema a moneta fiat che miri alla stabilità dei prezzi con una politica monetaria che preveda tutto il deficit necessario a ottimizzare i termini reali di scambio, a soddisfare le esigenze di risparmio privato e a realizzare un piano di Lavoro Garantito. Tale piano, sostenuto dall’intervento pubblico dovrebbe inoltre garantire ai lavoratori un salario minimo superiore a quello erogato nel settore privato, in modo da guidare i salari su livelli dignitosi.
E’ superfluo dire che i servizi essenziali come la sanità e l’istruzione devono essere pubblici così come la ricerca medica e scientifica.

Il diritto all’istruzione dovrebbe essere garantito, così il diritto ad una retribuzione dignitosa e il diritto alla salute (così come il rispetto del principio costituzionale secondo cui a nessuno può essere imposto un trattamento sanitario).
Bisognerebbe limitare il potere dei grandi gruppi economici di possedere anche i media.

Si potrebbe inoltre creare un “bollino” di avvertenza per i consumatori, per avvertirli se il prodotto che stanno comprando (che sia una scatola di fagioli o un giornale), appartiene ad una grande multinazionale. Tipo le avvertenze contro il fumo.

III

Incentivare la partecipazione politica attiva.

Sostenere una visione di democrazia come “luogo” del compromesso per ottenere una scelta comune, non come terreno di scontro in cui “la maggioranza vince”.

Sostenere al massimo il principio della sussidiarietà in modo che le decisioni politiche siano il più vicine possibile alla comunità di riferimento.

Affermare il principio per cui nessun organismo politico che non sia dotato al 100% di rappresentatività (cittadini eletti) possa prendere decisioni vincolanti per la comunità.

Abolire la pratica del potere accentrato nelle mano dell’esecutivo che lo esercita “a forza di decreti”, in nome delle costanti emergenze e dei tempi stringenti dettati dai mercati economici. In questo senso serve una riforma elettorale che non miri soltanto alla stabilità governativa, quanto alla rappresentatività delle anime del paese.

Favorire una nuova fiducia nelle istituzioni e una scuola di formazione politica obbligatoria per il personale politico.

Rafforzare stato di diritto e rispetto dei principi costituzionali.

IV

Riprendere valori morali assoluti e combattere materialismo e relativismo etico.

Come genesi del materialismo moderno si può risalire a Cartesio (come metafisica del soggetto) con gli sviluppi del razionalismo e, soprattutto, dell’empirismo britannico (in particolare Hobbes, Locke, Hume e Smith).

Dovremmo rifondare una filosofia europea basata sul valore della Tradizione e sul concetto di verità e su valori evidenti, universali e necessari. Su di essa si dovrebbe fondare una critica della modernità che non si esaurisca in un fantasticare passati mitizzati, quanto riprendere una progettualità inesauribile rispetto all’avvenire. I valori della Tradizione dovrebbero quindi declinarsi nella realtà storica per dare soluzioni nuove ai problemi in costante cambiamento.

Sostenere e ricompattare forme comunitarie, a partire dalla famiglia come il luogo in cui si tramandano i valori e si insegna il rispetto reciproco.Infondere il valore della solidarietà per impedire il dilagare di una società di persone sole, disorientate e facilmente manipolabili, incapaci di creare legami stabili e significativi.

Promuovere una reale informazione: identificare il nemico e svelarne i piani in ogni ambito diviene cruciale, così come unire tutte le battaglie in un’unica grande guerra di valori.

Sostenere la partecipazione attiva alla vita della propria comunità, accentuare il valore del dialogo e una visione di democrazia come “luogo” del compromesso per ottenere una scelta comune, non come terreno di scontro in cui “la maggioranza vince”.

Dovremmo inoltre coltivare il valore della cura dell’ambiente e della creazione riconoscendo la responsabilità dell’umanità di custodire e proteggere l’ambiente naturale. Tuttavia dovremmo lottare per impedire che con la scusa dell’emergenza climatica vengano imposte normative inique o volte ad un maggior controllo della popolazione o a colpire le piccole imprese (sia nella forma di politiche green sia nella forma di digitalizzazione).

Soprattutto a livello più psicologico, dovremmo stare in guardia dal ricatto sotteso dalla narrativa ecologista che mentre tenta di ripulire la facciata del capitalismo, scarica sul singolo e sulle sue abitudini di vita, la responsabilità (e la colpa) dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.

Come se i cambiamenti climatici o l’inquinamento dei mari dipendessero dal singolo consumatore e non, tutt’al più, dal sistema produttivo di massa (oltre che dall’attività solare ciclica).

Quindi tu, consumatore, devi chiudere l’acqua mentre ti lavi i denti per non sprecarla, ma google può consumare tranquillamente infinite quantità di acqua per raffreddare i suoi server.

