IL MODELLO TEDESCO IL FUTURO DA SEGUIRE NELL’EUROZONA?

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DI VICENÇ NAVARRO
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La Germania era, fino ad alcune settimane

fa, il modello di successo da seguire. Si diceva che, grazie alle riforme

realizzate dal cancelliere Schröder del governo socialdemocratico (quando

fu in coalizione con i Verdi) e, più tardi, dalla cancelliere conservatrice

del Partito Cristiano Democratico Angela Merkel (che ha governato in

coalizione col Partito Socialdemocratico e, più tardi, col Partito

Liberale), la Germania stava crescendo ad un livello (più del 3 per

cento all’anno) che provocava invidia negli altri paesi dell’eurozona.

E così le autorità tedesche e i dirigenti dell’Unione Europea (UE)

hanno veicolato il messaggio che in tutti i paesi

dell’Eurozona (Spagna inclusa) dovevano realizzarsi riforme simili a quelle adottate in

Germania per poter raggiungere il suo livello di competitività, orientando

la ripresa economica verso l’aumento delle esportazioni. La Germania

si è trasformata così nel modello da seguire, un modello che ha centrato

la sua economia sullo stimolo dato alle esportazioni. Per raggiungere

il suo livello di competitività, si dovevano ridurre i salari e la

protezione sociale, compresi i sussidi al lavoro, come era avvenuto in Germania.
Questo è stato anche il messaggio

promosso dal governo Zapatero e dal suo gruppo economico. Il paese deve

passare momenti difficili per poter fare le riforme che faranno passare

le crisi. Questo messaggio si è trasformato in un dogma che è stato

riprodotto di sovente nei media. I pochi economisti che sottolineavano

come il modello tedesco non fosse né di successo, tanto meno vitale per tutti

i paesi, furono ignorati e emarginati. Perciò mi pregio di informarli

che i dati, come già avevamo previsto, erano già li per chiunque avesse

voluto vederli. Il tasso di crescita dell’economia tedesca è caduto

in picchiata e, secondo le cifre dell’ultimo trimestre (Q2 2011), i

tassi di crescita economica sono scesi e l’economia tedesca è stagnante

e, contro le previsioni del governo tedesco, assicuro loro che rimarrà

stagnante per un notevole lasso di tempo.

La debolezza del modello basato sulle esportazioni

Il modello esportatore tedesco è

di successo quando ci sono paesi che importano quello che la Germania

esporta. Perché la gran parte dei paesi verso cui la Germania

esporta, come i paesi dell’Eurozona, ora non sono in condizione

di importare i prodotti tedeschi. In realtà, i due terzi di tutte le

esportazioni tedesche vanno nei paesi dell’Eurozona. Ma quando questi

paesi sono in recessione, le importazioni dei prodotti tedeschi vanno in caduta libera e lo stesso hanno fatto le esportazioni tedesche. Per questo, sia l’economia tedesca che quella europea sono in una fase stagnante. Tutti i sacrifici (austerità compresa) realizzati dai governi Schröder e Merkel sono stati vani. Sono serviti davvero a poco per aumentare la domanda delle classi popolari tedesche. In realtà,
l’applicazione del modello tedesco a livello dell’UE è un disastro (non c’è un’altra maniera di definirlo), perché le politiche di austerità ostacolano ancora più la crescita dell’attività economica. In realtà, quello che si deve fare è precisamente la cosa opposta a quello che stanno attuando, cioè aumentare la domanda domestica e con ciò stimolare l’attività e la crescita economica, e quindi tutte le politiche di austerità che sono imposte alla popolazione non sono solo sbagliate, ma sono persino controproducenti.

L’evidenza è soverchiante. Anche il Gabinetto di Studi del Fondo Monetario Internazionale ha concluso che, come media nei paesi OCSE, ogni riduzione pari a un 1 per cento del PIL del deficit pubblico comporta una crescita della disoccupazione pari allo 0,3 per cento. In Spagna questo impatto è molto superiore. Questo aumento della disoccupazione contribuisce al calo della domanda e con questo alla discesa della crescita economica. È questa stagnazione economica – e non tanto le dimensioni del deficit e del debito pubblico – che sta allarmando i mercati. Quello a cui stiamo assistendo è la rigidità di un dogma, il dogma neoliberista, totalmente impermeabile ai fatti che stanno trascinando l’economia europea a livelli di inattività economica che possono portare a una Grande Depressione.

