PENSA POSITIVO… E SOTTOMETTITI
DI CHIARA VALVERDE GEFAELI
Nodo50.org
Le parole non sono neutre: servono
per avere un impatto su chi ascolta. Per incominciare, costruiscono
un senso comune. E il capitalismo lo sa molto bene; così, il
primo e fondamentale compito del neoliberismo è costruire il consenso
dei cittadini per potere mantenere le ingiustizie e disuguaglianze.
Detto e fatto: grazie al tanto pubblicizzato “pensiero positivo”
si sta producendo l’incorporazione delle idee e del linguaggio dei
ricchi e dei privilegiati nelle menti delle classi subalterne. E si
tratta della tattica più potente per rafforzare e mantenere il neoliberismo.Non guastare le parole
Non cambiarne il significato
Fermati a cosa chiedo
Che mi
è abbastanza chiaro
MARIO BENEDETTI
Neoliberismo
I sostenitori del neoliberismo argomentano
che è un ambito economico che assicura il benessere dell’individuo
attraverso la privatizzazione e il libero mercato. Ma la realtà è
ben differente. La tappa attuale del capitalismo fu avviato col colpo
di stato di Pinochet, aiutato dagli economisti della scuola di Chicago
nel 1973, e ci sono ora poche economie e governi che non siano pilotati
dal neoliberismo. Come è già diventato dolorosamente ovvio nella vita
quotidiana della maggioranza dei cittadini del pianeta, sotto il neoliberismo
il benessere dell’individuo non conta perché è un processo che come
obbiettivo la concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani
di pochi.
Le iniziative di pionieri neoliberisti
come Margaret Thatcher o Ronald Reagan tra gli altri, come ritirare
la presenza dello Stato dai servizi pubblici e venderli al settore privato
affinché siano redditizi per i suoi nuovi padroni, sono ora la
realtà in quasi tutti i paesi. E il fatto di smantellare lo stato
sociale nei paesi dove già aveva fatto la sua comparsa, o di ostacolare
la sua creazione dove non si era ancora formato, è possibile grazie
al grande aiuto fornito dal linguaggio del pensiero neoliberista.
Il discorso del Fondo Monetario Internazionale
(FMI), ossia che tutti i cittadini devono fare un sforzo per mantenere
il neoliberismo, ha senso solo per il FMI, un organismo che non è
stato eletto democraticamente. La cosa sconvolgente è che anche
i cittadini che vivono sotto la soglia della povertà ripetano lo stesso
discorso che “dobbiamo tutti fare la nostra parte” per I salvataggi
delle banche e ritagli dei servizi pubblici, degli stipendi e delle
pensioni. Ciò che il primo e fondamentale compito del neoliberismo
è quello di costruire il consenso dei cittadini per poter mantenere
le ingiustizie e disuguaglianze. Attraverso i politici, le élite, gli
esperti e la stampa, si usa il linguaggio per potere generare e mantenere
un “senso comune”, come diceva Gramsci, in cui la deregolamentazione
e la privatizzazione che portano a che i ricchi siano più ricchi e
i poveri più poveri, sembrino cose “positive ” “normali”
(1).
Negli ultimi anni in Spagna, mentre
il governo ha tagliato le pensioni, gli aiuti alla dipendenza e gli
stipendi dei funzionari per mantenere a galla l’euro e farlo vedere
di buon occhio al FMI, mentre il denaro pubblico salvava le aziende
private, mentre compagnie come Telefónica hanno ottenuto grandi profitti
lasciano però nella disoccupazione una gran parte dell’organico,
le camere di commercio hanno introdotto una campagna affinché tutti
i cittadini collaborino per il proprio impoverimento. Riferendosi alla
crisi economica creata dagli speculatori e dalle banche, personaggi
considerati “progressisti” come Juan José Millás e Andreu
Buenafuente o modelli per la gioventù come Pau Gasol, sono apparsi
sui mezzi di comunicazione ripetendo il motto della campagna: “Ce
la possiamo fare tutti insieme”. Questa perversa campagna si è sviluppata
nel 2010 senza allarme sociale e con poche proteste.
Sotto il neoliberismo, mentre le disuguaglianze
aumentano, sono proprio gli svantaggiati quelli che appoggiano le ingiustizie.
