Il lato oscuro del governo Zelensky

Il caso del diplomatico ucraino ucciso, la censura dei media d’opposizione, l’accusa “nazi”. L’altra faccia del comico diventato leader

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Di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Contrariamente a quello che si legge quasi dappertutto, i russi sono motivati a combattere, sostenere lo sforzo dei loro soldati e sopportare anche tutte le sanzioni e gli embarghi e discriminazioni. Il motivo non è “l’imperialismo di un pazzo criminale che si è montato la testa”, ma il fatto incontestabile che dentro i confini dell’Ucraina ci sono milioni di russi, persone di lingua russa, che non si riconoscono nella retorica nazionalista ucraina e che dal 2014 soffrono violenze e discriminazioni. Nel sud ed est ci sono forse otto, forse dieci milioni di persone che si sentono minacciate dalle milizie nazionaliste e dalla polizia ed esercito ucraini ora infiltrato da nazionalisti fanatici.

Il giallo del negoziatore ucraino

Portiamo degli esempi. Uno dei negoziatori del governo ucraino stesso di Zelensky è stato improvvisamente assassinato dalla polizia ucraina, la SBU. Si tratta del banchiere Denys Kireev. Questo personaggio è improvvisamente sparito dalla delegazione e il governo Zelensky ha avuto l’impudenza di dire che sarebbe caduto “mentre svolgeva compiti speciali…”. Non è mai successo, crediamo, nella storia che un membro di una delegazione ufficiale e banchiere sparisca, nessuno più lo veda e il giorno dopo sia morto. Neanche sotto Stalin succedeva che uno dei membri della delegazione di pace sovietica venisse assassinato mentre erano in corso delle trattative. Stalin magari aspettava qualche mese se era un personaggio noto e lo accusava di qualcosa in un processo farsa e poi lo faceva fucilare. Nell’Ucraina di Zelensky invece puoi ammazzare da un giorno all’altro un membro della tua stessa delegazione di pace come “traditore” o “spia” senza fornire nessuna prova e poi inventare una storia che vagamente fa pensare che siano stati i russi. Nessun media occidentale ha voluto parlare più della storia e nessuno ha chiesto niente a Zelensky.

Questo è solo un esempio, che essendo clamoroso è arrivato in Occidente, ma i casi di rapimento, sparizione e omicidio di “sospetti” filorussi sono tanti e sono iniziati prima della guerra, ci sono da anni, specialmente nel Donbass. Come la storia di un sindaco rapito e poi assassinato riportata anche sul NY Post. O il un video della figlia del poeta satirico Yan Taksyur che racconta come i dissidenti vengano rapiti.

Il precedente di Odessa

Come abbiamo fatto notare nel precedente articolo l’Onu indica in 4 mila il numero di civili uccisi nelle zone di lingua russa del Donesk dal 2014 a prima di questa guerra. Nel 2014 a Odessa 34 manifestanti contro il nuovo governo che aveva rovesciato quello di Janukovich furono bruciati vivi dentro il palazzo del sindacato in cui si erano rifugiati da milizie ultranazionaliste. Un episodio simile è successo il 9 maggio 2014 a Mariupol con una caserma di polizia incendiata. Quel giorno era in tutti i paesi dell’ex Urss dal 1945 la Festa della Liberazione (come da noi il 25 Aprile), ma il governo nazionalista l’aveva vietata modificando la data. I russi che, come erano abituati da decenni, specie gli anziani che erano scesi in piazza in 9 maggio in diverse città erano stati attaccati dai nazionalisti. Come si sa o meglio, come si dovrebbe sapere, il governo Poroschenko aveva vietato il russo come lingua di istruzione dopo le elementari e in tutti gli uffici pubblici. Questo è come se in Svizzera si vietasse l’uso dell’italiano e del francese imponendo il tedesco.

Strage di Bucha, tutti i dubbi

Nel caso di Bucha, di cui ora parla tutto il mondo, dopo che i russi hanno abbandonato Bucha il 31 marzo, le forze ucraine sono entrate il giorno dopo 1° aprile. Il 2 aprile è arrivato un reggimento speciale per la “pulizia dai sabotatori e complici della Russia”.

Il giorno dopo, 3 aprile, sono apparse le foto dei cadaveri lungo le strade. Per quanto riguarda le fosse comuni è diverso, ma i cadaveri sono stati fotografati il 3 aprile e i russi sono andati via il 31 marzo. Il governo ucraino stesso ha annunciato il 2 aprile che andavano alla caccia dei “complici della Russia”. Parecchi dei morti trovati per strada avevano una fascia bianca al braccio.

