IL LATO OSCURO DEL MESE DELLA PREVENZIONE PER IL TUMORE AL SENO – PARTE DUE

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GLI SCREENING PER LE MAMMOGRAFIE AI RAGGI X TROVANO TUMORI INESISTENTI?

DI SAYER JI
www.sayerji.com

La diagnosi precoce con la mammografia ai raggi X è stato l’appello diffuso dalla campagna della Breast Cancer Awareness per l’ultimo quarto di secolo. Ciò malgrado, pochi progressi sono stati fatti per informare il pubblico sulla differenza fondamentale tra tumori e lesioni non maligne e i cancri invasivi o non invasivi rilevati da questa tecnologia. Quando tutte le forme di patologie al seno vengono considerate un tutt’uno senza considerare il rischio dei danni o della malattia, si ha di fronte un’entità monolitica che può essere presente, ma anche no: il tumore
al seno.
Il concetto secondo cui il tumore al seno non ha sintomi, che non può essere diagnosticato con la palpazione manuale e che non diventa invasivo nella gran parte dei casi potrebbe sembrare incredibile a molte donne. Comunque, esiste davvero un’anomalia clinica misteriosa nota come Carcinoma Duttale In Situ (CDIS) che è, in effetti, una delle forme di “tumore al seno” più comunemente diagnosticate e innecessariamente trattate ai giorni nostri.

Quello che le donne non sono riuscite a capire – perché i loro medici non ne sanno di più o perché non si sono presi la briga di spiegarlo – è che hanno una possibilità se gli viene diagnosticato un CDIS. Invece di soccombere a un trattamento aggressivo con la chirurgia, le radiazioni e le droghe della chemio, le donne possono optare per un’attesa vigile. Meglio ancora sarebbe intraprendere un cambiamento radicale dello stile di vita per eliminare l’esposizione alle sostanze chimiche e alle radiazioni, allo stesso tempo migliorando la mobilità e la nutrizione. Sfortunatamente questa scelta in molti casi non viene fatta, perché la comunità medica non informa i propri pazienti che sia una cosa praticabile.

Questo articolo ha lo scopo di riempire le lacune dell’informazione per poter educare e dare il potere alle donne che, per incidente o destino, sono state o sono sotto minaccia di avere una diagnosi scorretta e di ricevere un trattamento errato dall’establishment medico.

Il carcinoma duttale in situ: tumore al seno o lesione benigna?

Il 33% delle diagnosi di nuovi tumori al seno ottenuto con gli esami ai raggi X viene classificato come Carcinoma Duttale In Situ (CDIS). Il CDIS si riferisce all’abnorme crescita di cellule all’interno dei condotti che trasportano il latte, che forma una lesione di solito tra 1 e 1,5 cm di diametro e viene considerato non invasivo o un “tumore allo stadio iniziale“, mentre
alcuni esperti auspicano una completa riclassificazione come condizione non tumorale.

Siccome il CDIS è quasi invariabilmente asintomatico e non riporta lesioni palpabili, non verrebbe riconosciuto come un’entità clinicamente rilevante se non venisse rintracciato dalla tecnologia diagnostica che utilizza i raggi X. In effetti, i tassi di diagnosi del CDIS non sono iniziati a crescere, giungendo oggigiorno a proporzioni endemiche, fino allo sviluppo e all’applicazione generalizzata della mammografia nei primi anni ’80 come iniziativa centrale delle campagne del National Breast Cancer Awareness (1). Non c’è da sorprendersi, quindi, che gli Stati Uniti, che hanno uno dei tassi di incidenza di mammografie più alti, abbiano anche il più alto livello
di CDIS del pianeta. Nel gennaio 2005 si ritiene che il CDIS sia sta diagnosticato a circa mezzo milione di donne statunitensi (2).