L’incorporazione delle idee e del linguaggio dei ricchi e dei privilegiati
nelle menti delle classi subalterne è la tattica più potente per rafforzare
e mantenere il neoliberismo.
Il linguaggio positivo come
“senso comune”
Raramente il linguaggio è solo
uno strumento di comunicazione. Le parole non sono neutre: servono
per suscitare qualcosa in chi ascolta. Il linguaggio è l’arma migliore
del capitalismo neoliberista per spianare la strada e imporre politiche
che favoriscono la riorganizzazione dei beni e dei servizi, in modo
da arricchire una minoranza mentre viene trascurata la maggioranza,
che comunque viene convinta del fatto che tutto quello che si sta realizzando
è positivo e necessario. Per vedere e comprendere gli abusi e le ingiustizie
perpetuate dal potere, Gramsci ci ricorda che è importante capire l’origine
e gli obiettivi strategici del controllo sociale. E gli scritti di Michel
Foucault ci incoraggiano ad analizzare il linguaggio dei gruppi di potere,
per capire come funziona e per saper identificare le sue trappole.
Lo Stato, col linguaggio, crea il proprio
“senso comune” per poter rendere accettabile l’inaccettabile,
un linguaggio che si infiltra in tutta la società attraverso i canali
di potere e costruisce così un’egemonia. Ed affinché esista un’egemonia,
non basta che i gruppi dominanti riescano ad imporsi, ma i cittadini
devono diventare convinti che le idee di questi gruppi vadano a loro
vantaggio. Quando la popolazione è convinta che la privatizzazione
dei servizi sanitari è la cosa più “efficace” e “positiva”
o che ogni cittadino deve aiutare al governo per uscire dalla crisi
economica, al neoliberismo rimane ben poco da fare. Le sue politiche
non verranno più messe in discussione.
Questo processo di convincimento inizia
col fissare la cornice del dibattito. Lo Stato presenta i termini e
i limiti con i temi possono essere pensati e discussi, attraverso gli
esperti e l’élite, la stampa e i politici. Così lo Stato non deve
esercitare la repressione ma solo la classificazione. I gruppi dominanti
si impadroniscono del dibattito, lo definiscono e gli danno legittimità,
facendo riferimento a quello che è “accettabile” e quello
che è il “senso comune.”
Lo sviluppo e l’uso del positivismo
è un’applicazione molto utile del linguaggio per il controllo
delle menti dei cittadini nell’epoca neoliberista. Con l’uso del cosiddetto
“pensiero positivo” si sta passando dal controllo esterno
al controllo interno della popolazione in tutti gli aspetti della vita:
lavorativo ed economico, sanitario, educativo, eccetera. Vediamo come
l’infiltrazione dei valori neoliberisti negli individui che interiorizzano
queste norme sociali e pensieri, li ostacolano nel percepire la realtà
del neoliberismo. E li fa anche sentire colpevoli per la loro situazione
individuale: la disoccupazione, i problemi per pagare il mutuo, la malattia,
eccetera. Il cittadino, con un lavoro precario o nella disoccupazione,
bombardato da messaggi sull’importanza di “pensare in positivo”,
sviluppa dubbi sulla sua opinione per le politiche attuali e sul suo
malessere della propria condizione. Creare dubbi nella popolazione è
di grande importanza affinché lo Stato e le sue élite portino a compimento
i propri progetti economici (2).
In tutti i canali possibili (sistema
sanitario, imprese, mezzi di comunicazione, sport, eccetera) si è
riusciti a imporre un’unica forma di essere e di pensare, e se qualcuno
non riesce a mantenere il pensiero “positivo”, viene stigmatizzato
come un nuovo “peccatore” che ha pensieri “negativi”.
La pandemia del “pensiero positivo”
che si utilizza per cercare di convincere che perdere il lavoro è
una “grande opportunità per aprirsi nuovi orizzonti” o che
l’avere cancro è “un regalo per vedere la vita con più ottimismo”
è, come diceva Bourdieu, una “violenza simbolica” in cui
un gruppo impone i significati, le idee e i simboli a tutto il resto.
Pensiero positivo made in Spain
Il “pensiero positivo” si
è sviluppato soprattutto negli Stati Uniti, dove ha rimpiazzato
i vecchi schemi calvinisti sul “bene/male” con l’importanza
dell’iniziativa individuale e con il bisogno di vigilare continuamente
I propri pensieri per non farli diventare “negativi” (3).