Il consumatore deve consumare grilli perchè la carne non è ecologicamente sostenibile però l’industria bellica può inquinare con i propri strumenti di morte.

In un mondo in cui le persone si dicono sensibili ai diritti dell’ambiente e degli animali ma risultano sorde ai diritti dei lavoratori e dei popoli, in cui i giovani si battono per il clima (sempre contro i governanti, mai contro i produttori dei loro devices tecnologici, che ne costituiscono la reale minaccia), ma tacciono sull’affronto verso le libertà fondamentali di altri esseri umani o sulle ingiustizie intrinseche del sistema economico. Un mondo in cui si può lottare per i diritti civili ma si deve tacere sui diritti sociali, come se i primi fossero possibili senza i secondi.

In generale si dovrebbe lottare per lo sviluppo di un umanesimo integrale, fondato sull’idea di società come un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro. Assemblea insieme visibile e spirituale, una società dura nel tempo: è erede del passato e prepara l’avvenire e che si fonda sui principi della dignità umana e diritti fondamentali, della solidarietà e del bene comune, riconoscendo che siamo interconnessi e che il benessere di ogni individuo è strettamente legato al benessere dell’intera comunità umana.

Tali valori e tale visione dovrebbe plasmare un’arte di riferimento, non disgiunta dal valore estetico, ma concepita per rafforzare la comunità non per isolare i suoi membri, riscrivere la storia o distorcerne i valori.

V

Nuovo ordine internazionale.

Bisognerebbe darsi da fare attivamente per creare un nuovo ordine mondiale multipolare, perché, anche se non bisogna illudersi che possa essere una soluzione perfetta, è l’unico modo per contrastare l’insorgenza di un attore internazionale egemone.

Bisognerebbe creare un ordine internazionale in cui, anche militarmente, un singolo attore non sia più forte della maggioranza. Ad esempio, creando un nuovo organismo internazionale
senza membri permanenti e senza diritti di veto (ok maggioranze qualificate).
Popoli Uniti del Mondo, in cui non sono tanto gli Stati a partecipare, quanto i popoli, per definire politiche che prendano in considerazione gli interessi di tutti e prevengano conflitti cruenti.

Bisognerebbe affermare il principio retroattivo secondo cui non possono essere riconosciuti Stati nati mediante l’uso della forza o mediante genocidio.

Bisognerebbe quindi creare una Corte penale internazionale con poteri riconosciuti e ampia competenza di intervento.

Bisognerebbe affermare un principio fondamentale in ambito internazionale, un principio democratico e rappresentativo: nessun organismo internazionale può prender decisioni vincolanti per la comunità se i suoi organi non sono interamente rappresentativi nè democraticamente eletti, e se non è completamente trasparente riguardo a finanziamenti che riceve. Meglio ancora se venisse stabilito che gli organismi internazionali siano finanziati dai membri (gli Stati) e che non possono prendere finanziamenti privati.

Non si può accettare, ad esempio, che dei trattati vincolanti per gli Stati e per i loro abitanti siano realizzati da organismi sovranazionali (OMS, ad esempio…) che non hanno un meccanismo democratico per l’elezione dei propri membri e che ricevono cospicui finanziamenti da soggetti privati (che poi a vario titolo ne ricavano benefici economici anche indiretti).
Tale impostazione dovrebbe riguardare anche l’Unione Europea dal momento che la Commissione Europea si configura come un organismo dotato di potere esecutivo e legislativo insieme, eppure è composto di membri non eletti e con nessuna responsabilità politica.

Conclusione

Questa che ho delineato non è che una prima bozza di visone per un mondo del futuro più libero e fondato sul rispetto dell’essere umano. E’ sicuramente impossibile riassumere in un articolo, quanto richiederebbe libri e l’unione di uno sforzo collettivo per essere progettato compiutamente. I miei vogliono solo essere spunti di riflessione. Tale visione, si spera possa essere arricchita dal contributo di chiunque si senta di partecipare a questo “tavolo di lavoro” permanente. Nella speranza che si possano creare spazi di incontro per porsi nuovamente a progettare l’Avvenire.

Una visione senza pratica, senza vita attiva non è che un esercizio intellettuale, di cui nella gravità del momento presente non vi è bisogno.

Servono persone pronte a “spendersi”, a vivere i propri valori nelle proprie vite concrete, nell’ambito ristretto ma profondo delle proprie relazioni personali.

A mettere in pratica una rivoluzione culturale per l’affermazione di un nuovo umanesimo integrale contro una deriva disumanizzante (e dissacrante).

Questo, credo, può davvero fare la differenza.

E nei venti perigliosi dell’esistenza la comunità umana potrà ritrovare il controllo delle vele e ridare al proprio vascello una direzione precisa e condivisa. Per non lasciarsi portare alla deriva dalla forza del caos.

 

10.01.2025

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