L’aragosta è solo per i turisti
DI RENAUD LAMBERT
Counterpunch.org
Il fratello di Fidel Castro, Raul,
sta avendo un approccio pragmatico all’economia durante la sua presidenza, ma quanto riuscirà a correggere la situazione cubana?
Nel 1994 Raul Castro, allora Ministro della Difesa, espresse un insolito disaccordo con suo fratello Fidel: ”La maggior minaccia non sono le pistole americane, sono i fagioli,
i fagioli che i Cubani non possono avere.” Fidel si è opposto alla
liberalizzazione dell’agricoltura che avrebbe stimolato la produzione
alimentare. Ma, sin dal collasso del blocco sovietico, il PIL si è
ridotto del 35 per cento, gli Stati Uniti hanno inasprito l’embargo
commerciale e i cubani hanno sofferto di malnutrizione. Raul era certo
che, se le cose non fossero cambiate, avrebbe dovuto far scaldare i
carri armati. Alla fine dell’anno, il Governo ha autorizzato la liberalizzazione dei mercati agricoli.
Raul ora è il presidente e sostiene
che Cuba non è ancora fuori dal “periodo particolare”. Nel
2008 tre uragani hanno provocato danni per 10 miliardi di dollari alle
infrastrutture (una cifra pari al 20% del PIL) e la crisi finanziaria
internazionale ha colpito i settori più importanti dell’economia,
in particolare quello turistico e quello dell’estrazione del nickel.
Incapace di adempiere ai propri impegni, Cuba ha congelato i propri
valori all’estero e ha limitato le importazioni, sebbene questi provvedimenti
abbiano ulteriormente rallentato l’economia. Nel 2009 la produzione
agricola è diminuita del 7,3% e fra il 2004 e il 2010 le importazioni
di alimenti sono passate dal 50% all’80%.
Nel dicembre del 2010 Raul ha affermato
davanti all’Assemblea Nazionale: ”Stiamo percorrendo una strada
che ci porta dritti sul bordo del precipizio; dobbiamo rimediare [a
questa situazione] adesso o sarà troppo tardi e precipiteremo.”
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale,
Ricardo Alarcón (un tempo si diceva potesse essere il primo candidato
alla successione di Fidel Castro) ha detto: ”Sì, Cuba si aprirà
al mercato mondiale, al capitalismo.” Costruire “il socialismo in
un Paese” non è facile, specialmente se il mercato domestico è così
piccolo, quindi Cuba sarebbe sul punto di abbandonare la rivoluzione?
Alarcón lo ha escluso: ”Faremo il possibile per preservare il socialismo;
non il socialismo perfetto che tutti sogniamo, ma il tipo di socialismo
che è possibile qui, in base alle condizioni a cui siamo di fronte.
E abbiamo già i meccanismi del mercato a Cuba.”
Una marea di dollari
Sono andato a fare acquisti con Miriam.
Come il 70% della popolazione cubana, lei è nata dopo la rivoluzione
del 1959 e non sa quanto sia straordinario che a Cuba non ci siano bambini
che cercano di vendere dolcetti o biglietti della lotteria agli autisti
fermi ai semafori e che non ci siano cartelloni pubblicitari. Cuba è
l’unico Paese in America Latina senza bambini mendicanti e uno dei
pochi a vietare i cartelloni pubblicitari. Ma Miriam è consapevole,
e fiera, delle conquiste sociali di Cuba, le cose che lo Stato fornisce
gratuitamente e che lei considera come suoi diritti: educazione, assistenza
sanitaria, sport, cultura, lavoro e cibo, servizi che lei utilizza usando
la sua tessera annonaria (la libreta).
La sua razione include 540 grammi di
fagioli per 80 centesimi, mezzo litro di olio da cucina (20 centesimi),
1 chilo di latte scremato (2 pesos), 1,36 chili di zucchero (15 centesimi),
400 grammi di tagliatelle (90 centesimi) e 115 grammi di caffè (5 pesos).