Il pensiero “positivo” si è infiltrato tutti gli aspetti
della vita dei nordamericani, canadesi e messicani compreso, a cui indirizzo
fin dal primo mattino i messaggi e gli ordini di considerare le ingiustizie
come opportunità fin dalla colazione col messaggio “Il futuro
è nelle tue mani”, passando per la maglietta con cui si veste
con la scritta “La realtà è lo specchio dei tuoi pensieri”,
fino all’automobile che lo porta al lavoro, mal pagato, con un adesivo
che dice “La crisi è un’opportunità” in un ufficio decorato
da un cartello che recita: “Leggere pensieri positivi cambia la realtà.
Il pensiero positivo predicato dal
neoliberismo incoraggia a negare la realtà e assicura che se si
pensa, ad esempio, di avere più denaro, il pensiero di per sé ce lo
porterà. Questa idea arrivò alla sua massima accettazione con la pubblicazione,
negli Stati Uniti, del libro “Il Segreto” che ha avuto un successo
editoriale senza precedenti predicando “la legge dell’attrazione”.
Se vuoi qualcosa, dice l’autrice, devi solo “attirarlo” con
I tuoi “pensieri positivi”. (In Spagna, i professori di ESADE
Alex Rovira e Fernando Trías dei Bes hanno pubblicato una breve ma
fortunata imitazione di quello libro, “La Fortuna”). Questa idea
si è calata profondamente nella società nordamericana. Quando questo
approccio è stato criticato, i sostenitori dell’attrazione positiva,
attraverso la stampa, I libri e un film, ci hanno assicurato che le
sue idee sono basate sulla fisica quantistica (4), una retorica che
stanno ripetendo anche gli “imprenditori” spagnoli. Questa
manipolazione della fisica quantistica sta fornendo un tocco “scientifico”
al pensiero positivo del neoliberismo per rendere il tutto più accettabile.
Basta vedere la repentina valanga di libri divulgativi sulla fisica
quantistica, tra altri il romanzo del professore di ESADE, Alex Rovira,
“L’Ultima Risposta”, per confermare che il pensiero positivo
neoliberista si sta installando in Spagna.
Si potrebbe pensare che in Spagna,
con la sua cultura mediterranea, la tendenza all’informalità e con
un cattolicesimo che perde seguaci ma che conserva il “trucco”
della confessione come valvola di sfogo, il positivismo non avrebbe
potuto riscuotere successo. Ma ora vediamo che il positivismo sta crescendo
con allarmante rapidità senza essere messo in discussione. Dalle élite
politiche ed economiche fino a quelle medico-scientifiche che vedono
il “negativismo” del paziente come l’eziologia della sua malattia,
dai mezzi di comunicazione fino agli sportivi che fanno pubblicità
per le banche, la vita quotidiana degli spagnoli è satura di pensiero
positivo.
Anche se il cattolicesimo e la sua
cultura della colpa abbiano lasciato un’impronta notevole in Spagna,
il positivismo, soprattutto con la visione contrastata e il suo assolutismo,
è il cerotto, il balsamo per il trauma transgenerazionale che si trascina
senza essere superato da 75 anni, il trauma della Guerra Civile Spagnola,
del dopoguerra e della dittatura. La grande ferita collettiva dello
Stato spagnolo, che necessita davvero di essere guarita in modo condiviso
dai nipoti di quelli vissero quella fase violenta, non solo viene da
anni evitata, ma si cronicizza e si perpetua ora col binarismo “positivo/negativo”
del pensiero positivo, riproducendo schemi come “rossi/nazionalisti”
e “vincitori/perdenti”, garantendo il timore del dibattito. L’assolutismo
“bene/male ” trova la sua eco perfetta nell’ideologia positivista
e aiuta a mantenere la rappresentazione mentale del trauma degli antenati
(5).