Cosa doveva essere fatto?

Lo disse molto bene Oskar Lafontaine quando era Ministro dell’Economia della coalizione Socialdemocratici-Verdi. Criticò duramente il governo Schröder e le sue politiche e previde che avrebbero portato alla stagnazione dell’economia tedesca e dell’economia europea. La coalizione Socialdemocratici-Verdi pose in essere con le sue riforme, accentuate più tardi dal governo Merkel, le basi che hanno portato alla situazione attuale. Quella coalizione deregolamentò il sistema bancario, diluendo la relazione tra banche ed economia produttiva. Le banche locali, l’equivalente alle casse di risparmio della Spagna, erano state da sempre un pilastro del modello industriale tedesco, stabilendo una relazione tra capitale finanziario e capitale industriale che era sempre stata al centro del sistema produttivo. Era quello che si chiamava Deutschland, A.G.

Il governo di coalizione, guidato da Schröder, liberalizzò il sistema finanziario e ciò provocò la debilitazione di questa relazione del settore bancario col mondo imprenditoriale locale, accentuando così la mercantilizzazione della banca privata locale. Il governo Zapatero è andato anche oltre. Ha privatizzato le casse di risparmio, rompendo questa relazione tra il capitale finanziario e quello di impresa e per questo le piccole e medie imprese, e anche i cittadini, hanno grosse difficoltà per poter accedere al credito.

La riduzione dei diritti del lavoro della coalizione Socialdemocratici-Verdi

Un’altra riforma della coalizione Socialdemocratici-Verdi fu l’indebolimento del sistema di cogestione, mediante il quale i lavoratori di un’impresa partecipavano alla gestione della stessa. Un’ulteriore conseguenza è stato l’indebolimento dei sindacati, con la riduzione dei sussidi per la disoccupazione e dei salari, che ha provocato una riduzione dei redditi derivanti dal lavoro in percentuale al reddito nazionale. Dato che la produttività è continuata a crescere, ciò si è tradotto in un forte incremento dei redditi da capitale a spese della riduzione dei redditi per il lavoro.

Questa polarizzazione dei redditi a beneficio del capitale ha causato da un lato la stagnazione della domanda interna e dall’altro una forte crescita del capitale finanziario.
L’enorme accumulazione di euro che si è avuta in Germania, come risultato della cattiva distribuzione dei redditi a beneficio del capitale finanziario, ha determinato una stagnazione dell’economia tedesca e poi dell’economia europea, causando un crescente indebitamento dei paesi periferici conosciuti come PIGS, finanziato in gran parte con l’eccesso di euro della Germania. Le banche tedesche sono diventate le maggiori proprietarie di obbligazioni pubbliche e private dei paesi periferici, Spagna inclusa.

Questo modello tedesco stava creando le basi per la crisi europea. Col risultato che, come già previsto da Oskar Lafontaine, quello che andava fatto era stimolare la domanda interna tedesca con una migliore distribuzione dei redditi derivanti dalla crescita della produttività, incrementando i salari ed espandendo la spesa sociale. Questa crescita della domanda tedesca avrebbe stimolato l’economia tedesca e quindi l’economia europea. Oskar Lafontaine suggerì un aumento dei salari a livello europeo, insieme a un maggiore intervento dello Stato nella regolazione del credito, data la necessità di garantirlo. Lafontaine si dimise da Ministro dell’Economia e anche dal governo e contribuì a creare un nuovo partito, Die Linke (La Sinistra). Nel frattempo il Partito Socialdemocratico ha perso la metà degli iscritti e ha sofferto la più grande sconfitta elettorale della sua storia. E oggi la Germania è in fase di stagnazione. Tutto il sacrificio imposto alle classi popolari non è servito a niente. La responsabilità storica dei dirigenti di quel partito è enorme. Ma, disgraziatamente, i dirigenti della socialdemocrazia spagnola appresero male questa lezione. Quello che dovevano avere imparato è che dalla prospettiva delle classi popolari, che tradizionalmente erano la sua base elettorale, tutti questi enormi sacrifici imposti alla popolazione, e che saranno perfino più accentuati con un governo del Partito Popolare, non sono serviti e non serviranno a niente, nel caso in cui l’obbiettivo sia quello di uscire dalla crisi. Ripeto, a niente. Al contrario, hanno peggiorato la situazione.

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Fonte: ¿Es el modelo alemán el futuro a seguir en la Eurozona?

01.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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