Ogni volta che va alla bodega
(il negozio), il negoziante scrive la quantità di porzione consegnata
nell’apposita casella della libreta. Questa volta ha comprato
del riso: ogni cubano ha diritto a 2,5 chili per 25 centesimi e un altro
chilo per 90 centesimi.
Miriam lavora in un Ministero del Governo
e guadagna un salario medio di 450 pesos
mensili, che corrisponde a circa 20 CUC. Un CUC, o “peso convertibile”,
è pari a 24 pesos tradizionali. Questa seconda moneta è stata
introdotta nel 2004 per sostituire il dollaro statunitense; il realismo
economico ha portato il governo a permettere l’uso del dollaro nel
1993. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, il governo ha creduto
che questo avrebbe potuto riformare il settore esterno dell’economia
senza cambiamenti radicali al settore interno, ossia “sostenere il
capitalismo all’estero e il socialismo a casa” (4). Ma aprire Cuba
agli investimenti e al turismo ha inondato il mercato di dollari tramite
le mance, il pagamento di parte dei salari in contanti, le rimesse estere
e il mercato nero.
Il governo si è arreso e ha aperto
negozi (a moneta forte) per incanalare una parte di questi dollari verso
le casse dello Stato. Si è sviluppato un doppio mercato che minaccia
la sovranità monetaria e l’etica egualitaria della rivoluzione: solo
i due terzi dei cubani avevano accesso al dollaro e successivamente
al CUC. La differenza di reddito fra il più pagato e il meno pagato
è aumentato da 4 contro 1 nel 1987 a 25 contro 1 nel 1997 (5). Oggi
chiunque è autorizzato a cambiare pesos
in CUC, ma non tutti ne hanno la possibilità. “Il governo continua
a pagarmi in pesos”, dice Miriam: ”Hai visto i prezzi nei
negozi?”, 1 CUC (24 pesos) per una Coca-Cola importata dal
Messico, 500 CUC (12,000 pesos) per un PC.
La libreta
è sufficiente per sopravvivere? “Sì,” ha detto Miriam, “per
dieci giorni, due settimane al massimo. Ti rimangono ancora da pagare
le altre cose.” La verdura, i trasporti, l’elettricità, i vestiti,
130 pesos per i pantaloni, 90 per una maglietta, 10 per un paio
di mutandine (non le più sexy!). Un’auto può costare
800 pesos al mese secondo le stime di Fernando Raysberg, un giornalista
della BBC all’Avana. Il reddito medio mensile è salito da
188 a 427 pesos fra il 1989 al 2009, ma il suo valore reale è
sceso a 48 pesos.
L’aragosta
è solo per i turisti
I visitatori si chiedono come possano
resistere i cubani. Loro rispondono: ”Hay que resolver”,
bisogna risolverlo. Un turista ordina una birra sulla terrazza di un
albergo per 3 CUC. Il cameriere non la prende necessariamente dal frigorifero
dell’hotel; può prenderla dal suo stock
personale, che tiene appena nascosto. Avendo comprato la birra ad 1
CUC a bottiglia, questo gli permette di moltiplicare il suo salario
di base per cinquanta e di calmare il suo capo con una “bustarella”.
Il dipendente di un hotel ha mal di denti e il dentista gli dice
che c’è una lista di attesa di due settimane, poi consiglia: ”Se
vuole venire oggi pomeriggio, voglio 5 CUC.” Il dipendente dell’hotel
fa una contro-offerta: ”Mi inserisca ora e farò entrare lei e la
sua famiglia al buffet stasera.”
Vendere appartamenti è vietato. Tuttavia
alcune famiglie crescono e altre si riducono di numero. Gli intermediari
mettono in contatto le une con le altre a un certo costo. I prezzi sono
basati su un tasso di mercato che tutti conoscono. Uno studio nel relativamente
elegante distretto del Vedado costerà 15.000 CUC; un appartamento di
5 stanze un po’ più lontano dal centro 80.000 CUC.