La vulnerabilità e l’umiliazione
(che si manifestano nella vergogna e nei processi alterati di ’autonomia
personale) che permangono nell’identità della società del dopoguerra
e del post-dittatura, trovano nel positivismo una risposta al mandato
transgenerazionale (6) trovando una sicurezza superficiale e svelta,
per poter placare le incomprensibili paure ereditate dai nonni senza
doverle verbalizzare né elaborare (7). Il positivismo nello Stato Spagnolo
perpetua il trauma transgenerazionale congelato nel ritorno del represso
come sintomo collettivo ed ora non è solo un’arma utilissima per fomentare
e mantenere il neoliberismo e le sue politiche asociali, ma ci condanna
anche a un “acting out” inutile e a una ripetizione
compulsiva delle divisioni.
Dato che non esiste cittadino spagnolo
che sia esente dagli influssi provenienti dalla Guerra Civile Spagnola
e dal dopoguerra per la trasmissione psichica da una generazione all’altra(cosciente
o incosciente) (8), il balsamo superficiale del pensiero positivo gode
e continuerà a godere di una forte accettazione e con poche critiche
in tutti gli ambiti della vita della comunità, con I pericoli che tutto
questo presuppone in un’epoca neoliberista.
Imprenditori positivi
L’applicazione del pensiero positivo
e il suo linguaggio sta incontrato un successo notevole nel mondo imprenditoriale
spagnolo. Rimangono poche università in Spagna che non abbiano una
“Cattedra Imprenditoriale”, organizzata in collaborazione
con le camere di commercio per “promuovere” lo spirito
di impresa e per “stimolare la creazione di imprese sin dall’Università“.
Questo nuovo spirito “intraprendente” attesta, senza prove
scientifiche, che “quasi il 78 per cento dei nostri pensieri sono
negativi e il 22 percento sono positivi (9) e che se il capo decide
di licenziarti, bisogna “far sparire i pensieri negativi e trovare
il positivo“.
Attraverso due applicazioni più
moderne della coercitiva terapia cognitivo comportamentale, con le sue
ricompense per pensieri positivi e le sue punizioni per i pensieri negativi,
il Coaching e la Programmazione Neurolinguistica (PNL) vengono utilizzati
nel mondo imprenditoriale per, come dice il libro della PNL destinato
ai dirigenti pubblicato dall’Università dell’Extremadura, generare
strategie di successo. Il Coaching Imprenditoriale viene offerto in
quasi in tutte le università spagnole per allenare i “imprenditori”
ne “gli elementi personali che influiscono direttamente sui
risultati economici dell’impresa“. Questo miglioramento nell’economia
d’impresa, come spiega la PNL per dirigenti e il Coaching Imprenditoriale
si ottiene se gli impiegati “controllano gli stati mentali negativi
e li cambiano in positivi“.
Tutto questo, assicurano i corsi di
ESADE di Coaching Imprenditoriale, comprende l’”identificazione
di strategie di premio che motivino gli impiegati a migliorare il proprio
impiego e per ottenere risultati” e “lo stimolo dell’approccio
degli impiegati creando un’attitudine da proprietari“. Si
vuole fomentare un “approccio“, ma non una realtà
in cui gli impiegati condividano la proprietà dell’impresa.
È significativo il successo privo
di critiche del libro “La Buona Crisi” del professore di ESADE Alex
Rovira (per il quale in effetti la crisi è stata positiva, visto che
riscuote 10.000 euro ogni conferenza (10)), che è stato tradotto in
35 lingue, ha venduto mezzo milione di copie e i suoi corsi, le conferenze
e le sue idee sono presenti nelle imprese e nella vita politica del
paese. La tesi di Rovira è che la crisi economica attuale è, in realtà,
una crisi di “coscienza individuale”. Come esempio dell’approccio
necessario di fronte alla crisi, Rovira fa riferimento ai “paesi
con carenze” in cui i cittadini “si alimentano con
razioni poverissime” ma “vivono con l’ingegno e il
sorriso“. In tutti i suoi libri, conferenze e lezioni rivolte
a dirigenti e politici, Rovira ripete il messaggio che non solo dobbiamo
dire grazie alla crisi (“A te, Crisi, per tutto quello che dai,
per tutto quello che sei… per la Bellezza e la vita che nascono in
te. Per tutto, Grazie. Di tutto, Sì“), ma, come si diceva
in tempi meno politicamente corretti sulla violenza sessuale, ci invita
a rilassarci mentre viviamo le conseguenze della crisi: “Se
vuoi rilassarti, goditi la crisi“. Rovira ripete reiteratamente
che bisogna essere positivi di fronte alla crisi economica e ci assicura
che la “nostra volontà positiva ci doterà
degli strumenti spirituali e psicologici per assumere o affrontare un
nuovo scenario totalmente sconosciuto“.