Sembra che della gente le indossasse per indicare ai russi che erano neutrali, che non erano contro di loro. Con questo avanziamo solo una ipotesi e non vogliamo certo escluderne altre. La tecnica di attribuire dei morti al nemico però è vecchia, quando nel 1941 i tedeschi scopersero il massacro di Katyn con i cadaveri di tutti gli ufficiali polacchi catturati dai sovietici Stalin disse che non erano stati loro (e Roosevelt e Churchill, che erano suoi alleati, mentirono anche loro attribuendoli ai tedeschi).

Ma in Ucraina la cosiddetta “rivoluzione di Maidan” ebbe come evento centrale una strage di un centinaio di persone, in maggioranza colpiti da cecchini. A distanza di tempo diversi reportage e ad esempio il documentario molto dettagliato di Oliver Stone “Ucraina in fiamme” del 2016, mostra molte testimonianze sul fatto che furono gli ultranazionalisti di Pravi Sektor ad appostarsi nel palazzo del conservatorio e sparare sulla folla per creare vittime.

La censura di Zelensky

Purtroppo, la storia dell’Ucraina degli ultimi anni non è piena solo di corruzione e ruberie che hanno fatto perdere alla moneta il 95% del valore e fatto emigrare milioni di persone. È una storia anche di violenza, che data dal 2014 e non da ora. Il governo Zelensky ha chiuso tutti i giornali, tv e partiti considerati dissidenti o di opposizione senza che nessuno sollevasse obiezioni nella Ue o in Usa. Ma in più c’è anche una storia di rapimenti, arresti e omicidi da parte degli ultranazionalisti di cui abbiamo fornito alcuni esempi. I milioni di cittadini ucraini di origine o lingua o con un senso di appartenenza russa sono ora considerati sospetti, ma parliamo di milioni di persone sparse soprattutto nella parte sud ed est del paese.

L’Italia allineandosi ancora una volta con una regia “made in Usa” espelle diplomatici russi, sta inviando armi e applica un embargo quasi totale alla Russia. Questo avrà conseguenze pesanti per la nostra economia innanzitutto. Ma non è vero che stiamo aiutando un popolo aggredito. Il problema che nessuno vuole vedere è che ci sono due popoli dentro i confini dell’Ucraina, che purtroppo non riescono a convivere insieme. Anche se un popolo è in minoranza sull‘intero territorio nazionale è maggioranza in alcune regioni, e si tratta di una parte di popolazione discriminata da anni. Il fatto della lingua è fondamentale, chi in casa e con i conoscenti parla solo ucraino si sente diverso da chi invece parla quotidianamente russo. E questi ultimi sono alcuni milioni di persone. Forse il caso dell’Ucraina ci dimostra ancora una volta che la fine degli Imperi (in questo caso di quello sovietico) si porta dietro una lunga scia di dolori.

Versioni contrapposte

Non è affatto vero che è una situazione in cui da una parte ci sono gli ucraini e dall’altra i russi che invadono dall’esterno. Se si parla con russi di Mariupol o Odessa e non solo del Donbass o Donesk si sentono minacciati dai nazionalisti ucraini e questo avviene tempo. Se si parla con dei russi, anche quelli che vivono in Italia e quindi sono esposti a tutta l’informazione anti-Putin, si sente dire che i russi stanno combattendo per difendere altri russi da quelli che chiamano “nazi”, ma che in realtà sono nazionalisti ucraini. Il governo ucraino è in mano a nazionalisti che ora che sono in guerra e trattano tutti i russi dell’Ucraina come potenziali spie, sabotatori o “complici della Russia”. Questa è la ricetta purtroppo perfetta per avere violenze, arresti, torture e omicidi, ma all’interno delle zone controllate dal governo ucraino. Il caso citato all’inizio di uno degli stessi negoziatori ucraini che improvvisamente viene assassinato come presunta spia è emblematico.

La realtà è diversa da quello che la propaganda di Zelensky trasmessa acriticamente dal mattino alla sera su tutti i media occidentali farebbe sembrare. Ci siamo allineati alla propaganda di guerra a senso unico già per Afghanistan, Iraq, Siria e Libia (e anche per il bombardamento di Belgrado). Non abbiamo imparato niente.

Di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Fonte:

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