A Cuba l’aragosta è riservata ai
turisti o all’esportazione. I pescatori la vendono sul mercato nero
e normalmente guadagnano 700 dollari al mese. Lo staff
universitario che ha l’accesso a Internet affitta le password
nel pomeriggio; i professori danno lezioni a casa; le infermiere visitano
i pazienti a casa; gli autisti di autobus e i camionisti travasano diesel.
Molti impiegati governativi usano la loro posizione per fornire il mercato
nero di sedie, attrezzi o materiale per costruzioni.
I cubani hanno imparato a cavarsela
usando i meccanismi di mercato che governano la vita di ogni giorno.
La retorica ufficiale li ha condannati a dover sopportare la situazione.
Fidel ha detto nel 2003 che i valori hanno determinato la vera qualità
della vita, più del cibo, di un tetto, più dei vestiti. Qualche anno
prima aveva lanciato una battaglia contro i problemi di Cuba,
in particolar modo contro la corruzione. Ciò significava rafforzare
le convinzioni rivoluzionarie, specialmente quelle dei giovani, fornendo
loro impiego (gli studenti erano assegnati ai controllo delle stazioni
di servizio).
Queste proposte sono state efficaci
per un certo periodo, poi le coscienze sono tornate a essere elastiche.
Recentemente è stato rivelato che il Ministero dell’Edilizia ha assunto
8.000 lavoratori edili e muratori e 12.000 guardie di sicurezza per
pervenire i furti.
Nel suo primo discorso come presidente
(ad interim) Raul Castro ha detto: ” I salari oggi sono chiaramente
insufficienti a soddisfare tutte le necessità […] e questo ha provocato
un’indisciplina sociale.” Dopo un “dibattito nazionale estensivo”
ha deciso che il popolo si aspettava un tipo di riforma diverso. Anche
se nessuno sa come sia giunto a questa conclusione poiché nessun rapporto,
sommario o estratto del dibattito è stato mai pubblicato. Non si trattava
più di correggere le cose incompatibili con il rigore ideologico cubano,
ma di cercare un socialismo privo di “concetti erronei e insostenibili”
e di imparare “anche dell’esperienza positiva dei capitalismi”.
Soluzioni scaltre e non convenzionali stavano già trasformando alcuni
cubani in imprenditori. Il presidente ha riabilitato l’iniziativa
privata permettendo alla popolazione di lavorare per conto proprio.
La pubblicazione di una lista di 178
attività permesse a partire da settembre 2010 non ha cambiato
niente in realtà. Ufficialmente muratori, carpentieri, elettricisti,
orologiai e riparatori di accendini non esistevano, ma tutti avevano
usufruito dei loro servizi per anni. Ricardo, un altro contatto, ha
detto: “Riparare una perdita d’acqua ricorrendo all’impresa di
Stato [responsabile delle riparazioni agli edifici] era incredibilmente
difficile. Alla fine, la gente semplicemente cercava un vicino che sapesse
come fare.” Ora quel vicino paga le tasse: la tassa sulla licenza
poco meno di 20 CUC, il 25% sul fatturato, la previdenza sociale (il
25% dei profitti) e un tasso progressivo sulle entrate oltre i 5.000
pesos annuali (che sale al 50% sulle entrate oltre i 50.000 pesos
all’anno). “Un lavoratore indipendente può anche assumere altri
cubani e pagarli in base alla loro produttività”, ha detto Ricardo.
La Costituzione disapprova questa pratica, considerandola sfruttamento;
al fisco invece piace, perché, come un “boss”, fa pagare al vicino
un 25% di tassa sullo stipendio. Una nuova retorica.