Ma Rovira non è molto gentile
o “positivo” col lettore e gli dà del “negativo”,
come farebbe un vecchio prete che riprende un peccatore quando prova
rabbia per i capi o per la banca e allo stesso tempo lo critica avere
“fame di possesso” compresa il “tuo fantastico
schermo al plasma” e consiglia vivamente: “Smettila
di perdere il controllo per I soldi e cerca il tuo oro interiore“.
Con un po’ più di eleganza rispetto
a Rovira, Pere Monràs predica l’importanza del linguaggio nel mondo
imprenditoriale. Monràs insiste che “lavorare sulle parole
diventa ogni giorno più rilevante” e propone di cambiare il
significato e l’uso della parola “generosità” non per aiutare
i più sfortunati, ma questo può essere “un grande strumento
di recupero della fiducia, imprescindibile per costruire nuovi modelli
di relazioni economiche“. Forse è questa l’interpretazione
del concetto di “generosità” che ha avuto Monras durante
la sua importante carriera di direttore dell’Istituto Catalano della
Salute e poi come direttore dell’Ospedale Parc Taulí, dove fu denunciato
per mobbing, incarichi che poi sono spariti dal suo curriculum. Ora
solo figura come “presidente fondatore di Helix3c, promotore
della Rete di imprenditori Growing Up e vicepresidente della fondazione
privata Circolo per la Conoscenza“.
Il Circolo per la Conoscenza riunisce
imprenditori, la maggioranza dei quali lavorarono, grazie ai tempi trascorsi,
nell’amministrazione pubblica e ora affermano di essere teorici e pensatori
dell’ottimismo per avere un’industria “competitiva“.
Nei loro testi di presentazione criticano “uno studio
recente sui libri di testo dove si afferma che la parola ‘impresa’ quasi
non viene nominata e, quando appare, il 95 per cento delle volte avviene
con valutazioni dispregiative o negative“. Spiegano che
casi come questi “corrispondono ad alcuni valori installati
nella società“, valori denunciati dai giovani del Circolo:
“Come si è potuti arrivare a questa situazione? Come
è possibile che i giovani che si iscrivono all’università
scelgano soprattutto corsi di lettere?“. Criticano anche l’attrazione
della società verso il settore pubblico quando, sottolineano con una
certa indignazione, ”il pubblico
è finanziata con le imposte pagate dai contribuenti e dalle organizzazioni
pubbliche e private, ma c’è bisogno anche di una società privata,
industriale, perché è quella che offre più
opportunità di generare e distribuire ricchezza o benessere.”
E, non caso non lo avessimo capito, ci ricordano che “nella
società del benessere non tutto è
stato risolto“.
Malati negativi
Nell’ambito della salute, il positivismo
è di grande utilità per le amministrazioni sanitarie in tempi
neoliberisti per disfarsi della responsabilità di curare i malati.
Si cerca di convincere i cittadini che la salute è dovuto solo alla
responsabilità individuale e che qualunque malattia è il prodotto
di “atteggiamenti negativi” e non di, tra gli altri,
fattori come le disuguaglianze socioeconomiche, le sostanze tossiche
nell’ecosistema, le alterazioni organiche o la microbiologia. In sintesi:
si incolpa al malato.
Le disuguaglianze sociali e i lavori
precari sono alcuni dei fattori che scatenano i problemi di salute mentale
(11), ma, invece di offrire servizi sociosanitari in cui la persona
che soffre di ansia o depressione possa ascoltarsi e essere ascoltata,
dove possa elaborare i propri sentimenti e ricevere sostegno o un spazio
in cui possa connettere la propria realtà con quella di altri che si
sentono come lui, viene colpevolizzato e lo si trasformato nel castigatore
di sé stesso.
In Catalogna, le persone depresse o
ansiose che ricorrono al medico di base vengono messe in terapia e,
spesso, condotti presso gruppi “psico-educativi” (guidati
da infermieri senza formazione né in psicologia né in dinamica di
gruppi). Gli obiettivi di questi gruppi sono che il paziente prenda
la sua terapia e che “sostituisca i pensieri distorti per altri
più adattativi” (12). Si spiega ai pazienti che i pensieri
“negativi” sono “distorti“.
