Alastair Crooke
strategic-culture.su
Diversi commentatori seri, tra cui il professore statunitense Victor Hanson, mettono in guardia: “Tenetevi forte per quello che succederà nel 2024”. Hanson vede cattivi presagi che oscurano il futuro.
Sta esagerando? Forse no.
Non si può non notare quanto siano diventati irascibili gli americani e gli europei in generale. La discussione calma e ragionata è sparita; le urla, l’emotività e l’esclusione sono all’ordine del giorno; qualcosa di brutto sta arrivando. Una sensazione istintiva, secondo Tucker Carlson. “Ci sono “persone arrabbiate che sentono di non avere alcuna possibilità di fare ricorso, che non pensano che le elezioni siano reali…”.
Cosa potrebbero stare suggerendo questi commentatori?
Beh, su un punto sono espliciti: l’Occidente sta affondando sotto le onde della sua Rivoluzione Culturale – la deliberata cancellazione delle virtù e dei retaggi della civiltà tradizionale, sostituita da una gerarchia culturale che stravolge e ribalta un paradigma sociale prossimo a conquistare tutti.
La domanda senza risposta: perché la società occidentale è stata così supina, così irriflessivamente favorevole allo sgretolamento del suo ethos civile? Questa dovrebbe essere la prima rivoluzione, quella in cui metà della società sa e vede bene che c’è una rivoluzione, mentre l’altra metà sembra troppo distratta, o semplicemente non se ne accorge. Non esiste una risposta semplice a questo enigma.
Ma la maggior parte non lo vede; non riesce ad ammettere che l’obiettivo della rivoluzione culturale (anche se è palese) è togliere di mezzo e sanzionare (come riparazione per la discriminazione storica e il razzismo) proprio i membri benestanti delle classi medie (e non le élite). Non per quello che sono ora, ma per quello che potrebbero essere stati i loro antenati.
Il generale Wrangel (un ufficiale e comandante zarista) aveva scritto nelle sue memorie come, dopo aver prestato servizio durante la Prima Guerra Mondiale, fosse arrivato a San Pietroburgo proprio nel momento in cui i Bolscevichi stavano creando scompiglio nella disciplina dell’Esercito Imperiale (“il suo esercito”). Per le strade regnava il caos, ma per i benestanti della città la vita continuava, come se si potesse godere di una certa “normalità” in una confortevole coesistenza con la rivoluzione nelle strade. Aveva raccontato di essere andato al cinema, con il pubblico chiaramente ignaro dell’anarchia fuori dalla sala.
Sbalordito, il generale si era affrettato a partire da San Pietroburgo per avvertire lo zar dell’avvicinarsi della catastrofe. Tuttavia, al suo arrivo a Mosca, Wrangel era rimasto scioccato nel vedere che l’80% delle donne della Corte dei Romanov, la maggior parte delle quali di sua conoscenza, indossava un nastro rosso. Quei nastri testimoniavano la loro simpatia per le stesse forze che, in seguito, avrebbero assassinato i Romanov.
Oggi anche le nostre élite indossano un nastro, non rosso, ma arcobaleno.
Nessuno di questi commentatori prevede (per ora) un esito alla Romanov. Ma avvertono che, in America, il panorama cittadino sta mutando in modo drammatico e veloce: ci si può svegliare una mattina con l’orrore del genere imposto ai bambini, con la classe culturale che viene estromessa dal lavoro, con la consapevolezza che non è più “corretto pensare”, o ridere delle assurdità della nomenklatura.
E che il dissenso porta alla persecuzione: se ti unisci al “Partito”, sei esonerato, se non lo fai, devi cavartela da solo.
Tuttavia, sta nascendo una controrivoluzione, in cui un segmento dell’elettorato sta spingendo verso la reintegrazione di quei principi civili e metafisici che, per secoli, avevano dato sostentamento alla nazione. Non sono disposti (a torto o a ragione) a rinnegare quei valori, né ad assumersi una “colpa” sottomettendosi alle richieste di risarcimento.
Il punto è ovvio: la portata, la complessità (e la cattiveria) del problema sta crescendo. E con esso cresce la rabbia.
Si stanno formando dei “modelli oscuri”. Il Presidente degli Stati Uniti è rimbambito e i “funzionari permanenti” sono terrorizzati: “Hanno conficcato un paletto nel cuore di Trump, ma temono che quel paletto possa uscire in qualsiasi momento”, scrive Hanson. Se Trump dovesse vincere, allora arriverebbe anche la vendetta e non avrebbero via di scampo.
L’attuale conflitto israelo-palestinese sta facendo provare ulteriori “brividi” alla “struttura portante dei funzionari”: Biden potrebbe dare la priorità alla sua fedeltà a Israele rispetto alla vittoria dei Democratici alle elezioni del 2024. Sta perdendo consensi a livello nazionale.
Hanson sostiene che tra i Democratici c’è la percezione che Trump sia ora la figura più temibile – e anche più che giustificata nella sua rabbia, viste le ingiustizie subite.