La vita di ogni giorno non è
cambiata molto; la retorica sì. Nel 1968 Fidel Castro denunciò
il “piccolo segmento di popolazione che vive del lavoro degli altri,
[…] gente pigra in condizioni fisiche perfette che allestisce una
sorta di chiosco, di piccole imprese, con l’obiettivo di guadagnare
50 pesos al giorno.” In due giorni quasi tutte le imprese private
– bar, drogherie, officine, carpentieri, muratori, idraulici –
sparirono. Nel 2010 il giornale del Partito Comunista, Granma,
ha descritto il lavoratore autonomo come una persona affidabile e di
buona responsabilità, il cui successo avrebbe “giocato un ruolo importante
nella modernizzazione vincente e continua del modello economico cubano”.
Nel 1995 l’entusiasmo nel fare denaro
doveva essere frenato con la limitazione della capienza dei ristoranti
privati a dodici tavoli, ma Cuba non era più intimorita dall’accumulazione
della ricchezza. ”Siamo onesti: se una volta che ha coperto tutti
i costi, un lavoratore autonomo guadagna più del salario medio attuale,
c’è davvero qualcosa di sbagliato in questo?”, si è chiesto
Granma. Dopotutto “il capitale è qualcosa che si costruisce a
poco a poco, lavorando duro, con competenza e aumentando la qualità
del servizio giorno dopo giorno: anche il sorriso conquista i clienti.”
A gennaio dello stesso anno un giornale cattolico gioì del fatto che
Cuba potesse andare incontro al futuro “senza temere la ricchezza”.
L’obiettivo delle riforme di Raul
Castro non è solo quello di legalizzare ciò che oggi è vietato. È
anche, come spiega Alfredo Guevara, la “de-statificazione” dell’economia
pianificata le cui regole e regolamenti non convincono più. Molta parte
della raccolta di pomodori del 2009 è stata lasciata marcire sulla
pianta perché i camion del governo non potevano viaggiare senza carico
e non sono arrivati in tempo. Il raccolto sarebbe stato effettuato da
una fabbrica che l’avrebbe poi trasformato in salsa, ma le leggi
non lo permettevano.
“È davvero necessario per
il governo stabilire il prezzo di un taglio di capelli?”, si è chiesto
Jorge Luis Valdes dell’Associazione Nazionale degli Economisti e dei
Contabili. “Prima delle riforme dell’aprile 2010, tutti i parrucchieri
a Cuba appartenevano a una singola impresa. Trasferirli al settore privato
non solo ha fatto risparmiare al governo 640 milioni di pesos
in nove mesi ma ha prodotto 660 milioni di pesos
di extra.” Precisa: “Prima di aprile del 2010 il prezzo ufficiale
di un taglio di capelli era di 80 centesimi. Questo non ha impedito
alla gente di farsi pagare da 5 a 20 pesos in più per gli uomini
e fino a 100 per le donne. Il governo ha fornito elettricità, acqua
e telefono, che chiunque poteva usare pagando un peso
al salone. Per ogni quattro parrucchieri c’erano due guardie di sicurezza,
un addetto alla pulizia, un contabile, un amministratore e una o due
persone a puntellare il muro, tutti impiegati dello Stato. Ora è tutto
cambiato. I parrucchieri sono indipendenti e pagano al governo 990
pesos al mese: 330 per l’affitto, 330 in contributi per la previdenza
sociale e 330 in tasse. A parte questo sono liberi di fare ciò che
vogliono e assumere chiunque: i numeri dello staff
di solito calano.” Infatti il 40% della popolazione attiva sarà trasferita
al settore privato per il 2020 (attualmente il 90% dei cubani è impiegato
nel governo). Valdés ha sintetizzato: ”Costi inferiori, maggiori
entrate: è tutto profitto per lo Stato.”
Efficienza, produttività, risparmi:
il linguaggio è familiare, anche in Paesi in cui la parola socialismo
non è automaticamente associata a Che Guevara. “Perché Cuba
dovrebbe essere diversa da altri Paesi?”, ha chiesto Valdés. ”Abbiamo
bisogno di eliminare tutto ciò che il governo dà a i cubani gratuitamente,
dalla culla alla tomba, per essere certi che siano uguali.”