Quando il partecipante – che non viene incoraggiato a parlare né a
condividere qualcosa con gli altri partecipanti ma solo ad ascoltare
la presentazione in Powerpoint – verbalizza le difficoltà della
propria realtà come la disoccupazione, la situazione economica, l’isolamento
sociale, eccetera, gli viene insegnato a fermarsi dicendo “Stop”
o “Fermo” o con uno stimolo negativo, ad esempio darsi dei pizzicotti.
Dopo questa autoflagellazione, si “addestra” il paziente ad
argomentare contro i propri pensieri “negativi“: “È
realistico ed obiettivo quello che penso?” e “Mi serve
a qualcosa pensare a questo modo?“. Il risultato è che la
persona dubita della verità e dei sentimenti riguardo la propria situazione
e si sente giudicata per pensare quello che pensa. Si sente anche colpevole
di provocare la propria depressione. Soprattutto, dopo avere frequentato
le dodici sessioni, la persona depressa o ansiosa sarà ancora più
frenata dal discutere la realtà socioeconomica in cui vive.
In Spagna la formazione universitaria
dei psicologi è fondamentalmente cognitivo comportamentale. In
questo ramo della psicologia che si esercita attraverso la Terapia Cognitivo
Comportamentale, l’impostazione si basa sugli “ errori”
del modo di pensare del paziente e nel cambiare i pensieri “negativi”
con altri “positivi“, benché alcuni autori spagnoli
ora tendano a mascherare queste espressioni con altre tipo “primi
pensieri” – che sono negativi e che vanno cambiati – e “nuovi
pensieri“, quelli buoni e ragionevoli. È la stessa cosa, che
la si dica o che la si mascheri: l’idea è quella di non fidarsi del
proprio pensiero critico, di autocensurarsi e punirsi.
La TCC viene utilizzata nella sanità
pubblica, ad esempio, per non offrire trattamenti più importanti ai
malati di Sindrome da Sensibilità Centrale (SSC), di Sindrome dell’Affaticamento
Cronico, di Sensibilità Chimiche Multiple e di fibromialgia (13). Anche
se i sussidi di disoccupazione e le pensione di questi tre milioni di
spagnoli malati dipendono dalla loro partecipazione ai gruppi di TCC
in cui vengono ridicolizzati e colpevolizzati, le associazioni di malati
hanno cominciato a denunciare questo abuso come con il documentario
“Il marrone e la ‘gomma’” (14). La “gomma” si riferisce
all’elastico che i partecipanti devono tenere al polso 24 ore su 24
per farsi del male nel caso in cui si formi nella mente un pensiero
“negativo“. Il malato di SSC, senza dubbio, ha molti
pensieri “negativi” per il fatto di avere una malattia
che è immunologica o neurologica con gravi sintomi, per cui le liste
di attesa nella sanità pubblica sono lunghe tre anni e dove si pretende
che la TCC sia un “trattamento“. E sicuramente avrà
pensieri negativi anche per il fatto di non venire creduto dalla società
e per il fatto di non essere considerato una persona malata, ma uno
“sfaccendato” o un “chiacchierone”, per essere troppo
malato per poter lavorare e per non avere un reddito, e per avere una
qualità di vita peggiore di chi ha la sclerosi multipla (15). Oltre
all’abbandono e alla sofferenza fisica, questi malati devono farsi
del male e biasimarsi fino a dover considerare l’incomprensione e la
discriminazione delle amministrazioni pubbliche come una cosa “positiva“.
Ascoltare, pensare, discutere
e parlare
L’importante non
è credere. L’importante è non credere.
AGUSTÍN GARCÍA CALVO
Non ce la beviamo!
Striscione del 15M
Quando lo Stato reprime la popolazione
con violenza fisica o con le parole offensive, è più facile che i
cittadini capiscano di essere aggrediti. Ma la cosa difficile è comprendere
le ingiustizie, le manipolazioni e la violenza presenti al di sotto
del linguaggio “positivo“. Se, come dice David Harvey,
la prima arma del neoliberismo è il linguaggio, è urgente che la cittadinanza
sviluppi la capacità di ascoltare e dibattere la retorica del potere
in tutte le sue forme.