Le elezioni del 2024 diventano un vuoto nero. Il malfunzionante sistema di voto statunitense potrebbe risolvere una crisi così profonda? Nessuno lo sa, molti hanno paura.
Su un altro piano, la politica rivoluzionaria della diversità e dell’identità ha contribuito a dare assoluta priorità all’ideologia rispetto alla governance pratica (o anche al buon senso). Questa transizione culturale non è riuscita a migliorare la vita della maggioranza, al contrario, ha provocato la disfunzionalità del sistema. Niente funziona più nel modo giusto, prevale l’entropia.
A questo aspetto culturale si è aggiunta la “transizione” rivoluzionaria da un’economia reale – la principale fonte di occupazione per i “deplorevoli” – a una nuova economia ad alta tecnologia, verde e basata sull’intelligenza artificiale, che dovrebbe fornire un modello economico fondato sulla diversità e sulla giustizia sociale. Nel frattempo, i “deplorevoli” sono destinati a diventare degli outsider economici.
Queste transizioni cumulative richiedono una gigantesca stampa di moneta. Tutto andava bene quando il progetto poteva essere finanziato a tassi di interesse a costo zero, ma il tallone d’Achille del sistema è l’inflazione e l’impennata dei tassi di interesse. Ed è proprio questo che è arrivato. L’esplosione esponenziale del debito occidentale per finanziare le “transizioni” minaccia ora di portare l’intera “rivoluzione” alla crisi finanziaria e alla recessione.
Una crisi in divenire – di inflazione alle stelle e di crollo del tenore di vita – sta facendo fermentare un pericoloso e diffuso disincanto.
In questo fermento, i rivoluzionari hanno ulteriormente iniettato la loro opposizione ideologica ai confini nazionali e abbracciato la politica dell’immigrazione a porte aperte. Il confine degli Stati Uniti viene tenuto spalancato: 9 milioni di immigrati sono entrati da quando Biden è in carica, e si prevede che altri 6 milioni entreranno negli Stati Uniti da qui alle elezioni del 2024. Anche il confine con il Mediterraneo è, di fatto, aperto.
Questo afflusso di persone, alcune delle quali ostili alla cultura europea e all'”imperialismo bianco”, in un momento di grave crisi economica rappresenta una polveriera destinata ad esplodere, prima o poi. Quello che è successo a Dublino (e a Parigi la scorsa estate) continuerà a succedere, ancora e ancora. Devasterà le strutture politiche dell’UE e dell’Europa.
“Frontiere aperte: nessuno sano di mente lo farebbe”, dice Hanson. Allora perché lo fanno? Qual è lo scopo di inondare una società con una marea di immigrati? In Germania, i tedeschi nati in patria sono ormai una minoranza tra le minoranze. Qual è esattamente il “fine ultimo” previsto?
Insieme al problema del “fine ultimo” dell’immigrazione, vengono ora messe in discussione molte altre questioni: la pandemia, la catastrofe climatica (evitabile, secondo loro, solo con un enorme sacrificio degli standard economici). Erano tutti stratagemmi per stampare qualche sorta di moneta “stimolante” per mantenere la transizione liquida – o c’è nascosto qualche fine ultimo più oscuro?
La grande domanda è: come può il blocco globale e multipolare gestire un Occidente che sta andando verso il collasso morale, politico e forse finanziario?
La storia del dopoguerra non è incoraggiante. L’Occidente cerca di mantenersi integro creando un nemico manicheo contro cui coalizzarsi.
Gli Stati Uniti continueranno probabilmente a confrontarsi con la Cina, che, attualmente, è l'”unico argomento in città” a Washington ed è prioritaria per il suo potenziale centrifugo su una politica polarizzata. Ma gli Stati Uniti daranno o potranno dare seguito alle loro minacce? Probabilmente no.
L’altra discussione (confinata in gran parte nei circoli neoconservatori) è (ancora) “come indebolire la Russia nella realtà post-Ucraina?”. In Ucraina la Russia ha vinto in modo schiacciante. È probabile che i neoconservatori troveranno solo un tiepido appoggio per un’Ucraina-parte seconda.
Trump, se dovesse sopravvivere ed entrare in carica, spesso “parla da neoconservatore”, ma agisce per disinnescare le tensioni – riflettendo la realtà che il GOP è fratturato: istituzionalmente neoconservatore ai “piani alti”, ma sempre più populista alla base.
La Russia ha ora un “problema europeo” di ambizioni “geopolitiche” persistenti e irrealistiche. A parte la guerra, la bozza di trattato proposta dalla Russia nel dicembre 2021 offre l’unico mezzo pacifico per un modus vivendi tra l’Heartland e il Rimland.
Ma ci sarà qualche adulto a Washington in grado di rispondere al telefono quando arriverà il momento?
Alastair Crooke
Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2023/12/04/black-pattern-forming/
04.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.