I sostenitori degli screening al seno affermano che stanno “salvando vite” grazie agli “esami precoci” e al trattamento del CDIS, ritenendolo una condizione che può minacciare la vita delle persone, in modo non differente dai tumori invasivi. Ritengono il CDIS a priori come “pre-canceroso” e argomentano che, siccome potrebbe provocare danni se non venisse curato, deve essere trattato con la stessa aggressività dei tumori invasivi. Il problema di questo approccio è che, mentre i tassi con cui il CDIS evolve in cancro invasivo sono ancora largamente sconosciuti, i risultati delle prove indicano che è significativamente inferiore al 50%, forse solo tra il 2 e il 4%. Infatti, i tassi di sopravvivenza post-trattamento a dieci anni dei pazienti con CDIS (96%-98%) parlano chiaramente della natura relativamente benigna di questa condizione (3;8). Un’altra ricerca ha scoperto che in un periodo quarantennale successivo alle lesioni del CDIS non ci sono ancora segni di invasività (4). Per aggiungere ancora più incertezza, un altro studio evidenzia che la coesistenza di un carcinoma duttale in situ può predire una più bassa aggressività dei tumori nodali al seno, indicando un suo possibile ruolo protettivo (5).

L’attesa vigile è l’approccio più intelligente?

Si possono portare solidi argomenti a favore del fatto che l’attesa vigile possa essere la risposta più appropriata a una diagnosi di CDIS e che, in molti casi, sarebbe meglio che il CDIS non venisse diagnosticato e che venisse meno trattato. Come riporta un articolo:

Il danno maggiore degli screening è la sovra-diagnosi, la scoperta di anormalità che soddisfano la definizione di tumore ma che non progrediscono mai nei sintomi del caso. [Fonte]

È emerso un corposo numero di prove che suggeriscono che, quando il CDIS non viene diagnosticato e non viene trattato, diventa maligno raramente. Il CDIS veniva al principio raramente citato, visto che non si comporta come la gran parte dei carcinomi. Il cancro, come la costellazione, deriva da una parola greca, e indica il modo in cui si espande in modo incontrollato. In situ significa esattamente l’opposto, “sul posto”. Un tumore che non si muove è quindi una contraddizione in termini. Questi problemi di classificazioni non sono stati ignorati dalle riviste mediche:

Malgrado la presenza della parola “carcinoma”, il carcinoma duttale in situ (CDIS) è l’esempio tipico di questo problema (un esperto patologo coinvolto
nello sviluppo dei sistemi di classificazione ha confidato a uno di noi che è contrario all’uso del termine carcinoma nel CDIS). Nessuno crede che il CDIS progredisca sempre in un cancro invasivo e nessuno
crede che lo faccia in alcun caso. Anche se nessuno è certo della probabilità di progressione, gli studi che riportano come il CDIS non veniva rintracciato nelle biopsie (
1,2) e nelle autopsie (3) suggeriscono che il rischio di progressione
nel corso della vita deve essere considerevolmente inferiore al 50%. [
Fonte]

L’aspetto ironico è che, mentre la partecipazione alle mammografie ai raggi X viene considerata dal largo pubblico una forma di prevenzione dei tumori al seno e di “attesa
vigile”, è diventato – per intenzione o solo per caso – un modo davvero efficace per ottenere false diagnosi di tumori al seno e per giustificare trattamenti non necessari. Ciò non è diverso da quello che si è visto nel caso degli esami per i tumori alla prostata che tracciano l’Antigene Prostatico Specifico (PSA); il trattamento aggressivo delle lesioni e dei tumori identificati con i marcatori del PSA possono invece aumentare la mortalità dei pazienti rispetto a non fare niente.