Vedendo riunite parole come “crisi”
e “positivo”, “efficienza”, “sostenibilità
economica”, “sforzo”, “opportunità”, è importante
rileggerle con attenzione e domandarsi continuamente: “Chi vuole
che io creda a tutto questo? Per quale motivo? A chi serve che io creda
tutto questo? Chi ci guadagna se io vedo la perdita del posto di lavoro
come un’opportunità?” Se i cittadini pensano, ciò diventa pericoloso
per i poteri perché porta a smascherare gli interessi che sono nascosti
alle spalle del positivismo. E dopo aver pensato, è necessario parlare,
parlare senza chiedere permesso, parlare senza giustificarsi, parlare
senza paura, di quello che si vive a livello individuale e collettivo,
della nostra verità, subito. E anche parlare e sentire le storie dei
nostri nonni, le parole e le emozioni che, in modo poco cosciente,
ci possano guarire e allontanare dalla seduzione del positivismo.
Abbiamo il compito urgente di imparare
ad ascoltare e a identificare la possibile infiltrazione del neoliberismo
e del suo linguaggio positivista nei nuovi movimenti e nelle nuove iniziative,
nei beni comuni, nelle nuove tecnologie, nella medicina alternativa,
nelle cooperative, negli indignati, eccetera, per mantenere i nuovi
spazi liberi dal controllo neoliberista e per porre fine a questo consenso.
Note:
1. Pizza G, “Antonio Gramsci e
l’antropologia medica contemporanea. Egemonia, ‘capacità di agire’,
e trasformazioni della persona”, Rivista di Antropologia Sociale,
anno/vol. 014, Università Complutense di Madrid, Madrid, 2005, pp.
15 -32.
2. Michaels D., “Doubt is their product:
how industry’s assault on science threatens your health”, Oxford University
Press, New York, 2008.
3. Ehrenreich B., Ehrenreich B., “Smile
or die: How Positive Thinking Fooled America and the World”,
Granta, Londra, 2009.
4. Losier M., “Law of Attraction: The Science of Attracting More of
What You Want and Less of What You Don’t”, Losier, Victoria B.C.,
Canada, 2003.
5. Volkan V., “Traumatized societies and psychological care:
Expanding the concept of preventive medicine”, Mind and Human Interaction,
2000, 11 pp. 177-194.
6. Lebovici S., “On intergeneracional transmission: From
fililation to affiliation”, Infant Mental Health Journal, Vol.
14 (4), Inverno 1993, pp. 260-272.
7. Kellerman P.F., “Sociodrama and Collective Trauma”, Londra,
Jessica Kingsley Publishers, 2007.
8. Korman V, “Trencadís”, Gaudianas psicoanalitici, Barcellona,
NC edizioni, 2010.
9. a href=”http://psicologia.laguia2000.com/psicologia-cuerpo-mente/el-poder-del-pensamiento-y-la-pnlprogramacion-neurolinguistica” target=”_blank”>El
Poder del Pensamiento y la PNL (Programación Neurolingüística)
10. Comunicazione personale, David Abadal, Direttore del Gruppo
Àlex Rovira, 19 agosto 2011.
11. Muntaner C et al, “Unemployment, informale work, precarious
employment, child lavoro, slavery, and health inequalities: pathways
and mechanisms“, International Journal of Health Services,
Vol. 40, No. 2, pp. 281-295, 2010.
12. Generalitat de Catalunya, Dipartimento della Salute, “Guida
per l’infermiera. Sessioni di gruppo psicoeducative nei casi depressivi
dell’attenzione primaria”, Ambito della Città di Barcellona, Area
di Salute Mentale, Institut l’Assaggi della Salut, 2006.
13. Valverde C., “’I corpi del delitto’: ingiustizie ed opportunità
nelle Sindromi da Sensibilità Centrale”, Papeles
de relaciones ecosociales y cambio global,
No. 112, 2010/11, pp. 141-153.
14. El
“marrón” y la goma. Una Radiografía a las enfermedades de
sensibilización central
15. Jason L. e Taylor R., Measuring Attributions About Chronic
Fatigue “Syndrome”, Journal of Chronic Fatigue Syndrome,
Vol. 8, Numbers 3-4, 2001, pp. 31-40.
Fonte: El lenguaje positivo como “sentido común” o el consentimiento del neoliberalismo
17.12.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE