DI MICHAEL CARMICHAEL
Global Research
Si prepara il terreno per una guerra contro l’Iran
Dal 1964 al 1968, il generale William Westmoreland presentò un flusso costante di brillanti, energiche e incoraggianti stime sul potenziale di vittoria statunitense in Vietnam. Quando Westmoreland divenne comandante delle forze USA in Vietnam, appena 15.000 soldati avevano toccato quel suolo con i loro stivali. Dopo 4 anni del malaugurato ottimismo del generale Westmoreland, 535.000 soldati si trovarono con gli stivali affondati fino alle caviglie nel profondo pantano della giungla vietnamita. In un’epoca che risale a ben prima di internet, il messaggio positivo di Westmoreland, volto ad aumentare l’impegno degli Stati Uniti nell’intervento militare in Vietnam, attirò in modo massiccio l’attenzione dei media e rinforzò il sostegno del pubblico per quella che sarebbe diventata una guerra estremamente scoraggiante.
Prossimamente, il generale David Petraeus prenderà in prestito una pagina del drammatico copione di Westmoreland. Nella sua testimonianza davanti al Congresso, Petraeus presenterà le sue argomentazioni su come l’aumento delle truppe in Iraq ha funzionato, su come funziona e continuerà a funzionare a lungo in quello che il generale dipingerà come un raggiante futuro.E’ facile prevedere che il generale demonizzerà la nazione e il governo iraniani come ostili alla politica USA in Iraq. Citando rapporti di comandanti iraniani sul campo di battaglia che combattono accanto agli insorti sciiti a Bassora, la testimonianza di Petraeus è stata concepita per innescare nell’opinione pubblica statunitense la rivendicazione a un’espansione della guerra, allo scopo di ridare slancio alle prospettive presidenziali del senatore John McCain, colui che incarna la migliore speranza dei neocon per la realizzazione della loro visione del futuro, cioè un altro secolo di imperialismo USA, di declino economico e di disgregazione culturale.
Secondo coloro che hanno concepito questa strategia del messaggio, vale a dire i soliti sospetti: Rove, Cheney, Rumsfeld, Rice, i neocon e George W. Bush, l’opinione pubblica USA risponderà con la sua tipica reazione pavloviana[1] e chiederà un massiccio attacco sotto forma di un violento bombardamento “shock & awe”[2] [“colpire e terrorizzare”, ndT] puntando i centri strategici nucleari e militari iraniani. Per un caso fortuito, questo piano è stato sui tavoli da disegno del pentagono durante tutti questi ultimi 4 anni.
Una flotta USA è in postazione nel Golfo Persico. Armati di testate nucleari sui loro missili Sidewinder, i sottomarini statunitensi scivolano silenziosamente al di là dello stretto di Hormuz per appostarsi vicino alla costa iraniana al fine di partecipare all’equivalente su scala planetaria di una terapia di elettroshock. L’obiettivo di questa serie di shock non è la popolazione iraniana, e nemmeno il grande Medio Oriente, ma il corpo politico statunitense che sembra aver maturato in sé disillusione e turbamento per il profondo abisso che rappresenta la guerra in Iraq. Nelle menti dei neocon, il popolo statunitense ha cresciuto un atteggiamento compiacente, codardo e vile nei confronti della gloriosa guerra in Iraq. Una chiara e feroce lezione di “shock & awe”mirata a un nemico abominevole, un elemento dell’asse del male, dovrebbe risvegliare gli Stati Uniti dal loro pericoloso sonno.
Durante le sue recenti conversazioni segrete intrattenute con il re Abdullah d’Arabia saudita, il Vice Presidente Cheney ha informato il re sul prossimo attacco contro l’Iran che potrebbe comportare conseguenze nucleari in una vasta zona della regione. Poco dopo la partenza di Cheney, il re ha messo a conoscenza l’opinione pubblica della minaccia alla loro sicurezza nazionale e ha ordinato un’organizzazione immediata in difesa di queste possibili ripercussioni nucleari. Il materiale nucleare potrebbe provenire sia dall’attacco USA, sia dall’esplosione di siti nucleari iraniani, sia da entrambi.
Per sottolineare la gravità della minaccia, Israele ha messo in guardia l’Iran sul fatto che saranno prese massicce misure di rappresaglia se mai si dovesse trovare sotto attacco. Dal momento che proveniva dalla terza più potente nazione nucleare, gli Iraniani non hanno certo ignorato la minaccia bellica di Israele. Dal suo canto, l’Iran ha proposto la predisposizione di uno scudo anti-missilistico nella regione per proteggere i propri cittadini contro un attacco statunitense o israeliano, segno premonitore di un’altra corsa agli armamenti dai costi astronomici e dalle proporzioni mondiali.
Quando Petraeus si presenterà in udienza davanti al Congresso, dovrà affrontare l’interrogatorio delle tre ultime speranze presidenziali. McCain non costituirà un problema per il generale. I due leggono lo stesso copione. Hillary Clinton e Barack Obama si troveranno sulla scena mondiale alla luce di enormi riflettori. Il sostegno dell’opinione pubblica nei loro confronti è basato sulla loro opposizione politica USA e nella regione.
Le loro interpretazioni prepareranno il terreno per lo svolgimento del prossimo atto. Il piano repubblicano consiste nell’avviluppare l’uno o l’altro o entrambi i candidati del Partito Democratico nella loro rete di menzogne al fine di legittimare il loro insuccesso militare estendendo il pantano della mera aggressione conosciuta ora come guerra in Iraq.
La scenografia è pronta. Petraeus fornirà il pretesto per la guerra contro l’Iran. McCain riconfermerà il suo sostegno. Poi, i riflettori splenderanno su Hillary Rodham Clinton e su Barack Obama. La maggior parte degli esperti internazionali stimano che entrambi i Democratici acconsentiranno alle stridenti rivendicazioni di Petraeus per un’espansione della guerra. Tutto il mondo starà a guardare, e così l’elettorato statunitense.
Se l’uno o l’altro dei Democratici abboccherà all’esca di Petraeus, sarà la fine di qualsiasi loro aspirazione personale alla presidenza. Se entrambi cadranno nel tranello, si determinerà l’inizio della fine del Partito Democratico come lo abbiamo conosciuto e, essenzialmente, l’inizio di un riallineamento della politica negli Stati Uniti.
Note
[1] Da Ivan Pavlov, scienziato russo che agli inizi del Novecento introdusse il concetto di “riflesso condizionato”( o reazione pavloviana, appunto) nell’ambito degli studi sul comportamento.
Si tratta della risposta che il soggetto dà alla presentazione di uno stimolo condizionato.
Il riflesso condizionato è una reazione prodotta nell’animale in cattività da un elemento esterno, che l’animale si abitua ad associare ad un preciso stimolo (presentato subito dopo durante la fase di condizionamento; subito prima una volta effettuato il condizionamento). Il primo agente diventa perciò lo stimolo chiave, ciò che attiva il riflesso condizionato.
[2] La strategia dello “shock & awe”, tradotta in italiano con l’espressione “colpire e terrorizzare” è una dottrina militare basata sul sovrautilizzo della forza mirata a determinati punti strategici e sull’ostentazione di potenza al fine di paralizzare l’avversario e distruggere ogni sua volontà di combattere. La dottrina proviene dall’ambito accademico, precisamente dalla National Defense University degli Stati Uniti, e risale al 1996.
Titolo originale: “Le général Petraeus et les affaires politiques présidentielles”
Fonte: http://www.mondialisation.ca/
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09.04.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VALEROSSA