Riducendo l’importanza di aver delle
entrate a causa dei servizi sociali, i sussidi hanno indebolito le motivazioni
e rallentato lo sviluppo economico. Oggi i discorsi del socialismo a
Cuba raramente fanno riferimento all’uguaglianza senza criticare l’errore
dell’egualitarismo. Raul Castro ha spiegato nel 2008 che la soluzione
era quella di eliminare i sussidi e “di dare ai salari il loro valore
reale. Non c’è alternativa.”
Il governo non paga più le torte
matrimoniali e gli alberghi per la luna di miele. In quattro Ministeri
del governo non ci sono più bar gratuiti: gli impiegati ricevono
15 pesos al giorno per il cibo (abbastanza, per adesso). Anche
la libreta potrebbe presto sparire, poiché i lineamientos
(le linee guida politiche) sottoposti al Congresso di Cuba suggeriscono
di sostituirla con “un’assistenza sociale mirata” riservata a
“coloro che davvero ne hanno bisogno”, come in tutto il resto dell’America
Latina.
L’unico sindacato di Cuba ha annunciato
che 500.000 impieghi governativi saranno eliminati nei prossimi
mesi. Tutti i licenziati riceveranno il loro attuale salario per un
mese. Coloro che hanno lavorato per 19 anni o meno riceveranno il 60%
del loro salario per un altro mese, coloro che hanno lavorato dai 26
ai 30 anni per tre mesi, chi ha lavorato per più di 30 anni per cinque
mesi. Senza dubbio l’intenzione è quella di motivarli a trovare velocemente
impiego nel settore privato. Ma le persone che hanno lavorato nei ministeri
per anni, possono diventare contadini, parrucchieri o muratori in appena
due mesi, sapendo che non ci sarà un sistema di previdenza sociale
che si prenderà cura di loro?
L’economista Omar Everleny Perez,
che molti considerano il padre delle attuali riforme, ha affermato:
”Sì, ci sarà qualche perdente. Sì, qualcuno rimarrà senza lavoro.
Sì, ci sarà più disuguaglianza. Ma le disuguaglianze ci sono già:
ciò che abbiamo ora è una falsa uguaglianza. Ciò che dobbiamo decidere
è chi merita davvero di essere in cima.”
Affezionati alla salute e all’educazione
Questo febbraio i lavoratori della
clinica al centro dell’Avana si sono incontrati per discutere i
lineamientos. Le 291 proposte includono la paga basata sulle prestazioni,
la legalizzazione dei prezzi di mercato e una rivisitazione dei programmi
sociali. Il documento è stato approvato all’unanimità in pochi minuti.
Ma i lavoratori hanno sottolineato il loro attaccamento al sistema sanitario
ed educativo di Cuba: alcune cose sono da cambiare, ma non queste. Il
segretario della riunione ha raccolto i commenti in una nota malgrado
nessuno sapesse se e come sarebbero stati presi in considerazione.
Ho chiesto se ci fosse il rischio che
il governo giudicasse finalmente necessario modernizzare le conquiste
sociali di Cuba. Dall’apertura dell’economia cinese alla riforma
dei servizi pubblici in Francia non mancano gli esempi che mostrino
che sia probabile. Alarcón dice: “È possibile opporsi a queste riforme
e, se necessario, votare contro.” Questo significa che Cuba ha un’opposizione.
Sin dalla sua istituzione nel 1976 l’Assemblea Nazionale non ha registrato
un singolo voto contrario a un disegno di legge del governo.
Una vignetta su Granma
agli inizi dell’anno mostrava un giovane appoggiato a un lampione
che chiedeva ad un passante più anziano: “Qualche cambiamento, Nonno?”
Questi gli risponde: ”Sì, è l’ora che tu cambi e che tu cominci a guadagnarti
da vivere onestamente.”
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Fonte: http://www.counterpunch.org/lambert05132011.html
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARIA VITTORIA MORANO