Alle donne a cui viene diagnosticato il CDIS non viene data la possibilità di rifiutare il trattamento. Il problema è illustrato qui sotto:

Siccome la maggiore probabilità è che la gran parte dei CDIS non progredisca verso forme tumorali invasive, il rischio di sovradiagnosi potrebbe essere maggiore del 50%. Il problema della sovradiagnosi è che porta a un ipertrattamento. Siccome
è impossibile determinare quali individui vengano sovradiagnosticati, quasi tutti vengono trattati come se avessero tumori invasivi. [
Fonte]

La sovradiagnosi è un problema enorme, qui discusso a fondo:

La sovradiagnosi manda

a rotoli la comprensione delle statistiche sui tumori. Siccome la sovradiagnosi

trasforma una persona in salute in una malata, causa sovrastime dei

valori sensibili, specifici e predittivi degli esami e dell’incidenza

della malattia (13). Come illustrato dai dati dell’MLP e

di una recente analisi di Surveillance, Epidemiology and End Results

(SEER) (14), la sovradiagnosi incrementa in modo evidente

la lunghezza della sopravvivenza, senza poter valutare se gli esami

o i trattamenti associati sono davvero efficaci. Comunque, la sovradiagnosi

non riduce la mortalità relativa alla malattia, perché

trattare soggetti con pseudo-patologie non aiuta quelli che non hanno

una vera malattia. Conseguentemente, la mortalità

relativa alla malattia è l’aspetto decisivo per la valutazione dell’efficacia

degli esami.” [Fonte]

Ultimamente la sovradiagnosi del CDIS

ha fatto credere che gli esami e i trattamenti convenzionali per i tumori

al seno hanno un successo maggiore e fanno meno danni di quanto non

facciano in realtà, e allo stesso tempo rendere maggiori profitti alle

imprese.

(Mal)trattamento del CDIS

Per gran parte delle mastectomie del

XX secolo, questa era la prima linea di trattamento per il Carcinoma

Duttale In Situ (CDIS) e le giovani pazienti erano le più indicate

per sottostare a questa procedura. Anche se la lumpectomia e la radioterapia

si sono dimostrate altrettanto efficaci nei tumori invasivi, il 26%

dei pazienti di CDIS veniva ancora sottoposto alla mastectomia (6).

Lo scenario odierno più comune

in seguito a una diagnosi di CDIS vede l’oncologo raccomandare la

lumpectomia, seguita dalle radiazioni e dalle terapie ormonali soppressive

come l’Arimidex e il Tamoxifen. In questo caso è tragico che alle

donne non venga fatto comprendere la natura del CDIS o il concetto di

tumori al seno “non-progressivi”. C’è ancora una percezione

diffusa, in bianco e nero, che o si ha il cancro, oppure non lo si ha.

In un sondaggio sulla preoccupazione per il CDIS pubblicato nel 2000,

il 94% delle donne rilevate dubitava dell’esistenza dei tumori al

seno non progressivi (7). In altre parole, queste donne non avevano

alcuna comprensione della natura del CDIS. E come potevano averne? Le

autorità più in vista inquadrano il CDIS come “pre-canceroso“,

implicando la sua inevitabile trasformazione in un tumore. Quando lo

standard di cura per il CDIS è quello di suggerire lo stesso tipo di

trattamento utilizzato per i tumori invasivi, ben poche donne hanno

a disposizione i presupposti necessari per prendere una decisione informata.

Riferimenti:

1), 2): NIH State-of-the-Science Conference. Diagnosis and Management

of Ductal Carcinoma in Situ (CDIS),

Settembre 2009.

3) Ductal

carcinoma in situ (CDIS): are we overdetecting it?

4) Coexisting ductal carcinoma in situ

independently predicts lower tumor aggressiveness in node-positive luminal

breast cancer, Med Oncol, 8 ottobre 2011. Epub 2011 Oct 8. PMID: 21983862

5), 6): Overdiagnosis

and overtreatment of breast cancer: Rates of ductal carcinoma in situ:

a US perspective

7) US

women’s attitudes to false positive mammography results and detection

of ductal carcinoma in situ: cross sectional survey.

8) Mortality

among women with ductal carcinoma in situ of the breast in the population-based

surveillance, epidemiology and end results program.

**********************************************

Fonte: The Dark Side of the Breast Cancer Awareness Month – Parte Two

20.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

LEGGI ANCHE: IL LATO OSCURO DEL MESE DELLA PREVENZIONE PER IL TUMORE AL SENO – PARTE UNO

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